Roma. Il gruppo scultoreo “Orfeo e le sirene” ancora per pochi giorni al museo dell’Arte Salvata e poi tornerà a casa: il museo Archeologico nazionale di Taranto

Il gruppo “Orfeo e le sirene” esposto temporaneamente nella sala Ottagona del museo dell’Arte Salvata nel museo nazionale Romano (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)
Ancora pochi giorni. E poi “Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo in terracotta a grandezza naturale del IV sec. a.C., che negli anni ’70 venne illecitamente trafugato da un sito archeologico tarantino e acquistato poi dal The Paul Getty Museum di Malibu di Los Angeles, tornerà a casa: il museo Archeologico nazionale di Taranto. A grande richiesta il gruppo di Orfeo e le Sirene e tutti i reperti attualmente esposti al museo dell’Arte Salvata, nella sala Ottagona del museo nazionale Romano, resteranno a Roma fino all’8 gennaio 2023. È infatti stata prorogata la prima mostra del museo dell’Arte salvata che comprende, oltre allo straordinario gruppo in terracotta appena rientrato dall’Italia, anche recenti ritrovamenti del Reparto Operativo del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC).

“Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo magnogreco del IV sec. a.C. quando era esposto nelle sale del Getty Museum di Los Angeles (foto MArTa)
Il gruppo è rientrato da Los Angeles in Italia il 17 settembre 2022. Il rimpatrio dell’opera è stato possibile grazie alla complessa attività investigativa condotta in Italia e all’estero dell’Arma dei Carabinieri della Sezione Archeologia del Reparto Operativo del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale, coordinata dalla Procura della Repubblica di Taranto, in collaborazione con le autorità americane (vedi Roma. Dal Getty Museum di Los Angeles arriva al museo dell’Arte Salvata il gruppo di Orfeo e le Sirene: il ministero della Cultura e il Comando carabinieri TPC oggi presentano gli aspetti del rientro in Italia | archeologiavocidalpassato). L’inestimabile opera d’arte raffigura il mitico poeta Orfeo, capace di ammaliare con il suo canto tutti gli animali. Lo affiancano due sirene, che nella mitologia greca erano esseri per metà donne e per metà uccelli: anche il loro canto era capace di incantare i marinai, spesso inducendoli al naufragio. Ora, finalmente, con una complicata operazione di trasporto legata alla particolare fragilità delle opere, tornano a casa per incantare gli italiani. In attesa del rientro al museo Archeologico nazionale di Taranto del gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene”, ecco un contributo del direttore generale Musei, Massimo Osanna, in una video-intervista realizzata dall’ufficio stampa del Mic.
“Orfeo e le sirene, un gruppo straordinario proveniente probabilmente dal territorio di Taranto”, esordisce Osanna, “che racconta un mito antico, un mito di confronto tra due mistiche diverse: quella primordiale melodiosa delle sirene che porta la morte, e quella di Orfeo con la lira che porta l’anima alla sopravvivenza post mortem. Orfeo significa un movimento religioso, l’orfismo. Forse queste statue adornavano la tomba di un addetto ai misteri orfici, colui che facendo una vita in purezza e giusta dal punto di vista sociale assicurava poi all’anima una sopravvivenza. E quindi dobbiamo immaginare questa statua di Orfeo con una lira in mano e, di fronte, le sirene che sono già meste perché sanno di aver perso e si suicideranno. La morte delle sirene, che sono degli esseri ibridi, di passaggio tra la vita e la morte, sono ancora una volta, un simbolo funerario che ci rimanda appunto verso rituali del mondo dei morti.

Orfeo canta alle sirene: il gruppo scultoreo nella sala Ottagona del museo dell’Arte salvata nel museo nazionale Romano (foto mic)
“Ci sono poi gli antichi che raccontano di questo mito: negli Argonauti di Apollonio Rodio – ricorda per esempio Osanna – Orfeo canta, canta ai marinai che con la nave Argo incontrano le sirene e stanno per essere ammaliati. Tanto che uno di loro si getta in mare. Orfeo canta e salva i compagni che passeranno indenni da questa nuova avventura. Anche qui un rito di passaggio tra la vita e la morte.

Il gruppo Orfeo e le sirene: figure ibride di donna e di uccello (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)
“Le sirene non sono come ce le immaginiamo nel nostro contemporaneo: donne con corpo di pesce – spiega Osanna -. Sono come lo erano in antico, nel mondo greco e romano, figure ibride di donna e di uccello. Questa è l’iconografia più antica delle sirene che durerà per tutto l’evo antico. Le sirene come le conosciamo noi vanno di moda in età medievale. L’aspetto di uccello assicura che siano esseri canori. Le sirene cantano, un canto melodioso che, come sappiamo dall’Odissea, spinge poi i marinai alla perdizione.

Il volto di Orfeo del gruppo Orfeo e le sirene (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)
“Un gruppo di terracotta che originariamente era dipinto come dipinta era tutta la scultura del mondo antico, da quella in marmo a quella in terracotta – continua Osanna -. La terracotta è costantemente dipinta. Quindi le dobbiamo immaginare molto colorate. E questo spiega anche delle stranezze. Il volto di Orfeo, per esempio, con questa strana mancanza di capigliatura che ovviamente non doveva essere così in antico. Probabilmente grazie alla pittura, c’erano i capelli. Ci doveva essere un gioco di sguardi. Quindi molto abbiamo perso ma quello che resta comunque è straordinario.

Dettaglio di Orfeo del gruppo scultoreo Orfeo e le sirene (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)

Dettaglio di una sirena del gruppo scultoreo Orfeo e le sirene (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)
“Sono dei capolavori talmente unici che qualcuno ha pensato a dei falsi. Ma non è così. Anche indagini sull’argilla fatte in America hanno testimoniato che si tratta di opere antiche, forse in qualche parte ritoccata come si usa spesso nei frutti degli scavi clandestini. Questo viene fuori da uno scavo degli anni ’70 fatto da tombaroli che sono riusciti a far emigrare oltreoceano questo gruppo. Raramente un gruppo di terracotta rappresenta una scena mitica come questa. Non abbiamo paralleli in antico. Proprio per questo si è pensato a dei falsi. Invece – conclude Osanna – si tratta veramente di capolavori che ci insegnano anche quanto sia fragile il nostro patrimonio e quanto bisogna lavorare e lottare contro un fenomeno che ahimè esiste ancora anche se non raggiunge quella dimensione che ha avuto negli anni ’70 e ’80 quando il nostro patrimonio è stato sistematicamente saccheggiato da Pompei all’Etruria, dall’Etruria alla Puglia”.
Roma. Dal Getty Museum di Los Angeles arriva al museo dell’Arte Salvata il gruppo di Orfeo e le Sirene: il ministero della Cultura e il Comando carabinieri TPC oggi presentano gli aspetti del rientro in Italia
L’annuncio poco più di un mese fa: il gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene” (IV secolo a.C.) conservato al Getty Museum di Los Angeles sta per essere recuperato al patrimonio nazionale e a settembre 2022 dovrebbe essere restituito all’Italia, dove in un primo tempo verranno esposte nel museo dell’Arte Salvata di Roma, per poi tornare definitivamente a casa, al museo Archeologico nazionale di Taranto (vedi Mercato illegale. Il Getty Museum di Los Angeles sarebbe pronto a restituire a settembre l’eccezionale gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene”, di provenienza tarantina, richiesto da oltre vent’anni. E il museo Archeologico nazionale di Taranto è pronto ad accoglierle | archeologiavocidalpassato). Stavolta ci siamo. E sabato 17 settembre 2022, alle 11, il ministro della Cultura Dario Franceschini presenta tutti gli aspetti del rientro in Italia del prezioso gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene” in un incontro nell’Aula Ottagona alle Terme di Diocleziano, sede del nuovo museo dell’Arte Salvata, istituito per accogliere le opere di ritorno nel territorio nazionale. Interverranno il ministro della Cultura, Dario Franceschini; il Comandante del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Roberto Riccardi, il direttore del museo nazionale Romano, Stéphane Verger; il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, Eugenia Pontassuglia; un rappresentante dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America a Roma, un rappresentante della Procura distrettuale di New York e un rappresentate delle forze di polizia federali statunitensi che hanno collaborato al rientro dell’opera.
Il museo dell’Arte Salvata è stato inaugurato il 15 giugno 2022 nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, come parte del museo nazionale Romano, arricchendo il percorso museale delle Terme di Diocleziano e delle altre tre sedi di Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi. Il museo dell’Arte Salvata vuole raccontare in modo permanente la storia delle operazioni di salvataggio attraverso allestimenti temporanei delle opere trafugate, disperse, vendute o esportate illegalmente, ma anche recuperate da aree colpite da sismi e calamità naturali. Dopo ogni esposizione, le opere torneranno nel territorio di provenienza. In questa prima fase, fino al 15 ottobre 2022, sono esposti i recenti ritrovamenti del Reparto Operativo del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC): numerosi pezzi di archeologia di varie civiltà rientrati dagli Stati Uniti in un arco temporale compreso fra il dicembre 2021 e il giugno 2022. E ora arriva il gruppo di Orfeo e le Sirene da Los Angeles.
Mercato illegale. Il Getty Museum di Los Angeles sarebbe pronto a restituire a settembre l’eccezionale gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene”, di provenienza tarantina, richiesto da oltre vent’anni. E il museo Archeologico nazionale di Taranto è pronto ad accoglierle

“Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo magnogreco del IV sec. a.C. esposto nelle sale del Getty Museum di Los Angeles (foto MArTa)
Il museo Archeologico nazionale di Taranto è pronto ad ospitare “Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo del IV secolo a.C. conservato al Getty Museum di Los Angeles che, se l’anticipazione di ieri del “Los Angeles Times” è corretta, sta per essere recuperato al patrimonio nazionale e a settembre 2022 dovrebbe essere restituito all’Italia, dove in un primo tempo verranno esposte nel museo dell’Arte Salvata. Il gruppo in terracotta policroma è costituito dal giovane Orfeo, seduto, intento a suonare la cetra, e due Sirene stanti, una delle quali musicante anch’essa: una possibile traduzione della sfida che oppose lo straordinario cantore alle creature mitologiche dal busto umano e corpo d’uccello, che, allocate alle porte dell’Ade, nell’immaginario classico univano il suono dei loro strumenti e il loro canto a quello dei parenti dei defunti, accompagnandone la discesa agli inferi.

Orfeo che suona la cetra, statua parte del gruppo scultoreo del IV sec. a.C. conservato al Getty Museum di Los Angeles (foto mic)

Dettaglio del trono su cui siede Orfeo del gruppo scultoreo del IV sec. a.C. conservato al Getty Museum di Los Angeles (foto mic)
Le statue, veri e propri capolavori del IV secolo a.C., costituiscono un gruppo scultoreo di figure in terracotta a grandezza naturale e proverrebbero proprio dall’area tarantina a cui lo stesso Getty aveva già restituito negli anni scorsi antichi manufatti ceramici di produzione apula esposti poi al MArTA nella mostra “Mitomania” nell’aprile del 2019. “Quando un patrimonio di così inestimabile valore torna in patria è una grande conquista civica e morale, non soltanto per l’eredità culturale che rappresenta, ma anche per la vittoria del senso della legalità e del rapporto con i territori come ci insegna la stessa Convenzione di Faro”, commenta così la direttrice del museo Eva Degl’Innocenti che aggiunge: “Sarebbe pertanto auspicabile che Orfeo e le Sirene tornassero a casa e potessero entrare a far parte dell’esposizione permanente del MArTA. Dopo l’esposizione romana, dunque, il MArTA sarebbe pronto ad ospitare il gruppo di figure in terracotta, anche in virtù del progetto in corso di nuovo allestimento espositivo che consentirebbe al gruppo scultoreo di poter recuperare il proprio contesto identitario”.

Il gruppo scultoreo del IV sec. a.C. di Orfeo e le Sirene dovrebbe rientrare in Italia a settembre 2022 (foto mic)

Una Sirena del gruppo scultoreo del IV sec. a.C. conservato al Getty Museum di Los Angeles (foto mic)
“A luglio 2020, eccezionalmente (poiché la percentuale di risposta del MiC alle mie interrogazioni è inferiore al 10%)”, ricorda la senatrice Margherita Corrado della commissione Beni culturali, “il ministro Franceschini sostenne che la rivendicazione dei tre manufatti esposti nel J.P. Getty Museum di Los Angeles, asseritamente acquistati nel 1976 (prima, cioè, che gli Stati Uniti ratificassero, nel 1983, la Convenzione UNESCO di Parigi del 1970), era scientemente rallentata in attesa di sciogliere il nodo di altre quattro restituzioni attese dallo stesso museo, al fine di onorare i principi di leale e reciproca collaborazione ai quali gli accordi bi- e multi-laterali si ispirano. Principi che, come commentai allora, sembrano valere solo per gli italiani. In realtà, la provenienza del gruppo scultoreo ‘tarantino’ dal mercato illegale dell’arte è certa, com’è certa la sua esportazione illecita dopo il recupero, anch’esso clandestino, in un sito ignoto della Magna Grecia. Lo attestano le polaroid che un famigerato spoliatore di siti archeologici inserì nel suo catalogo di proposte ai potenziali acquirenti, mostrate al pubblico anche in una puntata memorabile della trasmissione “Petrolio – Ladri di bellezza” andata in onda a dicembre 2018. La richiesta di restituzione di quell’opera di straordinaria fattura ed eccezionale stato di conservazione – continua la senatrice – pende, perciò, da oltre vent’anni: era già parte dei 52 capolavori richiesti al Getty Museum dall’inizio degli anni 2000, poi scesi a 46. Nel 2006 fu deciso il rientro di 26 reperti, mentre alcuni dei 20 rimasti sono tornati in Italia a partire dal 2007 ma il museo californiano ha sempre opposto particolare resistenza a rilasciare il gruppo tarantino, conscio della sua unicità. Ora, finalmente, sembra prossimo il momento in cui il museo statunitense – a settembre, secondo il “Los Angeles Times” – restituirà a Roma il ‘maltolto’, così proseguendo la lenta opera di ripulitura della propria reputazione di museo troppo spesso disattento ai principi etici cui dichiara di ispirarsi. Ma aspettiamo il Getty Museum alla ‘prova’ dell’Atleta di Fano…”.
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