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Roma. Nel giardino di Villa Caffarelli realizzata la replica del Colosso di Costantino, in scala 1:1, uno degli esempi più significativi della scultura romana tardo-antica, partendo dai frammenti conservati nel cortile di Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini. Il sindaco Gualtieri: “A Roma stiamo cercando di recuperare le dimensioni dell’antichità e la nostra conoscenza e percezione dei capolavori del passato”

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La riproduzione del Colosso di Costantino domina il giardino di Villa Caffarelli ai Musei Capitolini (foto musei in comune)

Tra le opere più importanti dell’antichità, con i suoi 13 metri circa di altezza, la statua colossale di Costantino (IV secolo d.C.) è uno degli esempi più significativi della scultura romana tardo-antica. Dell’intera statua, riscoperta nel XV secolo presso la Basilica di Massenzio, oggi rimangono solo pochi monumentali frammenti marmorei, ospitati nel cortile di Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini: testa, braccio destro, polso, mano destra, ginocchio destro, stinco destro, piede destro, piede sinistro. Da martedì 6 febbraio 2024 nel giardino di Villa Caffarelli è possibile ammirare, in tutta la sua imponenza, la straordinaria ricostruzione del Colosso in scala 1:1, risultato della collaborazione tra la sovrintendenza Capitolina, Fondazione Prada e Factum Foundation for Digital Technology in Preservation con la supervisione scientifica di Claudio Parisi Presicce, sovrintendente capitolino ai Beni Culturali.

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I frammenti del Colosso di Costantino posizionati sulla ricostruzione digitale della statua ad opera di Factum Foundation (foto Irene Gaumé / Factum Foundation)

La replica del monumento è stata presentata al pubblico martedì 6 febbraio 2024 dal sindaco di Roma Capitale Roberto Gualtieri, dall’assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor, dal sovrintendente Claudio Parisi Presicce, dal componente del Comitato di indirizzo di Fondazione Prada Salvatore Settis, e da Adam Lowe, della Factum Foundation for Digital Technology in Preservation. Il progetto è promosso da Roma Capitale, assessorato alla Cultura, sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali e realizzato in collaborazione con Fondazione Prada che ha presentato per la prima volta l’opera a Milano dal 17 novembre 2022 al 27 febbraio 2023, in occasione della mostra “Recycling Beauty” a cura di Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica. “A Roma stiamo cercando di recuperare le dimensioni dell’antichità e la nostra conoscenza e percezione dei capolavori del passato, di cui conserviamo tracce e frammenti”, spiega il sindaco Roberto Gualtieri. “Lo abbiamo fatto poco tempo fa con il Museo della Forma Urbis, lo facciamo andando in profondità con gli scavi della Metropolitana, lo facciamo attraverso l’anastilosi della Basilica Ulpia e adesso rendendo fruibile da tutti questa statua colossale, sia per essere ammirata in sé, sia per essere una porta di accesso a quello scrigno di tesori che è il Colle Capitolino e che sono i Musei Capitolini. Voglio davvero ringraziare tutti quelli che hanno reso possibile questa creazione e questa ricostruzione che contribuisce a farci comprendere meglio il passato e quindi a capire meglio chi siamo”.

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La riproduzione del Colosso di Costantino domina il giardino di Villa Caffarelli ai Musei Capitolini (foto musei in comune)

L’allestimento del Colosso a Villa Caffarelli. Il Giardino di Villa Caffarelli, dove orai la riproduzione integrata in scala 1:1 del Colosso di Costantino è allestita, insiste in parte sull’area occupata dal Tempio di Giove Ottimo Massimo, che un tempo ospitava la statua di Giove, la stessa forse da cui il Colosso fu ricavato o che comunque ne costituisce il modello di derivazione. I resti del tempio sono oggi visibili all’interno dell’Esedra di Marco Aurelio.

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Terrecotte architettoniche dalla via Latina: la Triade Capitolina – Giove, Giunone, Minerva (inizi I secolo a.C.) conservata ai Musei Capitolini (foto zetema)

Il tempio fu dedicato nel 509 a.C. dal primo console della Repubblica, M. Horatius Pulvillus, alla triade capitolina: Giove, Giunone, Minerva. La prima statua di culto di Giove era in terracotta ed era opera dello scultore Vulca di Veio. Quest’ultima venne sostituita, nel 69 a.C., in occasione della ricostruzione promossa da Silla, con una nuova statua ispirata al celebre Zeus di Olimpia di Fidia: seduto in trono, il torso scoperto, un mantello a coprire le gambe. Dopo l’incendio dell’80 d.C., durante il regno dell’imperatore Tito, si intraprende un ulteriore rifacimento, concluso da Domiziano, suo fratello e successore. Anche in questo caso, le statue di culto di Giove, Giunone e Minerva furono sostituite. Per il Giove Capitolino il modello è sempre la statua di Fidia, riprodotta come acrolito in marmo. Del tempio di Domiziano si conserva ormai ben poco, ma la fastosa decorazione del frontone è documentata da un celebre rilievo storico oggi ai Musei Capitolini, proveniente da un monumento onorario di Marco Aurelio e raffigurante il sacrificio al tempio di Giove Capitolino. Tra il 217 e il 222 d.C., un fulmine danneggiò gravemente la statua di Giove. Tale evento potrebbe avere creato il presupposto per il suo riutilizzo per celebrare il nuovo imperatore Costantino agli inizi del IV secolo d.C. Quale che sia la statua rilavorata per la realizzazione del Colosso, Costantino si appropria comunque di uno dei simboli della religione romana per legittimare la sua ascesa al potere, collocandolo in una sede di grande significato: la basilica di Massenzio lungo la Via Sacra, l’ultimo monumento architettonico pubblico di carattere civile realizzato a Roma antica.

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Il colosso di Costantino nel cortile dei musei Capitolini a Roma (foto graziano tavan)

Il Colosso di Costantino. Dalla fine del Quattrocento il cortile del Palazzo dei Conservatori ospita nove frammenti in marmo pario di una delle statue più imponenti di Roma antica, il Colosso di Costantino (306-337 d.C.), imperatore a cui si devono iniziative che avrebbero profondamente modificato l’Impero Romano: il riconoscimento ufficiale della religione cristiana (313 d.C.) e il trasferimento della capitale da Roma a Costantinopoli (326 d.C.). Il ritratto è rimasto senza una identità certa fino alla fine dell’Ottocento, quando fu correttamente identificato con l’imperatore Costantino. Successivi studi hanno permesso di riconoscere sicuri segni di rilavorazione, soprattutto in corrispondenza del mento e del sottogola, a indicare che il personaggio originariamente raffigurato avesse la barba. Il Colosso è dunque il risultato del riadattamento di una statua più antica. Secondo una recente ipotesi di lavoro si potrebbe trattare della statua di culto di Giove Ottimo Massimo, collocata all’interno del tempio a lui dedicato sul Campidoglio, il più importante della romanità. In ogni caso, essa, nota da diverse repliche o imitazioni, dovette costituire il modello per la realizzazione del Colosso di Costantino. Una delle sue riproduzioni più fedeli in formato ridotto, databile in età flavia (69-96 d.C.), è quella conservata oggi all’Ermitage di San Pietroburgo. La statua è un acrolito, con le parti nude realizzate in marmo, montate su una struttura portante rivestita da panneggi in bronzo dorato o in preziosi marmi colorati. Il dio, seduto in trono, è avvolto in un mantello che lascia scoperti il torso, le braccia e il ginocchio. Quest’ultimo è un motivo iconografico di tradizione omerica associato quasi esclusivamente all’immagine di Giove e successivamente degli imperatori, che ad essa si ispira come segno della devozione rivolta a loro dai sudditi. Con il ginocchio nudo, Giove si mostra su monete e medaglioni di epoca immediatamente pre-costantiniana, con dedica a Iuppiter Conservator. Nel 312 d.C., dopo la vittoria su Massenzio al Ponte Milvio, Costantino diventa il padrone assoluto della parte occidentale dell’impero e di Roma. A questi anni iniziali del suo regno risalirebbe la realizzazione del Colosso, che, nella sua fissità ieratica, costituisce una delle manifestazioni più impressionanti dell’arte costantiniana. La celebrazione dell’imperatore avviene dunque attraverso il reimpiego di una statua colossale già esistente, raffigurante un imperatore o una divinità, quale Giove Ottimo Massimo. Attraverso di essa Costantino si mostra come comes (compagno) degli dèi e la natura stessa del suo potere si manifesta come divina.

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Basilica di Massenzio, navata settentrionale: il nicchione centrale, opposto al nuovo ingresso, fu dotato di un’ abside sul fondo, coperta da una semi-cupola e con le pareti arricchite da nicchie destinate ad ospitare statue su due ordini. Sul fondo dell’abside era realizzato un podio in muratura destinato ad ospitare il tribunal dei giudici (foto PArCo)

Le vicende dei frammenti. Il trasferimento della maggior parte dei frammenti del cortile del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio risale al 1486. L’eccezionale scoperta avvenne in un edificio al tempo identificato con il Templum Pacis, correttamente riconosciuto, agli inizi dell’Ottocento, come la basilica eretta nel 308 d.C. da Massenzio lungo la Via Sacra, poi dedicata da Costantino dopo la vittoria del Ponte Milvio del 312 d.C. Un ulteriore frammento, rinvenuto nel 1951, è in procinto di essere trasferito dai depositi del parco archeologico del Colosseo al Campidoglio.

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I bronzi del Laterano nell’esedra di Marco Aurelio ai musei Capitolini: la testa, la mano e il globo del colosso di Costantino (foto Zeno Colantoni)

Il carattere eccezionale del ritrovamento indusse ad acquisire i frammenti nel cortile del Palazzo, al tempo sede dei Conservatori, la più importante magistratura capitolina, che già ospitava il prezioso nucleo dei bronzi antichi, tra cui la celebre Lupa e i frammenti del colosso di Costantino in bronzo, donati al Popolo romano da papa Sisto IV nel 1471. L’evento è ricordato da un’importante iscrizione murata nel cortile del Palazzo dei Conservatori sormontata dagli stemmi del senato romano, di papa Innocenzo VIII (reg. 1484 – 1492) e del cardinale Raffaele Riario. Disegni e stampe realizzati sin dalla prima metà del Cinquecento costituiscono preziose testimonianze del modo in cui, nel corso dei secoli, sia mutato l’allestimento dei frammenti, ben presto divenuti simbolo stesso della maestà perduta e recuperata di Roma.

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Ricostruzione del Colosso di Costantino: i rappresentanti di Factum Foundation, Sovrintendenza Capitolina e Fondazione Prada nel workshop di Factum Foundation (foto factum foundation)

Il progetto di ricostruzione della statua colossale di Costantino è partito da un importante lavoro di analisi archeologica, storica e funzionale dei frammenti, supportata dalla lettura delle fonti letterarie ed epigrafiche. I nove frammenti in marmo pario, attualmente conservati presso i Musei Capitolini, si pensava che appartenessero a una statua dell’imperatore Commodo e, data la loro eccezionale importanza, furono allestiti nel Palazzo dei Conservatori durante i lavori di ristrutturazione dello stesso eseguiti su progetto di Michelangelo tra il 1567 e il 1569. I frammenti sono stati identificati come ritratto colossale dell’imperatore Costantino solo alla fine dell’Ottocento. Lo studio archeologico dei frammenti ha permesso di ipotizzare che il Colosso fosse seduto e che fosse realizzato come acrolito, ovvero con le parti nude in marmo bianco e il panneggio in metallo o in stucco dorato. Secondo uno schema iconografico tipico del tempo, che assimilava l’imperatore alla divinità, Costantino è rappresentato come Giove con la parte superiore del corpo scoperta e il mantello adagiato sulla spalla; il braccio destro che impugna lo scettro ad asta lunga e la mano sinistra che sorregge il globo.

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La ricostruzione del Colosso di Costantino a cura di Factum Foundation (foto factum foundation)

A fine marzo 2022 un team della Factum Foundation ha trascorso tre giorni nel cortile dei Musei Capitolini per scansionare i frammenti presenti con la tecnica della fotogrammetria. Ogni frammento è stato modellato in 3D e posizionato sul corpo digitale della statua creata utilizzando come esempio iconografico altre statue di culto di età imperiale in pose simili, tra cui la colossale statua di Giove (I secolo d.C.) conservata al Museo statale Ermitage di San Pietroburgo, probabilmente ispirata allo Zeus di Olimpia ad opera di Fidia e la grande copia in gesso della statua dell’imperatore Claudio, ritratto come Giove, allestita al Museo dell’Ara Pacis. I dati digitali sono stati stampati in 3D a grandezza naturale e usati per realizzare un calco in resina rinforzata. Per le copie facsimile dei frammenti, sul calco è stato adoperato uno stucco apposito, dipinto per suggerire l’effetto del marmo pario invecchiato dall’esposizione agli elementi; le parti ricostruite sono state realizzate in poliuretano, rinforzato da diversi strati di resina mista a polvere di marmo e mica per ottenere un effetto marmoreo bianco neutro. I panneggi e le parti in bronzo dorato sono stati realizzati in polistirene patinato in resina e polvere di bronzo, su cui è stata applicata foglia d’oro.

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Un momento della ricostruzione del Colosso di Costantino nei giardini di Villa Caffarelli ai Musei Capitolini a Roma (foto musei in comune)

La complessa operazione di ricostruzione realizzata da Factum ha tenuto conto di molteplici fattori: il tipo di marmo delle parti originali, i restauri e le aggiunte; i dettagli del panneggio mancante e l’aspetto del bronzo dorato di cui era composto; il rapporto tra la ricostruzione e i frammenti superstiti, le condizioni di questi e la loro esatta posizione. Dopo aver ultimato il modello 3D ad altissima risoluzione, si è poi proceduto con la ricostruzione materiale del Colosso. Il Colosso originale, alto circa 13 metri, aveva una struttura interna ipoteticamente fatta di mattoni, legno, elementi in metallo. Per la ricostruzione, Factum Foundation ha fatto ricorso a una struttura portante in alluminio, che ne permette il montaggio e lo smontaggio.

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Suggestiva immagine della riproduzione del Colosso di Costantino nei giardini di Villa Caffarelli ai Musei Capitolini a Roma (foto musei in comune)

Il risultato finale permette di ammirare, in una magnifica illusione, il Colosso nel suo complesso, in cui si distinguono visivamente le “ricuciture” tra le parti ri-materializzate e le copie dei frammenti originali presenti nel cortile di Palazzo dei Conservatori.

 

Roma. Alle spalle del Colosseo aperto il nuovo parco archeologico del Celio, con un giardino archeologico in uno scenario mozzafiato, e il museo della Forma urbis con i frammenti, finalmente leggibili, della celebre Forma Urbis Romae, la gigantesca pianta marmorea della Roma antica incisa tra il 203 e il 211 d.C. sotto l’imperatore Settimio Severo

roma_parco-archeologixo-del-celio_e_museo-forma-urbis_inaugrazione_locandinaAlle spalle del Colosseo, il Celio è uno dei sette colli dove, dal 12 gennaio 2024, è aperto un nuovo parco archeologico, il parco archeologico del Celio, un balcone sul cuore antico monumentale con la possibilità di ammirare una grandiosa pianta dell’antica Roma incisa su marmo (18 metri x 13 circa), commissionata da Settimio Severo all’inizio del III secolo: è la celebre Forma Urbis Romae, i cui frammenti superstiti, a conclusione di una serie di interventi condotti sotto la direzione scientifica della Sovrintendenza Capitolina, tornano a essere visibili in un nuovo allestimento che ne esalta la magnificenza e ne consente al contempo una chiara leggibilità, mentre nel contiguo giardino archeologico del Parco, in uno scenario mozzafiato, è esposta una collezione di materiali epigrafici e architettonici provenienti dagli scavi urbani della Roma post-unitaria, offrendo così una nuova straordinaria opportunità per approfondire la conoscenza dell’antichità classica. Il parco archeologico del Celio e il nuovo museo della Forma Urbis sito al suo interno sono stati inaugurati il 12 gennaio 2024 dal sindaco di Roma Capitale, Roberto Gualtieri, dall’assessore capitolino alla Cultura, Miguel Gotor, e dal sovrintendente capitolino ai Beni culturali, Claudio Parisi Presicce. Parco e Museo – la cui apertura si deve a una serie di interventi condotti sotto la direzione scientifica della sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali di Roma Capitale – sono parte di un vasto progetto di valorizzazione dell’intera area del Celio, inquadrata in seno al più ampio programma di riqualificazione del Centro Archeologico Monumentale (CArMe) voluto da Roma Capitale.

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Il giardino del parco archeologico del Celio con vista sul Colosseo (foto roma capitale)

IL COLLE. Il parco archeologico del Celio occupa il settore settentrionale del colle, un’area verde orientata verso il Colosseo e all’interno della quale sussistono importanti evidenze archeologiche, come le fondazioni perimetrali del tempio del Divo Claudio. Grazie al recupero degli edifici presenti nell’area, la Casina del Salvi e l’ex Palestra della Gil, e alla sistemazione del contiguo giardino archeologico, in cui sono stati organizzati per nuclei tematici una grande quantità di materiali epigrafici e architettonici di grandi dimensioni delle collezioni dell’ex Antiquarium Comunale, provenienti dagli scavi di Roma di fine Ottocento, i visitatori hanno una nuova straordinaria opportunità per approfondire la conoscenza della Roma antica. Aprire al pubblico il giardino è il primo passo di un programma che, grazie agli interventi giubilari, porterà all’allestimento completo dei reperti e all’apertura al pubblico della Casina del Salvi, che tornerà ad avere la sua funzione originaria di coffee-house e al contempo ospiterà anche una delle nuove Aule Studio di Roma.

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L’ex palestra della Gil sede del museo della Forma Urbis nel parco archeologico del Celio (foto roma capitale)

IL PUBBLICO. Il parco archeologico del Celio si può visitare tutti i giorni a ingresso gratuito. Il museo della Forma Urbis resta invece chiuso il lunedì e prevede un biglietto d’ingresso (intero non residente, 9 euro; ridotto non residente, 6.50 euro; intero residente, 6.50 euro; ridotto residente, 5.50 euro), salvo per i possessori della MIC Card che possono accedere gratuitamente anche allo spazio museale. I servizi museali sono a cura di Zètema Progetto Cultura. Questo progetto si inserisce in una più ampia trasformazione del colle del Celio e dell’intero Centro Archeologico Monumentale, a cominciare da alcuni interventi di grande significato: a breve saranno avviati i lavori di consolidamento e recupero dell’ex Antiquarium Comunale, che porranno fine a un abbandono quasi secolare dell’edificio. Inoltre, l’area verde del Celio sarà riqualificata nella vegetazione, nei percorsi, negli affacci verso il Palatino e nelle connessioni con l’area del Colosseo, mediante un progetto a cura del Dipartimento Tutela Ambientale. Infine, la Nuova Passeggiata Archeologica, lungo via di San Gregorio, connetterà il Parco del Celio con il Centro Archeologico Monumentale.

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Il Casina del Salvi nel parco archeologico del Celio (foto roma capitale)

LA STORIA. Il Parco del Celio è il frutto di una serie di interventi e di passaggi di proprietà succedutisi nel tempo: dalla cinquecentesca Vigna Cornovaglia alla nuova morfologia provocata dalle colmate di terra provenienti dagli scavi napoleonici dell’area del Colosseo e del Foro. Sul terrapieno artificiale così formato si sviluppò un’ampia zona alberata e a verde presso il Colosseo, sistemata a giardino e nota come Orto Botanico. Esso nasce come “passeggiata pubblica” nell’ambito di un progetto affidato da papa Gregorio XVI all’architetto Gaspare Salvi (1835). Il Salvi progettò, in relazione alla “passeggiata pubblica”, un edificio a ridosso delle strutture del Tempio del Divo Claudio, che doveva servire da punto di ristoro. La posizione della Casina del Salvi, ispirata funzionalmente alla “coffee-house” del Pincio progettata dal Valadier, impose l’orientamento dei viali all’interno dell’area. Nella terrazza della Casina del Salvi, oggetto di recenti indagini archeologiche, sono documentate le testimonianze del passaggio dell’acquedotto claudio-neroniano e altre opere idrauliche. Sia la Casina del Salvi che il Parco circostante sono pervenuti nel patrimonio comunale con Motu Proprio di Pio IX nel 1847. L’altro edificio, Ex Palestra della Gioventù Italiana del Littorio, si colloca nella parte più meridionale dell’area; ultimata nel 1929, la Palestra andava a sostituire tre capannoni in muratura allineati, dotati di servizi, realizzati nel 1901, anno nel quale l’edificio entrò nel patrimonio comunale. L’ampia area verde che connette i due edifici è oggi attraversata da viali che testimoniano la storica “passeggiata pubblica”. Oggi il Parco si presenta diviso in due grandi aree da viale del Parco del Celio, dove transita la linea tranviaria realizzata nel secondo dopoguerra. Nell’area settentrionale del Parco si trova appunto l’edificio dell’Ex Antiquarium Comunale, che fu costituito come Magazzino Archeologico Comunale nel 1884 e poi divenne sede museale come Antiquarium dal 1929 fino al 1939, quando diventa inagibile a causa dei gravi problemi strutturali causati dai lavori sulla linea della metropolitana.

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La grande sala del museo della Forma Urbis nel parco archeologico del Celio (foto roma capitale)

IL MUSEO. All’interno del Parco, nell’edificio dell’ex Palestra della Gil, è allestito il nuovo museo della Forma Urbis, che custodisce i frammenti rimasti della celebre Forma Urbis Romae, la gigantesca pianta marmorea della Roma antica incisa tra il 203 e il 211 d.C. sotto l’imperatore Settimio Severo. Si tratta di una delle più rare e importanti testimonianze della città antica che i visitatori torneranno ad ammirare dopo quasi un secolo. L’ultima esposizione complessiva degli originali è stata infatti realizzata tra il 1903 e il 1924 nel giardino del Palazzo dei Conservatori; poi, fino al 1939 alcuni nuclei significativi sono stati visibili nell’Antiquarium del Celio.

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Dettaglio dei templi di Largo Argentina nella Forma Urbis nel museo della Forma Urbis del parco archeologico del Celio (foto roma capitale)

La Forma Urbis era esposta originariamente sulla parete di un’aula nel Foro della Pace che fu in seguito inglobata dal complesso dei SS. Cosma e Damiano nell’area del Foro Romano. Era incisa su 150 lastre di marmo applicate alla parete con perni di ferro e occupava uno spazio di circa 18 metri per 13. Dopo la scoperta nel 1562, molti frammenti della grande mappa marmorea andarono perduti, mentre alcuni sono stati fortunosamente ritrovati nel corso del tempo. Oggi resta circa un decimo del totale della pianta originale. Dal 1742 è parte delle collezioni dei Musei Capitolini.

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Dettaglio del Colosseo nella Forma Urbis nel museo della Forma Urbis del parco archeologico del Celio (foto roma capitale)

Il nuovo allestimento del museo della Forma Urbis consente una piena fruizione della pianta marmorea da parte dei visitatori, favorendo la leggibilità di un documento che, per ingombro e condizioni frammentarie, si presta poco a una comprensione immediata. Sul pavimento della sala principale del museo sono collocati i frammenti della Forma Urbis, sovrapposti, come base planimetrica, alla Pianta Grande di Giovanni Battista Nolli del 1748. Gli spazi interni dell’edificio museale ospitano anche una consistente scelta del materiale architettonico e decorativo dell’ex Antiquarium Comunale.

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Colonna con iscrizione di cava nel giardino del parco archeologico del Celio con vista sul Colosseo (foto roma capitale)

IL GIARDINO. Attualmente nel giardino è collocata una moltitudine di reperti archeologici, architettonici ed epigrafici, in una suggestiva giustapposizione di elementi. Essi sono il risultato dei grandi scavi di fine Ottocento per la realizzazione di Roma Capitale e precedentemente conservati nell’Ex Antiquarium Comunale. Una grande quantità di reperti fu recuperata durante gli sterri per la creazione dei nuovi quartieri della Capitale, specialmente sull’Esquilino, sul Quirinale, sul Viminale. Oltre ai nuovi quartieri di edilizia residenziale si crearono nuove infrastrutture, si aprirono nuove vie centrali, si edificarono nuove imponenti sedi governative, ministeri, caserme, banche e lo stesso Parlamento. Mai prima di allora il tessuto della città antica era venuto in luce in modo così esteso restituendo una moltitudine di reperti.

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Sepolcro di Servio Sulpicio Galba proveniente dagli scavi del Testaccio, nel giardino del parco archeologico del Celio (foto roma capitale)

Questi, oggi organizzati in nuclei tematici, conducono il visitatore ad approfondire aspetti chiave per comprendere la Roma antica nel quotidiano. Sono approfonditi aspetti della vita sociale attraverso le scelte dei diversi ceti sociali di rappresentare il proprio status nella sfera funeraria: da piccoli cippi sepolcrali alle tombe monumentali di ricchi senatori, come quella di Servio Sulpicio Galba. Nel settore dedicato al sacro emerge il senso del divino nelle modeste are dedicate alle divinità del pantheon romano e nei più grandi templi pubblici, come il tempio dei Castori nel Foro Romano. Si possono cogliere le differenze, dimensionali e qualitative, nella contrapposizione fra edifici pubblici e privati attraverso una selezione di grandi frammenti provenienti da diversi edifici pubblici della città, basi di statue onorarie collocate in contesti sia pubblici che privati. Sono esposte diverse testimonianze della presenza amministrativa di Roma sul territorio: dai cippi di delimitazione dell’alveo del Tevere agli ampliamenti del pomerio della città antica, fino ai cippi con le indicazioni delle aree di pertinenza degli acquedotti. Le testimonianze più numerose e imponenti riguardano il gusto architettonico antico e raccontano il modo di costruire e decorare gli edifici e dall’altro le tecniche impiegate per la lavorazione dei marmi. Un nucleo di manufatti introduce infine al tema del reimpiego e della rilavorazione, un fenomeno grandemente pervasivo che non si arresta con l’antichità ma che attraversa tutta la storia architettonica della città.

Roma. Riapre al pubblico l’Area Sacra di Largo Argentina, teatro dell’omicidio di Giulio Cesare. Grazie ai lavori ultimati il sito è ora accessibile a tutti, e permette di leggerne le fasi dall’età repubblicana al Medioevo

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Panoramica dell’Area sacra di Largo Argentina a Roma (foto roma capitale)

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L’ingresso all’Area sacra di Largo Argentina a Roma (foto roma capitale)

20 giugno 2023, ore 9.30: riapre al pubblico l’Area Sacra di Largo Argentina, dove si è consumato uno degli omicidi più famosi della storia, l’uccisione di Giulio Cesare. Ma che racconta molto di più. Sono stati infatti ultimati i lavori che ora consentono la piena fruibilità di una delle più affascinanti aree archeologiche del centro storico di Roma. La storia millenaria dell’Area Sacra di Largo Argentina, dal 20 giugno 2023, si offre dunque al pubblico con un nuovo percorso che per la prima volta consente di accedere al sito e visitarlo in modo sistematico, leggendone le fasi di vita dall’età repubblicana attraverso l’epoca imperiale e medievale, fino alla riscoperta avvenuta nel secolo scorso con le demolizioni degli anni Venti. I lavori, condotti sotto la direzione scientifica della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, sono stati resi possibili grazie a un atto di mecenatismo da parte della Maison Bulgari. La maestosità dei resti dei templi dell’Area Sacra si può ora cogliere a distanza ravvicinata, apprezzandone i dettagli, le fasi costruttive e i materiali, camminando allo stesso livello di strutture che per decenni cittadini e turisti hanno osservato dal piano stradale.

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Spazi sotto del piano stradale di via di San Nicola de’ Cesarini a Largo Argentina a Roma: testa di statua colossale di divinità femminile forse Feronia (foto roma capitale)

“Siamo orgogliosi di aver contribuito a rendere finalmente fruibile ai cittadini e ai turisti questo gioiello archeologico e architettonico, preziosa testimonianza dell’affascinante sovrapposizione di epoche e stili che rende la Città Eterna unica al mondo”, commenta Jean-Christophe Babin, amministratore delegato del Gruppo Bulgari. “Un progetto che ci ha consentito di onorare, ancora una volta, il profondo legame che abbiamo con Roma, da sempre inesauribile fonte di ispirazione e crocevia millenario di arti, culture e tradizioni. Nell’Area Sacra si percepisce il respiro della Storia. Queste maestose vestigia – che da oggi potremo ammirare da vicino – raccontano la grandezza di un impero che ha forgiato la nostra civiltà”. E il sovrintendente Claudio Parisi Presicce: “Il prezioso lavoro dei tecnici dalla Sovrintendenza – dichiara – ha restituito alla città un’area importantissima, consentendo a tutti di ammirare uno spaccato di storia di oltre due millenni: dalla Roma repubblicana a quella degli imperatori, dal riutilizzo delle strutture come dimore di famiglie aristocratiche, chiese e monasteri fino alle demolizioni degli anni Venti del ‘900. Lo splendido risultato che si può ammirare da oggi è stato possibile grazie a una proficua collaborazione tra pubblico e privato per il quale voglio ringraziare il Gruppo Bulgari”. Chiude Miguel Gotor, assessore alla Cultura di Roma Capitale: “Uno dei luoghi più belli e preziosi di Roma, grazie a questo intervento frutto di un importante atto di mecenatismo del Gruppo Bulgari che ringrazio, è finalmente fruibile appieno da parte dei cittadini romani e dei turisti, i quali da ora in avanti potranno vedere da vicino meravigliosi reperti archeologici di varie epoche della storia della nostra città”.

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Le nuove passerelle prive di barriere architettoniche nell’Area sacra di Largo Argentina a Roma (foto roma capitale)

I lavori sono stati realizzati ponendo attenzione ai criteri che hanno consentito di rendere il sito facilmente accessibile a tutti. Da via di San Nicola de’ Cesarini il visitatore ha la possibilità di scendere e visitare l’area archeologica grazie a un percorso su passerella completamente privo di barriere architettoniche. Una piattaforma elevatrice consente l’accesso alle persone con mobilità ridotta, mentre all’interno sono stati eliminati tutti i dislivelli e salti di quota, rendendo agevole la visita anche in sedia a rotelle o con passeggini. Elemento di grande novità sono le due aree espositive nel portico della medioevale Torre del Papito e nei locali al di sotto del piano stradale di via di San Nicola de’ Cesarini. Gli spazi sono stati allestiti con una selezione dei numerosi reperti provenienti dagli scavi e dalle demolizioni del secolo scorso, tra cui frammenti di epigrafi, sarcofagi, decorazioni architettoniche e due teste di statue colossali appartenenti a divinità venerate nell’area. Per raccontare al meglio la storia del sito e delle trasformazioni avvenute nel corso dei secoli, l’intero percorso di visita è dotato di una serie di pannelli illustrativi con testi in italiano e in inglese e di un ricco corredo fotografico. Per le persone ipovedenti e non vedenti sono stati realizzati due grandi pannelli tattili, in italiano, inglese e braille con le indicazioni dell’intero complesso e dei singoli monumenti e con la lettura tattile di due reperti scansionati in 3D – un frammento di lastra con uccellino che becca un frutto e la testa colossale di statua di culto femminile. È stata realizzata una nuova illuminazione su tutta la passerella e gli espositori situati nello spazio museale, mentre a livello stradale è stato illuminato il portico della Torre del Papito.

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Area sacra di Largo Argentina a Roma: per le persone ipovedenti e non vedenti sono stati realizzati due grandi pannelli tattili, in italiano, inglese e braille (foto roma capitale)

Area Sacra di Largo Argentina. Ingresso via di San Nicola De’ Cesarini (di fronte al civico 10). Biglietteria e libreria presso la Torre del Papito piazza dei Calcarari snc, Roma. Orari: martedì-domenica, 9.30-19 (ora legale), 9.30-16 (ora solare); ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Prevendita obbligatoria  www.sovraintendenzaroma.it (max 5 biglietti per volta)Possessori MIC CARD in corso di validità – ingresso libero. Aventi diritto alla gratuità (disabili, minori, etc.) – ritiro dei biglietti presso la biglietteria. Tariffe: intero non residente, 5 euro; ridotto non residente, 4 euro; intero residente, 4 euro; ridotto residente, 3 euro; prevendita, 1 euro. Gratuito per le categorie aventi diritto. Ingresso contingentato ogni 20 minuti. Informazioni e prenotazioni gruppi/scuole: call center 060608 (tutti i giorni, 9-19). Durata della visita: 45 minuti circa. Note: l’area archeologica è accessibile a tutti. Non sono presenti servizi igienici. 

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Veduta aerea dell’Area sacra di Largo Argentina a Roma (foto roma capitale)

Cenni storici. Tra il 1926 e il 1929 i lavori di demolizione del quartiere compreso tra via del Teatro Argentina, via Florida, via S. Nicola de’ Cesarini e corso Vittorio Emanuele II per la costruzione di nuovi edifici, riportarono alla luce una vasta piazza lastricata su cui sorgono quattro templi, comunemente indicati con le prime quattro lettere dell’alfabeto in assenza di identificazione certa: il tempio C (inizi III sec. a.C.), dedicato probabilmente a Feronia; il tempio A (metà III sec. a.C.) in onore di Giuturna; il tempio D (inizi II sec. a.C.), dedicato alle Ninfe o ai Lari Permarini; e il tempio B (fine II sec. a.C.), dedicato alla Fortuna huiusce diei. Alla metà del I sec. a.C. si data il complesso dei Portici di Pompeo, adiacente all’area sacra, nella cui Curia (di cui è ancora visibile il basamento in tufo alle spalle dei templi B e C) ebbe luogo l’assassinio di Giulio Cesare. L’incendio dell’80 d.C. che devastò gran parte del Campo Marzio portò a una profonda trasformazione dell’area sotto l’imperatore Domiziano, con la realizzazione di una nuova pavimentazione in lastre di travertino, ancora visibile, e la ricostruzione degli alzati dei templi. Con il V secolo ha inizio il processo di abbandono e trasformazione degli edifici. Si ipotizza che l’area venne occupata da un complesso monastico, mentre successivamente, tra l’VIII e il IX secolo, vennero realizzate strutture forse pertinenti a case aristocratiche. Sempre al IX secolo appartengono anche le prime testimonianze dell’impianto di una chiesa all’interno del tempio A, che nel 1132 fu dedicata a San Nicola, con la denominazione prima de’ Calcarario e poi de’ Cesarini. In età barocca sulla chiesa medievale si impostò un nuovo edificio sacro, distrutto completamente durante le demolizioni del Governatorato.

Roma. Noemi ospite speciale della Notte dei Musei: performance solo piano e voce nella sala Macchine della Centrale Montemartini

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Noemi ospite speciale della Notte dei Musei: performance solo piano e voce nella sala Macchine della Centrale Montemartini (foto zetema)

roma_capitale_notte-dei-musei_locandinaNoemi sarà l’ospite speciale della Notte dei Musei 2023. L’artista romana si esibirà alle 20.15 di sabato 13 maggio 2023 nella Sala Macchine della Centrale Montemartini in una straordinaria performance solo piano e voce. Suonerà lei stessa i suoi più grandi successi e, per omaggiare Roma, chiuderà con il brano “Com’è bello fa’ l’amore quanno è sera” con cui ha celebrato Anna Magnani ai David di Donatello 2023. “Sono molto contento che un’artista romana molto amata dal pubblico come Noemi abbia deciso di essere con noi in questa Notte dei Musei”, ha dichiarato l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor. “La sua esibizione arricchisce il programma della serata e la renderà ancora più coinvolgente e interessante per tutti coloro che vorranno condividere alcune ore di cultura e divertimento in giro per la città”. In ragione della capienza limitata della sala, potranno assistere all’evento solo le prime 250 persone che arriveranno all’ingresso del museo, pagando il biglietto di accesso dal prezzo simbolico di 1 euro (ingresso gratuito con la MIC card). I biglietti saranno distribuiti a partire dalle 19.30. La Notte dei Musei è promossa da Roma Capitale, assessorato alla Cultura – sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata da Zètema Progetto Cultura. Radio Partner: Dimensione Suono Roma. L’evento prevede l’apertura straordinaria in orario serale e notturno (dalle 20 alle 2) di tutti gli spazi del Sistema Musei di Roma Capitale con un biglietto di ingresso del costo simbolico di un euro (o gratuito dove espressamente previsto). A questi si aggiungono, inoltre, le aperture straordinarie di musei, complessi monumentali, aree e parchi archeologici statali oltre a luoghi istituzionali della città, spazi dedicati all’arte, alla cultura e all’intrattenimento e le molte università, accademie italiane e straniere, ambasciate, Istituti di alta formazione che hanno aderito all’iniziativa.

Roma. Musei Capitolini: la mostra “La Roma della Repubblica. Il racconto dell’archeologia” a Palazzo Caffarelli si arricchisce di nuovi contenuti multimediali

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Locandina della mostra “La Roma della Repubblica” a Palazzo Caffarelli (Musei Capitolini) dal 13 gennaio al 24 settembre 2023

Si arricchisce di contenuti multimediali la mostra “La Roma della Repubblica. Il racconto dell’archeologia” a Palazzo Caffarelli, promossa da Roma Capitale, assessorato alla Cultura – sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, curata da Isabella Damiani e Claudio Parisi Presicce e visitabile fino al 24 settembre 2023 nelle sale di Palazzo Caffarelli dei Musei Capitolini. Inaugurata a gennaio 2023 la mostra espone principalmente le collezioni di proprietà comunale provenienti dai magazzini e dai musei della Sovrintendenza: circa 1800 opere (tra cui manufatti in bronzo, pietra locale, in rari casi marmo, soprattutto terracotta e ceramica) quasi tutte visibili al pubblico per la prima volta (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2023/01/12/roma-a-palazzo-caffarelli-dei-musei-capitolini-al-via-la-mostra-la-roma-della-repubblica-secondo-capitolo-del-ciclo-il-racconto-dellarcheologia-1800-ope/). Il nuovo progetto multimediale è ideato e curato dalla Sovrintendenza Capitolina e realizzato da Progetto Katatexilux.

La mostra dal 7 aprile 2023 è arricchita da una videoproiezione immersiva – visibile nella Sala Multimediale, situata al principio del percorso espositivo – che narra in maniera evocativa e coinvolgente le vicende della storia repubblicana di Roma, con l’espandersi del controllo sull’Italia e dell’egemonia sul Mediterraneo, attraverso i secoli. La proiezione avviene su due piani: il primo di fronte al visitatore, su una parete semicircolare che quasi lo avvolge e il secondo ai suoi piedi; si crea così un ambiente semi immersivo di grande impatto. Le tappe dell’inesorabile espansione di Roma sono ripercorse grazie a una serie di cartografie tematiche proiettate a terra, mentre sulla parete frontale sono rappresentati gli episodi salienti, i luoghi e i protagonisti della storia. Il racconto avviene con l’ausilio di videoproiezioni, grafica e riproduzioni, con effetto olografico, di alcuni dei reperti in mostra, oltre a grafici e linee del tempo animate, il tutto accompagnato da un supporto audio.

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01. Allestimento di materiali dal deposito votivo di Minerva Medica, IV-I secolo a.C., conservato ai Musei Capitolini (foto zeno colantoni / musei capitolini)

“Il lavoro dell’archeologo, nel ricostruire e raccontare il passato partendo dalle testimonianze materiali delle società antiche, procede sempre attraverso complessi processi ricostruttivi, spesso si fanno collegamenti, ipotesi e confronti. La tecnologia aiuta a immaginare e a raccontare il mondo antico, rendendolo più chiaro agli occhi dei visitatori”, sottolinea il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce. “I nuovi contenuti multimediali consentono di contestualizzare al meglio i materiali esposti provenienti da contesti urbani, inserendoli nelle tappe fondamentali della grande storia della Roma repubblicana”. La video installazione riprende infatti il criterio espositivo della mostra: il titolo “Il racconto dell’archeologia” vuole sottolineare come i materiali presentati nelle diverse sezioni siano legati alla “grande storia” e ci consentano di rintracciare gli effetti che l’ascesa di Roma su vasta scala produsse anche a scala urbana, plasmando la Città, i luoghi del sacro e del potere.

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Terrecotte architettoniche dalla via Latina: la Triade Capitolina – Giove, Giunone, Minerva (inizi I secolo a.C.) conservata ai Musei Capitolini (foto zeno colantoni / musei capitolini)

“La nuova video istallazione inaugurata rende la mostra ancora più interessante. Il racconto storico sviluppato dai nuovi contenuti multimediali contestualizza al meglio gli oltre 1.800 reperti, tra terrecotte, bronzi, manufatti in pietra e ceramiche che sono esposti e ne valorizza ulteriormente la bellezza e il grande valore”, ha dichiarato l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor. Proseguendo nel percorso espositivo, nella Sala 7 è stato allestito un nuovo impianto didascalico interattivo per presentare la significativa raccolta di reperti numismatici, rappresentativi della storia della monetazione e dell’economia dei lunghi secoli della Repubblica. La modalità di lettura multimediale enfatizza e rende esplicito il valore di testimonianza storica e archeologica dei materiali scelti e consente di comprendere a pieno il ruolo determinante svolto dai beni pre-monetali prima e dalle monete poi, come indicatori delle profonde trasformazioni economiche, storiche e sociali che accompagnarono il passaggio dalla città/stato alla repubblica e poi all’impero. Il racconto è articolato in paragrafi che seguono l’evoluzione della monetazione nel corso della storia repubblicana. Il visitatore può interrompere la descrizione e ricominciare da capo o passare agevolmente agli approfondimenti proposti di volta in volta. Un pulsante, infine, consente di esplorare in dettaglio i materiali presenti in vetrina visualizzando il retro delle monete, esplorando le immagini ad altissima risoluzione e leggendo le schede informative.

 

La “Via Appia. Regina Viarum” è ufficialmente candidata a essere inserita nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Firmato il protocollo d’intesa tra il ministero della Cultura, 4 Regioni, 12 tra Province e Città metropolitane, 73 Comuni, 15 Parchi, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e 25 atenei

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Il sottosegretario al MiC Gianmarco Mazzi firma il protocollo d’intesa per la candidatura Unesco della Via Appia Regina Viarum (foto mic)

Ora c’è la firma. La “Via Appia. Regina Viarum” è ufficialmente candidata a essere inserita nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. È stato firmato martedì 10 gennaio 2023, a Roma, alle Terme di Diocleziano, il Protocollo di intesa per la candidatura del sito “Via Appia. Regina Viarum” all’Unesco con un’intesa tra il ministero della Cultura, 4 Regioni, 12 tra Province e Città metropolitane, 73 Comuni, 15 Parchi, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e 25 atenei, italiani e stranieri. Il 20 gennaio 2023 la candidatura sarà valutata dal Consiglio direttivo della Commissione nazionale italiana Unesco. A seguire, la richiesta sarà inviata a Parigi.

firenze_TourismA-2022_Appia-candidatura-Unesco_locandinaL’antica strada consolare, circa 900 km di tracciato da Roma a Brindisi inclusa la variante traianea, rappresenta non solo il prototipo del sistema viario romano, ma è anche simbolo millenario delle relazioni tra le civiltà del Mediterraneo e quelle dell’Oriente e dell’Africa. Alla cerimonia, sono intervenuti, tra gli altri, il sottosegretario al MiC, Gianmarco Mazzi; il presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, mons. Pasquale Iacobone; il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi; il presidente vicario della Regione Lazio, Daniele Leodori; l’assessore al Turismo della Giunta Regionale Campania, Felice Casucci; la delegata alle politiche culturali della Regione Puglia, Grazia Di Bari, e l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor. Il Protocollo d’intesa è stato presentato dalla dirigente dell’ufficio Unesco del MiC, Mariassunta Peci, dalla coordinatrice scientifica della candidatura, Angela Maria Ferroni. Ad aprire i lavori è stato il direttore del Museo Nazionale Romano, Stéphane Verger, che ha ospitato la cerimonia.

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Un tratto ben conservato della Via Appia Antica, la Regina Viarum (foto mic)

Il Ministero sta investendo nel restauro e nella valorizzazione di evidenze archeologiche e architettoniche situate lungo il percorso della Via Appia. L’obiettivo è coniugare le ragioni della conservazione e valorizzazione di questo importante patrimonio con lo sviluppo sostenibile dei territori coinvolti. Quest’ultimo elemento si rivela fondamentale anche per la crescita sociale ed economica di molte delle zone coinvolte che, spesso, sono aree interne e quindi fuori dai grandi circuiti turistici.

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Il totem che ricorda la Via Appia Regina Viarum candidata Unesco (foto mic)

“La Via Appia è un esempio della grandezza romana, la prima via pubblica e il prototipo, anche dal punto di vista tecnico, di altre strade che hanno poi costruito i romani. Ma è anche molto di più, era un crocevia culturale, parte del sistema culturale e sociale del mondo romano: questa era forse la sua importanza principale e questo sarà l’aspetto sul quale puntiamo”, ha commentato il sottosegretario Mazzi. “Il Ministero ha già investito 19 milioni di euro in restauri, conservazione e per la preparazione del fascicolo. Speriamo di farcela. Quando gli italiani giocano uniti, nessun risultato è impossibile”.

Roma. Per “Dialoghi in Curia”, presentazione del volume “Sogno notturno a Roma (1871-2021)” di Annarosa Mattei. Incontro in presenza e on line

roma_dialoghi-in-curia_sogno-notturno-a-roma_locandinaPer il ciclo “Dialoghi in Curia” promosso dal parco archeologico del Colosseo giovedì 23 giugno 2022 la Curia Iulia ospita a partire dalle 16.30 la presentazione del volume “Sogno notturno a Roma (1871-2021)” di Annarosa Mattei, La lepre Edizioni. Introduce Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. Sarà presente l’autrice. Presentano Giulio Ferroni, critico e storico della letteratura già ordinario di Storia della Letteratura Italiana alla Sapienza Università di Roma; Daniele Manacorda, archeologo già docente di Metodologie della Ricerca Archeologica all’università Roma Tre; Giuseppe Monsagrati, storico già ordinario di Storia Contemporanea alla Sapienza Università di Roma. Conclude Miguel Gotor, assessore alla Cultura di Roma Capitale. L’evento potrà essere seguito in presenza nella Curia Iulia fino ad esaurimento dei posti (max 100) con prenotazione obbligatoria su eventbrite.it (il link QUI). Ingresso da largo della Salara Vecchia, 5. Nel PArCo è fortemente consigliato indossare la mascherina. L’incontro sarà anche trasmesso in diretta streaming dalla Curia Iulia sulla pagina Facebook: https://www.facebook.com/parcocolosseo e sul canale YouTube del PArCo: www.youtube.com/parcocolosseo.

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La copertina del libro “Sogno notturno a Roma (1871-2021)” di Annarosa Mattei

“Sogno notturno a Roma” racconta i traumi subiti dalla città, proclamata capitale del Regno d’Italia nel 1871, attraverso una ricognizione notturna dei luoghi più devastati dalle demolizioni e dalle ristrutturazioni attuate a partire da quell’anno fatale. Cinque personaggi, non tutti umani, compiono insieme un cammino nel cuore di Roma, al di fuori del tempo reale, lungo un percorso che parte da piazza Venezia e ritorna, dopo un ampio giro, a via dei Fori Imperiali. Attraverso dialoghi e digressioni storiche si esplorano così i vuoti urbani creati nella convinzione di “risanare” Roma e farne una città moderna. Si racconta come, nonostante le più autorevoli proteste, sia stata demolita un’enorme area intorno al Campidoglio di incomparabile pregio storico e artistico, comprendente gran parte dei più antichi rioni, quali Campitelli, Pigna, Trevi, Monti, con tutte le loro reciproche connessioni. Una grave ferita alla comunità storica che ha fatto di Roma una città unica al mondo.

Roma. Bilancio più che positivo per la Notte dei Musei: oltre 70mila i visitatori che hanno affollato i musei civici e gli altri spazi culturali della città: 10mila partecipanti in più rispetto al 2019, l’ultimo prima della pandemia

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Pubblico ai Mercati di Traiano a Roma da cui si gode la vista sui fori imperiali (foto musei roma capitale)

Grande successo per La Notte dei Musei a Roma, sabato 14 maggio 2022. Dopo due anni di assenza dovuta all’emergenza sanitaria, la Capitale ha risposto con entusiasmo: sono oltre 70mila, infatti, i visitatori che hanno affollato dalle 20 alle 2 di notte, i musei civici e gli altri spazi culturali della città che hanno aderito all’iniziativa promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata da Zètema Progetto Cultura. Un incremento di 10mila partecipanti rispetto all’ultima edizione a Roma che si è svolta nel 2019.

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Grande affluenza alla Centrale Montemartini a Roma (foto musei roma capitale)

Solo nel Sistema Musei di Roma Capitale si è registrato un afflusso di 35mila partecipanti, in evidente aumento rispetto ai 25mila del 2019. Tra i dati più significativi quelli del Museo di Roma a Palazzo Braschi dove sono entrati circa 5300 visitatori, dei Musei Capitolini con circa 4600 ingressi, dei Mercati di Traiano – Musei dei Fori Imperiali (circa 3600 partecipanti) e della Centrale Montemartini (circa 2700 visitatori). Dati particolarmente significativi che si vanno a sommare a quelli altrettanto importanti di altri spazi cittadini come il MAXXI, che ha fatto registrare un’affluenza di circa 2500 unità, il Palazzo delle Esposizioni con circa 2500 ingressi e il Polo Museale de La Sapienza Università di Roma, che all’interno dei suoi 17 musei aperti ha ospitato circa 12mila visitatori.

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Piazza del Campidoglio a Roma gremita di persone (foto musei roma capitale)

“Siamo molto soddisfatti per questa straordinaria edizione de La Notte dei Musei”, dichiara il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. “Oltre 70mila persone hanno partecipato a più di 100 eventi per la città. C’è una grande voglia di cultura, di bellezza e soprattutto di partecipazione. È stata davvero una bellissima serata, un successo straordinario, segno di una città che rinasce”. E l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor: “Sono molto felice per la partecipazione massiccia dei romani a questa Notte dei Musei. Le decine di migliaia di persone che hanno affollato i tanti luoghi della cultura della nostra città sono il segno che la nostra proposta è stata apprezzata e che è andata a soddisfare un bisogno profondo e diffuso di bellezza e di condivisione, dopo il lungo periodo di distanza imposto dalla pandemia. È stata una bellissima ‘ouverture’ dell’Estate Romana che arriverà”.

Roma. Per “Dialoghi in Curia”, in occasione del Natale di Roma, presentazione in presenza e on line presentazione del volume “Che fine ha fatto Romolo?” di Sergio Fontana, un meraviglioso viaggio nel tempo e nel sottosuolo della Città Eterna

In occasione del Natale di Roma, nuovo appuntamento del ciclo “Dialoghi in Curia” in presenza e on line: giovedì 21 aprile 2022, alle 16.30, la Curia Iulia ospita la presentazione del volume “Che fine ha fatto Romolo?” di Sergio Fontana, edito da Edipuglia, un meraviglioso viaggio nel tempo e nel sottosuolo della Città Eterna. Introduce Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. Paolo Carafa (Sapienza università di Roma), Valeria Di Cola (università di Roma Tre), Miguel Gotor, (assessore alla Cultura di Roma Capitale e storico) e Giuliano Volpe (università di Bari Aldo Moro) presentano il romanzo di Sergio Fontana che si svolge in scenari diversi dal punto di vista cronologico ma geograficamente uguali, che diventano il punto di partenza per un viaggio straordinario, stratigrafico e stupefacente, nella memoria stessa della città. Prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti (max 100) su eventbrite.it/e/311025203757. Ingresso da largo della Salara Vecchia, 5. All’ingresso del PArCo sarà richiesto di esibire, oltre all’invito, il certificato verde e di indossare la mascherina. L’incontro sarà trasmesso in diretta streaming dalla Curia Iulia sulla pagina Facebook del PArCo: https://www.facebook.com/parcocolosseo.

Copertina del libro “Che fine ha fatto Romolo” di Sergio Fontana

Che fine ha fatto Romolo? Roma, aprile 2018. Nei pressi di Via del Corso avviene un fatto straordinario anche se nessuno, o quasi, sembra essersene accorto: Romolo è riemerso dalle viscere della terra e, per alcuni giorni, è tornato nel tempo presente. Tra le strade di Roma cerca di ritrovare i luoghi della sua giovinezza, dove si svolsero i fatti straordinari che portarono alla nascita della città. I romani di oggi non possono né vederlo né ascoltarlo, ma lo notano altri fantasmi di epoche diverse; tra questi uno strano personaggio, morto da circa 180 anni, che comincerà a seguirlo per scoprire la sua identità e risolvere un antico mistero su cui ha cominciato a interrogarsi da ragazzo: come mai il fondatore, all’età di 54 anni, scomparve improvvisamente da una riunione che lui stesso aveva convocato presso la palude della Capra? Che fine ha fatto Romolo? Il romanzo si svolge in scenari cronologicamente diversi: l’ottavo secolo avanti Cristo, la prima metà dell’Ottocento e la Roma contemporanea. I luoghi geografici restano gli stessi ma diventano il punto di partenza per un viaggio straordinario, stratigrafico e stupefacente, nella memoria stessa della città.

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Sergio Fontana, archeologo e scrittore

Sergio Fontana, archeologo, scrittore e autore multimediale. Ha pubblicato numerosi studi scientifici sulla ceramica di età romana, sulle antichità dell’Africa del Nord e la stratificazione archeologica della città di Roma. Dopo aver lavorato per molti anni nell’ambito della ricerca sul campo si occupa di prodotti multimediali per la divulgazione del mondo antico e del patrimonio culturale. Ha realizzato le applicazioni Colonna Traiana (Mondadori Electa 2013), Imperial Fora (2015), Mostri Mitologici (2017). È autore dell’iBook Colonna Traiana (Mondadori Electa 2013) e del libro per ragazzi Mostri Mitologici (Scienze e Lettere 2017). Ha scritto i romanzi H. Memorie di Eracle (Edipuglia 2019), Fibula. Confidenze di un oggetto parlante (Edipuglia 2020), Che fine ha fatto Romolo? (Edipuglia 2022).

Roma. Forum Pass SUPER, riapre il percorso di visita unitario per Foro Romano/Palatino e Fori Imperiali: dal 1° marzo di nuovo attivo il biglietto unico per la visita integrata all’area archeologica centrale di Roma

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Il parco archeologico del Colosseo visto dalla colonna Traiana (foto PArCo)

Dal 1° marzo 2022 torna il Forum Pass SUPER, il biglietto unico che consente – tutti i giorni, dal lunedì alla domenica – la visita integrata delle aree archeologiche dei Fori Imperiali, del Foro Romano e del Palatino, incluse le mostre in corso. “Ritornano oggi nuovamente fruibili in un unico percorso di visita il Palatino, il Foro Romano e i Fori Imperiali”, dichiara il direttore del parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, “ricostituendo un unico racconto lungo 3000 anni. Si riconferma la collaborazione tra il ministero della Cultura e Roma Capitale con un unico obiettivo condiviso: restituire ai romani il cuore pulsante della città, quale luogo da vivere e non solo come spazio musealizzato”.  “La possibilità di poter di nuovo acquistare, grazie alla collaborazione con il Ministero della Cultura, un biglietto unico con il quale poter visitare il cuore archeologico della Roma classica”, prosegue l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor, “è una notizia bellissima, un segno tangibile del fatto che il cammino verso una fruibilità nuova del nostro immenso patrimonio storico e artistico è ricominciato. È un primo passo del grande lavoro che abbiamo in mente di portare avanti in quest’area della città e non solo”. Dopo una prova a Capodanno 2016 (vedi Capodanno speciale a Roma: fori senza confini. Aperti gratuitamente i fori imperiali (del Comune) e il foro romano (dello Stato) in un’unica passeggiata grazie a un accordo tra sovrintendenza capitolina e soprintendenza ministeriale. Prova generale per il futuro? | archeologiavocidalpassato), il Forum Pass SUPER è nato nel 2019 dalla collaborazione tra ministero della Cultura e Roma Capitale, attraverso un importante protocollo d’intesa siglato tra la sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali (che gestisce l’area dei Fori Imperiali) e il parco archeologico del Colosseo (che ricomprende tra l’altro anche il Foro Romano e il Palatino), ma è stato successivamente sospeso a causa dell’emergenza sanitaria. Da oggi, 1° marzo 2022, il biglietto unico è dunque riattivato: con un solo ticket da 16 euro (12 euro per i possessori di MIC Card) valido per l’intera giornata, si potrà accedere nuovamente al percorso che, in circa due ore, consente di visitare il cuore archeologico di Roma.

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Veduta generale dal Campidoglio del foro romano e dei fori imperiali

Il percorso di visita nei Fori Imperiali, seguendo la passerella presente nel sito, è privo di barriere architettoniche. Attraversa una parte del Foro di Traiano, passa sotto via dei Fori Imperiali percorrendo le cantine delle antiche abitazioni del Quartiere Alessandrino e, dopo aver attraversato il Foro di Cesare per la sua intera estensione, in prossimità del Foro di Nerva raggiunge la Curia Iulia nel parco archeologico del Colosseo, per entrare nel Foro Romano. L’accesso all’area è consentito anche dai varchi della via Sacra/Arco di Tito, via di S. Gregorio e, a breve, via del Tulliano, di fronte al Carcere Mamertino: in questo caso il percorso terminerà alla biglietteria della Colonna Traiana in piazza della Madonna di Loreto.

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La “Stanza delle Maschere” nella Casa di Augusto sul Palatino, con decorazione pittorica in tardo secondo stile, che evoca la facciata di una scena teatrale (foto PArCo)

Inclusa nel biglietto anche la visita dei siti SUPER nel Foro Romano e sul Palatino, luoghi unici al mondo la cui visita speciale permette di entrare nel vivo dell’arte e della civiltà romana, anche attraverso tecnologie immersive e narrazioni virtuali. Così il visitatore sarà condotto alla scoperta della pittura antica dall’età augustea, con la casa di Augusto (dal martedì alla domenica), a quella tardo antica e alto medievale, con il Tempio di Romolo, Santa Maria Antiqua e l’oratorio dei Quaranta Martiri. Sabato, domenica e lunedì sarà anche possibile accedere alla Curia Iulia, l’antica sede del Senato Romano.

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Veduta generale dell’area archeologica centrale di Roma dal Campidoglio al Colosseo

Gli accessi ai siti SUPER sono contingentati, in quanto conservano preziose pitture che potrebbero risentire dell’eccessivo affollamento. Fino al 30 aprile 2022 sarà aperta al pubblico anche la mostra “Giacomo Boni. L’alba della modernità” che include anche la sezione permanente ospitata nella sede di Santa Maria Nova. Il biglietto può essere acquistato sia nella biglietteria presso la Colonna Traiana sia online su https://parcocolosseo.it e www.coopculture.it. Per i giovani sono previste particolari agevolazioni: ingresso gratuito per i cittadini dell’Unione Europea fino ai 18 anni e biglietto a 2 euro dai 18 ai 25 anni. Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura e Electa – CoopCulture. Maggiori informazioni ai numeri 060608 (tutti i giorni dalle 9 alle 19) e 06 39967700 (tutti i giorni dalle 10 alle 15).