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Archeologia medievale in Sardegna. Nel parco archeologico di Mesumundu la Scuola estiva dell’università di Sassari scava in un villaggio “testimone” del passaggio dall’epoca romana a quella bizantina

L'ingresso della chiesa bizantina di Mesumundu, in Comune di Siligo, provincia di Sassari

L’ingresso della chiesa bizantina di Mesumundu, in Comune di Siligo, provincia di Sassari

Il territorio di Meilogu, nella Sardegna settentrionale

Il territorio di Meilogu, nella Sardegna settentrionale

Siamo nel “mondo di mezzo” della Sardegna settentrionale. Non solo geograficamente, ma – grazie alle ricerche archeologiche – temporalmente: un ponte tra Roma e il Medioevo. L’etimologia dei toponimi non sembra lasciare molti margini al dubbio, sia per quanto riguarda il territorio, il Meilogu (letteralmente: il “luogo mediano”, dal latino medius locus, della regione del Logudoro, in provincia di Sassari), sia per quanto attiene il sito archeologico oggetto del nostro approfondimento, Mesumundu (letteralmente: “mezzo mondo”, quindi ancora una volta un “luogo mediano”, visto che si trova al centro del Giudicato di Logudoro; ma, per gli studiosi, il nome potrebbe anche riferirsi alla cupola dell’edificio, vista come un emisfero, cioè come un “mezzo mondo”, di fattura tardo-romana, in origine un edificio termale, poi adibito a chiesa cristiana dedicata a Nostra Segnora de Mesumundu, altrimenti detta Santa Maria in Bubalis). Mesumundu, nel comune di Siligo, provincia di Sassari, è oggi un parco archeologico esteso per oltre un ettaro in una valle alluvionale vicino a un antico percorso già esistente in età protostorica e ripreso in età romana. Numerose le tracce dell’uomo presenti dall’epoca prenuragica a quella medievale: in particolare c’è un’ampia zona ricca di reperti ceramici, prevalentemente di epoca romana. Tra gli edifici di epoca romana, tra cui le terme, oggi sono in prevalenza rovine di murature e materiali di crollo. Si nota ancora un frammento dell’acquedotto, che convogliava le acque termali dalla sorgente di S’Abba Uddi, e i resti di una fornace per la produzione di laterizi. Inoltre nel parco archeologico, adiacente alla chiesa di Nostra Signora di Musumundu, vi è una necropoli con sepolture risalenti al VI-VII secolo d.C.

Il cantiere di scavo archeologico curato dalla Seam nel sito di Mesumundu

Il cantiere di scavo archeologico curato dalla Seam nel sito di Mesumundu

La Scuola estiva di Archeologia medievale (Seam) dell'università di Sassari

La Scuola estiva di Archeologia medievale (Seam) dell’università di Sassari

A Mesumundu si è da poco conclusa la sesta campagna di scavo della Scuola estiva di archeologia medievale (Seam) del dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’università di Sassari, diretto dal prof. Marco Milanese, ordinario di Archeologia medievale, cui hanno partecipato 30 fra studenti, laureati, dottorandi e dottori di ricerca in archeologia di sette università, italiane e straniere, da Sassari a Parigi, da Lione a Barcellona, da Murcia a Napoli, a Cagliari. Mesumundu è oggetto di scavi archeologici dall’Ottocento. Si conoscono almeno sei interventi ufficiali e un numero imprecisato di scavi clandestini o non autorizzati. “Pur essendo poco conosciuto”, fa notare il prof. Milanese, “è un sito strategico, un central place per la storia del Meilogu, regione storico-geografica della Sardegna che può essere considerata una sub-regione del Logoduro, famoso per la cosiddetta valle dei Nuraghi, un luogo in cui leggere modi e tempi del passaggio dal mondo romano a quello medievale e costruire un caso di studio che possa essere utilizzato per capire questa transizione in Sardegna e nel bacino del Mediterraneo”. E continua: “In quest’area vulcanica le acque termali vennero sfruttate dall’impianto di un complesso termale in epoca imperiale romana (II secolo d.C). Le vicinissime sorgenti di S’Abba Uddi furono captate con un piccolo acquedotto e sfruttate per le terme; ad esse doveva essere associato un tempio delle sorgenti termali, la cui ubicazione è ancora da identificare. Lo stabilimento termale fu restaurato probabilmente dopo 150 anni circa dalla sua realizzazione (fine III – inizio IV secolo d.C.), fino al suo abbandono che sembrerebbe essere sopraggiunto nel V secolo d.C. In età bizantina, alla fine del VI secolo, le terme furono rase al suolo e i materiali da costruzione vennero riutilizzati per la costruzione della chiesa, voluta da un gruppo aristocratico bizantino insediato in questo territorio. Uno dei temi di fondo della campagna di scavo a Mesumundu è anche quello di far luce sull’insediamento monastico cassinese che nel 1065 – a seguito di una donazione giudicale al monastero di monte Cassino – avrebbe interessato l’area in questione (Santa Maria di Bubalis) e il vicino Monte Santo”.

Studenti, laureati, dottorandi e dottori di ricerca in archeologia impegnati nello scavo del villaggio medievale di Mesumundu

Studenti, laureati, dottorandi e dottori di ricerca in archeologia impegnati nello scavo del villaggio medievale di Mesumundu

La sesta campagna di scavo è stata un successo, come riferisce ancora il direttore della missione:Mesumundu è stato un villaggio rurale tra il V e il VII sec. d.C.: i ritrovamenti effettuati in un mese di ricerche ci permettono di fare scoperte interessanti a livello regionale e nazionale sul passaggio dall’epoca romana a quella bizantina. La campagna di scavi è stata davvero più proficua delle attese. Rispetto alle conoscenze già disponibili sono emersi rilevamenti molto importanti, sono venute alla luce strutture completamente sconosciute e inattese, una consistente popolazione rurale si è insediata nell’area delle terme dismesse e ha costruito lì le proprie abitazioni”.