Festa-incontro al museo Pigorini di Roma per l’uscita del libro “Racconti da museo. Storytelling d’autore per il museo 4.0” a cura di Cinzia Dal Maso: “Nei musei, le storie danno vita agli oggetti, e ci fanno sentire il contatto diretto con la vita vera di altri mondi”
Sarà una festa-incontro. L’appuntamento “L’arte di raccontare” è giovedì 17 maggio 2018 alle 17 al museo preistorico etnografico “Luigi Pigorini” all’Eur di Roma. L’occasione è di quelle ghiotte: l’uscita del libro “Racconti da museo. Storytelling d’autore per il museo 4.0”, a cura di Cinzia Dal Maso, pubblicato da Edipuglia, che raccoglie riflessioni di professionisti che hanno voluto mettere la loro arte di narratori al servizio dei musei, e in generale della comunicazione dei beni culturali. Gente che ha restituito la vita del passato con la penna, i pennelli, la cinepresa, la grafica, la realtà virtuale, i social media. Che svela i segreti del proprio mestiere e ragiona sul senso profondo di quel che fa. Ognuno a modo suo ma con fili che s’intrecciano e si rincorrono, e un punto fermo per tutti noi: il racconto è il modo migliore per creare attorno al museo una vera comunità. Ne parleranno: Filippo Maria Gambari, Antonio Lampis, Daniele Manacorda con la partecipazione di: Vincenza Ferrara, Marianna Marcucci, Rita Petruccioli, Luca Peyronel, Andrea Pugliese, Alessandro Rubinetti e degli autori Chiara Boracchi, Cinzia Dal Maso, Giuliano De Felice, Aldo Di Russo, Adele Magnelli.

La copertina del libro “Racconti da museo. Storytelling d’autore per il museo 4.0”, a cura di Cinzia Dal Maso, pubblicato da Edipuglia
“Bisogna raccontare, sempre di più e meglio. Il passato ha continuo bisogno delle nostre storie per conservarsi nel presente”, interviene la curatrice Cinzia Dal Maso, giornalista e scrittrice, che si occupa di archeologia da una vita. Ha curato con Francesco Ripanti “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta” (Cisalpino 2015) e ora dirige “Archeostorie. Journal of Public Archaeology” (www.archeostoriejpa.eu) che, assieme all’omonimo “Magazine” (www.archeostorie. it), promuove lo storytelling come strumento privilegiato di dialogo tra passato e presente. Questo libro delinea le caratteristiche del “narratore da museo” e le tecniche che deve mettere in campo. Realizzato dal team del Centro studi per l’archeologia pubblica Archeostorie®, si propone come prima guida per chiunque voglia cimentarsi nell’arte del racconto da museo. Chiunque voglia, grazie al racconto, creare attorno al museo una vera comunità. “Racconti da museo”, che delinea le caratteristiche del “narratore da museo” e le tecniche che deve mettere in campo, è stato realizzato proprio dal team del Centro studi per l’archeologia pubblica Archeostorie®, e si propone come prima guida per chiunque voglia cimentarsi nell’arte del racconto da museo. Chiunque voglia, grazie al racconto, creare attorno al museo una vera comunità. “Perché – assicura Cinzia Dal Maso – sono le storie a tenere in vita il mondo, a creare le comunità: si dice che una civiltà che non racconta più storie, è destinata a frantumarsi e morire. Nei musei, le storie danno vita agli oggetti, e ci fanno sentire il contatto diretto con la vita vera di altri mondi. Ma raccontare è un’arte: in realtà un misto di conoscenze, tecnica e arte. E quando il racconto entra in museo, le ultime due devono piegarsi alla conoscenza, essere al servizio del messaggio del museo. La fantasia deve seguire binari precisi. Per fare questo, servono persone capaci di narrare e al contempo dialogare con la ricerca scientifica. Professionisti che sappiano restituire la vita con la penna, i pennelli, la macchina fotografica, la cinepresa, la grafica, la realtà virtuale, i social media. Ogni strumento possibile, anche quello che ancora non c’è: perché l’importante non è lo strumento ma la storia”.
Quando un sito archeologico o un museo sa raccontare una storia: alla Borsa mediterranea del turismo archeologico di Paestum il gruppo di Archeostorie promuove la Paestum Digital Storytelling School

Alla XVIII borsa mediterranea del turismo archeologico il primo corso di Digital storytelling con il gruppo di Archeostorie
L’hanno chiamato “Paestum Digital Storytelling School”: è il nuo vo progetto lanciato dallo scoppiettante gruppo di Archeostorie (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/04/08/archeostorie-manuale-non-convenzionale-di-archeologia-vissuta-cinzia-dal-maso-e-francesco-ripanti-con-le-esperienze-di-34-archeologi-italiani-spiegano-come-larche/). “Sarà una scuola a modo nostro”, anticipano i promotori, “e cioè una sorta di bottega artigiana dove s’impara facendo – anche “rubando” il mestiere con gli occhi – e soprattutto facendo tutti assieme. Sarà una bella esperienza, per chi vorrà stare con noi. Noi non vediamo l’ora!”. Appuntamento tra il 28 al 31 ottobre 2015 a Paestum nell’ambito della Borsa mediterranea del turismo archeologico tra i templi di Paestum, le mura di Velia e il santuario di Hera Argiva. La Paestum Digital Storytelling School è stata ideata dalla giornalista Cinzia Dal Maso e dall’archeologo Giuliano De Felice, e realizzata in collaborazione con la Borsa (http://www.borsaturismoarcheologico.it) e l’Associazione M(u)ovimenti (http://www.muovimenti.it) per stimolare gli archeologi – ma anche operatori culturali, insegnanti, ricercatori, artisti, curiosi – a porsi domande inedite e affilare le proprie armi creative, e produrre infine un “racconto storico digitale”. Paestum offrirà l’ispirazione, le lezioni frontali indagheranno le tecniche di narrazione del passato attraverso l’uso combinato di testi e immagini, e poi tutti i partecipanti saranno messi alla prova con penne, matite, pennelli (virtuali), e computer, foto e videocamera.
“Quante storie sono nascoste fra i silenziosi resti di un sito archeologico o fra le vetrine mute di un museo?”, si chiede provocatoriamente Cinzia Dal Maso. “Gli strumenti di comunicazione tradizionali – pannelli, didascalie e prodotti multimediali – ci aiutano a ricostruire il passato e a capirlo, ma questo spesso non basta: il passato bisogna imparare a raccontarlo. Bisogna ricreare vicende passate che sappiano presentare ambienti, situazioni, oggetti antichi e il loro uso. E se queste storie non sono fatte di sole parole, ma mescolano parole, immagini e video, diventano ancora più coinvolgenti. Fanno divertire e imparare di più”. Il risultato sarà presentato ufficialmente alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico durante l’incontro “Rocking the way for revolution: Archeostorie e l’archeologia pubblica italiana” (Museo archeologico di Paestum, sabato 31 ottobre, alle 17). Un nuovo grande show di Archeostorie ma non solo: stay tuned e… “Let’s rock archaeology!”.
“Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”: Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti con le esperienze di 34 archeologi italiani spiegano com’è l’archeologia oggi e come può diventare un lavoro. Grande festa e incontro al museo Pigorini di Roma

La copertina del libro di Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”
Chi è l’archeologo? Cosa fa l’archeologo? Bella domanda. Nell’immaginario collettivo la prima risposta che viene è il professore che scava tesori, decifra testi misteriosi, evita trappole mortali, duella con mummie: in una parola, Indiana Jones. Oppure lo vede chiuso nelle aule polverose di una biblioteca a studiare fonti lontane nei secoli e poi in giro per il mondo a scavare o imbalsamato tra le vetrine di un noioso museo. Niente di tutto questo. La realtà è ben diversa e certo meno avventurosa e poetica: da una parte i (pochi) che sono riusciti a trovare un posto nella pubblica amministrazione (università, soprintendenze, musei), dall’altra una schiera di volontari-freelance-collaboratori, in una parola: disoccupati o, al massimo, inoccupati. Ma si può cambiare una situazione che ai “giovani-che-amano-l’archeologia” non sembra dare un futuro? Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti ne sono convinti. E lo hanno scritto. Anzi hanno scritto un libro che è un vero manuale del giovane archeologo, ricco di esperienze e consigli, idee e progetti, difficoltà ed errori da evitare. Ecco dunque “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta” (Cisalpino Edizioni), da consigliare – prima ancora che ai giovani che sognano di fare l’archeologo – alle università perché inseriscano nei corsi di laurea anche degli insegnamenti che allarghino gli orizzonti e le applicazioni lavorative dell’archeologia.
“L’archeologo del XXI secolo non vive più di solo studio e scavo”, spiegano gli autori. “Oggi la moderna ricerca impone di affiancare al lavoro in cantiere e ai libri in biblioteca modi sempre nuovi di indagare, comunicare e gestire l’antico. Bastano un po’ di fantasia, versatilità e intraprendenza per dar vita oggi, da archeologo, alle attività più disparate”. Come hanno fatto i professionisti che si raccontano in Archeostorie: sono 34 professionisti che – sotto l’attenta regia della giornalista Cinzia Dal Maso e dell’archeologo Francesco Ripanti – narrano ciascuno la propria esperienza “di frontiera” e riflettono sul significato del proprio lavoro nel mondo d’oggi. Sono persone che hanno dato vita a un’archeologia forse un po’ “indie e underground” – come l’ha definita Giuliano De Felice nella conclusione – ma sicuramente viva, pragmatica e ricca di energia. Ancorata nel presente e per nulla immersa solo nel passato. Esperienze di archeologia vissuta, di un’archeologia che con molto impegno e un po’ di fantasia può diventare veramente un lavoro. Così nel manuale di Cinzia e Francesco troviamo chi cura un museo e chi gestisce un’area archeologica, chi narra il passato ai bambini e chi lo “fa vedere” ai ciechi, chi usa nel racconto le tecnologie e i linguaggi più diversi e persino i videogame; c’è poi chi ricostruisce l’antico in 3D e chi lo sperimenta dal vivo, chi organizza i dati di scavo e chi li rende disponibili per tutti; c’è chi scrive sui giornali e chi parla di archeologia alla radio o in tivù, chi realizza documentari e chi racconta l’archeologia sui social network; c’è ancora chi punta sul marketing e chi sul crowdfunding, chi fa dell’archeologia un’esperienza per tutti e chi difende le bellezze da furti e scempi. C’è anche chi studia e scava, e nel libro racconta la vita vera di studio e scavo al di là dei miti e dei sogni.
C’è entusiasmo ed energia nelle esperienze degli autori, tutti archeologi che hanno voluto ostinatamente fare della loro passione una professione, pur vivendo in un mondo che vanifica le aspirazioni dei più. Ma questa loro “ostinazione” è così contagiosa che sta già diventando un movimento. Pronti a trovarsi con quanti condividono passione e convinzioni al punto da organizzare una festa: la festa di Archeostorie. “Abbiamo deciso di farci conoscere raccontando in modo concreto le nostre storie ed esperienze. Per spiegare a tutti cosa fanno ogni giorno gli archeologi veri, al di là dei miti e dei sogni, e quanto il loro lavoro serva alla società tutta. Per far capire agli studenti di archeologia che non sono per forza destinati alla disoccupazione. E stimolare i loro professori a indirizzare gli studenti verso questi mestieri, così da formare professionisti e non disoccupati”.
L’appuntamento della grande festa è venerdì 10 aprile alle 17 al museo preistorico etnografico Pigorini di Roma, in sala conferenze: sono invitati tutti gli archeologi a unirsi e raccontare anche loro la propria storia. A mostrare che i possibili mestieri degli archeologi sono molti, e non sono affatto immersi nel passato ma concretamente radicati nel nostro mondo. Alla festa, insieme a Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti che presenteranno il loro libro “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”, parteciperanno Salvo Barrano, Luca Bondioli, Stefano De Caro, Adele Lagi, Massimo Vidale, Enrico Zanini, e gli autori Marta Coccoluto, Cinzia Dal Maso, Giuliano De Felice, Astrid D’Eredità, Antonia Falcone, Alessandro Fichera, Francesco Ghizzani Marcia, Marina Lo Blundo, Carolina Megale, Valentino Nizzo, Anna Paterlini, Luca Peyronel, Francesco Ripanti, Paola Romi, Lidia Vignola. Sarà proiettato in prima assoluta un video di animazione di Giuliano De Felice.
C’è un filo rosso che lega le diverse e variegate esperienze: la voglia, la necessità, la convinzione che studiare archeologia, lavorare in archeologia, significa comunicare, narrare, raccontare storie, che alla fine vuol dire raccontare l’uomo che c’è dietro ogni oggetto, reperto, traccia, segno che la ricerca, lo scavo, la conservazione, la tutela, la valorizzazione riporta alla nostra attenzione. Se facciamo un passo indietro qualcosa del genere l’aveva indicato già quarant’anni fa Sabatino Moscati col suo “Le pietre parlano”. Forse era troppo avanti. Ma oggi? I protagonisti di Archeostorie, scrive Giuliano De Felice, “dimostrano con il proprio lavoro quotidiano che il destino dell’archeologo non è necessariamente una scelta drammatica tra l’illusione della ricerca e l’umiliazione della ruspa. Le loro archeostorie riescono a farci ritrovare fiducia nel futuro di questa disciplina, più di ogni pur auspicabile riforma della formazione, della ricerca o della tutela. Cinzia e Francesco hanno infatti avuto la straordinaria intuizione – e la altrettanto straordinaria caparbietà – di trasformare qualcosa di tangibile e di concreto quel moto spontaneo e disordinato che già esiste nei social network, nei blog, nei canali YouTube, ma che risulta invisibile, se non addirittura inviso, all’accademia, all’amministrazione pubblica, alla politica. Non possiamo certo sapere oggi – conclude – quale sarà l’archeologia di domani, ma di una cosa siamo sicuri: indipendentemente da quanto sarà in grado di maturare, crescere e cambiare, dovrà prima di tutto riuscire a trasformare le proprie competenze e i propri sogni in esperienze di tutti. Come? Adesso lo abbiamo capito: imparando a raccontarsi”.
Dalla formazione alla professione nei Beni culturali: all’università di Padova tutti i protagonisti a confronto per dare un futuro ad archeologi, archivisti, bibliotecari, antropologi grazie alla nuova legge

Il manifesto della tavola rotonda “Beni culturali: dalla formazione alla professione” promossa dall’università di Padova
Dalla formazione alla professione nei Beni culturali: se ne parla lunedì 9 marzo all’università di Padova in un confronto tra esperti, perché i professionisti dei beni culturali oggi non sono più solo un’etichetta sul biglietto da visita. Ora esistono, per legge: nel giugno del 2014 la Commissione Cultura della Camera ha approvato definitivamente, in sede legislativa, la legge per il riconoscimento dei professionisti dei beni culturali, la cosiddetta legge Madia, “Modifica al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professionisti dei beni culturali, e istituzione di elenchi nazionali dei suddetti professionisti”. Le nuove professioni sono così entrate finalmente nel codice dei beni culturali. Un risultato storico, che ha fatto esultare il ministro peri Beni culturali, Dario Franceschini: “Sono migliaia i professionisti dei beni culturali”, ha dichiarato, “che attendevano di vedere riconosciuta la propria professione. Questa legge risponde pienamente a questa domanda e offre allo Stato uno strumento in più per adempiere ai dettami costituzionali. È indubbio, infatti, che non può esserci piena tutela e valorizzazione del patrimonio culturale se non si valorizzano le competenze di chi vi opera quotidianamente”.
Il riconoscimento dei professionisti dei beni culturali è avvenuto, infatti, attraverso due modifiche al codice dei beni culturali. La prima riguarda l’articolo 9-bis, che affida esplicitamente tutti gli interventi di tutela, vigilanza e conservazione dei beni culturali, “alla responsabilità, secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demo-etno-antropologi, antropologi esperti di diagnostica applicata ai beni culturali o storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione e professionalità”. Un settore che, secondo stime delle associazioni, riguarda in Italia almeno 30mila specialisti della cultura. La seconda modifica, che mira a regolamentare le professioni dei beni culturali, interviene sull’art. 182-bis del codice dei beni culturali, istituendo dei registri ufficiali per le singole professioni, ovvero elenchi aperti del Mibact ai quali potranno iscriversi tutti i professionisti delle specialità citate purché siano in possesso di determinati requisiti minimi, valutati dal ministero di concerto con gli enti interessati e che il Mibact, sentiti il Miur, la Conferenza Stato-Regioni e in collaborazione con le rispettive associazioni professionali, stabilisca con proprio decreto le modalità e i requisiti di iscrizione. La norma prevede che si adeguino i rispettivi corsi di laurea legati a questi profili professionali e che si individuino i livelli minimi di qualificazione.
Il riconoscimento per i professionisti dei beni culturali, è dunque un passaggio storico per la piena attuazione dell’art. 9 della Costituzione. È un momento storico per tutte quelle persone che hanno scelto di fare dell’archeologia, del restauro, della storia dell’arte, dell’archivistica una professione, oltre a coltivarne la passione. A quasi quarant’anni dall’istituzione del ministero si dà finalmente riconoscimento e dignità professionale a decine di migliaia di professionisti e una prospettiva a coloro che hanno intrapreso percorsi di studi in questo campo. L’Associazione Nazionale Archeologi fin dalla sua costituzione, nel 2005, ha perseguito con chiarezza l’obiettivo del riconoscimento giuridico. Per sensibilizzare la classe politica è scesa in piazza per ben tre volte per manifestare con governi di centrodestra (giugno 2008), di centro (dicembre 2012) di centrosinistra (gennaio 2014). “Come archeologi – afferma Salvo Barrano presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi e vicepresidente di Confassociazioni – sentiamo di dover ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a raggiungere questo obiettivo, comprese le forze politiche, sindacali e le associazioni”.
Sono passati però quasi otto mesi dall’approvazione della legge e mancano ancora i decreti attuativi. Ciò significa che non si sa ancora bene come applicare la legge e in che termini. Si capisce, quindi, come sia importante parlarne tra “addetti ai lavori”, e come la giornata di studi dell’università di Padova “Beni culturali dall’università alla professione. Incontri possibili tra formazione, mondo del lavoro e normative” diventi un momento di confronto da non perdere. “Questa tavola rotonda”, spiega Jacopo Bonetto che coordina l’iniziativa con Francesca Ghedini, “è la prima a livello nazionale che tratta del problema della legge sulle Professioni nel campo dei Beni culturali, che potrebbe cambiare tutto. Per questo abbiamo cercato di far sedere più protagonisti possibile attorno al tavolo e cominciare a parlarne. Non dimentichiamo che questa legge sarà fondamentale anche per l’occupazione dei giovani (e di riflesso per il futuro delle nostre Facoltà)”. L’appuntamento è dunque per lunedì 9 marzo in aula magna “Galileo Galilei”, al Palazzo del Bo a Padova. Alle 9.30 ci sono i saluti del magnifico rettore G. Zaccaria, del direttore del Dipartimento dei Beni Culturali G. Valenzano, e dei coordinatori J. Bonetto, F. Ghedini della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici e Dottorato di ricerca in Storia, critica e conservazione dei Beni Culturali. Alle 10, la prima tavola rotonda dedicata alla “Formazione”, moderatori E. Zanini (Università di Siena) e M.S. Busana. Intervengono M. Salvadori e G. Tomasella (Università di Padova), presidenti dei corsi di studio in Archeologia/Scienze archeologiche; Storia e tutela dei Beni artistici e musicali/Storia dell’arte; F. Toniolo e P. Zanovello (Università di Padova), rispettivamente presidente del corso di studio in Progettazione e gestione del Turismo culturale e direttore del master in Pianificazione e gestione del prodotto turistico; J. Bonetto e G. Dal Canton (Università di Padova), direttori delle Scuole di specializzazione in Beni archeologici e in Beni storico-artistici; F. Ghedini (Università di Padova), direttore della Scuola di dottorato in Storia, critica e conservazione dei Beni Culturali; A. Pontrandolfo (Università di Salerno), consulta nazionale universitaria per l’Archeologia classica; L. Borean (Università di Udine), direttrice della Scuola di specializzazione in Storia dell’Arte, consulta nazionale universitaria per la Storia dell’arte.
Alle 11, seconda Tavola rotonda dedicata al “Quadro politico e legislativo” con moderatori F. Ghedini e J. Bonetto. Intervengono: C. Bon Valsassina (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo), direttore generale Educazione e ricerca; M. L. Catoni (IMT Alti Studi Lucca), consigliere del ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo; G. Ericani, presidente dell’ICFA (International Council of Museums) e proboviro dell’ICOM; V. Tinè, soprintendente per i Beni archeologici del Veneto. Alle 12 la terza Tavola rotonda su “Il lavoro richiesto e il lavoro possibile” con moderatore J. Bonetto. Intervengono: L. Bison e A. Rodighiero, rappresentanti degli studenti del corso di laurea in Scienze archeologiche; A. Zaia e S. Polli, rappresentanti degli studenti dei corsi di laurea in Storia e tutela dei Beni artistici e musicali/Storia dell’arte; M. Covolan e D. Voltolini, rappresentanti degli studenti della Scuola di specializzazione in Beni archeologici; M. Tabaglio e L. Savio, tirocinio formativo attivo presso soprintendenza speciale Pompei, Ercolano e Stabia (“Unità Grande Pompei”); G. Rota e A. Lighezzolo (Università di Padova), Servizio Stage e Career Service.
Alle 13, J. Bonetto e V. Tiné presentano gli “accordi quadro per Stage e tirocini per studenti con le soprintendenze, gli enti pubblici, le società, le cooperative, le associazioni”. Quindi pausa pranzo. Si riprende alle 14.30, con Massimo Vidale (Università di Padova) che presenta il libro “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”, Cisalpino 2015, a cura di C. Dal Maso, giornalista, e F. Ripanti, Scuola di specializzazione in Beni Archeologici (Università di Trieste, Udine, Venezia Ca’ Foscari), che saranno presenti. “In realtà, più che un libro sta già diventando un movimento”, spiega Cinzia Dal maso. “Abbiamo riunito 34 archeologi che fanno le cose più disparate per mostrare che l’archeologo non sa solo scavare ma può fare tanti mestieri, mestieri che danno reddito perché sono necessari al mondo contemporaneo. Stiamo raccogliendo consensi ed entusiasmi ovunque! In particolare ci vogliamo rivolgere agli studenti universitari, perché sappiano che studiando archeologia possono fare un sacco di mestieri, e non solo finire disoccupati; e a chi ci governa e parla tanto di “nuovi” mestieri dei beni culturali, senza accorgersi che c’è chi li fa da un bel po’, e ci campa pure”.
Alle 15, la quarta Tavola rotonda su “Esperienze dal mondo del lavoro: assetto, difficoltà, esigenze” con moderatori E. Zanini (Università degli Studi di Siena) e J. Bonetto. Intervengono: P. Michelini, cooperativa Petra, Padova; A. Vigoni, Dedalo snc, Padova; A. Favero, SAP Società Archeologica srl, Mantova; S. Magro, Cultour Active, Treviso; C. Tagliaferro, associazione culturale Studio D, Padova; A. R. Tricomi, Archeonaute Onlus, Verona; C. Del Pino, Laformadelviaggio.it srl, Padova. Alle 16, la quinta e ultima Tavola rotonda su “Le associazioni professionali per i beni culturali” con moderatori S. Barrano (vicepresidente Confassociazioni) e J. Bonetto. Intervengono: A. Pintucci e G. Leoni, Confederazione Italiana Archeologi, CIA; G. Manca di Mores, Associazione Nazionale Archeologi, ANA; B. Mastrorilli e F. Rigillo, Associazione Storici dell’Arte Unitari, SAU; R. di Costanzo, Associazione Archivisti in Movimento, ARCHIM; C. Mezzadri, presidente Archeoimprese. Alle 17, dibattito e chiusura lavori.
Se volete contattarmi o inviare news:
Categorie
Archivi
Articoli recenti
- Atene. Al museo dell’Acropoli la cerimonia di consegna dei tre frammenti del Partenone conservati ai Musei Vaticani voluta da Papa Francesco. L’arcivescovo ortodosso di Atene ringrazia Papa Francesco per la donazione “tangibile prova dei frutti prodotti dai rapporti fraterni che esistono tra noi cristiani” e invita altri a seguire l’esempio del Pontefice marzo 28, 2023
- Roma. Nella chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, conclusi i lavori di restauro del tetto crollato, presentazione – in presenza e on line – del libro “Carcer Tullianum. Il Mamertino al Foro Romano” a cura di Alfonsina Russo e Patrizia Fortini (L’Erma di Bretschneider) marzo 28, 2023
- Firenze. A TourismA 2023 la consegna del X premio Riccardo Francovich della SAMI al Mercato delle Gaite di Bevagna (Pg) marzo 27, 2023
- Torino. 2300 reperti antichi del museo Egizio digitalizzati e interamente accessibili sui progetti Wikimedia grazie alla collaborazione con Wikimedia Italia e Creative Commons Italia. Un esempio da seguire per i musei italiani marzo 27, 2023
- Napoli. Al museo Archeologico nazionale l’attesa è finita: dopo 50 anni, apre la sezione Campania Romana delle sale monumentali occidentali. Oltre duecento reperti dalle città vesuviane e dall’area flegrea. L’invito del direttore Giulierini marzo 27, 2023
CHI SIAMO
Graziano Tavan, giornalista professionista, per quasi trent’anni caposervizio de Il Gazzettino di Venezia, per il quale ho curato centinaia di reportage, servizi e approfondimenti per le Pagine della Cultura su archeologia, storia e arte antica, ricerche di università e soprintendenze, mostre. Ho collaborato e/o collaboro con riviste specializzate come Archeologia Viva, Archeo, Pharaos, Veneto Archeologico. Curo l’archeoblog “archeologiavocidalpassato. News, curiosità, ricerche, luoghi, persone e personaggi” (con testi in italiano)
Commenti recenti