Road to Rome. A Vittorio Veneto la mostra “30 anni per Abydos – Egitto”: esperienze di Paolo Renier dal 1989 al 2019 con testimonianze fotografiche e ricostruzioni del tempio di Seti I. Primo passo verso la grande mostra di Roma
Road to Rome. Se fossimo in ambito calcistico questo sarebbe l’incipit dell’iniziativa di Paolo Renier “30 anni per Abydos – Egitto”. Perché la mostra che il 31 agosto 2019 alle 18 apre alla Rotonda Villa Papadopoli di Vittorio Veneto (Tv) potrebbe essere considerata una prova generale, o almeno il primo step, verso l’obiettivo prestigioso: la Grande Moschea di Roma. Grazie infatti all’interessamento dell’Accademia d’Egitto a Roma e di Mariapia Ciaghi, direttrice de “Il Sextante”, Editoria-Comunicazione-Eventi di Roma, il complesso disegnato da Paolo Portoghesi potrebbe ospitare al suo interno, dove ci sono spazi notevoli adatti a esposizioni significative, le gigantografie di rilievi e architetture di Abydos e i plastici dei suoi monumenti più significativi realizzati da Paolo Renier con la collaborazione di Maurizio Sfiotti. Senza dimenticare che c’è un’altra sede espositiva prestigiosa che si è detta interessata al lavoro del fotografo (anche se il termine è riduttivo) trevigiano: è Villa Manin di Passariano (Ud), la dimora dell’ultimo doge di Venezia.
In attesa del “gran salto”, godiamoci l’esposizione di Vittorio Veneto che ripercorre i 30 anni di esperienze di Paolo Renier in Egitto, e in special modo ad Abydos, a partire proprio da quel 1989, lontano ormai ma che segnò una svolta nella vita di Renier, quando realizzò il suo primo viaggio in Egitto, partecipando a un tour promosso dalla rivista Archeo, diretta da Andreas M. Steiner con il quale nel tempo è nata una stretta amicizia. Non è un caso che proprio Steiner sia tra gli invitati d’onore alla vernice vittoriese. Dopo quel viaggio memorabile per Paolo, ne seguirono molti altri: 30 anni ininterrotti all’insegna del motto “Rispetto, conoscenza, valore” che è diventato un po’ il mantra di Renier. “È proprio in questo contatto diretto con l’Antico Egitto”, spiega, “in questo vivere quasi in simbiosi con la città sacra ad Osiride che mi resi conto che proprio in questo sito nasce la storia della regalità e monumentalità dei Faraoni”.
Anni di viaggi, ma anche di incontri e di eventi. Uno dei primi, e tra i più importanti, fu la piccola mostra fotografica su Abydos negli spazi dell’Accademia d’Egitto a Roma, nel 2004, con la presentazione dell’egittologa Carla Alfano: piccola ma sufficiente per far conoscere a tutti le capacità e gli obiettivi di Paolo Renier e, soprattutto, il suo amore per Abydos. Ma in quell’occasione non fu presentata solo la mostra fotografica ma anche il libro “Abydos, Egitto” che Renier scrive con il cuore: un viaggio emozionale di immagini e testi alla scoperta della città sacra ad Osiride, un reportage praticamente irripetibile – visto il degrado che ha colpito molti monumenti, a partire da quello più simbolico, l’Osireion – che incontra l’entusiasmo e l’approvazione del decano degli egittologi, Sergio Donadoni, il quale – nella prefazione – ha parole di ammirazione per la sensibilità di Renier fotografo nel solco di una tradizione che affonda nell’Ottocento. Tra gli invitati alla vernice di Roma c’era anche Roberto Giacobbo, all’epoca direttore del programma Voyager su Rai3 che nel febbraio 2005, memore della mostra all’Accademia d’Egitto, invitò Renier come fotografo in una spedizione In Egitto: “Fu in quell’occasione – ricorda – che ebbi modo di conoscere e di lavorare con Zahi Hawass, il più famoso egittologo egiziano, allora segretario del Consiglio supremo delle Antichità”.

Paolo Renier con l’archeologo Stephen P. Harvey dell’università di Chicago ad Abydos (foto Graziano Tavan)

Paolo Renier ad Abydos con l’egittologo Gunter Dreyer dell’università Tedesca del Cairo (foto Graziano Tavan)
È dalla mostra di Roma che nasce l’idea di un viaggio in Egitto, invitato dall’allora ministro egiziano alla Cultura, Farouk Hosny, incontrato nel suo ufficio al Cairo, e mirato su Abydos per incontrare i protagonisti, cioè i direttori delle missioni archeologiche ad Abydos. Così nel dicembre 2004 Paolo Renier spiega il suo progetto di valorizzazione di Abydos al responsabile della missione tedesca, Gunter Dreyer, lo scopritore a Umm el-Ghaab, nella zona Sud-Ovest di Abydos, dei primi ideogrammi e segni di scrittura databili a 5200 anni fa: straordinari reperti, iscritti su piccole tavolette in avorio o in pietra, testimonianze delle prime dinastie dei faraoni, oggi conservate al museo Egizio del Cairo e all’università tedesca al Cairo. E ancora, ecco l’incontro con gli egittologi americani Stephen P. Harvey, dell’università di Chicago, scopritore dell’ultima piramide (siamo ormai nel Medio Regno) nella zona a sud, vicino alle montagne, dove invece sono state trovate tracce dell’uomo preistorico di 200mila anni fa, e Matthew Adams, dell’università di New York, impegnato nella zona di Shunet el-Zebib, nella grande muraglia del faraone Khasekhemwy (2700 a.C.), un monumento in mattoni crudi con mura perimetrali alte anche 15 metri e larghe 4-5, che racchiudono un grande spazio vuoto, il cui significato e utilizzo lascia aperti ancora molti interrogativi.
In questi anni, tra il 2003 e il 2005, Paolo Renier realizza la sua opera più preziosa: la ricognizione fotografica a 360 gradi del soffitto astronomico dell’Osireion. “Riuscii a entrare nella Stanza del Sarcofago con grande difficoltà”, racconta, ancora emozionato, “rischiando anche la vita, perché si camminava in un acquitrino putrido pieno di larve pericolose e su un pavimento irregolare, scivoloso e pieno di buche, purtroppo invisibili per la scarsa illuminazione e l’acqua melmosa. Ma sentivo che dovevo farcela, perché umidità e pipistrelli, insieme all’incuria dell’uomo, stavano minando irrimediabilmente l’integrità della stanza segreta del faraone Seti I”. E continua: “Feci varie riprese del soffitto, con i suoi bellissimi rilievi che raffigurano due scene della dea Nut”. È qui che incontra un altro egittologo, James Westerman, incaricato dal governo egiziano di studiare la provenienza e i livelli in continuo movimento dell’acqua ancora presente nel canale attorno all’isola centrale dell’Osireion. Un modo per cercare di capire i segreti di questo tempio, molto particolare, un unicum, con dieci pilastri in granito rosa di 80-90 tonnellate l’uno e un canale attorno all’isola centrale profondo una quindicina di metri. “Westerman con le sue ricerche geologiche”, interviene Renier, “è riuscito a definire quando fu costruito il tempio dell’Osireion, datandolo almeno al 4000/5000 a.C., quindi prima dei faraoni. Mi piace pensare che Seti I abbia scoperto e capito l’importanza di questo monumento e abbia deciso di costruire qui il suo tempio, inglobando l’Osireion, probabilmente per riti straordinari, legati probabilmente ai livelli della sua acqua purificatrice. Non dimentichiamo che l’Osireion è così chiamato perché gli antichi egizi ritenevano che custodisse la testa di Osiride”.

La locandina della mostra “Il tempio di Osiride svelato. L’Antico Egitto nell’Osireion di Abydos” al museo Archeologico nazionale di Firenze nel 2009
Il Progetto Abydos e le mostre. Ormai Paolo Renier e il suo Progetto Abydos per la conoscenza e la valorizzazione del sito sono una realtà. È il momento di allargare la platea. Vengono così organizzate alcune mostre che allargano le conoscenze e le collaborazioni. Si inizia nel 2006 con “Abydos, Egitto. Ricostruzione scenografica del sito di Abydos” nella prestigiosa cripta della basilica di San Lorenzo a Firenze, con il contributo di Maria Cristina Guidotti direttrice del museo Egizio di Firenze. L’anno successivo la stessa mostra viene proposta al Palazzo del Turismo al Lido di Jesolo (Ve), e nel 2008 passa nell’aula magna dell’istituto scolastico di Tarzo (Tv). Nel 2009 Renier torna a Firenze con “Il tempio di Osiride svelato. L’Antico Egitto nell’Osireion di Abydos”. Stavolta siamo nel cuore archeologico di Firenze. La mostra infatti viene ospitata nella sezione Egizia del museo Archeologico nazionale di Firenze, dove, con la direttrice Maria Cristina Guidotti, viene proposto un percorso di documenti fotografici e gigantografie insieme a splendidi reperti egizi del museo fiorentino.

Manifesto della mostra “Il tempio di Osiride svelato” alla Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista a Venezia

La locandina della mostra “L’Osirion di Abydo. Viaggio nel cuore spirituale dell’Antico Egitto” nelle antiche scuderie di Dolo (Ve)
Nel 2012 la mostra diventa sempre più ricca. Alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista a Venezia va in scena “Il tempio di Osiride svelato”, mostra allestita tra un antico cimitero coperto e l’annessa bellissima chiesa di S. Giovanni Evangelista. “Non abbiamo mai visto un allestimento così in sintonia con le nostre particolari sale: Renier è riuscito a sposare i nostri ambienti religiosi con la spiritualità dell’Antico Egitto”, il commento del Guardian Grande della Scuola. Per l’occasione il museo Egizio di Firenze ha messo a disposizione ben 23 reperti tra cui un sarcofago con la dea Nut, restaurato e presentato per la prima volta, che dialogava idealmente con le raffigurazioni della dea Nut del soffitto astronomico riprodotto, grazie alle immagini di Renier, nella cappella centrale dell’altare della chiesa. A Venezia intervengono Matthew Adams dell’università di New York, Emanuele Ciampini dell’università Ca’ Foscari di Venezia e Alessandro Roccati dell’Accademia delle Scienze di Torino. Nel 2013 con la mostra “L’Osirion di Abydo. Viaggio nel cuore spirituale dell’Antico Egitto” nelle antiche scuderie di Dolo (Ve), Renier con l’egittologa di Ca’ Foscari, Federica Pancin, “ricrea” l’Osireion, la tomba di Osiride, cioè il luogo più sacro nella città più sacra dell’Egitto dei faraoni: Abydo, a 150 chilometri da Luxor, ai margini dei deserto occidentale, è la città di Osiride, il dio dell’Oltretomba ma anche della Rinascita, per tremila anni meta di pellegrinaggi dal faraone all’egiziano comune; la città dove le prime dinastie (solo dalla V le sepolture monumentali sono state spostate a nord, nella piana di Giza) hanno posto le loro tombe; la città che prima il faraone Seti I (XIX dinastia) e poi il figlio Ramses II hanno monumentalizzato (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2013/11/30/in-riva-al-brenta-losireion-di-abydo-e-i-misteri-dellantico-egitto/).
Nel 2014 un nuovo salto di qualità con la mostra a Palazzo Sarcinelli di Conegliano (Tv): “Egitto. Come faraoni e sacerdoti nel tempio di Osiride custodi di percorsi ormai inaccessibili” con la collaborazione dell’egittologa di Ca’ Foscari, Federica Pancin (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2014/09/09/lantico-egitto-a-conegliano-nella-mostra-a-palazzo-sarcinelli-viaggio-alla-scoperta-dei-misteri-di-osiride-ad-abido-dalla-stanza-del-sarcofago-con-il-soffitto-astronomico-in-scala-11-al-co/). La mostra è preceduta da un ennesimo viaggio-missione ad Abido. Stavolta ad accompagnare Renier c’è Maurizio Sfiotti, presidente dell’associazione culturale Osireion di Abydos, che realizza i rilievi necessari a realizzare in scala 1:20 i modellini del tempio di Seti I con le sette cappelle e dell’Osireion, ma anche le misure esatte del soffitto astronomico della Stanza del Sarcofago. Questi modellini vengono esposti proprio nella mostra di Conegliano. E, per la prima volta, è possibile toccare con mano il soffitto astronomico della stanza del sarcofago a ridosso dell’Osireion di Abido, posizionato con tutto il suo straordinario potere comunicativo in verticale in uno sviluppo che avvolge il visitatore.
Nel 2015, grazie all’invito e alla collaborazione della associazione Zheneda e di Ceneda Arte e Cultura, Renier approda per la prima volta alla Rotonda Villa Papadopoli di Vittorio Veneto (Tv) con la mostra “Egitto. Il tempio del faraone Seti I: le sacre rappresentazioni” (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2015/04/24/lantico-egitto-a-vittorio-veneto-il-tempio-del-faraone-seti-i-ad-abido-nella-mostra-di-paolo-renier-alla-rotonda/), un allestimento del tutto originale dove, ovviamente, non manca l’esposizione in scala 1:1 del soffitto astronomico dell’Osireion di Abido (vero unicum che può permettersi di mostrare solo Paolo Renier) e un excursus su Abido, la città sacra dedicata a Osiride il dio dell’Aldilà e della resurrezione. Ma stavolta il focus è incentrato tutto sul grande faraone Seti I, il padre di Ramses II, sotto il cui regno l’arte egizia toccò uno dei suoi punti più elevati, un vero “rinascimento”. Tre anni dopo Renier è ancora a Vittorio Veneto con “Rispetto, Conoscenza e valore. 1989-2018, Paolo Renier per Abydos-Egitto” dove Renier presenta un racconto particolare in cui il protagonista è proprio lui o, meglio, la sua trentennale esperienza dedicata all’antico Egitto, tra incontri, scoperte e documenti fotografici (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2018/05/21/1989-2018-paolo-renier-per-abydos-egitto-a-vittorio-veneto-il-fotografo-trevigiano-racconta-per-immagini-e-emozioni-la-sua-trentennale-esperienza-dedicata-alla-citta-sacra-dei-fara/).
E siamo al 2019. Ancora a Vittorio Veneto, con “30 anni per Abydos – Egitto. Esperienze di Paolo Renier dal 1989 al 2019. Testimonianze fotografiche, ricostruzioni del tempio di Seti I”, a cura di Paolo Renier e Maurizio Sfiotti, in collaborazione con le associazioni Zheneda, Osirion Abydos, Archeosofica, aperta alla Rotonda Villa Papadopoli fino al 13 ottobre 2019. All’inaugurazione, sabato 31 agosto 2019, alle 18.30, Renier e Sfiotti insieme a Franco Naldoni dell’associazione Archeosofica di Firenze anticiperanno, con approfondimenti, alcuni temi che saranno trattati nella prossima grande mostra. Road to Rome.
“1989-2018, Paolo Renier per Abydos-Egitto”: a Vittorio Veneto il fotografo trevigiano racconta per immagini e emozioni la sua trentennale esperienza dedicata alla città sacra dei faraoni fino alla realizzazione del rilievo fotografico del soffitto astronomico della stanza del sarcofago dell’Osireion

La locandina della mostra “Rispetto, Conoscenza e valore. 1989-2018, Paolo Renier per Abydos-Egitto” a Vittorio Veneto
Il titolo non deve trarre in inganno. “Rispetto, Conoscenza e valore. 1989-2018, Paolo Renier per Abydos-Egitto” non è la solita mostra. Soprattutto non è il tipo di mostra cui ci ha abituato il fotografo e grafico trevigiano Paolo Renier con al centro del racconto espositivo il soffitto astronomico della stanza del sarcofago dell’Osireion di Abydos. Era successo nel 2009 al museo Archeologico nazionale di Firenze con “Il tempio di Osiride svelato. L’antico Egitto nell’Osireion di Abydos”; nel 2012 alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista a Venezia con “Il tempio di Osiride svelato”; e nel 2014 a Palazzo Sarcinelli di Conegliano (Tv) con “Egitto, come faraoni e sacerdoti nel tempio di Osiride”. Questa volta nell’aula magna della Rotonda di villa Papadopoli a Vittorio Veneto (Tv), messa a disposizione dall’associazione storico culturale Zheneda, fino al 24 giugno 2018 Paolo Renier presenta un racconto particolare dove il protagonista è proprio lui o, meglio, la sua trentennale esperienza dedicata all’antico Egitto, tra incontri, scoperte e documenti fotografici: dalla “folgorazione” per la civiltà dei faraoni e, soprattutto, per la città sacra di Abydos in occasione del suo primo viaggio – come turista – sulle rive del Nilo (era il 1989), alla nascita del progetto Abydos, alla realizzazione del rilievo fotografico del soffitto astronomico della stanza del sarcofago dell’Osireion: un’opera unica e irripetibile, visto che purtroppo nel frattempo lo stato di salute del monumento, lasciato nel degrado, è profondamente compromesso: danneggiato dall’umidità, dai nidi dei pipistrelli, e dall’incuria dell’uomo. Il rilievo fotografico del soffitto astronomico realizzato da Paolo Renier è oggi un “monumento” scientifico riconosciuto e richiesto dai più grandi egittologi del mondo. Ma a Vittorio Veneto non vediamo la ricostruzione in scala 1:1 del soffitto astronomico, bensì le circostanze e le vicende che hanno portato il fotografo e grafico trevigiano a realizzare i suoi preziosi reportage.

L’egittologo Sergio Donadoni nel suo studio a Roma (foto Paolo Renier)
Una mostra da leggere, prima ancora che da gustare con gli occhi. Anche se, ovviamente, le straordinarie immagini dell’Egitto di Renier accompagnano passo passo il visitatore. “In queste immagini”, scrive, “ci sono la bellezza e il fascino irresistibile dell’antico Egitto. Ma anche il mondo, intimo spirituale, voluto e costruito dal faraone Sethi I ad Abydos, per relazionarsi con il ristretto pantheon degli dei e del mondo dell’aldilà”. La sua consacrazione Renier la ebbe niente meno che da uno dei padri dell’Egittologia del Novecento, Sergio Donadoni, che accettò di scrivergli la presentazione al libro “Abydos. Egitto”, punto di arrivo delle conoscenze di Renier sulla città sacra degli antichi egizi, ma anche di partenza per far conoscere e salvare la stessa dal degrado attraverso il Progetto Abydos. Così scrive Donadoni: “…va vista l’opera di Renier, che è frutto ed espressione di uno specifico innamoramento per una specifica località, in confronto con l’aspirazione alla totalità propria degli altri: non l’Egitto in genere, ma Abido è quel che incanta questo osservatore. Un centro che merita una simile dedizione, carico com’è di storia, di significato, di arte. …In questa ricchezza di possibili prospettive, Renier si muove senza altra pretesa se non quella di dirci come il suo occhio sia compiaciuto di questa o quella visione, di questa o quella possibilità di sfruttarla figurativamente. Se conosce il valore storico dei vari monumenti, delle varie rappresentazioni, non è di quello che ha fatto la sua guida nella sua scelta e nel suo approccio. Alla esigenza del capire il passato e l’arte del passato, oppone quella, non meno essenziale ed autentica, del sentirlo. Sono due modi diversi e complementari di far valer quello che è la vera caratteristica dell’arte, il suo essere in perpetuo contemporanea di chi se ne appropri il messaggio”. Sergio Donadoni era riuscito a cogliere l’essenza e lo spirito che in questi decenni ha mosso Paolo Renier inserendolo con grande naturalezza e semplicità nella storia dei primi artisti esploratori della terra dei Faraoni, dalle prime immagini dipinte alle litografie e poi dalle prime lastre fotografiche alle prime foto in bianco e nero.
Così, passando da un pannello all’altro, seguiamo il percorso artistico-emozionale di Renier nella terra d’Egitto, attraverso un racconto – come si diceva – ricco di aneddoti. “Durante quel viaggio”, scrive a esempio ricordando la traversata del lago Nasser nel 2009, “nelle limpidi notti stellate, disteso su un lettino sopra il ponte della nave, osservavo incantato la splendida luce della stella Sirio (pensando alla dea Iside) e della bellissima costellazione di Orione (pensando al grande Osiride). Solo così, avvolto ed estasiato da incredibili e commoventi emozioni, riuscivo a consolarmi e non pensare alla triste alluvione che stavo percorrendo. Ad Abydos alcuni mesi dopo, la presenza di una strana giovane donna vestita con una tunica bianca, il capo coperto e i piedi nudi, che incontrai nel corridoio delle liste dei Faraoni e dei Semidei a sinistra del tempio di Sethi I, si rivolse a me dicendomi che quella mattina ero con lei dentro alla grande piramide di Cheope. Non capii bene cosa volesse e chiesi a un amico arabo li vicino che conosceva diverse lingue, di cercare di aiutarmi, ma quando ci rivolgemmo a lei, non c’era più, subito la cercai nel tempio e la vidi scomparire verso l’ingresso. Da alcuni giorni soggiornavo ad Abydos ed era chiaramente impossibile che io assieme a lei quella stessa mattina, potevamo essere a più di 500 km di distanza. Ho ancora presente i suoi occhi scuri, i capelli neri e il pallido volto, ma non capii e non seppi mai chi fosse, comunque poi quella mattina e i giorni seguenti mi sentii stranamente molto più sereno e in pace con me stesso”. E ancora: “Ad Abydos conobbi Horus, personaggio mistico del luogo del quale ancor oggi non conosco esattamente il vero nome perché tutti continuano a chiamarlo solo così; lui è come il capo spirituale del villaggio soprattutto per aver conosciuto fin da piccolo Doroty Eady, l’egittologa inglese che dedicò tutta la sua vita con una straordinaria passione verso il grande faraone Sethi I, ed è anche per questo che fu chiamata dagli arabi Omm Seti, cioè La madre di Seti. Una donna che fin da bambina fu avvolta nel magico e incredibile amore per questo faraone e il suo tempio di Abydos: infatti Omm Seti vivrà gli ultimi suoi 30 anni di vita per la ricostruzione del tempio di Sethi I, lei seppe rimettere esattamente al loro posto originale moltissimi reperti caduti e rovinati dal tempo, con incredibile conoscenza. A 77 anni, prima di morire, nel 1981 espresse il suo grande desiderio di essere sepolta nel deserto di Abydos, nella grande gola tra le montagne dove tramonta il sole. E Horus, in questi ultimi anni, è riuscito finalmente a realizzare il sogno di Omm Seti. Nel 2013 ebbi la grande fortuna di essere accompagnato da lui in questo luogo incredibile, dove il vento disegna delle magiche e coinvolgenti onde nella sabbia: un suono e una luce, come in un fantastico sogno, mi avvolsero e sulla sua tomba segnata con delle pietre, rimpiansi il desiderio di non averla mai conosciuta, in lei avrei trovato una grande sintonia”.

Paolo Renier con l’archeologo Stephen P. Harvey dell’università di Chicago ad Abydos (foto Graziano Tavan)

Paolo Renier ad Abydos con l’egittologo Gunter Dreyer dell’università Tedesca del Cairo (foto Graziano Tavan)
Importanti studiosi confermano il valore di Abydos. “Ebbi la fortuna di conoscere personaggi importanti nelle mie permanenze ad Abydos, come l’archeologo Stephen P. Harvey dell’università di Chicago”, racconta Renier. “Lui scoprì alcune piramidi nella zona a sud vicino alle montagne (dell’epoca di Amosi I della XVIII dinastia: il faraone che scacciò gli Hyksos dall’Egitto, ndr), inoltre Harvey mi rivelò che sull’altipiano esistono incredibili testimonianze di 200mila anni fa. Ebbi anche la fortuna di conoscere nella sede della missione germanica immersa nel deserto l’importante egittologo Gunter Dreyer dell’università Tedesca del Cairo; lui scoprì nella zona di Abydos, denominata Umm El-Ghaab, i primi ideogrammi e segni di scrittura datati 3200 a.C. Straordinari e importantissimi reperti scolpiti in piccole tavolette in avorio o in pietra, vere testimonianze delle prime dinastie dei faraoni e che, per la loro valenza (sono i primi segni di scrittura), sono custodite al museo del Cairo esposte nelle teche appena si entra nella sala principale”.
Un amico speciale. “La mia passione per conoscere la terra e le persone legate a questa importante e straordinaria storia dell’antico Egitto, in quasi 30 anni d’incredibili continue esperienze, è maturata sempre di più diventando il Progetto Abydos, creato sui principi fondamentali di Rispetto, Conoscenza e Valore soprattutto per il sito moto importante e poco conosciuto di Abydos. Sono riconoscente all’Egitto per avermi fatto conoscere le persone che mi hanno creduto, sostenuto e incoraggiato, voglio ricordare soprattutto un grande amico che prima di morire all’età di 88 anni, mi ha lasciato molti suoi libri manoscritti e dattiloscritti delle sue Ricerche Egizie: il mio carissimo fratel Aldo Benetti, missionario comboniano in Egitto per ben 55 anni, notevole studioso dell’antico regno dei Faraoni con una profonda e straordinaria esperienza. Nei miei viaggi in Egitto cercavo spesso di passare per la sua sede al Cairo e lui era sempre molto ospitale e disponibile nell’accompagnarmi per conoscere questa grande città, facendomi rivivere anche assieme agli amici arabi straordinarie esperienze portandomi in luoghi che difficilmente si possono visitare. Mi inviava spesso dal Cairo le sue lettere raccontandomi i suoi difficili momenti di vita dedicata soprattutto per aiutare i ragazzi arabi, i più deboli e i più bisognosi, e non si dimenticava mai di incoraggiarmi nell’andare avanti con il mio impegno per la conoscenza di Abydos, spesso lo considerava molto importante. Una volta mi scrisse: “Caro Paolo coraggio, tu stai perseguendo il ministero della Memoria Storica”, questo suo particolare incoraggiamento mi aiuta ancor oggi nonostante le continue difficoltà. Sarò sempre riconoscente a fratel Aldo, anche perché decise di consegnare personalmente i miei libri al museo del Cairo, alla biblioteca di Alessandria e all’ambasciata italiana in Egitto”.
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