Archivio tag | Giuseppe Sava

Trento. “A tu per tu” con la mostra di Natale “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio: negli ultimi tre video scopriamo il collezionismo erudito, l’etimologia della parola bronzo, e la tecnica fusoria a cera persa

La locandina della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio dal 22 dicembre 2020 al 5 aprile 2021

Ultimi tre contributi video “A tu per tu” del Castello del Buonconsiglio per illustrare i contenuti della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi”, curata da Giuseppe Sava, inaugurata il 22 dicembre 2020 (quando il museo era chiuso per emergenza sanitaria),  e programmata fino al 5 aprile 2021 nella sala del Torrion da Basso al Castello del Buonconsiglio a Trento. La mostra, organizzata dal museo con l’aiuto della soprintendenza per i Beni culturali, racconta l’affascinante storia di un fortunato ritrovamento di due magnifiche sculture seicentesche in bronzo dorato molto probabilmente commissionate dal principe vescovo e fino al 1803 conservate nella dimora del principe vescovo al Castello del Buonconsiglio. In questi nuovi contributi introdotti da Alessandro Casagrande, per la regia di Alessandro Ferrini, Francesca Jurman ci racconta di un collezionismo molto erudito e legato all’amore per l’antico; Tiziana Gatti ci parla proprio della parola bronzo, la sua etimologia e alcuni modi di dire legati a questa parola; infine Mirco Longhi si sofferma sulla complessa tecnica utilizzata da Niccolò Roccatagliata per realizzare i due magnifici bronzetti esposti in mostra, ovvero la tecnica della fusione a cera persa.

Il collezionismo erudito tra XV e XVI secolo. “Tra Quattro e Cinquecento il diffuso interesse per l’antico da parte di umanisti o di intenditori d’arte, sostenuto anche dal ritrovamento di molti reperti di epoca romana”, spiega Francesca Jurman, “determina una forma molto raffinata di collezionismo. Possedere una raccolta di antichità diventa un segno di prestigio, un’ostentazione di raffinatezza e di agio economico. All’interno delle dimore signorili, delle gallerie, degli studioli vengono quindi esibiti questi reperti tra sculture in marmo, medaglie e monete, ceramiche, epigrafi, accanto però a delle creazioni di epoca moderna che devono rievocare il gusto per l’antichità. Sono frequentemente dei bronzetti, delle piccole sculture in bronzo che si ispirano proprio ai modelli dell’antichità nelle forme e anche nelle scelte iconografiche, privilegiando le forme più bizzarre anche cercando di recuperare un repertorio di creature fantastiche o di sculture antiche. Questi oggetti vengono soprattutto realizzati per essere d’arredo e d’uso sullo scrittoio degli umanisti, che quindi si attorniano di questo gusto, di questa evocazione della classicità”.

Le parole del bronzo. “L’utilizzo di una parola e dei suoi derivati all’interno di una lingua”, interviene Tiziana Gatti, “è collegato strettamente all’importanza dell’oggetto che essa definisce. Ciò vale naturalmente anche per la parola bronzo, un termine che definisce un materiale di larghissimo uso nei secoli: una lega di rame e stagno. Non si conosce l’origine della parola. Forse è giunta nel latino medievale e poi nell’italiano da una parola persiana che aveva valore di rame. Nella lingua latina si usava invece una parola del tutto diversa, aes, che indicava sia il bronzo, sia poi successivamente anche la moneta. La voce bronzo è usata oggi anche per indicare un oggetto realizzato con tale materiale. Si parla di bronzo per una scultura oppure per una medaglia assegnata al terzo classificato. Poi infine sono detti bronzi anche le campane tuttora realizzate in questo materiale. Nel linguaggio dell’arte bronzetti sono detti sculture di dimensione minore, mentre bronzino è un recipiente in bronzo oppure anche un campanello usato soprattutto per gli animali. L’espressione che forse ci è più familiare è faccia di bronzo, una forma figurata che si riferisce in generale a una persona che non si vergogna di nulla. Quindi il suo viso resta impassibile come fosse realizzato in bronzo. Ovviamente non è il caso dei volti espressivi in bronzo dorato dei due apostoli esposti in mostra”.

La tecnica fusoria a cera persa. “I due bronzetti raffiguranti San Filippo e San Paolo”, sottolinea Mirco Longhi, “sono l’evidente riflesso dell’abilità raggiunta da Roccatagliata nel sapersi destreggiare in tecniche di fusione e di rifinitura conosciute fin dall’antichità, come la tecnica di fusione per antonomasia: a cera persa. Il metodo classico prevedeva che su un modello in argilla o comunque in materiale refrattario l’artista riprendesse minuziosamente le forme sottostanti con uno strato di cera, appunto. Il tutto a sua volta veniva racchiuso in un involucro, sempre refrattario al calore: la cera appunto si perdeva all’interno dei canali realizzati in questo involucro – chiamato anche tonaca – alle alte temperature cui veniva sottoposto il tutto. La sottilissima intercapedine che si otteneva veniva poi riempita con il metallo, la lega in bronzo, che doveva rivestire uniformemente in maniera omogenea l’intero involucro. All’epoca Roccatagliata, dalla seconda metà del Cinquecento, in particolare sul finire e agli inizi del Seicento, riprese invece il metodo che permetteva un grado di perfezione elevatissimo, il cosiddetto metodo indiretto, molto simile al precedente solo – potremmo dire – quasi inverso. Questa volta dal modello in argilla originale si otteneva un calco in gesso che si staccava poi dal modello. Si spalmava lo strato di cera sull’involucro all’interno del calco in gesso mentre la parte esterna, una volta tolto il calco in gesso, veniva ricoperta dalla tonaca appunto, e attraversata – come dicevo prima – da tutta una serie di canali che permettono al bronzo fuso di ricoprire interamente l’involucro e allo stesso tempo fungono anche da sfiati per l’alta pressione della temperatura della lega in bronzo fuso. Il metodo indiretto permetteva un vantaggio impensato prima del Cinquecento, quello che preservando il modello originale si può portare avanti una produzione seriale. È chiaro allora che vi è discrimine per capire l’intervento del maestro. In questo caso di Roccatagliata la fa la qualità dell’opera. E in particolare di fronte ai due bronzetti dorati è evidente che l’intervento del maestro non è solo nella fase di modellazione del modello in argilla e in cera, ma è anche successivo come nella fase di rifinitura. Ecco quindi che anche la doratura fa la differenza, e soprattutto in tutti quei lavori diciamo di attenzione minuziosa, quasi da miniatore della scultura, in cui vediamo questa resa dei panneggi che rendono le opere estremamente realistiche e dinamiche, tali da fare di questi due bronzetti due opere di un’eccellenza unica”.

Trento. “A tu per tu” con la mostra di Natale “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio: nei tre nuovi video scopriamo gli attributi che fanno riconoscere San Filippo e San Paolo, la foto storica che ha fatto riconoscere i bronzetti, e i dettagli morelliani per l’attribuzione a Roccatagliata

La locandina della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio dal 22 dicembre 2020 al 5 aprile 2021

Tre nuovi contributi video “A tu per tu” del Castello del Buonconsiglio illustrano i contenuti della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi”, curata da Giuseppe Sava, inaugurata il 22 dicembre 2020 (quando il museo era chiuso per emergenza sanitaria),  e programmata fino al 5 aprile 2021 nella sala del Torrion da Basso al Castello del Buonconsiglio a Trento. La mostra, organizzata dal museo con l’aiuto della soprintendenza per i Beni culturali, racconta l’affascinante storia di un fortunato ritrovamento di due magnifiche sculture seicentesche in bronzo dorato molto probabilmente commissionate dal principe vescovo e fino al 1803 conservate nella dimora del principe vescovo al Castello del Buonconsiglio. In questi nuovi contributi introdotti da Alessandro Casagrande, per la regia di Alessandro Ferrini, la direttrice del museo Laura Dal Prà ci parla di iconografia e ci svela quali sono i dettagli utilizzati da Nicolò Roccatagliata per far riconoscere facilmente alla gente i due apostoli San Filippo e San Paolo. Invece Roberta Zuech sottolinea l’importante ruolo che ricopre la fotografia nel ritrovamento di opere d’arte che si pensavano perdute, e come proprio la riscoperta dei due bronzetti la si deve soprattutto a una fotografia di inizio Novecento di Giuseppe Brunner che si conserva negli archivi del Buonconsiglio. Infine Denis Ton ci svela uno dei più importanti criteri utilizzati dagli storici dell’arte per attribuire la paternità di un’opera d’arte: il metodo morelliano.

L’iconografia dei Santi Filippo e Paolo. “Tutta l’arte sacra occidentale si poggia su un codice figurativo molto preciso che permette di identificare i singoli personaggi”, spiega Laura Dal Pra. “È fatto di segni, di simboli e di attributi. Nel caso di San Filippo è evidente la particolarità del vestiario, una veste all’antica, ma soprattutto l’attributo della croce, simbolo del suo martirio nel corso del suo apostolato presso i pagani. Quindi ha un attributo abbastanza evidente, che si ritrova anche nel secondo apostolo, in realtà San Paolo: l’apostolo delle genti, che si trovò a sostituire nell’iconografia cristiana la figura dell’apostolo traditore, ossia Giuda. Quindi l’apostolo delle genti, anch’esso raffigurato in veste all’antica, porta in mano il volume, il simbolo della religione del Libro, cioè del Cristianesimo. L’altro attributo, ormai perso, era molto probabilmente la spada, ovvero lo strumento del suo martirio, la decapitazione, che era la pena capitale riservata ai cittadini romani. Un altro elemento fondamentale nell’iconografia di San Paolo, che la si scopre soprattutto se la si pone a confronto con San Pietro, è quello della barba fluente e dell’inizio di un po’ di calvizie, fatto che invece nelle iconografie di San Pietro non è presente”.

Il ruolo cruciale delle foto storiche. “Le nostre vite sono nelle fotografie, come le fotografie sono nelle nostre vite”: così scriveva Lucia Moholy nel 1939 al termine del suo saggio sui Cento anni della fotografia. “E ancora oggi”, sottolinea Roberta Zuech, “è assolutamente attuale questa interconnessione tra fotografia e vita. Ne abbiamo un esempio con la fotografia che ha permesso la scoperta dei due bronzetti. È una fotografia scattata nei primi anni del Novecento dal fotografo Brunner, noto ritrattista, che rappresenta otto sculture, otto statuette bronzee di casa Consolati. Questa fotografia, scattata probabilmente nel momento in cui veniva apposto il vincolo sulle statuette, è stata per anni conservata nell’archivio fotografico del museo del Buonconsiglio. Lì è stata studiata, catalogata, insieme a tutto il fondo fotografico, e questo ha permesso agli studiosi di scoprirla, di rivederla e di pubblicarla all’interno di un saggio proprio sulle collezioni della famiglia Consolati. Lì ulteriormente è stata vista, studiata, notata, apprezzata da uno studioso, Giuseppe Sava, che ha avuto il merito di riconoscere fuori contesto, inaspettatamente, due delle otto sculture rappresentate in foto e permettere così alla Provincia autonoma di Trento di acquisirle e al museo di esporle e quindi di renderle fruibili al pubblico trentino riportandole sostanzialmente a casa. Ecco un esempio di connessione tra vita e fotografia”.

La paternità delle opere d’arte: il metodo morelliano. “Nel corso degli anni la storia dell’arte ha realizzato una serie di strumenti e metodi con cui giungere all’attribuzione”, interviene Denis Ton. “Strumenti di analisi visiva, documentaria, tecnologica, ma molto è affidato ancora all’occhio del conoscitore. Alla fine dell’Ottocento uno studioso di origine svizzera, Giovanni Morelli, realizzò un metodo basato sui cosiddetti motivi sigla, motivi firma o – da lui – dettagli morelliani. Sono motivi, come i dettagli dei lobi delle orecchie, delle sopracciglia, delle palpebre, che si ripetono costantemente nell’artista e consentono di arrivare a un orientamento stilistico e a un’attribuzione. Sebbene questo metodo sia oggi considerato in parte superato consente un primo riferimento per quanto riguarda la paternità delle opere, e si può applicare anche nell’ambito della scultura. Questo ha consentito al curatore Giuseppe Sava di giungere all’attribuzione dei bronzetti degli apostoli tornati al castello del Buonconsiglio a Nicolò Roccatagliata”.

Provincia autonoma di Trento in fascia gialla. Riapre il Castello del Buonconsiglio con accesso in sicurezza. Tra le novità la mostra “Gli apostoli ritrovati”

Veduta aerea del Castello del Buonconsiglio (foto di Claudio Clamer)

Riapre il Castello del Buonconsiglio. La Provincia autonoma di Trento è in fascia “gialla”, e così si può ripartire. Da martedì 19 gennaio 2021, il museo è nuovamente pronto ad accogliere i visitatori nelle sue sale. Il Castello sarà aperto dal martedì al venerdì dalle 9.30 alle 17 (chiuso lunedì, sabato e domenica). Restano temporaneamente chiusi Castel Thun, Castel Beseno, Castel Stenico e Castel Caldes. Per far sì che l’esperienza in museo sia un’occasione di conoscenza, di crescita e di benessere per tutti, l’accesso al museo è garantito a un numero definito di visitatori per fascia oraria, pertanto è necessario prenotare l’ingresso on line  oppure telefonando al numero 0461 492811, dal lunedì al venerdì, 9–13.

La locandina della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio dal 22 dicembre 2020 al 5 aprile 2021

Sarà così possibile visitare la mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dell’antica residenza dei Principi vescovi”, che doveva essere la mostra-evento di Natale, inaugurata il 22 dicembre 2020, quando il Castello del Buonconsiglio era chiuso per emergenza sanitaria, e così è stata presentata solo on line. Ma ora si può accedere nella sala del Torrion da Basso dove la mostra sarà aperta fino al 5 aprile 2021. La rassegna, curata da Giuseppe Sava e organizzata dal museo con l’aiuto della soprintendenza per i Beni culturali, racconta l’affascinante storia di un fortunato ritrovamento di due magnifiche sculture seicentesche in bronzo dorato molto probabilmente commissionate dal principe vescovo e fino al 1803 conservate nella dimora del principe vescovo al Castello del Buonconsiglio. Disperse poi sul mercato antiquario agli inizi del Novecento le due magnifiche sculture seicentesche sono ritornate nelle collezioni museali del Castello del Buonconsiglio ed esposte nella mostra a loro dedicate. “Per tutti coloro che ancora non possono venire di persona ad ammirare queste straordinarie opere”, spiegano al Buonconsiglio, “proseguiremo con gli appuntamenti digitali A tu per tu: brevi video in cui i curatori raccontano la storia e le curiosità delle preziose statuette. Continuate a seguirci”.

Trento. “A tu per tu” con la mostra di Natale “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio: nei due nuovi video conosciamo meglio i due bronzetti e la croce astile di Nago

La locandina della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio dal 22 dicembre 2020 al 5 aprile 2021

Due nuovi contributi video del Castello del Buonconsiglio anticipano i contenuti della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi”, curata da Giuseppe Sava, inaugurata il 22 dicembre 2020 (ma purtroppo a museo chiuso per emergenza sanitaria),  e programmata fino al 5 aprile 2021 nella sala del Torrion da Basso al Castello del Buonconsiglio a Trento. La mostra, organizzata dal museo con l’aiuto della soprintendenza per i Beni culturali, racconta l’affascinante storia di un fortunato ritrovamento di due magnifiche sculture seicentesche in bronzo dorato molto probabilmente commissionate dal principe vescovo e fino al 1803 conservate nella dimora del principe vescovo al Castello del Buonconsiglio. Dopo il primo video di Alessandro Casagrande che ha raccontato il “dietro le quinte” della mostra,  Giuseppe Sava, storico dell’arte, curatore della mostra e soprattutto colui che ha scoperto sul mercato antiquario milanese i due apostoli attribuiti a Niccolò Roccatagliata,  racconta la storia di questi magnifici bronzetti tornati a far parte delle collezioni museali; e Maddalena Ferrari descrive un’altra opera esposta in mostra: la Croce astile di Nago, un lavoro commissionato ai Roccatagliata dalla comunità di Nago Torbole. La regia è sempre di Alessandro Ferrini.

San Filippo e San Paolo. Il ritrovamento di queste due sculture in bronzo dorato si deve a un giovane storico dell’arte trentino Giuseppe Sava. “Questa coppia di apostoli – racconta Sava – faceva parte di una piccola serie composta da tredici pezzi, cioè i dodici apostoli più il Cristo redentore, che si trovavano nella residenza dei principi vescovi al Castello del Buonconsiglio nel 1803. Con la fine del principato vescovile i beni vengono alienati e prontamente acquisiti da Simone Consolati che negli stessi anni si era distinto per alcune acquisizioni chiave come il Camino di Vincenzo e Giangirolamo Grandi. In possesso della famiglia Consolati fino almeno al 1920, i bronzi vengono alienati, e seguono destini diversi. Almeno sei finiscono oltralpe dopo essere passati per un antiquario meranese, mentre è proprio la coppia di cui stiamo parlando ad essere finita in una collezione privata”. La vera novità di questa mostra su “Gli apostoli ritrovati” è anche l’attribuzione a Nicolò Roccatagliata di questi due manufatti. “Entrambe le sculture si caratterizzano per una cura straordinaria del dettaglio, una cura che chiama in causa davvero il mestiere dell’orafo più ancora che  quello dello scultore. È eccezionale il modo in cui vengono rese le vesti riccamente decorate da motivi floreali, fiori di melagrana ed elementi vegetali. San Paolo è rappresentato con il canonico attributo del libro alludente alla parola di Dio, inoltre si intuisce dalla gestualità della figura che in origine doveva reggere una lunga spada, simbolo del suo martirio per decapitazione. San Filippo è un apostolo giovane con la barba corta e ricciata, dalla posa scattante, dallo sguardo intenso, reca una slanciata croce simbolo del suo martirio. Proprio come San Paolo – conclude Sava – si apprezza anche in questa figura la cura straordinaria e la lavorazione di altissimo livello del metallo del bronzo dorato con la resa ruvida della tunica grezza e la decorazione lucida e lucente del panneggio e del mantello”.

La Croce astile di Nago, una magnifica croce anch’essa attribuita a Roccatagliata. “Questa croce astile – spiega Maddalena Ferrari – è un’opera di grande valore realizzata in collaborazione da un maestro orafo veneziano e dagli scultori Roccatagliata, responsabili della realizzazione del modello in cera per la fusione delle placchette. Si tratta di un dono che, come reca l’iscrizione sopra il nodo, ha fatto la comunità di Nago e di Torbole alla sua chiesa pievana nel 1620 che è l’anno della riconsacrazione della chiesa dopo importanti lavori di ristrutturazione e ampliamento. Dobbiamo immaginarci questa croce che apre proprio la processione che accompagnò il sacerdote all’altare in quel giorno così importante. È molto ricca di figure presenti sia sul recto che su un verso e anche sul nodo. Tra queste segnalo in particolare San Vigilio patrono di Nago, Sant’Andrea apostolo patrono di Torbole, e un bellissimo Cristo in pietà sorretto dagli angeli che è un soggetto particolarmente raro per una croce astile”.

Trento. Al Castello del Buonconsiglio la mostra di Natale “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi”: in attesa della riapertura del museo, la mostra si visita virtualmente con la rassegna “a tu per tu” in 12 brevi video: ecco il primo sul “dietro le quinte”

La locandina della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio dal 22 dicembre 2020 al 5 aprile 2021

Doveva essere la mostra di Natale del Castello del Buonconsiglio per raccontare il ritrovamento di due magnifiche sculture seicentesche appartenute al principe vescovo, disperse sul mercato antiquario agli inizi del Novecento, e ora ritornate nelle collezioni museali del Castello del Buonconsiglio. Ma la mostra di Natale “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi”, curata da Giuseppe Sava, inaugurata il 22 dicembre 2020 (ma purtroppo a museo chiuso per emergenza sanitaria), programmata fino al 5 aprile 2021 nella sala del Torrion da Basso al Castello del Buonconsiglio a Trento, non rimarrà chiusa a chiave: in attesa di riaprire quanto prima, la mostra sarà virtualmente visibile grazie alla rassegna “a tu per tu” con 12 brevi appuntamenti video sotto la regia di Alessandro Ferrini dove i curatori del museo parlano della rassegna, delle opere, degli artisti coinvolti, di collezionismo, iconografia, tecniche artistiche e fotografie storiche. La mostra, organizzata dal museo con l’aiuto della soprintendenza per i Beni culturali, racconta infatti l’affascinante storia di un fortunato ritrovamento di due magnifiche sculture seicentesche in bronzo dorato molto probabilmente commissionate dal principe vescovo e fino al 1803 conservate nella dimora del principe vescovo al Castello del Buonconsiglio. 

trento_GLI-APOSTOLI-RITROVATI.-Capolavori-dall-antica-residenza-dei-Principi-vescovi_foto-buonconsiglio

Uno degli “apostoli ritrovati” (foto Buonconsiglio)

Nel 1875, in occasione di un’importante mostra tenutasi a Trento, “Catalogo degli oggetti presentati all’Esposizione regionale d’Agricoltura e delle Industrie”, furono esposte otto statuette in bronzo dorato provenienti dalla collezione di Villa Consolati, una delle più significative raccolte d’arte della provincia dove erano confluiti, dopo le spoliazioni ottocentesche, alcuni dei pezzi più importanti della storia dell’arte in Trentino un tempo custoditi nella residenza del principe vescovo. Grazie alla disponibilità della famiglia, il soprintendente Giuseppe Gerola nei primi anni del Novecento riuscì a recuperarne una buona parte e permetterne la ricollocazione presso il Castello del Buonconsiglio. Tra le opere recuperate figura un notevolissimo stipo in commesso di pietre dure immortalato in un dipinto degli inizi del Novecento da Annunziata Consolati dove figurano alcune statuette in bronzo dorato. Una coeva testimonianza fotografica proprietà dell’Archivio fotografico del museo mostra le stesse statuette poste su basi a rocchetto presumibilmente in legno ebanizzato. Dopo questo periodo di esse si perse però ogni loro traccia.

Gli apostoli Paolo e Filippo: ritrovati e protagonisti della mostra al Castello del Buonconsiglio (foto Buonconsiglio)

Recentemente sul mercato antiquario milanese sono apparse due di queste statuette, riconosciute in occasione di un fortunato sopralluogo da Giuseppe Sava, affermato storico dell’arte trentino. L’identificazione è incontrovertibile – si tratta degli apostoli Paolo e Filippo riconoscibili alle due estremità da una foto storica che si trova nell’archivio fotografico del museo – e ci permette quindi di recuperare due elementi di una prestigiosa serie sino ad oggi data per dispersa. Il catalogo della fortunata serie “Cammei” vedrà tra gli altri anche l’intervento di carattere prettamente storico artistico di Giuseppe Sava volto a individuare e confermare nel nome di Nicolò Roccatagliata il valente artista autore dei bronzi, che operò per il principe vescovo Madruzzo nei primi anni del Seicento. Il confronto in mostra con alcune opere dell’artista, a partire da una bella croce processionale pressoché inedita conservata in Trentino e commissionata all’artista dalla comunità di Nago, valorizzerà nel modo migliore l’acquisizione dei bronzetti al patrimonio museale.

Nel primo video Alessandro Casagrande racconta il “dietro le quinte” della mostra “Gli Apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi”. “Il lavoro del curatore museale, dello storico dell’arte a volte può davvero offrire grandi soddisfazioni, emozioni che possono ripagare anni di ricerche e di studi”, spiega Casagrande. “Per esempio, quando viene ritrovato in archivio un documento che attesta il pagamento di un’opera di un artista, e quindi ne verifica la paternità. Oppure quando vengono ritrovate opere d’arte che si ritenevano ormai perdute. È questo il caso che vi vegliamo raccontare in questi nuovi brevi video. Vi racconteremo la storia di due bronzetti seicenteschi dorati che nel Seicento vennero realizzati per il principato vescovile di Trento e che qui al castello del Buonconsiglio rimasero fino al 1803, anno in cui il conte Simone Consolati li acquisì e li portò nella sua villa a Fontana Santa. Nel Novecento poi furono venduti sul mercato antiquario, e solo oggi finalmente li abbiamo ritrovati. E vi racconteremo questa straordinaria riscoperta”.