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Aperta a Cortona la mostra “1738. La scoperta di Ercolano. Marcello Venuti: politica e cultura fra Napoli e Cortona”: storia degli antichi rapporti tra Cortona e il Regno di Napoli attraverso Venuti, fondatore dell’Accademia Etrusca e scopritore di Ercolano. Il Mann porta i preziosi bronzi ercolanesi

La locandina della mostra “1738. La scoperta di Ercolano. Marcello Venuti: politica e cultura fra Napoli e Cortona” aperta al Maec dal 1° marzo al 2 giugno 2019

Il logo del museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona (Maec)

Marcello Venuti in un disegno di Carl Marcus Tuscher

Erano passati solo sette anni dalla fondazione dell’Accademia Etrusca di Cortona (Ar) quando – era il 1734 – uno dei suoi fondatori, Marcello Venuti, fu chiamato a Napoli dal re Carlo III di Borbone per curare la Collezione Farnese e nel 1738 ebbe l’incarico di sovrintendere agli scavi archeologici che venivano condotti ad Ercolano, non ancora identificata come tale. Grande merito dell’illustre cortonese fu quello di riconoscere, nei resti che stavano venendo in luce, la struttura di un teatro della città di Ercolano, distrutta come Pompei dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., e riconosciuta come tale dal Venuti grazie ad una iscrizione. A 280 anni di distanza, con la mostra “1738. La scoperta di Ercolano. Marcello Venuti: politica e cultura fra Napoli e Cortona”, inaugurata al Maec il 1° marzo 2019 e aperta fino al 2 giugno 2019, l’Accademia Etrusca, spiega il lucumone Luigi Donati, “si propone di celebrare quegli eventi che mettono in luce gli antichi rapporti intercorsi fra Cortona ed il Regno di Napoli. Alcuni materiali provenienti dagli scavi condotti allora a Ercolano e una cernita di documenti presentati a Cortona per la prima volta illustreranno quel luminoso passato”. E il sindaco di Cortona, Francesca Basanieri: “Siamo estremamente felici e orgogliosi di poter proporre al grande pubblico questo progetto culturale che porta con sé anche un grande valore scientifico. La figura di Marcello Venuti è in questo senso emblematica e straordinaria. Il manifesto perfetto di una Cortona che già nel XVIII secolo si apriva al mondo ed era protagonista”.

Il sindaco di Cortona, Francesca Basanieri, in sopralluogo nei depositi del Mann con il direttore Paolo Giulierini

Una sala dell’allestimento del Maec di Cortona

“1738. La scoperta di Ercolano. Marcello Venuti: politica e cultura fra Napoli e Cortona” è la quinta grande mostra internazionale realizzata in soli 10 anni in città: nel 2008 con il museo dell’Ermitage di San Pietroburgo (“Capolavori etruschi all’Ermitage”), nel 2011 con il Louvre (“Le collezioni del Louvre a Cortona. Gli Etruschi dall’Arno al Tevere”), nel 2014 con il British Museum di Londra (“Seduzione etrusca. Dai segreti dell’Holkham Hall alle meraviglie del British”) e nel 2016 ancora con il Louvre (“Gli Etruschi, maestri di scrittura. Società e cultura nell’Italia antica”). E ora con il museo Archeologico nazionale di Napoli, diretto con grande successo da Paolo Giulierini, cortonese, ben noto a Cortona per aver retto con dinamismo e competenza proprio il Maec. “La mostra si annuncia indimenticabile”, chiude entusiasta il sindaco, “per la bellezza e l’importanza del rapporto con il Mann diretto dal nostro concittadino Paolo Giulierini, un museo che in questi anni si è imposto quale uno dei motori della cultura e dell’archeologia non solo a Napoli ma in tutta Italia”. E Alberto Ricci, presidente del Comitato Tecnico del Maec: “Da Cortona e da questo museo è partito Marcello Venuti per cambiare la geografia culturale in Europa, da Cortona e da questo museo ha preso un treno il direttore del Mann per innovare il modo con cui un’ esposizione archeologica racconta e accoglie. A Cortona, in questo museo le due storie si incontrano e da qui vorremmo nascesse un nuovo umanesimo, che è conoscenza e intuizione, apertura e condivisione, bellezza e rispetto: porsi obiettivi all’altezza della dignità delle persone”.

La planimetria del teatro di Ercolano, scoperto da Marcello Venuti, in una stampa dell’epoca

Carlo di Borbone: promosse gli scavi di Ercolano e Pompei

“La vicenda di Marcello Venuti”, sottolinea Giulierini, “è paradigmatica di come un solo uomo, con la sua incredibile vitalità, possa al contempo collegare istituti culturali, partiti politici, stati quali il Granducato e il Regno delle Due Sicilie attraverso il fil-rouge della cultura. Occorse, per la piena maturazione della sua persona, un contesto che, all’epoca, fu rappresentato dalla Napoli di Carlo di Borbone, che in poco tempo portò la città a competere per grandezza con Parigi o Londra e dette avvio agli scavi più celebri della storia, quelli di Ercolano e Pompei”. Marcello si distinse a Napoli come uomo di profondo conoscitore della classicità, esperto conservatore delle collezioni reali e uomo di scavo, identificando il teatro e la città di Ercolano nel 1738. Troppe probabilmente furono però le pressioni a corte e troppi i nemici per poter restare, nonostante la contiguità con il ministro del Re Bernardo Tanucci, suo insegnante a Pisa. “Marcello lasciò presto Napoli – continua Giulierini – e in qualche modo maturò una personale vendetta pubblicando prima del Re le relazioni su quegli scavi che allora erano tenuti in gran segreto e fatti visitare a pochissimi; c’è di più: egli fece realizzare, colpo di genio, una pittura fatta passare per antica ispirata agli affreschi di Ercolano ma eseguita su tavola in ardesia piuttosto che su intonaco. La pittura, presentata molti anni dopo il suo rientro, nel 1744, fu data come rinvenuta a Cortona, e suggellò per molto tempo il primato di Cortona su Napoli e le città vesuviane, in quanto detentrice di una pittura antica da cavalletto. Sullo sfondo della mostra “1738. La scoperta di Ercolano. Marcello Venuti: politica e cultura fra Napoli e Cortona” emergono tante altre vicende ancora poco note, politici e ambasciatori che fanno da sponda a Marcello nella difficile realtà della grande città che, speriamo, potranno essere messe maggiormente a fuoco nella seconda tappa napoletana della esposizione, prevista per il 2020 al museo Archeologico nazionale di Napoli”.

Busto “all’antica” di Marcello Venuti

“1738. La scoperta di Ercolano. Marcello Venuti: politica e cultura fra Napoli e Cortona” è il titolo del progetto espositivo che rientra in un più ampio disegno scientifico che ha come protagonisti l’Accademia Etrusca di Cortona, il museo Archeologico nazionale di Napoli, la Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca di Cortona, il museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona e il Comune di Cortona, con il sostegno della Banca Popolare di Cortona ed il patrocinio della Regione Toscana. La mostra-evento apre le manifestazioni in programma da qui a pochi anni per celebrare i tre secoli di vita dell’Accademia cortonese, sorta nel 1727, e di fatto chiude le manifestazioni previste per il 2018, anno europeo del Patrimonio culturale. La scelta di onorare la figura di Venuti rappresenta un trait d’union importante tra i due Musei. La sua vicenda biografica tra Cortona e Napoli, tra scavi e pubblicazioni, tra Granducato di Toscana e la corte borbonica sarà raccontata da una scelta di materiali e documenti nella maggior parte dei casi presentati a Cortona per la prima volta. La mostra propone un percorso espositivo sui primi anni delle ricerche ercolanesi, basata sulla diretta esperienza dell’archeologo che per primo ebbe l’intuizione che i ruderi rinvenuti fossero quelli della città sepolta nella terribile eruzione pliniana. Attraverso varie sezioni, la mostra intende dar conto di una serie di eventi accaduti nella prima metà del Settecento che hanno visto protagonista uno dei fondatori dell’Accademia Etrusca, e quello che più di ogni altro ha segnato la fortuna e il prestigio europeo di una delle più antiche istituzioni culturali italiane: proprio Marcello Venuti, appartenente ad una delle famiglie più note della nobiltà cortonese, vera e propria anima ispiratrice della cultura cittadina.

Il famoso bronzo di Alessandro Magno a cavallo proveniente da Ercolano e conservato al Mann (foto Giorgio Albano)

Lo scopo ultimo dell’esposizione è quello di ripercorrere una fase degli studi di antichistica e di antiquaria, di cui le città di Cortona e di Napoli sono state protagoniste nella prima metà del XVIII secolo. In una prima sezione, dedicata alla famiglia e alla formazione di Marcello, sono presenti documenti relativi alle vicende familiari e all’influsso che esse hanno avuto sulla formazione del giovane Venuti; quindi le testimonianze del ruolo che l’antiquaria e più in generale la cultura toscana ebbero in un difficile momento della storia del Granducato, fino all’arrivo di don Carlos di Borbone e alla successione ad opera della dinastia lorenese; in tale contesto sarà analizzata la nascita dell’Accademia e la sua funzione politico-culturale che supera ampiamente i limiti di una cittadina di provincia, proiettandosi ben presto in una prospettiva internazionale. La sezione più ampia è quella dedicata alla presenza di Marcello a Napoli, prima come responsabile e diretto ordinatore delle raccolte farnesiane, che lo stesso Carlos aveva deciso di trasferire a Napoli, e quindi come scopritore, di fatto, della città di Ercolano, distrutta dall’eruzione del Vesuvio; infine attraverso documenti e pezzi d’archivio è ricordato il ritorno a Cortona, dopo l’avventura napoletana, e la totale dedizione all’Accademia e alla città, che ne trassero un prestigio ed una fama internazionali grazie alle pubblicazioni, al continuo arricchimento del Museo e della Biblioteca e alla presenza delle massime personalità della cultura europea del tempo.

A Cortona la mostra “Etruschi maestri di scrittura. Cultura e società nell’Italia antica”. Per la prima volta assieme i più importanti testi in etrusco: dalla mummia di Zagabria alla Tabula Cortonensis, dalla Tegola di Capua alle lamine auree di Pyrgi, dal Cippo di Perugia al fegato di Piacenza. Tutte le novità su una scrittura in parte ancora avvolta dal mistero

L'ospite d'onore della mostra: la mummia di Zagabria e il Liber Linteus

L’ospite d’onore della mostra: la mummia di Zagabria e il Liber Linteus

Palazzo Casali, sede del Maec a Cortona (Arezzo)

Palazzo Casali, sede del Maec a Cortona (Arezzo)

Il Cippo di Perugia con il testo di un arbitrato su possedimenti terrieri

Il Cippo di Perugia con il testo etrusco di un arbitrato su possedimenti terrieri

A scorrere l’elenco dei “pezzi pregiati” ti sembra di sfogliare una pagina di un qualsiasi manuale di Etruscologia alla voce “Scrittura etrusca”: dal Liber Linteus della Mummia di Zagabria (200 righe, 1200 parole leggibili, la testimonianza più estesa arrivata ai giorni nostri) alla Tegola di Capua (un calendario di cerimonie funerarie), dalla Tabula Cortonensis (atto giuridico riguardante una compravendita, o forse un’eredità), alle lamine auree di Pyrgi (testo bilingue etrusco/fenicio), dal Cippo di Perugia (arbitrato su possedimenti terrieri), al Fegato di Piacenza (un modellino in bronzo di fegato di ovino utilizzato dagli aruspici per l’arte divinatoria), fino al Piombo di Magliano (una lamina a forma di cuore che riporta indicazioni di preghiere). Ci sono proprio tutti i principali testi in etrusco. Ma qui non si tratta di ripercorrere le straordinarie quanto scarne testimonianze epigrafiche della civiltà etrusca giunte fino a noi, quanto di vederle tutte insieme eccezionalmente. Succede nella mostra “Etruschi maestri di scrittura. Cultura e società nell’Italia antica” aperta al Maec di Cortona (Arezzo) dal 19 marzo al 21 luglio 2016. L’ospite di riguardo più atteso, una delle testimonianze più importanti dell’epigrafia etrusca, la Mummia di Zagabria, il testo etrusco finora conosciuto più lungo al mondo, è già arrivato in questi giorni al museo dell’Accademia etrusca e della Città di Cortona. Per la Mummia è la prima volta in Italia: ad accoglierla il sindaco Francesca Basanieri con Laurent Haumesser, curatore del museo del Louvre, e alcuni funzionari della soprintendenza Archeologia della Toscana e del Museo di Zagabria. L’esposizione “Etruschi maestri di scrittura”, spiegano i curatori, intende dimostrare, con il nuovo catalogo, i progressi negli studi nella sintassi e nella grammatica, attraverso una rilettura e una nuova interpretazione di molti epigrafi e alcune novità assolute. Le iscrizioni (siano esse su oggetti di uso quotidiano, su oggetti di culto, su statue o su atti) saranno classificate in mostra per settori di appartenenza: dalla sfera del rito a quella del sacro, dall’ambito funerario a quello giuridico.

La Tabula Cortonensis, atto giuridico, la terza iscrizione etrusca per lunghezza finora conosciuta

La Tabula Cortonensis, atto giuridico, la terza iscrizione etrusca per lunghezza finora conosciuta

Il manifesto del progetto-mostra "Etruschi maestri di scrittura"

Il manifesto del progetto-mostra “Etruschi maestri di scrittura”

Il Fegato di Piacenza, modellino in bronzo di fegato di ovino usato dagli aruspici

Il Fegato di Piacenza, modellino in bronzo di fegato di ovino usato dagli aruspici

Sono più di trent’anni che non si organizzano mostre internazionali sulla scrittura etrusca. È per questo che, alla luce delle recenti scoperte di epigrafi etrusche vicino a Montpellier e al ritrovamento a Cortona del terzo più lungo testo etrusco esistente, la Tabula cortonensis, il museo del Louvre, il museo Henri Prades di Lattes (dove la mostra è rimasta fino al 29 febbraio) e il Maec di Cortona hanno deciso di progettare questo grande evento archeologico che illustra ai visitatori, come mai prima d’ora era stato fatto, la diversità dei supporti e delle tecniche di scrittura, così come le scoperte degli ultimi anni di studi in materia. Sono 77 testimonianze epigrafiche, provenienti da 18 musei italiani ed esteri (tra cui Louvre, Villa Giulia e Museo di Zagabria), lasciate in eredità su anfore di bucchero, tegole di terracotta, lamine d’oro, specchi bronzei, cippi in pietra, e perfino sull’unico libro di lino pervenuto dall’antichità, utilizzato per avvolgere una mummia e contenente un calendario rituale che potrebbe — stando a recenti scoperte ermeneutiche — avere elementi cerimoniali comuni alla liturgia cristiana. Tutte queste testimonianze hanno contribuito a districare il mistero che avvolge le parole degli Etruschi che restano per certi versi ancora misteriose. Sono infatti irrisolti i significati specifici di molte parole, in particolare quelle che non presentano parentele con le lingue antiche più note. La difficoltà di comprensione della scrittura etrusca dipende infatti essenzialmente dalla scarsità di testi lunghi e dalla ripetitività dei testi brevi in nostro possesso, spesso di natura funeraria, giuridica o commerciale. “Cortona”, sottolinea la vicepresidente e assessore alla Cultura della Regione Toscana, Monica Barni, “è il polo attrattore regionale della rete toscana di un centinaio di musei archeologici nell’ambito del programma di valorizzazione del patrimonio storico-artistico che vogliamo completare nei prossimi anni. Sono convinta che le lingue rappresentino un legame di comprensione e sentimento tra i popoli fuori dai canoni; distrutto nel racconto della Torre di Babele, quel legame si potrà riallacciare a partire dalla rinascita della comprensione reciproca anche attraverso il confronto linguistico e la conoscenza delle radici”.

Le lamine auree di Pyrgi con un testo bilingue: etrusco e fenicio

Le lamine auree di Pyrgi con un testo bilingue: etrusco e fenicio

Un'anfora con un'iscrizione in etrusco

Un’anfora con un’iscrizione in etrusco

Un'iscrizione etrusca in mostra a Cortona

Un’iscrizione etrusca in mostra a Cortona

“Da sempre”, spiegano gli organizzatori, “un alone di mistero — creato spesso intenzionalmente — avvolge il mondo degli Etruschi, che vissero in Italia 2700 anni fa, prima di venire assorbiti dai Romani, a seguito di una profonda contaminazione sociale, culturale e religiosa. In realtà, dei cosiddetti Rasenna sappiamo molto: da dove provenivano (dalla Lidia, nel rispetto della versione tramandata da Erodoto), cosa mangiavano, cosa commerciavano, quali divinità veneravano. Sappiamo che erano tanto raffinati nelle manifatture e nelle arti figurative quanto feroci nelle imprese per mare (e pare ovvio, visti i coinquilini europei del I Millennio avanti Cristo). Inoltre, siamo a conoscenza del fatto che scrivevano: utilizzavano un alfabeto di derivazione greca e una struttura sintattica elementare simile al latino, e ci hanno consegnato qualche migliaio di vocaboli (soprattutto toponimi, antroponimi e appellativi) dei quali troviamo corrispondenza nella lingua dell’antica Roma, come fa notare il noto linguista sardo Massimo Pittau”. “Con l’arrivo della scrittura in Etruria”, interviene l’etruscologo Giovannagelo Camporeale, “siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione antropologica e la mostra vuole esaltare questa eccezionalità. Ancora conosciamo poco la lingua etrusca, perciò i pannelli illustrativi sono di carattere generale e si limitano a fornire un inquadramento storico- culturale dei testi”. Ma per Massimo Pittau, che da 35 anni studia i testi etruschi e che recentemente ha avanzato due proposte di traduzione per il complicatissimo Liber Linteus e per il Piombo di Magliano, “la lingua etrusca non è un mistero. Possediamo un patrimonio lessicale di oltre 200mila voci latine e greche, ed è un’assurdità pensare che un popolo che è stato in contatto con i greci e i latini, non abbia condiviso questo rapporto di reciproca influenza linguistica”. Grande attenzione è stata riservata all’allestimento della mostra nelle sale di Palazzo Casali, un’esposizione che vuole trasformare il segno della scrittura etrusca in una forma d’arte, al limite del design, con una grafica innovativa e coinvolgente. Di qui a luglio saranno numerose le iniziative culturali previste: conferenze, convegni, mostre di arte contemporanea. “Etruschi maestri di scrittura” rappresenta un appuntamento imperdibile per chi ama gli etruschi nonché una delle più importanti mostre archeologiche in Italia nel 2016. Il catalogo della mostra è di Silvana Editoriale e rappresenta un approfondimento fondamentale per una comprensione della lingua etrusca.