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Torino. Al museo Egizio la conferenza “Archeologia invisibile del crimine” a cura del Gabinetto interregionale di Polizia Scientifica e del museo Egizio con i curatori Susanne Töpfer ed Enrico Ferraris: l’obiettivo dell’incontro è quello di esplorare il legame tra archeologia e indagine nell’ambito di una ricostruzione giudiziaria

Nell’ambito del Torino Crime Festival, il festival italiano dedicato alla criminologia e allo storytelling sui fenomeni criminali giunto alla decima edizione, appuntamento venerdì 17 ottobre 2025, alle 18, nella sala conferenze del museo Egizio di Torino, con accesso da via Maria Vittoria 3m, per la conferenza “Archeologia invisibile del crimine” a cura del Gabinetto interregionale di Polizia Scientifica e del museo Egizio con i curatori Susanne Töpfer ed Enrico Ferraris, per un approfondimento sulle più aggiornate tecniche di analisi forensi di tipo tecnico scientifico, con un affondo su alcuni delitti dell’antico Egitto. L’obiettivo dell’incontro è quello di esplorare il legame tra archeologia e indagine nell’ambito di una ricostruzione giudiziaria. Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti. Iscrizioni su Eventbrite: https://www.eventbrite.com/…/archeologia-invisibile-del….

Ogni oggetto custodisce informazioni che trascendono la percezione immediata dei nostri sensi. Aspetto, dimensione, forma, colore e le tracce superficiali lasciate dall’uomo, dalla natura o dal tempo costituiscono dati iniziali, ma non esaustivi, sulla storia e sul ciclo di vita del reperto. L’applicazione di metodologie scientifiche avanzate consente oggi di interrogare gli oggetti in maniera molto approfondita. Tecniche chimiche, fisiche e radiologiche permettono di analizzare materiali, metodi di produzione, alterazioni e conservazione, restituendo informazioni altrimenti inaccessibili. In ambito forense, questa prospettiva rende possibile ricostruire eventi, identificare modalità operative e attribuire responsabilità, trasformando reperti apparentemente ordinari in fonti documentali cruciali per svolgere le indagini. La collaborazione tra istituzioni scientifiche e investigative, supportata da strumenti digitali e di imaging avanzato, crea un network di competenze che valorizza la capacità degli oggetti di raccontare storie invisibili. Una sorta di “archeologia invisibile” che trova applicazione anche nello studio dei fenomeni criminali, evidenziando come la scienza possa portare alla luce ciò che era nascosto. Al termine della conferenza, sarà possibile visitare liberamente l’allestimento permanente “Materia. Forma del Tempo”.

Torino. Al museo Egizio la conversazione “Lo specchio delle stelle” con Enrico Ferraris (museo Egizio) e Marco Brusa (Planetario di Torino)

Il museo Egizio e il Planetario di Torino promuovono domenica 13 luglio 2025, alle 19, al museo Egizio il talk “Lo specchio delle stelle”, una conversazione tra Enrico Ferraris (museo Egizio) e Marco Brusa (Planetario di Torino). L’evento si tiene nella sala conferenze del Museo (accesso da via Maria Vittoria 3M). Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria su Eventbrite al link https://www.eventbrite.it/…/lo-specchio-delle-stelle…. In Egitto, le costellazioni erano intrecciate al ciclo del Nilo, alla scansione del tempo agricolo e a quello ultraterreno. Il cielo accoglieva immagini che esprimono una visione del cosmo come ciclo ordinato e sacro e una connessione profonda tra cielo e terra, tra natura e potere. In altre culture, lo stesso cielo prende forme diverse. Per i Greci, le costellazioni raccontavano storie di eroi, metamorfosi e punizioni divine. Nell’astronomia islamica, il cielo divenne spazio geometrico e matematico, dove l’osservazione si univa alla speculazione filosofica. In Cina, le costellazioni riflettevano l’amministrazione imperiale, suddividendo il firmamento in aree che corrispondevano a ministeri celesti, in un ordine che rispecchiava quello terrestre. Il firmamento è un paesaggio culturale: uno spazio fisico osservato, ma anche interpretato dalle diverse culture in diverso modo. Persino oggi, nell’epoca dei satelliti e dei telescopi spaziali, continuiamo a cercare nel cielo qualcosa che ci appartenga: origini, destino, ordine.

Torino. Al museo Egizio riallestite le sale di Iti e Neferu e di Ahmose: frutto di un lavoro di ricerca e rilettura delle fonti d’archivio, di scoperte inattese nei depositi, le sale raccontano l’archeologia di inizio Novecento di Schiaparelli e Rosa

Il nuovo allestimento delle sale di Iti e Neferu e di Ahmose al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Studiare il patrimonio di reperti dell’antico Egitto e approfondire la vita degli archeologi che hanno contribuito a far emergere i tesori di questa antica civiltà riserva ancora sorprese e nuove scoperte. È il caso della sala di Iti e Neferu e della saletta dedicata alla Principessa Ahmose del museo Egizio di Torino, oggetto entrambe di un riallestimento che dall’8 luglio 2025 sono riaperte al pubblico, grazie al lavoro di studio e ricerca dei curatori del Museo: Beppe Moiso, Enrico Ferraris e Cinzia Soddu e alla progettazione espositiva di Enrico Barbero e Piera Luisolo.

I calzari in cuoio della Principessa Ahmose, risalenti alla XVIII dinastia, esposti al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Due le novità assolute dei riallestimenti: il ritrovamento di una pittura appartenente al ciclo decorativo della tomba di Iti e Neferu, nei depositi del museo di Antropologia ed Etnografia dell’università di Torino, durante un riscontro inventariale, e i calzari in cuoio della Principessa Ahmose, risalenti alla XVIII dinastia, per la prima volta esposti al pubblico, dopo un delicato lavoro di restauro. “Stiamo aggiornando gli allestimenti permanenti per integrare i risultati più recenti della ricerca sulla collezione e per migliorare l’accessibilità dei contenuti”, spiega il direttore del museo Egizio, Christian Greco. “Particolare attenzione è rivolta all’esposizione dei resti umani. Ricostruire i corredi funerari non è solo un’operazione scientifica, ma anche un gesto di rispetto: significa trattare questi reperti come testimonianze di vite vissute, tenendo conto delle implicazioni etiche e culturali che comportano”.

La tomba di Iti e Neferu a Gebelein in una foto storica conservata nell’Archivio fotografico del museo Egizio di Torino

Il curatore Beppe Moiso nelle sale dedicate alla tomba di Iti e Neferu al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

La sala dedicata alla ricostruzione della tomba di Iti e Neferu al museo Egizio, è stata rivista architettonicamente, sulla base di una serie di studi condotti sulla struttura della tomba, sui suoi 14 pilastri, attraverso il parallelo con altre tombe coeve, sulla base di fotografie scattate dallo stesso Schiaparelli. Delle 36 pitture originariamente staccate dalla tomba e arrivate a Torino nel 1924, dopo un lungo restauro a Firenze, operato da Fabrizio Lucarini, ne furono esposte in museo 29. Una delle 7 mancanti è riemersa recentemente dai depositi del museo di Antropologia ed Etnografia di Torino e attualmente è ancora oggetto di un delicato lavoro di restauro; mentre le altre, andate perdute, ci sono note solo attraverso fotografie di archivio. L’intero corpus delle pitture è tuttavia visibile nell’archivio storico fotografico online dell’Egizio, che contiene circa 2mila immagini digitalizzate, che documentano l’intera attività archeologica condotta dal Museo in Egitto, tra il 1903 e il 1937.

Dettagli degli affreschi dalla tomba di Iti e Neferu di Gebelein conservati al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Il nuovo allestimento della tomba di Iti e Neferu non è soltanto un aggiornamento espositivo, ma anche un modo per restituire al pubblico una pagina fondamentale della storia del Museo e dell’archeologia italiana, legata alla campagna di scavo del 1911 a Gebelein, condotta da Virginio Rosa, giovane chimico e botanico, in procinto di diventare egittologo, scomparso prematuramente a soli 26 anni. Quella di Gebelein fu l’unica, delle dodici missioni promosse da Ernesto Schiaparelli, a disporre di una documentazione ampia e dettagliata. La figura di Virginio Rosa emerge come centrale non solo per l’importanza della scoperta, ma anche per le notevoli capacità fotografiche in ambito archeologico: il suo patrigno, Secondo Pia, fu il primo a documentare fotograficamente la Sindone e lo stesso Rosa fu il primo a impiegare lastre fotografiche a colori in una missione archeologica di Schiaparelli, testimoniando con straordinaria modernità le fasi dello scavo.

Il giovane archeologo Virginio Rosa da Varallo Sesia (Vercelli) (foto museo Egizio)

La figura di Virginio Rosa e le sue scoperte saranno presto oggetto di un volume della collana “Studi del Museo Egizio” (Franco Cosimo Panini Editore), intitolato “1911: l’Egitto di Virginio Rosa” e scritto da Beppe Moiso. Il libro restituirà, attraverso la documentazione archivistica e il giornale di scavo, compilato da Rosa, i disegni, gli scambi epistolari con Schiaparelli, uno spaccato sulle varie attività collegate alla ricerca archeologica e sulle istruzioni lasciate da Schiaparelli per condurre correttamente uno scavo.

Il nuovo allestimento della tomba di Ahmose al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

La saletta dedicata alla Principessa Ahmose, al primo piano del Museo, accanto a quella di Nefertari, è stata riallestita secondo una logica narrativa coerente, che mette al centro il ruolo dell’archeologo e l’importanza della documentazione d’archivio e delle scienze della conservazione. Accogliendo la frammentarietà dei reperti come un’opportunità narrativa, il museo ha trasformato la parzialità dei materiali in occasione di approfondimento e riflessione sul lavoro dell’archeologo. Il nucleo narrativo si concentra sui reperti recuperati dai depositi: i calzari in cuoio della principessa, restaurati con grande perizia da Francesca Gaia Maiocchi e Giulia Pallottini, restauratrici del Museo, un frammento di tessuto su cui poggiavano i monili della principessa. L’interpretazione di oggetti frammentari è affidata ai disegni ricostruttivi del curatore Paolo Marini, che rendono leggibili reperti altrimenti difficili da comprendere e illustrano al pubblico il processo di ricostruzione e lettura archeologica.

Il nuovo allestimento della tomba di Ahmose con la mummia della principessa al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Il tema dell’esposizione delle mummie e, più in generale, dei resti umani è da tempo oggetto di un’attenta riflessione da parte del Museo, che negli ultimi dieci anni ha affrontato questa questione con particolare sensibilità, consapevole della complessità delle implicazioni etiche e della varietà di percezioni culturali dei visitatori, provenienti da contesti e tradizioni molto differenti tra loro. Proprio per rispondere a queste sfide, è stato istituito all’interno del Museo un Comitato etico, con l’obiettivo di guidare e accompagnare le scelte espositive, nel rispetto della dignità dei reperti umani e delle diverse sensibilità contemporanee.

La mummia di Ahmose in un guscio di basalto nel nuovo allestimento al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Nel caso del riallestimento dei resti di Ahmose, il Museo ha scelto una soluzione innovativa e rispettosa: è stato realizzato un guscio protettivo in fibra di basalto, modellato con precisione sulle forme irregolari del reperto. La presenza di microfori distribuiti su tutta la superficie consente un’efficace e invisibile ventilazione del volto, garantendo al contempo la conservazione ottimale e una presentazione rispettosa del reperto. L’impegno del Museo in questo ambito continua a orientarsi verso un dialogo aperto e consapevole con il pubblico, nel segno della responsabilità scientifica, dell’inclusività culturale e del rispetto della persona anche oltre la morte.

Una fase dell’allestimento della saletta di Ahmose al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Le pareti delle vetrine dedicate ad Ahmose, a Nebiry e alla tomba denominata Queens’ Valley 39 riportano l’indicazione delle tombe di provenienza, inserite in una mappa della Valle delle Regine, che restituisce unità e contesto agli scavi condotti da Schiaparelli in quella zona. Il racconto si articola attraverso nuovi testi, apparati grafici, e ricostruzioni visive che aiutano a comprendere le caratteristiche di queste sepolture, meno monumentali rispetto a quella di Nefertari, ma comunque appartenenti a personaggi di alto rango. Nel basamento della principessa Ahmose è visibile l’infografica riguardante il telo funerario. Il lenzuolo funebre che avvolgeva il corpo di Ahmose, ritrovato in frammenti, è anche uno dei primi esempi di Libro dei Morti e risale alla fine della XVII dinastia (circa 1540 a.C.). Grazie alla ricostruzione del testo, si stima che in origine fosse lungo 4 metri e largo oltre un metro.

Il posizionamento dei vasi canopi nel nuovo allestimento della sala della tomba di Ahmose e Nebiry al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

I reperti della tomba di Nebiry tra cui i suoi vasi canopi e ceramiche di imitazione cipriota, restituiscono l’immagine di un alto funzionario a contatto con circuiti internazionali e inserito in una rete di scambi che rifletteva lo status e le relazioni esterne dell’Egitto del Nuovo Regno. L’intento è stato quello di costruire un racconto coerente e accessibile, che unisce la documentazione archeologica, il restauro e la riflessione museografica. Grazie a questo intervento, le sale dedicate a Nefertari e Ahmose risultano oggi più armoniche e coerenti, non solo dal punto di vista visivo, ma anche narrativo. La frammentarietà di alcuni oggetti è trasformata in un’opportunità di racconto minuzioso, offrendo al pubblico uno sguardo ravvicinato e consapevole sul lavoro dell’archeologo, sull’importanza della conservazione e sulla capacità del museo di rinnovarsi attraverso la ricerca.

Torino. Al museo Egizio “Archivi come generatori di senso: Aida tra memoria e futuro digitale”, riflessione sul ruolo degli archivi nel panorama culturale contemporaneo, a partire dalla mostra “Aida: figlia di due mondi”. E al Teatro Regio “Aida inedita”

torino_egizio_incontro-archivio-come-generatori-di-senso_aida-tra-memoria-e-futuro-digitale_locandinaUltimo appuntamento dell’agenda culturale 2024 del museo Egizio di Torino. Il 19 dicembre 2024, dalle 10 alle 13, in sala conferenze, il museo Egizio propone “Archivi come generatori di senso: Aida tra memoria e futuro digitale”, una riflessione sul ruolo degli archivi nel panorama culturale contemporaneo, a partire dalla mostra “Aida: figlia di due mondi” (museo Egizio, 17 marzo – 5 giugno 2022: vedi Torino. Apre al museo Egizio la mostra “AIDA, figlia di due mondi” per i 150 anni dell’opera verdiana. Giovedì 17, apertura straordinaria e gratuita dalle 19 alle 22, con prenotazione obbligatoria | archeologiavocidalpassato), che oggi diventa un ricco archivio digitale entro cui confluiscono una grande varietà di attività e iniziative svolte in occasione dell’esposizione. Ingresso libero, prenotazione obbligatoria. Lo streaming della conferenza sarà disponibile su YouTube a partire dal 20 dicembre 2024 nel canale YouTube del museo Egizio. E sempre il 19 dicembre 2024, alle 18, al Teatro Regio si terrà “Aida inedita”, in cui vengono fatti ascoltati, per la prima volta, brani inediti dell’Aida di Giuseppe Verdi. Iscrizioni e prenotazioni: https://www.teatroregio.torino.it/conferenze…/aida-inedita.

Sarà analizzato il dialogo tra memoria storica e innovazione, raccontando gli esiti di una profonda collaborazione tra archivi pubblici e privati, e musei grazie alle potenzialità del digitale. Saranno approfondite le potenzialità offerte dalla digitalizzazione, dai podcast ai micro-documentari, e le modalità con cui l’opera lirica può raggiungere il grande pubblico attraverso canali inediti. Previsti interventi di studiosi e ricercatori provenienti da varie istituzioni, tra cui l’archivio storico Ricordi e l’istituto nazionale di Studi Verdiani, oltre al museo Egizio stesso.

PROGRAMMA. Alle 10, introduzione con Enrico Ferraris, curatore del museo Egizio; 10.10, Antonio Tarasco, direttore generale degli Archivi, ministero della Cultura, “La gestione degli archivi culturali e la loro valorizzazione”; 10.25, Fabrizio Della Seta, professore emerito, università di Pavia-Cremona, “La musica e i suoi archivi: prospettive storico-critiche”; 10.40, Alessandro Roccatagliati, direttore del comitato scientifico dell’istituto nazionale di Studi Verdiani, “L’Istituto Nazionale di Studi Verdiani e la sua missione scientifica”; 10.55, Marco Spada, musicologo, già direttore artistico “Ente concerti De Carolis”, teatro di Tradizione, Sassari, “Mariette, regista di Aida”; 11.10, sessione Q&A; 11.25, coffee break; 11.40, Angela Ida De Benedictis, musicologa e curatrice, Paul Sacher Stiftung, “Archivi musicali: esperienze internazionali di conservazione e ricerca”; 11.55, Pierluigi Ledda, direttore dell’archivio storico Ricordi, “L’Archivio come opera collettiva: nuove prospettive digitali per la restituzione del patrimonio”; 12.10, Enrico Ferraris, curatore del museo Egizio, “Il contributo del Museo Egizio alla valorizzazione del patrimonio culturale”; 12.25, sessione Q&A.

Torino. Il direttore Christian Greco ci introduce a “Materia. Forma del tempo”, il nuovo allestimento permanente che indaga la materia nell’antico Egitto, tra legni, pigmenti, vasi in ceramica e oggetti in pietra, dall’Epoca Predinastica (ca. 4000-3100 a.C.) a quella Bizantina (565-642 d.C.)

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“Materia. Forma del tempo” al museo Egizio di Torino: dettaglio della sala dedicata ai reperti lapidei (foto museo egizio)

Curatori e tecnici del museo Egizio di Torino, nel timelapse (vedi https://www.facebook.com/reel/1344674223163818), si muovono quasi in una danza sfrenata mentre nelle pareti vengono collocati decine, centinaia di vasi: cinquemila per la precisione. Un “coup de théâtre”, come dice il direttore Christian Greco, del nuovo allestimento permanente “Materia. Forma del tempo”, aperto al pubblico dal 5 ottobre 2024 (vedi Torino. Al museo Egizio apre una nuova ala, “Materia. Forma del tempo”: più di 6mila reperti tra legno, terracotta e pietra permettono di approfondire le conoscenze sui manufatti egizi, sull’uso dei materiali e le tecniche artigianali nell’antico Egitto | archeologiavocidalpassatotorino_egizio_materia-forma-del-tempo_apertura-nuova-ala_locandina), che indaga la materia nell’antico Egitto, tra legni, pigmenti, vasi in ceramica e oggetti in pietra, dall’Epoca Predinastica (ca. 4000-3100 a.C.) a quella Bizantina (565-642 d.C.). Settecento metri quadrati, distribuiti su due piani, custodiscono circa 6mila reperti provenienti dai depositi del Museo. Grazie alla curatela scientifica di 9 egittologi del Museo – Johannes Auenmüller, Divina Centore, Federica Facchetti, Enrico Ferraris, Alessandro Girardi, Eleonora Mander, Tommaso Montonati, Cinzia Soddu, Federica Ugliano – e ai progetti di allestimento e grafico di Enrico Barbero e Piera Luisolo, “Materia. Forma del tempo” si propone di raccontare l’antica civiltà nilotica da una prospettiva inedita.

È il direttore Christian Greco a introdurre i lettori di archeologiavocidalpassato.com nel nuovo allestimento permanente “Materia. Forma del tempo”.

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“Materia. Forma del tempo” al museo Egizio di Torino: la vetrina dedicata al ginepro nella xiloteca (foto museo egizio)

“Con Materia Forma del Tempo il museo Egizio compie davvero un passo avanti. La ricerca al centro, la ricerca condotta negli ultimi 10 anni che adesso viene condivisa con il pubblico. Avevamo già fatto un esperimento con Archeologia Invisibile e adesso rendiamo permanente una sala dove il visitatore troverà in primis una xiloteca e imparerà a conoscere quali tipi di legno venissero usati nell’Antico Egitto; quali pigmenti ci fossero. E poi, una volta acquisite queste informazioni, vedrà come i legni venissero lavorati, come venissero fatti gli intarsi. Abbiamo l’ausilio di papiri che ci fanno vedere come si lavorava il legno. Abbiamo riprodotto e acquisito ritrovati da Walter Bryan Emery nel 1949 e che erano utilizzati per la produzione del legno.

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“Materia. Forma del tempo” al museo Egizio di Torino: dettaglio della sala dedicata ai vasi (foto museo egizio)

“E poi – continua Greco – c’è un colpo di teatro, la nostra vasoteca: quasi 5mila reperti, tutti i vasi del museo Egizio che non erano mai stati resi visibili e che adesso sono in una doppia vetrina, come fosse una biblioteca che ci fa ci fa vedere, partendo da Assuan passando per Deir el Medina arrivando a Gebelein ad Assiut ad Hammamiya. Tutti i vasi che furono ritrovati durante la Missione archeologica italiana in Egitto. Davvero un’enciclopedia archeologica, il sequence dating di William Matthew Flinders Petrie che si materializza.

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“Materia. Forma del tempo” al museo Egizio di Torino: dettaglio della sala dedicata ai reperti lapidei con il soffitto dalla tomba di Wahka da Qaw el Kebir (foto museo egizio)

“E poi c’è tutto un secondo piano invece dedicato al lapideo, dove si vedranno i frammenti che provengono da Qaw el Kebir e che decoravano la tomba di Ibu, le tombe di Wahka. E anche qui giochiamo, come facciamo in tutta l’esposizione, tra materiale e immateriale, quindi – conclude Greco – il frammento, il suo studio e come esso possa poi essere reintegrato grazie all’uso dell’immateriale ovvero delle nuove tecnologie che partendo dal frammento cercano di ricostruire il contesto”.

Tre sono le sezioni dell’allestimento permanente, che si snoda dal piano terreno a quello ipogeo. La prima sarà dedicata ai legni e ai pigmenti, la seconda alla ceramica e la terza alla pietra.

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“Materia. Forma del tempo” al museo Egizio di Torino: panoramica della sala dedicata ai reperti lignei (foto museo egizio)

Nella prima sala, dedicata ai legni e ai pigmenti, campeggiano due grandi librerie che raccolgono ciascuna 40 varietà diverse di questi materiali. È qui che si concentra la narrazione relativa alla scelta da parte degli antichi artigiani delle specie lignee più adatte alla realizzazione degli oggetti di uso quotidiano.

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“Materia. Forma del tempo” al museo Egizio di Torino: paletta dei colori degli antichi Egizi nella sala dedicata ai reperti lapidei (foto museo egizio)

Attraverso un percorso narrativo in cui dialogano reperti, grafiche e video viene illustrata la palette di colori degli antichi Egizi formata dai pigmenti di origine minerale e organica, la mappatura delle tecniche di miscelatura dei colori per ottenere sfumature differenti e le successive fasi della pittura. Legni e pigmenti trovano poi naturale sintesi nell’esposizione di un sarcofago caratterizzato da una complessa vicenda costruttiva narrata attraverso proiezioni e videomapping.

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“Materia. Forma del tempo” al museo Egizio di Torino: panoramica della sala dedicata ai vasi (foto museo egizio)

La seconda sala è dedicata all’esposizione di quasi 5000 vasi, organizzati come in una biblioteca all’interno di grandi vetrine disposte su due piani ed estese fino al soffitto. L’allestimento è l’esito di un approccio che supera i paradigmi tradizionali nello studio della ceramica in ambito archeologico e che si focalizza sulla produzione, sulla funzione dell’oggetto e sul contesto di provenienza.

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“Materia. Forma del tempo” al museo Egizio di Torino: panoramica della sala dedicata ai reperti lapidei (foto museo egizio)

Statue, stele, frammenti di soffitti e vasi in pietra sono i protagonisti dell’ultima sala dedicata ai reperti lapidei. Si valorizza qui la grande competenza tecnica degli antichi Egizi messa in campo per la lavorazione di pietre differenti. Si esplorano i processi artigianali e gli strumenti che portano dal materiale grezzo alla realizzazione di oggetti. “Materia. Forma del tempo” fa emergere la storia produttiva di ogni manufatto antico, compresi i materiali di cui è fatto, le tecniche utilizzate per realizzarlo ed i suoi utilizzi (e riutilizzi) nel tempo, accumulando relazioni con altri oggetti e persone. Gli oggetti che osserviamo e percepiamo come unitari, infatti, rappresentano il punto di arrivo di scelte operate da artigiani nel corso del tempo.

 

Torino. Al museo Egizio apre una nuova ala, “Materia. Forma del tempo”: più di 6mila reperti tra legno, terracotta e pietra permettono di approfondire le conoscenze sui manufatti egizi, sull’uso dei materiali e le tecniche artigianali nell’antico Egitto

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È tutto pronto per “Materia. Forma del tempo”, la nuova ala del museo Egizio di Torino, curata da Enrico Ferraris, dedicata alla materialità dei reperti e alle loro lavorazioni, che sarà aperta al pubblico sabato 5 ottobre 2024. In occasione del bicentenario, il museo Egizio presenta questo nuovo allestimento permanente che combina indagini scientifiche e archeologia sperimentale per approfondire la nostra conoscenza dei manufatti egizi, l’uso dei materiali e le tecniche artigianali nell’antico Egitto, attraverso più di 6mila reperti tra legno, terracotta e pietra.

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Al museo Egizio ultimato l’allestimento della nuova ala “Materia. Forma del tempo” (foto museo egizio)

“Come è stato realizzato quest’oggetto? Quali materiali hanno usato? Perché questa scelta?”. Grazie a tecnologie all’avanguardia, oggi possiamo risalire alle tecniche di produzione e ai materiali originali utilizzati migliaia di anni fa, permettendoci di interpretare in modo più preciso il loro significato e contesto.

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Al museo Egizio ultimato l’allestimento della nuova ala “Materia. Forma del tempo” (foto museo egizio)

Questo percorso espositivo, che si snoda per circa 500 metri quadrati distribuiti tra piano terreno e ipogeo, è frutto di un’approfondita ricerca interdisciplinare. Non solo illustra la storia degli oggetti, ma offre una riflessione sui processi creativi e sulle competenze che ne hanno reso possibile la realizzazione, con l’ausilio di moderne tecnologie digitali.

Torino. Alle Gallerie d’Italia la video-installazione immersiva “Paesaggi/Landscapes”, progetto culturale ideato dal museo Egizio – in partnership con Intesa Sanpaolo – in cui la fotografia e la video-arte incontrano l’archeologia e l’antico Egitto: anticipazione di ciò che i visitatori del museo Egizio potranno sperimentare con “Egitto immersivo” nel 2025

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La sala immersiva delle Gallerie d’Italia di Torino con la video-installazione “Paesaggi/Landscapes” (foto graziano tavan)

torino_egizio-gallerie_video-paesaggi-landscapes_locandinaOtto minuti per una full immersion nel paesaggio dell’Egitto, dalle campagne di oggi all’interpretazione di quello antico. “Paesaggi/Landscapes” è l’installazione immersiva, che dal 13 giugno al 12 settembre 2024 si potrà vedere gratuitamente, al mattino, alle Gallerie d’Italia di Torino, parte del progetto culturale ideato dal museo Egizio in cui la fotografia e la video-arte incontrano l’archeologia e l’antico Egitto. A corollario della video-installazione, e in concomitanza della chiusura del museo Egizio (17 giugno – 12 luglio 2024) per i lavori di copertura del cortile barocco, è in programma un ciclo di dialoghi a ingresso libero che metterà a confronto fotografi, artisti ed egittologi saranno i protagonisti di “Paesaggi/Landscapes”. La dicotomia tra paesaggio reale e paesaggio immaginario nella ricerca archeologica e fotografica è il tema centrale dell’iniziativa, curata dall’egittologo Enrico Ferraris, curatore del museo Egizio di Torino, e che rientra nell’ambito di un accordo triennale tra la Fondazione Museo delle Antichità Egizie e Intesa Sanpaolo su iniziative di sviluppo e diffusione della cultura e dell’arte. Intesa Sanpaolo è infatti main partner del progetto di trasformazione architettonica avviato dal museo Egizio, con il riallestimento e rinnovamento della Galleria dei Re, in occasione del bicentenario della fondazione del Museo.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della sala immersiva (foto OMA Rotterdam)

Il video rappresenta proprio un’anticipazione di ciò che i visitatori del museo Egizio potranno sperimentare con “Egitto immersivo”, nel 2025, quando aprirà al pubblico uno spazio immersivo da mille metri quadrati, grazie alla collaborazione tra il Museo e l’Istituto italiano di Tecnologia. Le chiavi di lettura di “Paesaggi/Landscapes” e del nuovo museo  sono la multidisciplinarietà e l’apertura verso l’esterno dei musei, verso altri enti museali e scientifici, temi che il museo Egizio sta perseguendo con più vigore proprio nel 2024, anno in cui celebra il suo bicentenario e in cui il Museo affronta un ambizioso progetto di trasformazione, sia da un punto di vista architettonico firmato dallo Studio Oma di Rotterdam, con la corte barocca che sarà coperta per diventare il  centro nevralgico del nuovo Museo, e sotto il profilo culturale, con nuove collaborazioni, tra cui quella con le Gallerie d’Italia che non si esaurirà solo con “Paesaggi/Landscapes”.

“A 200 anni dalla fondazione del museo Egizio”, spiega il direttore Christian Greco, “ci siano interrogati su due quesiti fondamentali: cosa manca al museo dopo 200 anni? E la risposta era immediata: manca l’Egitto. E la seconda domanda era: il museo è un luogo di conservazione o di distruzione? Un po’ entrambe, perché i grandi musei europei comprarono delle collezioni che venivano tolte, private del loro luogo di appartenenza. E quindi si uccideva quasi la biografia dell’oggetto. Su questo tema noi stiamo riflettendo con un artista contemporaneo che è Ali Cherri, che è l’artista in residenza del museo Egizio. E allora ci siamo subito interrogati: come facciamo a riportare l’Egitto a Torino? Come facciamo dopo 200 anni a sanare questa divisione che era successa? E la risposta è stata immediata: dobbiamo portare il paesaggio. Allora il paesaggio lo riportiamo in due modi: lo portiamo ricostruendo un giardino. Quindi ricostruendo la flora, portando fisicamente un qualcosa di vivo che è un aspetto innovativo all’interno di un museo. Il museo non è più solo di cose inanimate, ma avremo finalmente un curatore dei giardini, un curatore di questa flora dell’antico Egitto. E poi la ricostruzione digitale del paesaggio, che è un rapporto tra materiale e immateriale, la possibilità di riflettere su cosa sia il paesaggio, il palinsesto in cui l’elemento antropico ha sempre operato, in cui i frammenti di memoria – che sono gli oggetti – da lì derivano, e poi far riflettere come la documentazione si evolva dalla mastaba di Mereruca ai papiri alla Description de l’Égypte alle nuove modalità digitali e quello che possiamo fare anche grazie all’intelligenza generativa e a capire come ci sia una mutazione del paesaggio. E tutto e nella dinamicità delle immagini – conclude Greco – ci fa vedere che non esiste il paesaggio statico, non esiste l’antico Egitto: quella è una costruzione culturale fatta all’interno dei musei, perché l’antico Egitto esiste nella nostra testa. Esiste la costruzione illuministica degli oggetti e noi cerchiamo di riavvicinarli, cerchiamo di cogliere quei momenti, quei frammenti di memoria e questo video insegna soprattutto questo”.

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Christian Greco, Evelina Christillin e Michele Coppola alla presentazione del progetto “Paesaggi/Landscapes” alle Gallerie d’Italia di Torino (foto graziano tavan)

“Questo progetto, che ospita il museo Egizio dentro le Gallerie d’Italia”, commenta Michele Coppola, executive director Arte, Cultura e Beni Storici e direttore generale Gallerie d’Italia, “è evidente testimonianza della forte e vitale amicizia fra due importanti realtà torinesi che, poste a pochi metri l’una dall’altra, traducono la vicinanza in una visione e attività comuni. La nuova iniziativa arricchisce il nostro rapporto di sostegno e collaborazione, fondato sulla condivisione di competenze e contenuti per costruire proposte che, unendo fotografia, tecnologia, mondo digitale e archeologia, coinvolgono un pubblico sempre più ampio ed eterogeno. Siamo lieti di accogliere “Paesaggi” nella sala immersiva del museo di piazza San Carlo, offrendo ai visitatori un modo per continuare ad apprezzare il lavoro e bellezza di una delle istituzioni più prestigiose in Europa e nel mondo, anche durante la sua temporanea chiusura”.

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Da sinistra, Antonio Carloni, vicepresidente Gallerie d’Italia; Michele Coppola, direttore generale Gallerie d’Italia; Evelina Christillin, presidente museo Egizio; Riccardo Antonino di Robin Studio; Christian Greco, direttore museo Egizio; Enrico Ferraris, curatore museo Egizio, alla presentazione del progetto “Paesaggi/Landscapes” alle Gallerie d’Italia di Torino (foto graziano tavan)

“Siamo grati a Gallerie d’Italia Torino, che per la prima volta apre le porte al nostro Museo e all’archeologia”, dichiara Greco. “In questi anni il museo Egizio si è aperto al mondo, ha cambiato la sua offerta espositiva, anche al di fuori dei suoi confini, ha studiato nuove strade e modalità per raccontare non solo la cultura materiale, ma anche la storia nascosta dei reperti e della civiltà dell’antico Egitto, attraverso la ricerca e le nuove tecnologie digitali. Ora ci apprestiamo a vivere una nuova stagione di trasformazione, in occasione dei 200 anni del Museo. Celebrarli non è solo un esercizio di memoria, ma significa anche programmare il futuro con un occhio attento alla ricostruzione del paesaggio, della natura e della cultura, da cui provengono gli oggetti che custodiamo e raccontiamo al pubblico. Alla base di questa evoluzione c’è l’idea di un museo come laboratorio della contemporaneità, attento alla sostenibilità e pronto a creare nuovi legami con discipline ed enti culturali”.

A introdurre e spiegare la genesi e la realizzazione della video-installazione “Paesaggi/Landscapes” è lo stesso curatore Enrico Ferraris: “Qui stiamo sfidando quella che è la rappresentazione tradizionale di un Egitto eterno, immutabile, tanto diverso da noi, lontano nel tempo e nello spazio, che tuttavia – dobbiamo ammetterlo – è un’eredità del nostro passato coloniale, dell’800, quando nasceva il museo Egizio, si formava un’idea di mondo moderno di cui l’Europa era al centro e tutto il resto era periferia. Quando era importante definire, polarizzare, un noi e un loro, un centro e una periferia, un ordine e un caos. Quella è un po’ un’eredità che poi è rimasta proiettata fondamentalmente nell’immaginario comune che è stato anche sfruttato nell’ambito di una certa industria culturale di cui in fondo hanno poi beneficiato tutti quanti. Adesso il museo compie 200 anni. È nato esattamente in quel momento in cui nasceva questo modo di raccontare l’Egitto. Adesso sente l’esigenza – proprio perché grazie alla direzione di Greco è ormai veramente un centro di ricerca – sente la necessità di non solo di portare quello che oggi è la ricerca in sala, ma soprattutto di portarlo al pubblico e di trovare una modalità per raccontare cose che sono altrimenti sentite come accademiche e farle diventare invece un’occasione di dialogo con il pubblico. Questo argomento è proprio quello dei paesaggi. Fondamentalmente ogni civiltà si delinea grazie a un sistema di interazioni con un territorio di partenza, un territorio che ha un clima, risorse, minerali; che ha ovviamente altre popolazioni che sono lì intorno, e tutti questi fattori contribuiscono a generare una fisionomia di una cultura. Questo succede davvero per tutte le civiltà, è così anche per l’Egitto. Ora dobbiamo pensare che tutti questi fattori che contemplano poi la lingua, il modo di definire persino i colori, tutti gli aspetti sensoriali che un essere umano può cogliere in un ambiente in cui si trova genera cultura e crea una cultura.

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Frame della video-installazione “Paesaggi/Landscapes” alle Gallerie d’Italia a Torino (foto museo egizio)

“Ora noi che siamo di fronte a queste culture e di cui depositiamo di cui curiamo la tradizione culturale, ebbene abbiamo un limite – continua Ferraris -: siamo tanto lontani nel tempo da quelle civiltà. E più andiamo indietro nel tempo e meno è facile riuscire ad avere una visione integra. Dunque dobbiamo procedere a delle interpretazioni. Dobbiamo setacciare tutti questi “livelli”, tutti questi elementi che creano appunto culture e in generale possiamo definire paesaggi. Perciò ci sono paesaggi sonori, ci sono paesaggi linguistici, paesaggi naturalistici, eccetera. Se a questo aggiungete che nel tempo questi paesaggi cambiano, cambiano le lingue, cambiano i territori, e noi però siamo con i contemporanei che ci troviamo a dover lavorare. Dunque è attraverso questa indagine su tutti questi livelli che nel tempo dobbiamo setacciare, ripercorrere e a un certo punto dobbiamo interpretare. E questo tema dell’interpretazione è il cuore centrale dell’affermazione, del desiderio che il museo Egizio ha di condividere con i propri visitatori, proprio perché la ricerca in fondo non è un procedere per assoluti, è un procedere per domande, per ipotesi, per continue riscritture.

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Frame della video-installazione “Paesaggi/Landscapes” alle Gallerie d’Italia a Torino (foto museo egizio)

“Esattamente questo è quello che proviamo a raccontare in questo video. Passiamo dalle immagini in 8K con droni, retiniche, soundscape preso in presa diretta, in quello che è oggi la campagna egizia e man mano iniziamo a spostarci indietro nel tempo, e vedrete a un certo punto che alle immagini che rappresentano il paesaggio naturale inizia a entrare in gioco il tempo attraverso l’ingresso delle luci che iniziano a muoversi in timelapse. Poi passiamo allora a un secondo livello, perché stiamo andando indietro nel tempo. Lì entra in gioco la riflessione egittologica, ovverosia la ricerca. E vedremo perciò immagini dell’antico Egitto, che vengono analizzate e scandite attraverso immagini che vengono dalle tavole della Description de l’Égypte che ovviamente. figlia dell’Illuminismo, è stato uno dei primi modi di classificare una civiltà, e i modi più recenti che abbiamo di studiare i reperti come flora e fauna. Infine – conclude Ferraris – l’interpretazione: attraverso algoritmi di intelligenza artificiale che creeranno degli effetti morphing vedrete in questo caso quel processo di interpretazione, che significa forme di idee che si formano e si deformano e si riformano in continuazione come se fossimo veramente nella testa di un ricercatore o mi piace pensare del museo Egizio stesso che si presenta appunto a tutti voi”.

Il video – che qui vediamo nella presentazione ufficiale nella sala immersiva delle Gallerie d’Italia di Torino – si muove dalla rappresentazione oggettiva della campagna egiziana oggi, per virare verso il passato. Riprese con droni e tecnologie moderne, realizzate in Egitto da Robin Studio, in collaborazione col Museo Egizio, sotto la curatela di 8 egittologi, propongono una traduzione visiva delle ricerche e delle riflessioni multidisciplinari degli archeologi sui reperti, sulle loro connessioni spazio-temporali e sul paesaggio, in una sorta di percorso a ritroso dall’Egitto moderno fino alle schegge di memoria, ai frammenti di reperti archeologici e alle loro interpretazioni. Il filtro digitale ricostruisce e rimodella lo sguardo, rappresenta in maniera simbolica il passato. Il suono della natura sconfina nella musica, in un crescendo che porta il visitatore quasi ad immagini allucinatorie, metafora del dubbio e della pluralità di discipline che oggi sovraintendono alla ricerca archeologica.

Nell’anno del bicentenario della sua fondazione (1824-2024), il museo Egizio di Torino approda per la prima volta al cinema con “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio”, nelle sale italiane solo per due giorni, il 12 e 13 marzo, con la partecipazione straordinaria del Premio Oscar Jeremy Irons, che guida il pubblico in un viaggio alla scoperta dei tesori di una delle civiltà più affascinanti della storia antica

torino_egizio_film-uomini-e-dei-le-meraviglie-del-museo-egizio_locandinaNell’anno del bicentenario della sua fondazione, il museo Egizio di Torino approda per la prima volta al cinema con “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio”, il film evento che è stato presentato in anteprima alla 41esima edizione del Torino Film Festival e che arriverà nelle sale italiane solo per due giorni, il 12 e 13 marzo 2024 (elenco cinema su nexodigital.it). Prodotto da 3D Produzioni, Nexo Digital e Sky in collaborazione con il museo Egizio e diretto da Michele Mally, che firma il soggetto con Matteo Moneta, autore della sceneggiatura.

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Il premio Oscar Jeremy Irons durante sul set del film “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio” di Michele Mally (foto di Francesco Prandoni)

Il film vede la partecipazione straordinaria del Premio Oscar Jeremy Irons, che guida il pubblico in un viaggio alla scoperta dei tesori di una delle civiltà più affascinanti della storia antica. Completa il viaggio visivo la colonna sonora originale, composta ed orchestrata dal pianista e compositore Remo Anzovino ed eseguita dall’autore con l’Orchestra Sinfonica Accademia Naonis diretta da Valter Sivilotti, in uscita su etichetta Nexo Digital e distribuzione Believe nel 2024. Spiega Remo Anzovino: “La sfida era scrivere una colonna sonora che parlasse di una cultura di cui non conosciamo la musica. Comporre per “Uomini e Dei. Le Meraviglie del Museo Egizio” è stato davvero un viaggio spirituale alla scoperta del profondo significato che la morte aveva nell’Antico Egitto, ossia l’inizio di una nuova vita. In piena sintonia con il regista Michele Mally, l’uso della tecnica del corale a 4 parti bachiano – applicato sia alle sezioni della orchestra sia al pianoforte solo -, di movimenti fugati e di passaggi atonali, mi ha permesso di orientare il suono, per contrasto stilistico, verso il mistero che le immagini e il racconto sullo schermo suggeriscono. Ringrazio il maestro Valter Sivilotti e l’Orchestra Sinfonica Accademia Naonis per avere splendidamente diretto e interpretato la mia musica”. La Grande Arte al Cinema è un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital. Per il 2024 la Grande Arte al Cinema è distribuita in esclusiva per l’Italia da Nexo Digital con i media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it e in collaborazione con Abbonamento Musei.

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Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

Reperti, studi scientifici e il dietro le quinte del Museo sono narrati in maniera corale non solo dalla presidente del museo, Evelina Christillin, e dal direttore Christian Greco, ma anche da alcuni dei curatori del museo come Cédric Gobeil, Beppe Moiso, Susanne Töpfer, Paolo Del Vesco, Federico Poole, Johannes Auenmüller, Enrico Ferraris, Alessia Fassone, Tommaso Montonati, dalle  restauratrici Cinzia Oliva, Roberta Genta, Paola Buscaglia del Centro di Conservazione e Restauro de La Venaria Reale, dall’antropologo Pieter Ter Keurs, dal direttore dipartimento Egizio del Louvre Vincent Rondot, dal capo del dipartimento Egitto e Sudan del British Museum Daniel Antoine, dai curatori del British Museum Ilona Regulski e Marcel Maree, dalla direttrice del Ägyptisches und Papyrussammlung di Berlino Friederike Seyfried, dalla direttrice generale museo Egizio del Cairo Sabah Abdel Razik Saddik, dal Ceo di Ima Solutions Sarl Benjamin Moreno. Dal Louvre di Parigi al British Museum di Londra fino all’Ägyptisches Museum di Berlino: sono solo alcune delle importanti istituzioni museali mondiali da cui provengono i membri del comitato scientifico del Museo, che vanta oltre 90 collaborazioni scientifiche con musei, atenei e centri di ricerca internazionali.

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Bernardino Drovetti, al centro, tra le rovine di Tebe nel 1818 (foto museo egizio)

Le collezioni custodite a Torino comprendono oltre 40mila reperti, che hanno una natura antiquaria – in quanto legati al collezionismo e al criterio di raccolta reperti di Bernardino Drovetti, diplomatico piemontese al servizio del governo francese che vendette a Carlo Felice di Savoia il primo nucleo delle collezioni del Museo per 400mila lire dell’epoca – e una natura archeologica, legata a campagne di scavo archeologico promosse da Ernesto Schiaparelli e Giulio Farina in Egitto all’inizio del Novecento. Con oltre un milione di visitatori nel 2023, il museo Egizio è il più antico al mondo dedicato alla civiltà degli antichi Egizi. Al museo Egizio di Torino dei 40mila reperti custoditi, 12mila sono esposti su 4 piani. Sfingi, statue colossali, minuscoli amuleti, sarcofagi, raccontano quasi 4000 anni di storia antica. Tra i reperti celebri nel mondo ci sono il Papiro dei Re, noto all’estero come la Turin King List, l’unica lista che sia giunta fino a noi che ricostruisce il susseguirsi dei faraoni, scritta a mano su papiro, o il Papiro delle Miniere, una delle più antiche carte geografiche conosciute. E ancora sculture come la statua del sacerdote Anen, quella di Ramesse II, quella della cosiddetta Iside di Copto, oltre al ricco corredo funebre di Kha, sovrintendente alla costruzione delle tombe dei faraoni che insieme alla moglie Merit sarà tra i protagonisti di tutto il racconto.

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Statuetta in legno della dea Tauret, dedicata dal disegnatore Parahotep, venerata in ambito domestico, proveniente da Deir el Medina, e conservata al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

“La strada per Menfi e per Tebe passa da Torino” scrisse Jean-François Champollion che nel 1824, due anni dopo aver decifrato i geroglifici, venne nella capitale sabauda. Ma perché proprio a Torino, nel 1824, si decise di aprire un museo che non aveva uguali al mondo, dedicato a una civiltà ancora in via di svelamento? Chi fu il primo a vedere nelle Alpi il profilo delle piramidi? Per scoprire le origini del museo in “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio” risaliremo così il corso del Nilo sulle tracce dei suoi grandi esploratori ed archeologi del passato: Donati, Drovetti, Schiaparelli. Visiteremo i luoghi da cui provengono i principali reperti delle collezioni torinesi, da Giza a Luxor fino all’antico villaggio di Deir el-Medina, abitato dagli scribi e dagli artigiani delle tombe della Valle dei Re e delle Regine. E viaggeremo a ritroso nel tempo, alla metà del 1500, quando i sovrani del Piemonte, i Savoia, per dare prestigio alla loro capitale riscrissero il mito delle origini egizie di Torino, sovrapponendo il toro, simbolo della città, col dio Api, che aveva le sembianze di toro ed era venerato nell’antico Egitto. Attraverso i sarcofagi e gli oggetti del corredo funebre della tomba di Kha e Merit racconteremo invece il viaggio dell’architetto Kha nell’Oltretomba, dal momento della mummificazione ai funerali, fino al giudizio di fronte ad Osiride e alla vita nell’Aldilà, seguendo le pagine del Libro dei Morti.

Torino. Al museo Egizio conferenza internazionale “Im/materialities: Museums between Real and Digital”, in presenza e on line: quattro giorni per approfondire aspetti che ruotano attorno alla conservazione, allo studio, all’ampia tecnologia messa a disposizione delle collezioni, alcuni dei principali temi sviluppati e proposti dalla mostra temporanea “Archeologia Invisibile”, inaugurata a marzo 2019

torino_egizio_conferenza-internazionale-immaterialities_locandinaDal 28 novembre al 1° dicembre 2023 studiosi e studiose da tutto il mondo saranno al museo Egizio di Torino nella conferenza internazionale “Im/materialities: Museums between Real and Digital” a cura di Christian Greco, Maria Elena Colombo, Enrico Ferraris, Paolo Del Vesco. La conferenza era programmata per marzo 2020 e approfondisce alcuni dei principali temi sviluppati e proposti dalla mostra temporanea “Archeologia Invisibile”, inaugurata a marzo 2019, che ha esplorato gli oggetti e le loro storie uniche, biografie i cui indizi sono in gran parte condensati nei materiali di cui sono fatti. Restano pochissimi biglietti per i posti in presenza (vedi Museo Egizio di Torino: il nuovo anno porta la proroga di sei mesi della mostra “Archeologia invisibile” che mette al centro i temi della ricerca e dell’interdisciplinarietà per addentrarsi nella biografia dei reperti egittologici. Sul sito del museo la novità del Virtual tour in 3D | archeologiavocidalpassato). Chi fosse interessato può scrivere a Virginia Cimino: virginia.cimino@museoegizio.it. Oratori di spicco illumineranno la discussione il 28 novembre 2023, tra cui Guido Tonelli (CERN), Maurizio Ferraris (università di Torino), Andrea Augenti (università di Bologna), David Pantalony (Ingenium), Paolo Del Vesco (museo Egizio), Luca Ciabarri (università di Milano), Stuart Walker (Manchester Metropolitan University), Enrico Giannichedda (università Cattolica del Sacro Cuore). La conferenza sarà in lingua inglese e potrà essere seguita anche in diretta e, più tardi, in differita su Facebook Youtube, offrendo a un pubblico globale l’opportunità di interagire su questi temi.

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La locandina della mostra “Archeologia invisibile” al museo Egizio di Torino

Con più di 40 istituzioni scientifiche coinvolte nel progetto, la mostra ha sottolineato la crescente collaborazione tra Egittologia e Scienze Naturali nello studio dei reperti archeologici e come l’archeometria (sempre più utilizzata dal museo Egizio come metodo standard per indagare gli oggetti) stia cambiando il modo in cui una collezione può essere esplorata, conservata e, infine, presentata ai visitatori. Naturalmente, l’archeometria fornisce informazioni sulla materialità di oggetti che altrimenti sarebbero inaccessibili e invisibili ad occhio nudo, e questo permette ai ricercatori di colmare le lacune su ciò che non si sa della storia/biografia degli oggetti (chi li ha realizzati, perché, quando, dove, con quali materiali ecc.) per definire, ad esempio, i modi migliori per conservarli. L’apertura a discipline esterne all’egittologia è ormai un presupposto indispensabile per dibattere questi argomenti. Da qui il desiderio di coinvolgere alla conferenza molte persone provenienti da contesti diversi, tra cui antropologi fisici e culturali, filosofi, sociologi, archeologi, paleopatologi, storici, scienziati del patrimonio, curatori di musei, museologi e specialisti di intelligenza artificiale. La conferenza si articolerà in sei sezioni.

IM/MATERIALE: 28 novembre 2023. Questa sezione affronta in particolare le principali sfide e opportunità che la grande mole di dati generati dall’imaging e dall’analisi archeometrica rappresentano per la pratica museale nel XXI secolo. Da un lato, le tecnologie digitali consentono di valorizzare la tradizionale pratica museale di copiare gli originali in termini di complessità, durabilità, interazione e diffusione; dall’altro prevedono negli oggetti digitali (descrizioni data-driven di oggetti reali che riassemblano tutti i dati scientifici in nuovi schemi digitali) l’emergere di una nuova forma di materialità, ovvero “una traiettoria di materialità che collega la nostra comprensione comune del digitale all’analogico, dell’informazione al materiale, del sistema alle strutture, della conoscenza alla forma” (Geismar 2018). I contributi metteranno anche in discussione la tradizionale esclusione della tecnologia dalla cultura, esplorando se, nelle pratiche museali, gli oggetti digitali possano essere finalmente intesi come esperienze culturali indipendenti e autentiche in dialogo con gli oggetti.

IN/VISIBILE: 29 novembre 2023. Le indagini scientifiche sugli oggetti antichi hanno portato a una maggiore comprensione della loro materialità, producendo nuove informazioni utili per la loro conservazione e per i loro significati storici. L’archeometria, infatti, restituisce un’immagine diversa ma complementare degli oggetti, attraverso la caratterizzazione e la ricostruzione della biografia dell’oggetto, analizzando le tracce naturali e artificiali lasciate durante la sua vita. In questa sezione scienziati ed egittologi, che hanno contribuito alla mostra con le loro ricerche, delineano il quadro teorico ed empirico presente e futuro della collaborazione tra Scienze Umane e Scienze Naturali.

IN/TANGIBILE: 29 novembre 2023. In questa sezione Filosofia, Sociologia, Archeologia, Antropologia Culturale, Scienze dei Materiali e Storia del Design mettono a confronto ricerche, metodi ed esperienze, per comporre un’introduzione transdisciplinare alla natura degli oggetti e, all’intersezione tra patrimonio materiale e immateriale, alla loro capacità di attivare (agency) e incorporare (object biography) le esperienze della cultura nel tempo.

DE/CODED: 30 novembre 2023. I contributi di questa sezione approfondiscono l’argomento precedente di esplorare come un ecosistema digitale stia catalizzando nuove e diverse forme di azione umana nell’ambiente culturale. La disponibilità senza precedenti di una tale quantità di dati e immagini di oggetti museali non ha senso senza l’analisi per sbloccare connessioni e conoscenze altrimenti fuori dalla portata delle sole capacità umane. Nel quadro generale della trasformazione digitale delle istituzioni culturali, un ambito che merita particolare attenzione è quello delle applicazioni dell’AI e dei Big Data nei campi della gestione delle collezioni e della ricerca scientifica e delle più recenti strategie per ottimizzare gli impatti digitali sull’engagement e la divulgazione museale.

UN/PERCEPITO: 30 novembre 2023. Questa sezione ripercorre il rapporto soggetto-oggetto, ma questa volta affronta alcune questioni riguardanti il primo. Quando si è sviluppato il nostro senso del tempo e della bellezza? Cosa succede alla mente quando ci troviamo di fronte a un oggetto antico o a un’opera d’arte? Quando le tecnologie digitali possono catalizzare o sconvolgere le esperienze culturali? Come può armonizzarsi la dicotomia tra reale e digitale in una percezione aumentata del mondo? Un dialogo tra Museologia e Neuroscienze esplorerà come le strategie museali potrebbero supportare nuove comprensioni del patrimonio culturale e, più in generale, nuove esperienze del mondo degli oggetti che ci circondano.

UN/CONNECTED: 30 novembre – 1° dicembre 2023. L’ultimo giorno del simposio porta il discorso sull’agenzia degli oggetti nel quadro più ampio di ciò che è diventato l’ecosistema museale digitale più di tre anni dopo lo scoppio della pandemia globale. Torneremo alla domanda su cosa rappresentino i musei, a chi si rivolgono e, soprattutto, come possano abbracciare e reindirizzare un cambiamento che non si limiti alla sola innovazione tecnologica, ma sia radicato nelle più ampie trasformazioni storiche, culturali e sociali che modellano il rapporto tra musei, società e media nel 21° secolo. In particolare, questa sezione esplora i nuovi significati e le nuove esigenze della curatela museale, soprattutto nel contesto della digitalizzazione delle collezioni, e i rischi che possono sorgere quando questa mediazione viene interpretata come un fatto puramente tecnico. Infine, si presta attenzione a come la comprensione dei comportamenti, dei bisogni e delle vulnerabilità del nuovo pubblico digitale sia fondamentale per costruire un ambiente digitale che sia reattivo alle persone e crei connessioni piuttosto che isolamento.

1824-2024: Bicentenario dell’Egizio di Torino. Il museo cambia pelle con il progetto architettonico di OMA: si apre alla città, con una piazza, un giardino e una sala immersiva; nuove gallerie e nuovi servizi. Ecco il ricco programma delle celebrazioni già iniziate. Greco: “Un nuovo inizio”

“Un nuovo inizio”. “Una nuova nascita”. Ecco cosa rappresenta il Bicentenario per il museo Egizio di Torino. E il direttore Christian Greco lo dice all’egiziana. “È un modo per riflettere su chi siamo e per capire dove dobbiamo andare. E dove dobbiamo andare ha un elemento importante: come possiamo restituire il paesaggio? Perché duecento anni dopo la fondazione c’è una cosa fondamentale che ci manca, ovvero l’Egitto. E come riportiamo l’Egitto al museo? Lo riportiamo attraverso la flora che ricostruiamo nel giardino Egizio, e poi lo ricreiamo nella sala con l’Egitto immersivo che ci fa vedere il paesaggio ricostruito in modo digitale e messo in relazione con gli oggetti”.

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Museo Egizio: presentazione delle celebrazioni del bicentenario. Da sinistra, David Gianotten, Evelina Christillin, Christian Greco, Massimo Mori (foto graziano tavan)

Le riflessioni del direttore Christian Greco chiudono una mattinata intensa in cui, attraverso il contributo dei protagonisti, dalla presidente Christillin al direttore generale Osanna, dall’architetto Gianotten al direttore Greco, ha preso il via la fase “più calda” del progetto architettonico del nuovo museo Egizio firmato da David Gianotten e Andreas Karavanas, dello studio Oma (Office for Metropolitan Architecture) di Rotterdam, momento clou del 2024, anno delle celebrazioni del bicentenario del museo Egizio (in parte già iniziate), stagione di trasformazione del Museo non solo da un punto di vista architettonico, ma anche sotto il profilo dell’allestimento e della ricerca archeologica.

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Rendering della Piazza Egizia, nuova piazza urbana coperta, al museo Egizio di Torino (progetto OMA di Rotterdam)

Dopo la vittoria, nel gennaio 2023, da parte di Oma del concorso internazionale di idee, bandito dalla Fondazione Compagnia di San Paolo nel 2022 (vedi Torino. Per le celebrazioni del bicentenario il museo Egizio cambia volto e si apre alla città: il cortile diventa la Piazza Egizia, urbana e coperta con accesso libero al tempio di Ellesija. Ecco i dettagli del progetto dello studio OMA di Rotterdam vincitore del concorso internazionale indetto dalla Compagnia di San Paolo | archeologiavocidalpassato), si è aperta una fase di gestazione del progetto definitivo, frutto di mesi di confronto tra gli architetti e i vertici e i curatori del Museo, l’Accademia delle Scienze, proprietaria del palazzo barocco del Collegio dei Nobili, sede del Museo, e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della sala immersiva (foto OMA Rotterdam)

Si darà così concretezza ad un progetto ambizioso di rifunzionalizzazione della corte e di restituzione alla città di un nuovo spazio pubblico, di allestimento di un giardino egizio nella corte coperta, di una nuova sala immersiva all’interno del Museo, del restauro e del riallestimento del Tempio di Ellesija e della Galleria dei Re, progetti per cui si prevedono 23 milioni di investimenti. Tra i primi a credere in questa nuova stagione dell’Egizio, sostenendolo anche dal punto di vista finanziario è stato il ministero della Cultura. C’è stato poi l’appoggio incondizionato di Accademia delle Scienze, che crede in questo ampliamento. Fondazione Compagnia di San Paolo ha dato avvio ad un progetto innovativo di mecenatismo con il Concorso internazionale di idee per il nuovo Egizio e anche Fondazione Crt ha deliberato un sostegno economico all’Egizio, così come la Regione Piemonte e il Comune di Torino. Hanno poi generosamente offerto un sostegno economico per i diversi progetti che riguardano il bicentenario Alpitour, Camera di Commercio di Torino, Consulta di Torino, Ferrovie dello Stato, Intesa Sanpaolo, Lavazza, Reale Mutua.

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Bicentenario del museo Egizio: la presidente Evelina Christillin indica il claim “200 anni di museo Egizio. La memoria è il nostro futuro” (foto graziano tavan)

“Celebrare i 200 anni del Museo”, è intervenuta Evelina Christillin, presidente del museo Egizio, “non è solo un esercizio di memoria, ma significa anche programmare il futuro. Il progetto architettonico di Oma nasce sulla scorta di nuova visione di Museo, più articolato e multiforme: ente di ricerca, luogo inclusivo, spazio in cui, come recita l’articolo 3.2 della Costituzione italiana, si lavora per abbattere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo armonico della persona. L’idea di coprire la corte nasce quindi dalla volontà di creare una nuova agorà, che sia restituita alla collettività e, al contempo, rendere fruibile gratuitamente il Tempio di Ellesija donato dall’Egitto all’Italia. Dopo la trasformazione del 2015 il Museo si è aperto al mondo, ha cambiato costantemente la sua offerta espositiva, ha studiato nuove strade e ricette per raccontare non solo la cultura materiale, ma anche la storia nascosta dei reperti e della civiltà dell’antico Egitto”. Per l’occasione del bicentenario il museo Egizio ha voluto rinnovare la propria immagine e progettare un’identità visiva dedicata, che è stata creata in collaborazione con Studio FM. La creatività conferisce un grande peso al pittogramma del logo, che diventa motivo decorativo alludendo al percorso fatto in questi 200 anni. Il claim “200 anni di museo Egizio. La memoria è il nostro futuro”, accompagnato da un logo con lettering molto pulito, diviene il segno distintivo del Bicentenario e delle sue celebrazioni.

Collegato dalla sede ministeriale della direzione generale Musei, Massimo Osanna ha portato i saluti di tutto il ministero e della direzione generale che”, ha sottolineato Osanna, “come la presidente Christillin e il direttore Greco sanno è molto vicina al museo Egizio non solo come ente vigilante ma soprattutto come una direzione che fa della rete dei musei del territorio l’aspetto più prezioso del sistema nazionale museale. Noi stiamo cercando di creare un sistema museale nazionale che mette in rete tutto il nostro straordinario patrimonio culturale, e il museo Egizio come è noto è uno dei musei di punta di tutto il nostro sistema museale nazionale. E questo grazie a chi lo dirige adesso, grazie a Christian Greco, grazie alla presidente Evelina Christillin che hanno svolto finora un lavoro straordinario. E io sono qui per testimoniarlo ancora una volta. Il museo che io ho visto quando sono arrivati Christian ed Evelina e ho rivisto poi, anno dopo anno, è un museo assolutamente nuovo, è un museo che si è aperto alla città, e io direi al mondo. È un museo che è diventato un laboratorio di ricerca, un laboratorio di sperimentazione, un laboratorio per la valorizzazione del nostro patrimonio. E diventa quindi veramente una best practice che noi dobbiamo esportare in tutte le altre realtà del sistema museale nazionale. Io ho avuto l’onore di essere nella commissione giudicatrice per il concorso di idee fatto per la copertura del cortile. Il Gruppo Oma, come sappiamo, adesso è al lavoro, sta chiudendo il progetto esecutivo e questo progetto porterà veramente il museo a trasformarsi non solo nei suoi spazi ma anche nell’offerta straordinaria che darà a tutti i pubblici che speriamo sempre più numerosi che raggiungeranno Torino e raggiungeranno il museo.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della sala conferenze a livello -1 della piazza Egizia (foto OMA Rotterdam)

Il progetto – ha continuato il dg – prevede non solo di creare un’agorà restituita alla città, ma anche spazi immersivi per contestualizzare questo straordinario patrimonio e quindi collegarlo con i luoghi d’Egitto da cui il patrimonio proviene, un giardino egizio, tutta una serie di realtà che sicuramente contribuiranno a cambiare la percezione di questo museo all’interno del panorama torinese e italiano in genere. Ma vorrei ancora sottolineare quanto questo museo sia diventato un museo aperto a tutti, un museo che fa dell’accessibilità declinata a 360 gradi il punto di forza. Ovviamente accessibilità non solo come abbattimento di barriere architettoniche – questi sono temi che abbiamo già da tempo dovuto superare – ma anche l’abbattimento delle barriere cognitive. Ecco il museo Egizio è un museo che parla ai pubblici, che sa dialogare con la comunità ed è veramente un museo aperto come adesso devono essere i nostri musei: luoghi di incontro, luoghi di confronto, luoghi dove il cittadino, il visitatore si sente a casa perché è un luogo dove appunto può incontrare gli altri, può riflettere con gli altri sul significato della memoria e del passato. E mi piace molto il logo che aggancia la memoria al nostro futuro.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering del bookshop accessibile dalla piazza Egizia (foto OMA Rotterdam)

L’archeologia sta conoscendo in questi ultimi anni un grande rigoglio, una grande attenzione mediatica. I musei archeologici sono tra i più d’Italia e del mondo. Pensate a Pompei e Colosseo che sono al primo e secondo posto delle classifiche nazionali per numero di visitatori. E questo vuol dire proprio un’attenzione al nostro patrimonio, in particolare a quello archeologico, che richiede delle risposte chiare, delle risposte puntuali, delle risposte adeguate alle sfide della società contemporanea. E questa è una sfida che il museo Egizio da tempo ha accolto perché il museo Egizio è un luogo del contemporaneo. Non è un luogo che conserva polverosi oggetti della ricerca traghettati dal passato fino al nostro mondo contemporaneo, ma è un luogo della contemporaneità perché, con gli strumenti della contemporaneità, con le esigenze del mondo contemporaneo, sa parlare del passato e lo sa restituire con un linguaggio adeguato ai visitatori della nostra società contemporanea. Quindi buon lavoro oggi. Buon lavoro soprattutto a quelle straordinarie iniziative che saranno messe in campo nel prossimo anno. So che cominceranno subito con il Capodanno. Grazie a tutte le attività messe in campo dalla Città di Torino. E grazie anche al museo Egizio dove io mi sento sempre a casa. Buon lavoro”.

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Bicentenario del museo Egizio: David Gianotten (al centro), Managing Partner di Oma, tra Andreas Karavanas (a destra) di OMA, e Andrea Tabocchini (foto graziano tavan)

Il progetto. A entrare nel merito è stato David Gianotten, Managing Partner di Oma: “Il team OMA è orgoglioso di essere stato nominato progettista architettonico per la trasformazione del museo Egizio. La vasta collezione, la ricca storia che incarna e la visione del bicentenario ci ispirano a rafforzare il significato culturale del museo Egizio attraverso l’architettura. Il museo Egizio trasformato sarà ancora più connesso con la città e pubblicamente accessibile, integrando l’ambizione del Museo di promuovere l’impegno pubblico. Ci complimentiamo con il direttore e il suo team per la loro visione di un museo aperto e contemporaneo”. Il centro di gravità del museo Egizio più antico al mondo si sposta, dunque, nella corte del palazzo barocco del Collegio dei Nobili, che si trasformerà in una nuova agorà, su due livelli, piano terreno e piano ipogeo, coperta da una struttura trasparente in vetro e acciaio. Si tratta di uno spazio aperto gratuitamente, di fatto di un ampliamento del Museo e di Accademia delle Scienze, che avranno a disposizione circa 975 metri quadrati in più. Un luogo in cui convivranno un giardino egizio, un bookshop nel porticato, che sarà nuovamente aperto verso la corte, una caffetteria, la biglietteria e l’info point del Museo e dell’Accademia delle Scienze.

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Bicentenario museo Egizio: rendering della piazza Egizia, veduta zenitale (foto OMA Rotterdam)


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Progetto OMA: la spina che attraversa il museo Egizio e le connessioni con la città di Torino e gli spazi espositivi (foto OMA Rotterdam)

“Il progetto”, ha spiegato Gianotten, “crea un nuovo cortile coperto, chiamato piazza Egizia, e una serie di spazi urbani collegati aperti a tutti, rafforzando il legame del museo con la rete di aree pubbliche torinesi e la sua chiara identità. Il progetto riorganizza le aree pubbliche del museo in sei distinti spazi urbani, ognuno con la propria dimensione, funzione e qualità uniche. Il più grande di questi spazi è la piazza Egizia, concepita come un’area pubblica condivisa tra il museo Egizio e la città. Una “Spina” centrale collega i sei spazi urbani tra loro e anche le due entrate del museo su via Accademia e via Duse. Sono state apportate aperture alla facciata attuale del museo su via Duse, invitando il pubblico all’interno del museo e nella piazza Egizia per varie attività quotidiane di svago. Un motivo geometrico al piano terra, ispirato a reperti del museo come la maschera funeraria di Merit, crea una continuità visiva tra gli spazi urbani”.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering del giardino Egizio al livello -1 della piazza Egizia (foto OMA Rotterdam)

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della piazza Egizia su due livelli (foto OMA Rotterdam)

La piazza Egizia è un cortile a doppio livello, multifunzionale, concepito come un palinsesto della storia del museo Egizio. Qui vengono esposte l’architettura originale e le tracce delle modifiche nel corso del tempo. Al livello 0, sono state restaurate le numerose aperture storiche del cortile, chiuse sin dalla ristrutturazione del museo nel 2010, ricollegando questo spazio pubblico alla città. Al livello -1, dove si trovano il Giardino Egizio e lo spazio per eventi e apprendimento, viene scoperta la facciata originale del Collegio dei Nobili, anch’essa nascosta dagli anni del 2010. Due aperture a livello 0, direttamente sopra il Giardino Egizio e lo spazio per eventi e apprendimento, portano luce e conducono i visitatori al livello sotterraneo”.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering dell’ingresso da via Duse e visione del tempio di Ellesija (foto OMA Rotterdam)


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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della piazza Egizia coperta e accessibile anche di sera (foto OMA Rotterdam)

Sopra la piazza Egizia viene installata una copertura trasparente, sostenuta da prolungamenti delle colonne esistenti, per creare un ambiente temperato. La griglia strutturale in acciaio rivestita in alluminio della copertura, definita dal ritmo regolare della facciata del Collegio dei Nobili, funge anche da dispositivo di raccolta delle acque piovane, ventilazione dell’aria e illuminazione, rispondendo alle ambizioni del museo in termini di sostenibilità. La piazza Egizia e gli altri spazi urbani sono accessibili al di fuori dell’orario di lavoro e accolgono tutti i visitatori, con o senza biglietto. La loro natura pubblica offre al museo la possibilità di estendere i suoi orari di apertura. Una selezione di manufatti del museo Egizio è esposta per un primo incontro del pubblico con la collezione museale. Dagli spazi urbani, i visitatori proseguono per visitare le mostre del museo o partecipano a attività gratuite e eventi, oppure continuano a passeggiare in altri spazi pubblici di Torino. “Museo Egizio 2024”, ha concluso Gianotten, “è una destinazione per studiosi e il pubblico interessato, nonché un luogo pubblico riscoperto per tutti”.

Il ricco programma delle celebrazioni per il Bicentenario, i nuovi allestimenti, i nuovi progetti per fare sempre più il museo Egizio un museo trasparente permeabile inclusivo è stato illustrato dal direttore Christian Greco. “Parto da un dato biografico – ha esordito -. Perché quando nel 2014 fui selezionato al concorso di selezione mi chiesero “come lo vedi il museo nel 2015”, dovevano infatti aprire un museo, io ho detto “ma il mio orizzonte è il 2024 perché dobbiamo festeggiare il bicentenario. Non avrei mai pensato, dopo 10 anni, di essere ancora qui. Sono davvero lieto che la programmazione ci porti a celebrare, come diceva la presidente, questo evento importantissimo.

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Ponteggi per il restauro delle facciate interne nel cortile del museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

“Lasciatemi cominciare col dire cosa sta già accadendo. Avete visto i ponteggi, che stanno fuori, stiamo restaurando le facciate, ma c’è una programmazione culturale che è già partita. Ringrazio, è in sala, il prof. Ray Johnson che è visiting scholar. Il museo Egizio per il Bicentenario ha intrapreso questa nuova modalità: grandi egittologi che hanno regalato tantissimo alla disciplina, possono stare per sei mesi o un anno da noi e regalare al museo Egizio e alla disciplina un futuro. Raymond W. Johnson sta studiando tutto il nostro materiale di Amarna che confluirà in una pubblicazione. Per chi non lo conoscesse, per chi non è egittologo, è stato per 40 anni all’Epigraphic Survey dell’Oriental Institute di Chicago, che ha diretto per molti anni. Per noi è un grande onore che Ray Johnson sia qui a Torino.

torino_egizio_what-is-a-museum_locandinatorino_egizio_what-is-a-museum_incontri_locandinaPoi abbiamo iniziato un’attività, che tutti voi conoscete, “What is a museum” (vedi Torino. Al museo Egizio al via con Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, il ciclo “What is a museum?”, in presenza e on line: dieci direttori dei più grandi musei del mondo si confrontano col direttore Christian Greco sul ruolo e le sfide del futuro dei musei | archeologiavocidalpassato). Il museo Egizio si interroga 200 anni dopo la fondazione su cosa significhi essere museo. Oggi siamo un luogo di conservazione o di distruzione, e come queste due anime possono essere messe assieme in un’ottica completamente cambiata. È un museo che nasce in una città preunitaria, che diventa poi il primo museo archeologico della capitale d’Italia, che poi diventa un museo separato dal museo di antichità dal 1939, e che man mano si è reinventato la sua natura: lo facciamo attraverso i grandi direttori dei musei internazionali. Tutti ci avete risposto a una semplice mail. Grazie davvero. Ricordo che il 9 novembre avremo il direttore del museo del Prado Miguel Falomir Faus, e il 17 gennaio 2024, sempre per rimanere in Olanda, ci sarà Taco Dibbits direttore del Rijksmuseum di Amsterdam. Hanno aperto la dottoressa Barbara Iatta e il direttore generale Massimo Osanna.

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L’egittologo Enrico Ferraris, curatore al museo Egizio di Torino

“Dal 28 novembre al 1° dicembre 2023 c’è un grande congresso internazionale. Ringrazio Enrico Ferraris che si sta spendendo per organizzare questo congresso che si chiamerà “Immateriality. Museums between Real and Digital”. Perché il museo Egizio fa ricerca e lo fa a 360°, come la cultura materiale può dialogare l’immateriale e avremo fisici, antropologi, filosofi, socio-linguisti, archeologi, paleopatologi, esperti del patrimonio, curatori, museologi e neuroscienziati – un panel abbastanza ricco – che si interrogheranno su cos’è il museo Egizio.

torino_egizio_capodanno_foto-museo-egizio“L’ha già detto la presidente, il 1° gennaio 2024 la Città di Torino regala il concerto di Capodanno in piazza Castello con l’orchestra Filarmonica di Torino con protagonista l’Egizio, in diretta televisiva su Sky Classica.

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Una pagina del libro “Riassunto del sistema geroglifico degli antichi egizi…” di Jean-François Champollion (1824) conservato nella Biblioteca Silvio Curto (Rari 10) (foto graziano tavan)

“Poi c’è quello che aprirà prima del 1° gennaio 2024. Il 21 dicembre 2023 inaugureremo una nuova Galleria della Scrittura: 600 mq dedicati alla scrittura dalla sua nascita l’implementazione dei documenti. Ci sarà una galleria dedicata ai papiri, dove finalmente moltissimi papiri potranno essere visti. Sarà un museo nel museo: 600 mq che permettono dall’inizio della storia egiziana fino all’età greco-romana di percorrere quell’elemento che è fondamentale per la nostra disciplina, la scrittura, che è stata decifrata 200 anni fa.

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La locandina della mostra “Archeologia invisibile” al museo Egizio di Torino

“Poi altra galleria permanente sarà la sala qui immediatamente di fronte alla sala conferenze che sarà la galleria dedicata all’archeologia invisibile. Abbiamo fatto un percorso espositivo nel 2019 che è stato un grande successo in cui materiale e digitale vengono messi assieme. Vi do solo un numero: una vasoteca con 8mila vasi, una vetrina su due piani che permetterà di vedere tutto. Il prof. Osanna diceva “i musei cambiano pelle”. Il museo Egizio è da un po’ che sta cambiando pelle. E come linea guida è quello di essere trasparente permeabile e inclusivo. Significa anche cercare di rendere sempre più visibile la cultura materiale. Apriremo fra poco due nuove gallerie dove sono esposti tutti i tessuti faraonici e l’idea di rendere tutto l’edificio sempre più permeabile.

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Cédric Gobeil curatore della mostra “Sedersi allegramente davanti al dio: le cappelle votive di Deir el-Medina” del ciclo “Nel laboratorio dello studioso” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

“Stiamo variando, cambiando completamente l’allestimento della galleria di Deir el Medina. Grazie a tutto il nostro staff curatoriale. Ringrazio Cédric Gobeil che per anni ha diretto lo scavo di Deir el Medina ed è stato un po’ il motore per questa trasformazione di una delle sale fondamentali. Non solo. Vi ho detto trasparente, inclusivo, permeabile. Come ci ha fatto vedere David Gianotten il museo cambierà completamente. Non ci sarà più un percorso fisso. Si potrà entrare da varie parti del museo. Abbiamo lanciato il biglietto on line. Si potrà decidere dove andare. Si entrerà nella piazza Egizia e da lì si possono prendere le scale mobili e andare sopra per fare il percorso espositivo tradizionale, o andare giù e vedere dove la storia incontra il futuro, perché c’è la storia del museo e ci sarà la sala immersiva grazie alla collaborazione con l’istituto italiano di tecnologia di Genova e grazie alla collaborazione con Ca’ Foscari, dove risponderemo a quella domanda che ha posto David: ma dopo 200 anni, cosa manca al museo Egizio di Torino? La risposta è semplicissima: l’Egitto. E come possiamo riportare l’Egitto, come possiamo avere una nuova concezione museologica ovvero che gli oggetti non siano più isolati all’interno delle vetrine ma dialoghino con il paesaggio? Lo facciamo con il giardino Egizio che andrà a immergersi in questa sala immersiva dove riproporremo con le nuove tecnologie il paesaggio prendendo alcuni siti, ad esempio partendo dal sito di Gebelein. E ringrazio anche la Consulta per l’aiuto che ci sta dando anche per questa sala immersiva.

“Dicevo trasparente permeabile e inclusivo. Voglio anche ricordare che per fare questo abbiamo anche un nuovo dipartimento all’interno del museo Egizio che recepisce la nuova definizione Icom. Abbiamo un dipartimento che si chiama Interpretazione accessibilità e condivisione che permette quindi di focalizzarsi su questo: partire da un object-centered museum a un visitor center museum. Vogliamo essere un luogo di incontro per tutti.

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Carla Barbati, presidente dell’associazione dei professori ordinari di Diritto amministrativo, mancato il 6 settembre 2023 (foto museo egizio)

“Altri due progetti. Un’opera celebrerà il Bicentenario ovvero un volume corale in cui il museo Egizio ha chiesto aiuto a tutti. Ha chiesto aiuto a tutte le altre collezioni italiane, perché il museo Egizio vuole celebrare parlando anche delle altre collezioni egizie presenti nel territorio italiano. Abbiamo chiesto aiuto a tantissimi colleghi dell’università per raccontare questi 200 anni. E abbiamo scelto anche un format diverso in cui ognuno di noi è in relazione con uno studioso dell’università e si mette in dialogo. Per esempio io scrivo il mio pezzo insieme a Tarek Tawfik che è presidente dell’associazione internazionale di egittologia, già direttore del Grand Egyptian Museum, e professore ordinario di Egittologia all’università del Cairo. Ci tengo molto a sottolineare, anche perché è una questione personale che riguarda un po’ anche personalmente la presidente ed io, che il volume del Bicentenario sarà dedicato alla professoressa Carla Barbati, già presidente del Consiglio universitario nazionale, presidente dell’associazione dei professori ordinari di Diritto amministrativo, che ha studiato fin dall’inizio il rapporto pubblico-privato nella nascita della fondazione. Purtroppo ci ha lasciato il 6 settembre 2023. Ma il volume sarà a lei dedicato e ci sarà anche un pezzo, l’ultimo lavoro che ha fatto e che entrerà nel nostro lavoro. Per noi è molto importante anche ricordarla in questo modo.

“Concludo dicendo un altro progetto. L’ha citato prima brevemente il prof. Osanna: il PNRR. Abbiamo vinto un bando di 500mila euro del PNRR per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive dei musei. È il modo per dare accessibilità cognitiva. Stiamo lavorando con le associazioni nel territorio per capire come venire incontro a tutti coloro che hanno non solo delle difficoltà fisiche ma delle difficoltà cognitive. Il museo, l’abbiano ripetuto da sempre, è la casa di tutti. E per essere la casa di tutti deve essere a tutti accessibile.

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Mosaico d’insieme di tutto il personale del museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

“Ma la cosa più importante l’ho lasciata per ultima, last but not least, perché non si parla mai di questo. Il museo Egizio, i musei, non sono la cultura materiale contenuta all’interno delle proprie vetrine. Non sono solo i palazzi in cui siamo e le trasformazioni architettoniche che ci rendono più permeabili, ma il museo sono tutti i nostri colleghi. Allora voglio ringraziare in primis la presidente che mi ha dato la possibilità: quando sono arrivato 10 anni fa c’erano 13 persone al museo Egizio. Oggi ci sono tutti loro: 75 persone. Il museo è fatto da donne e uomini che ogni giorno si interrogano sulla collezione, scrivono una biografia, Questo è il modo più bello per celebrare il Bicentenario”.