Pompei. Grazie all’utilizzo delle tecniche digitali a cura del Parco e dell’università Humboldt di Berlino ipotizzata la presenza di una domus con torre, simbolo di potere e ricchezza, da cui si poteva ammirare la città e il golfo: ecco in sintesi la ricerca pubblicata sull’E-Journal Scavi di Pompei “La torre della casa del Tiaso”

Ricostruzione del complesso della Casa del Tiaso nella Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Non si arrivava ai livelli delle città medievali come Bologna o San Giminiano, ma anche a Pompei i grandi palazzi delle famiglie emergenti potevano essere dotate di torri, quali simboli del potere e della ricchezza dell’élite locale. È questa l’ipotesi che viene sostenuta in un nuovo articolo “La torre della casa del Tiaso. Un nuovo progetto di ricerca per la documentazione e la ricostruzione digitale della Pompei perduta’, pubblicato oggi sull’e-journal degli scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/. La ricerca si inserisce in un progetto di “archeologia digitale” che mira a ricostruire i piani superiori di Pompei, spesso perduti. Nel caso particolare, gli archeologi guidati dal direttore Gabriel Zuchtriegel e dalla prof.ssa Susanne Muth del dipartimento di Archeologia classica dell’università Humboldt di Berlino (Winckelmann-Institut) in collaborazione con il parco archeologico di Pompei, hanno preso spunto da una scala monumentale nella Casa del Tiaso che sembra condurre nel nulla. Da lì l’ipotesi che servisse per raggiungere una torre per osservare la città e il golfo, ma anche le stelle di notte, come sono attestate sia nella letteratura (si pensi alla torre di Mecenate da cui Nerone avrebbe osservato l’incendio di Roma), sia nell’arte. Infatti, molti dipinti pompeiani di ville mostrano torri come elemento architettonico. Le ville a loro volta diventano il modello per le case urbane dell’élite. “La ricerca archeologica a Pompei è molto complessa”, spiega il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. “Oltre a quella sul campo con gli scavi che restituiscono contesti intatti sulla vita nel mondo antico e nuove storie da raccontare sulla tragedia dell’eruzione, esiste anche la ricerca non invasiva, fatta di studio e di ipotesi ricostruttive di ciò che non si è conservato, ma che completa la nostra conoscenza del sito”.

Modello digitale dello scavo della Casa del Tiaso nella Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Nel contributo sull’E-Journal pubblicato il 20 ottobre 2025 si presentano i primi risultati di un progetto di ricerca non invasivo, POMPEII RESET, che ha l’obiettivo di utilizzare le tecniche digitali per documentare, in una prima fase ciò che è stato conservato degli edifici sotto forma di modello 3D e, in una seconda fase di ricostruire ciò che è andato perduto sulla base del twin digitale e con l’uso della ricostruzione digitale e della simulazione virtuale. “La Pompei perduta consiste soprattutto nei piani superiori, che sono essenziali per comprendere la vita nella città antica. Mettendo insieme i dati in un modello digitale 3D possiamo sviluppare ipotesi ricostruttive che ci aiutano a comprendere l’esperienza, gli spazi e la società dell’epoca”. Il progetto utilizza le più recenti tecnologie di documentazione digitale e ricostruzione virtuale, che aprono nuove possibilità per la ricerca, la conservazione dei monumenti e la trasmissione delle conoscenze nel campo dell’archeologia. Sulla base di scansioni digitali dettagliate degli spazi architettonici conservati, ciò che è andato perduto viene ricostruito digitalmente, rendendo possibile comprendere il complesso architettonico come spazio della vita e dell’abitare nell’antichità. La Casa del Tiaso nell’Insula 10 della Regio IX è un caso studio di grande interesse, dal momento che i recenti scavi promossi dal parco archeologico di Pompei hanno fornito molti dati nuovi che sono stati analizzati dal gruppo di ricerca internazionale nell’ambito del progetto POMPEII RESET, che ha visto coinvolti, oltre ai funzionari del Parco, numerosi ricercatori e studenti della Università Humboldt di Berlino.
Un esempio di studio particolare: l’ambiente 21 della casa del Tiaso La Casa del Tiaso nell’Insula 10 della Regio IX, recentemente riportata alla luce (vedi Pompei. Nell’insula 10 della Regio IX scoperto, in una sala per banchetti, un eccezionale fregio a figure grandi con Baccanti satiri e il corteo di Dioniso per l’iniziazione di una donna: nuova luce sui misteri dionisiaci a 100 anni dalla scoperta della Villa dei Misteri. Gli interventi del direttore Zuchtriegel e del ministro Giuli | archeologiavocidalpassato), costituisce un reperto che riveste un ruolo speciale nella ricerca delle tracce dei piani superiori andati perduti. “L’impressione generale del complesso residenziale”, scrivono Susanne Muth, Dirk Mariaschk, Elis Ruhemann, Maximilian von Mayenburg nell’e-journal n° 9 del 20 ottobre 2025, “è dominata principalmente da grandi e alte sale di rappresentanza e da ampi peristylia; solo ai margini della domus si trovano singole stanze più piccole con piani superiori, la cui accessibilità dalla strada o dalla Casa del Tiaso rimane per ora poco chiara. Tuttavia, in una posizione prominente all’interno della domus, c’è uno spazio a più piani che appare tanto più sensazionale e singolare nella tradizione di Pompei.

Planimetria della Casa del Tiaso: dettaglio, con evidenziato l’ambiente 21 (foto parco archeologico pompei)
Si tratta dell’ambiente 21, che confina a sud con il grande salone nero (amb. 24) e a ovest con il peristilio termale (amb. 47). A prima vista, la stanza in sé non sembra particolarmente spettacolare. Ha una pianta rettangolare di grandi dimensioni e misura all’interno 5,15-5,17 m (nord-sud) x 3,85-3,97 m (est-ovest), all’esterno 6 m (nord-sud) x 4,75-4,80 m (est-ovest). Le sue mura sono con servate fino a un’altezza di circa 5,43 m. L’ambiente 21 è accessibile tramite una porta sulla parete sud. Durante gli scavi all’interno dello spazio sono state osservate una serie di tegole in diversi strati di riempimento: ciò indica uno spazio coperto e un crollo piuttosto graduale della struttura del tetto nel 79 d.C. Diversi buchi di trave si trovano sulle pareti interne dell’ambiente. Tutti i buchi delle travi sono di forma rettangolare, variano nell’orientamento orizzontale e verticale e misurano ca. 0,09-0,17 x 0,09-0,16 m; nessuno dei buchi attraversa il muro. Ciò che rende questo ambiente interessante per la ricerca di tracce dell’architettura dei piani è la monumentale scala in pietra, che si collega all’ambiente da ovest e che in alto trovava il suo ingresso nell’ambiente. Questa scala testimonia quindi l’esistenza di un piano superiore di qualche tipo. La scala è addossata alla parete esterna sud del complesso del salone nero e conduce all’angolo nord-ovest dell’ambiente 21. L’ingresso dalla scala al piano superiore dell’ambiente 21 è stato confermato dai risultati delle indagini. Durante gli scavi sono stati osservati i resti del gradino superiore e l’apertura nel muro nella zona della soglia della porta”.

Modello digitale dello scavo della Casa del Tiaso nella Regio IX di Pompei:dettaglio della scala in pietra dell’ambiente 21 (foto parco archeologico pompei)

Il cantiere di scavo della scala dell’ambiente 21 della Casa del Tiaso nelal Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Dove conduce la scala? Come ricostruire il piano superiore perduto dell’ambiente 21, al quale conduceva la grande scala in pietra? A queste domande cerca di dare una risposta il contributo di Susanne Muth, Dirk Mariaschk, Elis Ruhemann, Maximilian von Mayenburg: “Anche se questo scenario non è verificabile, sembra comunque un’ipotesi abbastanza plausibile, sulla base della quale è possibile spiegare in modo coerente i danni subiti dalle due parti del muro”, spiegano. “Il fatto che alcuni buchi attraversassero completamente la parete indica una particolare funzione portante di queste travi. A nostro avviso, queste travi trasversali più corte sostenevano a loro volta delle travi verticali che a loro volta sostenevano una trave orizzontale situata più in alto, che attraversava l’ambiente in questo punto da est a ovest. Il fatto che questa trave dovesse essere particolarmente sostenuta nella parte superiore può essere spiegato da un carico di peso speciale proprio in quel punto: ovvero dall’installazione di una scala in legno che conduceva direttamente dall’apertura della porta verso l’alto, in continuazione della scala in pietra.

Ipotesi di ricostruzione della scala di legno nella torre dell’ambiente 21 della Casa del Tiaso a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Nella ricostruzione della scala in legno si presentano fondamentalmente due opzioni, analogamente a quanto riscontrato nelle scale di Pompei ed Ercolano: da un lato come una scala più semplice con gradini inseriti, dall’altro come una scala con gradini a cuneo in legno massiccio, posizionati su due travi squadrate. Si può anche supporre – continuano – che la struttura in legno della scala non fosse aperta lateralmente o verso il basso nell’ambiente, ma fosse chiusa da una parete in legno, creando un corridoio separato e separando la scala dall’ambiente che si apriva lateralmente e al di sotto. La scala in legno così presunta conduceva quindi dall’ingresso direttamente al piano superiore. Se si trasferisce la pendenza della scala in pietra alla scala in legno, questa supererebbe un’altezza di ca. 5,53 m e condurrebbe a un livello superiore a un’altezza totale di 7,84 m. Non è tuttavia da escludere che la scala in legno avesse una pendenza diversa e che l’ambiente superiore fosse leggermente più alto. Questa proposta di ricostruzione si basa quindi sull’architettura di una torre più alta (altezza circa 12 m).

Ipotesi di ricostruzione dell’organizzazione degli spazi interni della torre dell’ambiente 21 della Casa del Tiaso a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Questa torre era accessibile tramite un’imponente scala rettilinea: nella parte inferiore sotto forma di monumentale scalinata in pietra, poi tramite una scala in legno all’interno della sala 21. Al piano superiore si può presumere la presenza di una sala con funzione rappresentativa, una sala per banchetti o per il soggiorno del dominus. Da questa sala si poteva godere della vista sulla città e sul paesaggio, motivo per cui nella ricostruzione proponiamo finestre più grandi e chiudibili su tutte le pareti. La parte inferiore della sala 21 deve essere chiaramente separata dal salone di rappresentanza situato nella parte superiore della torre. La struttura tangibile rimanda a uno spazio socialmente meno importante: è possibile che qui si trovasse uno spazio di servizio, nel quale venivano preparati i cibi per i banchetti nella torre (e anche in altre sale della domus) e dove venivano conservati gli utensili necessari per i banchetti (alimenti, anfore, stoviglie ecc.) con l’uso di scaffali”.

Ipotesi di ricostruzione della torre dell’ambiente 21 della Casa del Tiaso a Pompei (foto parco archeologico pompei)
“La casa del Tiaso rappresenta senza dubbio un caso eccezionale nell’ambito dell’architettura residenziale pompeiana”, scrivono Susanne Muth e Gabriel Zuchtriegel, tirando le fila della ricerca. “Il sensazionale oecus corinthius, il magnifico salone nero, le terme private: tutti questi ambienti testimoniano il carattere straordinario di questa domus, recentemente riportata alla luce. Le nostre riflessioni sulla stanza 21 e la proposta di ricostruzione di una torre fuori dal comune suggeriscono che la domus presentasse un ulteriore elemento architettonico che, al pari degli ambienti sopra citati, risultava anch’esso di grande impatto e sottolineava nuovamente l’ambizione di un’architettura residenziale altamente rappresentativa e sontuosa. Soprattutto, la presenza della torre introduceva all’interno del contesto urbano un elemento tipico del lusso proprio delle ville di campagna o suburbane. A differenza degli altri spazi spettacolari della domus, la torre – grazie alla sua altezza – era visibile da lontano, annunciando visivamente il rango elitario e la straordinaria ricchezza del proprietario della casa del Tiaso. Mentre per ambienti come l’oecus corinthius, il salone nero o il complesso termale, gli scavi hanno immediatamente rivelato il loro carattere spettacolare, nel caso della torre, conservata solo parzialmente nella stanza 21, l’impressione iniziale risulta piuttosto modesta: soltanto la scala in pietra suggerisce l’esistenza di un piano superiore oggi perduto. In questo caso, è dunque soltanto grazie alla ricostruzione digitale, basata su una documentazione accurata di tutte le tracce presenti nel twin digitale dell’ambiente conservato, che è possibile restituire un’idea plausibile della torre perduta. Pur trattandosi di un’ipotesi ricostruttiva – e essa consente comunque di immaginare la torre come doveva probabilmente apparire in origine: un elemento architettonico di grande impatto visivo, decisamente rappresentativo e lussuoso, perfettamente in grado di competere con gli altri ambienti spettacolari della casa del Tiaso. Diversamente però dagli spazi effettivamente riportati alla luce, come l’oecus corinthius o il salone nero, la nostra proposta per la torre rimane, in ultima analisi, un’ipotesi; la sua ricostruzione digitale – concludono – non può che essere una forma di approssimazione. Per quanto suggestive possano risultare le immagini dei modelli 3D, la nostra ricostruzione va intesa come una proposta provvisoria, pensata per alimentare la discussione intorno alla torre, e non come una conclusione definitiva”.
Pompei. Davanti al portone d’ingresso della Villa dei Misteri, rinvenuto a giugno, scoperta una panchina d’attesa (usata dai clientes che volevano essere ricevuti dal padrone di casa) nell’area ancora inesplorata della villa, per la presenza di una casa abusiva abbattuta un anno fa

La panchina d’attesa e la via Superior scoperte nell’area inesplorata della Villa dei Misteri a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Davanti alla Villa dei Misteri, uno dei più noti monumenti non solo di Pompei ma del mondo antico intero, è stata portata alla luce una panchina d’attesa, posizionata sulla via Superior, la pubblica via di fronte al portone d’ingresso della villa. Ad aspettare qui, però, probabilmente non erano visitatori desiderosi di ammirare i celeberrimi affreschi a tema dionisiaco-misterico che hanno reso famoso il complesso sin dalle prime esplorazioni nel 1909/10 (come succede quotidianamente al parco archeologico di Pompei), ma clienti che duemila anni fa venivano a chiedere un favore al padrone di casa, oltre a braccianti e mendicanti che viaggiavano lungo la strada costiera che connetteva Pompei con la moderna Boscoreale. I padroni romani erano soliti ricevere durante la mattinata, nell’ambito della cosiddetta salutatio, i clientes, persone di un livello sociale più basso che si erano in qualche modo legati a un personaggio eminente della società locale. In cambio di favori, aiuto in questioni giudiziarie e piccoli o grandi prestiti, gli assicuravano sostegno politico nelle tornate elettorali dell’amministrazione cittadina.

Il direttore Gabriel Zuchtriegel e il procuratore Nunzio Fragliasso in sopralluogo sui nuovi scavi alla Villa dei Misteri a Pompei (foto parco archeologico pompei)
NUOVI SCAVI A VILLA DEI MISTERI. È questo un nuovo importante risultato degli scavi ripresi nella parte nord, finora inesplorata, della villa, a poco più di un anno dall’accordo con la Procura di Torre Annunziata che ha permesso l’abbattimento di due edifici abusivi: un ristorante e una casa privata (vedi Pompei. Villa dei Misteri: grazie all’accordo con la Procura di Torre Annunziata, abbattuti due edifici abusivi (un ristorante e una casa privata), scoperti cunicoli di clandestini e il criptoportico di un edificio sconosciuto, e avviate le ricerche nella parte non scavata della villa antica | archeologiavocidalpassato).
Nell’area attualmente indagata, che Amedeo Maiuri negli anni Trenta del Novecento non riuscì a scavare proprio per la presenza della casa abusiva, a giugno 2025, hanno cominciato a emergere l’antico ingresso della villa, la via Superior ovvero il tratto di strada prospiciente l’ingresso, e il piano superiore del quartiere servile della villa. Dal lato opposto, è stato messo in luce il muro di contenimento del terrapieno a Est della strada e una cisterna a pianta rettangolare con volta a botte a lato della via Superior (vedi l’articolo di approfondimento pubblicato sull’ E-journal del Parco archeologico di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/). “Stiamo portando avanti questo lavoro”, aveva spiegato nel giugno scorso il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel, “con il duplice obiettivo di documentare gli scavi clandestini aiutando in questo modo la Procura nel suo lavoro investigativo e di completare finalmente l’opera del direttore Maiuri e portare alla luce la restante parte della villa. Si tratta dell’ingresso principale della villa e di una parte significativa del quartiere servile. I dati che abbiamo raccolti finora sono molto promettenti, nonostante il saccheggio da parte dei clandestini: emergono resti intatti del piano superiore, il che fa ben sperare per le strutture sottostanti. Il nostro progetto, però, è solo un primo passo, ora stiamo cercando i fondi per portarlo a termine”.

La panchina d’attesa emerge dai nuovi scavi alla Villa dei Misteri di Pompei (foto parco archeologico pompei)
LA PANCHINA D’ATTESA. “Durante le lunghe ore di attesa spesso non sapevi se il padrone ti avrebbe ricevuto quel giorno”, spiega il direttore di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, “forse la sera prima aveva fatto le ore piccole e preferiva dormire, oppure aveva altro da fare. Allora qualcuno che aspettava qui, con un oggetto appuntito o con un pezzo di carbone scriveva sul muro per passare il tempo: si riesce a leggere una data, però senza anno, e un possibile nome. È, per così dire, l’altra faccia dei meravigliosi ambienti affrescati con vista sul golfo, chissà se le persone in attesa davanti al portone avrebbero mai visto una cosa del genere in vita loro. Vedere oggi la villa visitata quotidianamente da migliaia di persone da tutto il mondo è bellissimo: ciò che una volta era un privilegio sociale, oggi è alla portata di tutti, per lo più ogni prima domenica del mese a titolo totalmente gratuito”. Troviamo le stesse panchine anche davanti ad alcune domus di Pompei: come in uno studio medico con la sala d’attesa piena, anche le panchine affollate davanti alle domus pompeiane erano un motivo di vanto: più clienti aspettavano davanti al portone, più importante doveva essere il padrone di casa.

Foto aerea 18/2/2024: evidenziata la planimetria della Villa dei Misteri con le evidenze archeologiche riscontrate nell’area adiacente dove c’era la casa abusiva (foto parco archeologico pompei)

2022: veduta zenitale dell’area pertinente la villa dei Misteri a Pompei. In alto, a destra, una casa privata; in basso, il ristorante “Bacco e Arianna” (foto parco archeologico pompei)
Il rinvenimento è frutto delle recenti indagini archeologiche condotte lungo il fronte nord-occidentale della Villa dei Misteri, nell’ambito del progetto di scavo e messa in sicurezza dell’area, riavviato a seguito dell’abbattimento, grazie ad un accordo con la Procura, dell’edificio abusivo sovrastante. “La ripresa degli scavi archeologici nella Villa dei Misteri”, dichiara il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, “è stata possibile grazie alla collaborazione sinergica tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, in attuazione dei protocolli stipulati tra le due Istituzioni sia in materia di contrasto al traffico illegale di reperti archeologici sia in materia di finanziamento delle demolizioni delle opere abusive realizzate nell’area soggetta a vincoli archeologici di competenza del Parco Archeologico di Pompei. In virtù di questa collaborazione, si è proceduto, oltre che alla demolizione della casa oggetto di lavori abusivi sovrastante la Villa dei Misteri, altresì, alla demolizione, finanziata con fondi del Parco Archeologico, di una struttura del tutto abusiva, destinata ad attività di ristorazione, ubicata nell’area antistante la Villa dei Misteri, in tal modo consentendo la migliore fruizione del sito da parte dei visitatori”.

Il monumentale ingresso originario della Villa dei Misteri scoperto nei nuovi scavi, situato lungo la Via Superior (foto parco archeologico pompei)
LE SCOPERTE. I recenti scavi sono arrivati a mettere in luce il monumentale ingresso originario della villa, situato lungo la cosiddetta Via Superior, alcuni ambienti decorati in terzo stile pompeiano, con pitture raffinate a fondo nero e giallo e motivi ornamentali di grande qualità, oltre a individuare la parte ancora sepolta del quartiere servile. Il grande portone d’accesso alla villa, era sormontato da un arco (solo in parte conservato), affiancato da paracarri in muratura e da un tratto della via Superior, lastricata in pietra lavica. Di fronte all’ingresso è stata rilevata la presenza di una panca in cocciopesto. Al di sopra del muro è stata inoltre individuata una cisterna rettangolare voltata, in relazione con un sistema idrico di raccolta e regimentazione delle acque. Lo scavo ha inoltre documentato in modo esemplare la sequenza stratigrafica dell’eruzione del 79 d.C., con livelli di pomici da caduta e flussi piroclastici in posto, che sigillavano gli ambienti della villa. Sotto il livello delle pomici è emersa anche una porzione di paleosuolo sistemato “a conchette”, tecnica agricola che testimonia la gestione del paesaggio agrario in epoca romana.
IL FUTURO. Il prosieguo delle ricerche consentirà di completare l’indagine degli ambienti ancora in parte sepolti della villa, in particolare del quartiere servile, aprendo nuove prospettive di studio e valorizzazione di uno dei complessi residenziali più celebri e affascinanti dell’antica Pompei (per approfondimenti vedi l’articolo pubblicato sull’e-journal degli scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/). Intanto, il Parco sta cercando i fondi per finanziare il prosieguo dello scavo, coinvolgendo partner privati e sponsor, anche attraverso l’attivazione dell’ufficio Fundraising (vedi l’avviso di sponsorizzazione: https://pompeiisites.org/trasparenza/avviso-esplorativo-per-manifestazione-dinteresse-rivolto-ad-operatori-economici-interessati-a-stipulare-un-contratto-di-sponsorizzazione-per-il-finanziamento-nellambito-del-progetto-pompei-partne/).
Pompei. Nell’Insula 6 della Regio V, accanto alla Casa di Leda e il cigno, scoperta la Casa di Elle e Frisso (dal quadro mitologico presente nel triclinio) che porta nuova luce sugli ultimi momenti di Pompei con un estremo tentativo di salvezza da parte dei suoi abitanti

Il triclinio affrescato della Casa di Elle e Frisso nell’Insula 6 della Regio V a POmpei (foto parco archeologico pompei)
Il letto di traverso a sbarrare la porta della camera da letto per proteggersi dalla furia del Vesuvio, i resti di alcune vittime e gli oggetti quotidiani, segnali di una vita, poi bruscamente interrotta e che ancora una volta raccontano l’unicità di Pompei e dei suoi ultimi istanti prima della fine. È la scena che si è palesata con il recente scavo della Casa di Elle e Frisso lungo via del Vesuvio, e che restituisce la cronaca dei tentativi degli abitanti della dimora per salvarsi dall’ eruzione in corso. Gli approfondimenti scientifici su questo recente scavo sono stati pubblicati oggi sull’E-Journal degli scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/.
La Casa di Elle e Frisso è emersa nell’ambito dell’intervento “Restauro, Scavo e Valorizzazione della Casa di Leda – Regio V, insula 6 – Via del Vesuvio”, finanziato dalla programmazione ordinaria del parco archeologico di Pompei, a seguito di un progetto di ampliamento dello scavo della casa di Leda verso Est e Sud, al fine di potenziare la salvaguardia delle strutture archeologiche e delle decorazioni parietali emerse, mediante la creazione di un’area di rispetto più ampia.

Il quadro con il mito di Elle e Frisso nel triclinio dell’omonima Casa a Pompei (foto parco archeologico pompei)
La Casa di Elle e Frisso nella Regio V, Insula 6, prende il nome del quadro mitologico rinvenuto nel tricliinio, ed è ubicata vicino alla Casa di Leda e il cigno, già documentata nel 2018. Entrambe sono state oggetto di interventi di scavo conseguente ai lavori di consolidamento e tutela dei fronti perimetrali tra l’area scavata e non, e di miglioramento dell’assetto idrogeologico, e successivamente a interventi di restauro e di valorizzazione che ne consentiranno presto la fruizione al pubblico. Il quadro mitologico che dà il nome alla casa era nel pannello centrale di una parete del triclinio. Raffigura Frisso in sella al Crisomallo e la sorella Elle poco prima dell’annegamento. Il mito racconta che Elle e Frisso si salvarono dalla persecuzione di Ino volando in groppa ad un montone dal vello d’oro ma, durante il tragitto, Elle cadde nel mare che così prese il nome di Ellesponto. Nell’affresco è raffigurato il tragico momento della morte della fanciulla mentre tende la mano al fratello in cerca di aiuto. La raffigurazione del racconto mitologico è un esempio di un immaginario diffuso di tragedie di uomini e donne, ragazze e ragazzi, vittime di cataclismi vari, anche se non si può trascurare che nel I sec. d.C. queste storie non hanno più la valenza religiosa e culturale, che invece avevano avuto nell’età arcaica e classica. Dobbiamo supporre, dunque, che la loro funzione nelle case dei ceti medio e alto era principalmente l’intrattenimento, l’esibizione dello status economico e culturale, la “bellezza”, che traspare anche in questa domus di medie dimensioni.
“Scavare a Pompei e visitarla vuol dire confrontarsi con la bellezza dell’arte ma anche con la precarietà della vita di tutti noi”, dichiara il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. “In questa piccola casa meravigliosamente decorata abbiamo trovato le tracce degli abitanti che hanno cercato di salvarsi, bloccando l’ingresso di un piccolo ambiente con un letto di cui abbiamo realizzato il calco. Questo perché dall’apertura del tetto dell’atrio entravano i lapilli, le pietre vulcaniche che rischiavano di invadere lo spazio. Non ce l’hanno fatta, alla fine è arrivata la corrente piroclastica, un violento flusso di cenere caldissima che ha riempito qui, come altrove, ogni ambiente, le scosse sismiche avevano già prima fatto crollare molti edifici. Un inferno che colpì questa città il 24 agosto 79 d.C., di cui ancora oggi troviamo le tracce”.

Casa di Elle e Frisso a Pompei: Il calco del letto messo di traverso a sbarrare la porta della camera da letto per proteggersi dalla furia del Vesuvio (foto parco archeologico pompei)
I principali ambienti portati in luce oltre all’ingresso, sono l’atrio con impluvium (vasca di raccolta delle acque), una camera da letto (cubiculum), una sala da banchetto (triclinium) con pareti riccamente decorate, e un vano con una tettoia e un’apertura al centro per il passaggio dell’acqua piovana. Proprio questa apertura potrebbe aver determinato l’ingresso dei lapilli che cascavano a pioggia all’interno della casa durante le prime fasi dell’eruzione, e da cui le vittime, oggi rinvenute, avevano provato a proteggersi rifugiandosi in un ambiente, sbarrato con un letto. Di quest’ultimo è stato possibile riprodurre il calco, dopo aver individuato nella cenere solidificatasi dei vuoti, formatisi a seguito della decomposizione organica del legno. All’interno dei vuoti è stato versato il gesso per ricostruire la forma del letto conservato come impronta nella cenere. Alcuni elementi, quali le soglie asportate, l’assenza in alcuni punti di decorazione, le tracce di taglio di porzioni di muratura nell’ingresso della casa lasciano supporre che la casa fosse interessata, al momento dell’eruzione, da interventi di ristrutturazione. Tuttavia continuò ad essere occupata dai suoi abitanti che colti dall’eruzione, preferirono non allontanarsi dall’abitazione, trovando qui la morte.

Planimetri delal Casa di Elle e Frisso nell’Insula 6 della Regio V di Pompei (foto parco archeologico pompei)
“Gli scavi effettuati tra il 2018 e il 2019 hanno parzialmente indagato il limite Nord delle fauces (amb. 48) e uno dei cubicula laterali (amb. 10) della casa di Elle e Frisso”, scrivono Maria Rispoli, archeologa del Parco, e Marco Tartari, archeologo libero professionista, sull’E-Journal degli scavi di Pompei. “La nuova campagna ha messo in luce un’area che presumibilmente corrisponde a un terzo della superficie originaria della casa. Restano ancora sepolte dal materiale eruttivo e dagli strati di riporto le stanze a Sud e ad Est del corridoio (amb. 50). Si accede alla domus da Via del Vesuvio. La soglia di ingresso è in marmo. Uno dei pilastri che delimita l’ingresso mostra evidenti tracce del taglio del muro: ciò indica che in una fase precedente l’ingresso della casa era costituito soltanto dal corridoio (fauces) che nell’ultima fase fu allargato e trasformato in un’anticamera più ampia (amb. 48) con accesso diretto all’atrio (amb. 29). Una peculiarità dell’ambiente 48 è l’assenza di decorazioni sulla parete Nord. L’atrio (amb. 29), liberato solo in parte, misura 5,20 x 3,33 m. Sulla parete Nord si conserva una nicchia 40 x 40 cm con mensola di marmo. L’impluvio è inornato e posto fuori asse rispetto all’ingresso. La tubazione di sfogo della vasca era protetta da un disco forato in piombo, rinvenuto in frammenti. Sulla parete settentrionale si conservano due gradini in travertino che rappresentano molto probabilmente la base di una scala che doveva condurre ad un soppalco. Sul pavimento, nell’area individuata come sottoscala, è stata rinvenuta numerosa suppellettile che ha consentito di interpretare questo spazio come dispensa.
A Ovest dell’atrio è stato indagato al momento un singolo cubicolo, l’ambiente 10 (3,00 x 2,60 m), decorato con pitture in IV stile. Il registro mediano si articola in tre pannelli a fondo bianco, separati da stretti riquadri decorati da ghirlande. Sulla parete Nord è un volto femminile all’interno di una cornice circolare, su quella Ovest un amorino alato, mentre sulla parete Est una divinità alata”

Dettaglio della decorazione delle pareti del triclinio della Casa di Elle e Frisso a Pompei (foto parco archeologico pompei)
“Procedendo invece verso Est – continuano Rispoli e Tartari – si entra nell’ambiente 52, il triclinio che ha restituito l’affresco che ha dato il nome alla casa. L’ambiente presenta una forma rettangolare che misura 4,70 x 3,50 m. La stanza presenta importanti danni strutturali riferibili al fenomeno di “sgrottamento sottofondale”, che si verifica in presenza di vuoti e voragini al di sotto di un setto murario. Nonostante l’accertamento autoptico di questi elementi abbia confermato la presenza di un vuoto al di sotto del triclinio, per ora non è possibile appurarne né la natura né l’eventuale destinazione d’uso. Tuttavia, la vicinanza dell’impluvio dell’atrio e poco distante dal triclinio stesso lascia supporre che il vuoto sia imputabile alla presenza di una cisterna di dimensioni considerevoli. Gli affreschi del triclinio in IV stile sono caratterizzati da un’articolata partitura delle pareti. Sulle pareti Nord e Sud il registro inferiore, a fondo nero, è caratterizzato da elementi architettonici che inquadrano animali in volo e bucrani. Ai lati, cespugli di felci e fiori adornano i pannelli laterali. Sul registro mediano, si aprono, ai lati delle pareti, scorci prospettici con elementi architettonici, quali porte ed elementi della trabeazione, caratterizzati da una grande cura nei giochi di luce con cui si implementa la resa prospettica delle finte architetture. Il pannello centrale, di colore ocra, è inquadrato da un portale monumentale con soffitto a cassettoni. Al di sotto sono invece collocati, su tutte le pareti, scorci paesaggistici. Sulla parete di fondo, all’interno del pannello centrale, si conserva il quadro mitologico che raffigura Frisso in sella al Crisomallo e la sorella Elle poco prima dell’annegamento. Una cornice con profilo ad L, costituita da una composizione di ghirlande e bordi di tappeto, circoscrive i pannelli laterali del registro mediano. Al centro è posta una finestra con balaustra marmorea. Il parapetto richiama una decorazione bugnata in stucco arricchita da ippocampi o fiori. Gli scorci prospettici inquadrano parte di un’ambiente con soffitto a cassettoni e un’edicola con fastigio a volute. Sulle pareti Nord e Sud si aggiungono delle ghirlande. Il passaggio al registro superiore è segnato da una cornice dentellata azzurra. Le figure, prevalentemente dipinte di rosso, si impostano su uno fondo bianco. Sui lati vengono ripresi elementi a bande e ghirlande rosse, bordi di tappeto e cornici dentellate che inquadrano figure vegetali e animali, quali arbusti stilizzati, cerbiatti e ippocampi. Al centro si conserva, solo sul lato Nord, parte di una balaustra e alla sua sinistra un pinax con scorcio paesaggistico marino. Un fregio con maschera tragica sormonta infine il soffitto a cassettoni dell’edicola centrale”.

I resti di un individuo scoperti nello scavo della Casa di Elle e Frisso a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Nel corso dello scavo sono emersi anche i resti di almeno quattro individui, tra i quali un bambino. A quest’ultimo probabilmente doveva appartenere la bulla in bronzo qui ritrovata, ovvero un amuleto che veniva fatto indossare ai figli maschi fino al raggiungimento dell’età adulta. Tra i vari altri oggetti rinvenuti anche un deposito di anfore, stipato in un sottoscala con funzione di dispensa, alcune delle quali adibite al contenimento del garum, una salsa di pesce molto diffusa; e un set di vasellame in bronzo, composto da un attingitoio, una brocca monoansata, un vaso a paniere e una coppa a conchiglia.
L’ultimo giorno di Pompei: 24 agosto o 24 ottobre? Secondo il nuovo studio, tra archeologia sperimentale e nuovi dati archeobotanici inseriti nel contesto, “non si può escludere la data del 24 agosto 79 d.C., come tramandata da Plinio”. E si aprono interrogativi su cambiamenti climatici e pratiche agricole nel mondo antico

Pompei vista dall’alto all’ombra del Vesuvio (foto parco archeologico pompei)
Quando avvenne l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano? Il 24 agosto, come ci ha tramandato Plinio, o il 24 ottobre, come ha fatto ipotizzare l’iscrizione in carboncino scoperta nel 2018 nella Casa del Giardino durante gli scavi nella Regio V di Pompei (vedi Pompei. La scoperta di un’iscrizione a carboncino nella Casa con Giardino sposterebbe la datazione dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. da agosto a ottobre. L’annuncio durante la visita agli scavi della Regio V del ministro ai Beni culturali Alberto Bonisoli | archeologiavocidalpassato)? Gabriel Zuchtriegel, Chiara Comegna, Fabrizio Conte, Alessandro Russo, autori della ricerca “La data della distruzione di Pompei: premesse per un dibattito aperto”, ora pubblicata sull’E-Journal degli Scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/, che presenta i risultati di un progetto di archeologia sperimentale sulla durabilità di iscrizioni a carboncino nonché un aggiornamento sullo studio delle fonti letterarie e archeobotaniche, concludono che al momento non ci sono sufficienti elementi per scartare la data del 24 agosto, presente già nei più antichi manoscritti. Pongono, inoltre, alcuni interrogativi riguardo a cambiamenti climatici e diversità geografiche caratterizzanti coltivazioni e pratiche agricole nel mondo antico. Nell’area mediterranea – “hot spot” nello studio dei cambiamenti climatici attuali – clima e pratiche agricole cambiavano già in antico, sia da regione a regione, sia nel corso del tempo. “Non possiamo al momento escludere che l’eruzione sia avvenuta il 24 agosto, come scrisse Plinio, e occorre domandarsi cosa questo potrebbe significare”, ha dichiarato il direttore degli scavi di Pompei, Gabriel Zuchtriegel. “Forse abbiamo sottovalutato la tradizione letteraria, che in realtà non è così confusionaria come si è spesso creduto, mentre potremmo aver sopravvalutato la stabilità del clima e dei cicli agricoli: in realtà il clima è cambiato anche nel passato, seppure con ritmi più lenti, e Pompei offre un’occasione unica per studiare un ecosistema fortemente condizionato dalla presenza umana già 2000 fa. La biodiversità e la varietà di pratiche, coltivazioni e tradizioni locali va ben oltre il quadro, necessariamente schematico, che offrono gli autori antichi che si sono occupati di agricoltura. Comunque, il nostro non vuole essere un punto finale, ma un contributo per continuare la discussione e aprire nuove prospettive”.

L’iscrizione a carboncino, scoperta nella Casa con Giardino di Pompei, che riporta la data del 17 ottobre del 79 d.C. (foto parco archeologico pompei)
Lo studio. “Ci siamo limitati ad analizzare alcune delle questioni più centrali del dibattito relativo alla data dell’eruzione di Pompei, a cominciare dall’iscrizione a carboncino della Casa del Giardino”, spiega Zuchtriegel. “Quale primo editore dell’iscrizione della Casa del Giardino, Massimo Osanna ha usato due argomenti principali, che non si escludono a vicenda. Il primo è la natura effimera delle iscrizioni a carboncino: la scritta non sarebbe rimasta intatta a lungo, per cui sembrerebbe poco probabile che fosse stata apportata nel mese di ottobre del 78 d.C. o negli anni precedenti. Il secondo argomento è il contesto archeologico: dal momento che l’atrio era, secondo il direttore scientifico dello scavo, oggetto di lavori in corso che avrebbero successivamente interessato anche la parete su cui si trova l’iscrizione, Osanna ritiene improbabile che in un contesto destinato a mutare rapidamente, un’iscrizione a carboncino potesse rimanere leggibile per più di dieci mesi. Abbiamo perciò affrontato il primo argomento con l’aiuto dell’archeologia sperimentale, per verificare quanto tempo un’iscrizione a carboncino possa effettivamente durare a Pompei, per poi passare al secondo argomento, ovvero a un’analisi del contesto dell’iscrizione della casa del Giardino, anche con un aggiornamento delle ricerche archeobotaniche in corso nel laboratorio del Parco”.

Gli ambienti affrescati della Casa del Giardino a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Qual è dunque il giorno esatto dell’eruzione del Vesuvio che seppellì Pompei ed Ercolano? “L’obiettivo della ricerca – scrive Zuchtriegel – non era quello di aggiungere un ulteriore esempio alla lunga lista di tentativi di chiudere questa complicata ma affascinante domanda, quanto mettere a punto le premesse per riaprire la questione in una cornice più chiara”.

“L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.” dipinto di Pierre-Henri de Valenciennes (1813) conservato al musée des Augustins di Tolosa
Primo punto: la tradizione letteraria è chiara e univoca. Da Plinio il Giovane ci è stata tramandata la data del 24 agosto; tutte le altre (24 ottobre, 1° novembre, 23 novembre ecc.) sono il risultato di fraintendimenti, supposizioni e misinterpretazioni abbastanza recenti e perfettamente rintracciabili nella bibliografia post rinascimentale.

Archeologia sperimentale a Pompei: iscrizione a carboncino realizzata tra il 2023 e il 2024 nella Casa del Giardino per verificare la sua “tenuta” nel tempo (foto parco archeologico pompei)
Secondo punto: oggi si è in grado di dire almeno con certezza quali elementi sono da escludere dal nostro ragionamento, quelli che sono, per così dire, ‘fuorigioco’. L’iscrizione a carboncino, scoperta nel 2018 nella casa del Giardino e riportante la data del 17 ottobre (“XVI K NOV”), è uno di questi. Un progetto di archeologia sperimentale avviato il 17 ottobre 2023, quando fu apportata una simile iscrizione sulla stessa parete di quella originale, ha chiaramente dimostrato che dieci mesi dopo, ovvero il 24 agosto 2024, il testo era ancora perfettamente leggibile oltreché di sembianza abbastanza fresca. “Non si può quindi escludere che l’iscrizione fosse stata realizzata il 17 ottobre 78 d.C., dunque a poco più di dieci mesi dalla data pliniana dell’eruzione”. Lo stesso vale per il contesto. L’intonaco su cui è scritto il testo era quello definitivo, mancava però il relativo pavimento. Tuttavia, l’assenza di tracce di un cantiere attivo suggeriscono che evidentemente si stava in questa condizione, tutto sommato gestibile anche se forse non al massimo del decoro, da qualche tempo. È del tutto verosimile (forse concorderà chi ha fatto l’esperienza di avviare dei lavori di ristrutturazione in casa) che questa situazione si prolungava per un anno o più, per cui anche il contesto non ci fornisce elementi per affermare che l’iscrizione sia necessariamente del 79 d.C.

La Casa del Giardino nella Regio V di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Terzo e ultimo punto: “Abbiamo cercato di illustrare come i dati archeobotanici siano generalmente caratterizzati da una notevole complessità e, in alcuni casi, da apparenti contraddizioni, che richiedono uno studio approfondito dei singoli contesti. Al momento l’impressione è che più si approfondisce il singolo caso, più si innestano domande e dubbi su interpretazioni che a prima vista possono sembrare scontate ma che a ben guardare non sono così certe”. Si è trovato – ad esempio – nel medesimo strato archeologico noccioli di pesche e bucce di castagne: pesche tardive con le castagne (e quindi riferibili ad ottobre)? o pesche con castagne agostane (e quindi riferibili ad agosto)? entrambe situazioni possibili all’epoca dell’eruzione del Vesuvio.

Gabriel Zuchtriegel e Massimo Osanna nella Casa del Giardino, Regio V, a Pompei (foto parco archeologico di pompei)
“Ma al di là di queste osservazioni – continua Zuchtriegel -, ci sia consentita una riflessione di ordine più generale. Abbiamo insistito sulle regole del buon gioco scientifico: ciascun tipo di fonti va analizzato secondo le proprie caratteristiche ed esigenze ermeneutiche. A volte, però, le stesse regole rischiano di diventare un limite. L’alternarsi delle stagioni, i tempi dell’agricoltura, in breve il clima, alla fine del Settecento appariva come una certezza immutevole. Oggi siamo consapevoli che non è così. Il clima cambia, e anche se il cambiamento oggi avviene con una velocità forse mai vista nella storia dell’umanità, esso cambiava anche in antico. Con questo non ci si riferisce solo alle variazioni nella temperatura media, ma anche all’altissimo grado di variazione che scaturisce dall’interazione tra uomo e ambiente in diverse aree geografiche e nei tanti micro paesaggi mediterranei. Insomma, forse è giunto il momento di contemplare la possibilità di porre la domanda in modo diverso: e se non si trattasse di correggere, tramite le certezze scientifiche di singoli reperti archeobotanici (ma sono veramente così certi?), una data percepita come incerta perché tramandata da copisti medievali notoriamente poco ‘fededegni’ (Osanna 2023 a, p. 135); se si trattasse, invece, di ripensare, intorno a una data tutto sommato non così incerta, il 24 agosto appunto, le nostre presunte certezze sull’agricoltura e valutare in modo più specifico il clima del I secolo d.C.? La relazione tra i testi come quelli di Columella o Plinio e la realità dell’epoca, alla fine, è come quella tra un dotto manuale di agricoltura settecentesco, compilato da un qualche nobile o clerico curioso, e la infinita varietà di tradizioni, costumi, esigenze e peculiarità geografiche che sono rimaste intatte sulla penisola italiana fino a meno di un secolo fa, ma che ormai stanno scomparendo rapidamente. Pompei e il suo territorio sono anche uno straordinario comprensorio di saperi e tradizioni sommerse, di cui nessun autore antico parla se non in forma estremamente semplificata e sommaria, e non potrebbe essere diversamente. Ma l’archeologia ha la possibilità di andare oltre la semplice conferma di quel che dice un Plinio o un Varrone, analizzando appunto l’insieme multiforme e complesso dei dati, l’intreccio tra sviluppi sociali, culturali, coltivazioni e ambiente; tra lavoro schiavistico, urbanizzazione, stratificazione e biodiversità; tra geografia politica, navigazione sociale e deforestazione e tanto altro. In una tale ottica, la data dell’eruzione è solo una tra tante domande che attendono di essere affrontate dall’archeologia del XXI secolo”.
Pompei. Gli scavi nell’Insula 10 della Regio IX restituiscono i corpi di due pompeiani, un giovane e una donna, nel momento dell’agonia di fronte alla morte, intrappolati nella stanzetta dove si erano rifugiati con un po’ di monete e qualche gioiello per scampare alla pioggia di lapilli. Zuchtriegel: “Un fermo-immagine, una vera e propria scena, intensa e drammatica, dell’istante della morte”

Veduta zenitale dell’ambiente 33 dell’Insula 10 nella Regio IX di Pompei: ricostruzione col mobilio e la posizione degli scheletri (foto parco archeologico pompei)

La posizione dell’ambiente 3 nell’Insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Sono le 8 del mattino del secondo giorno dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. quando la corrente piroclastica investì Pompei. Qualche ora prima, alla pioggia di lapilli, una donna di 35-45 anni e un uomo più giovane, sui 15-20 anni, avevano trovato un rifugio di fortuna e vi si erano chiusi dentro, sentendosi al sicuro in quel piccolo ambiente, forse un’apotheca, che, durante la ristrutturazione della grande domus danneggiata dal terremoto del 62 d.C., era stata adibita a una piccola stanza da letto, un cubiculo transitorio, con un letto e pochi mobili in legno. La donna aveva con sé monete d’oro, d’argento e bronzo, e alcuni monili tra cui orecchini in oro e perle: un piccolo tesoro per garantirsi un domani una volta passati quei momenti terribili e tornare a respirare l’aria pulita dello scampato pericolo. Ma i lapilli invasero ogni spazio aperto del resto della casa. Quel cubicolo, grazie all’infisso chiuso, rimase sgombro dalle pomici che riempirono, invece, il salone adiacente, bloccando di fatto la possibilità alle due ignare vittime di riaprire la porta e scappare. Erano in trappola. L’angusta stanzetta era diventata la loro tomba. E lì trovarono la morte col sopraggiungere dei flussi piroclastici. I loro corpi sono stati scoperti duemila anni dopo dagli archeologi di Pompei, riportando alla luce l’agonia, il tormento, la disperazione di quei due pompeiani di fronte alla morte.

Un momento dello scavo degli scheletri dell’ambiente 33 dell’Insula 10 nella Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
I resti di altre due vittime dell’eruzione del Vesuvio sono l’ultimo rinvenimento nell’ambiente 33 della domus nell’area di scavo della Regio IX, Insula 10 di Pompei, dove sono in corso indagini archeologiche nell’ambito di un più ampio progetto volto alla messa in sicurezza dei fronti di scavo da parte del parco archeologico di Pompei. Il progetto di scavo si inserisce in un approccio più ampio, sviluppato negli ultimi anni con l’obiettivo di migliorare la tutela e l’assetto idrogeologico dei fronti di scavo. In base ai dati raccolti in questo periodo, il parco archeologico è impegnato a calibrare il proprio approccio, mettendo al centro gli aspetti del restauro, della salvaguardia e dell’accessibilità del patrimonio e circoscrivendo accuratamente le aree di scavo all’interno della città sepolta nel 79 d.C. Al tempo stesso, importanti investimenti ministeriali e governativi sono destinati a nuovi scavi nel territorio circostante, da Civita Giuliana a Villa dei Misteri e all’antica Oplonti nel Comune di Torre Annunziata.
“Si tratta di un grande cantiere di restauro di messa in sicurezza”, spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel, “che ci fornisce delle informazioni davvero preziose sugli ultimi istanti di vita delle persone nell’eruzione del 79 d.C. sulle scelte che loro hanno fatto, che cosa portare, dove rifugiarsi. E non è più un’archeologia come storia dell’arte, come studio dell’architettura, ma – come diceva Luigi Settembrini quando vedeva i primi calchi dele vittime di Pompei – è l’agonia, il dolore umano che noi vediamo. Pompei ci chiede questa grande attenzione. Questa perizia e questa esattezza anche nella documentazione, nella ricerca, ma soprattutto la responsabilità di sapere di avere a che fare con un luogo di una catastrofe dove ancora dopo duemila anni troviamo la sofferenza, l’agonia delle persone che sono morte nel 79 d.C.”.

I calchi del mobilio dell’ambiente 33 dell’Insula 10 nella Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
“L’ambiente 33 assume dunque un valore paradigmatico”, scrivono Anna Onesti e Gabriel Zuchtriegel nel numero del 12 agosto 2024 dell’E-Journal Scavi di Pompei, “sia con riferimento all’intervento di scavo dell’insula, sia con riferimento a ciò che accadde a Pompei durante l’eruzione. Lo scavo dell’ambiente 33, pur di dimensioni limitate, ha presentato complessità che solitamente si affrontano in ambiti ben più estesi: la presenza di materiali vitrei e ceramici, collocati sulla lastra di marmo che concludeva la scaffalatura lignea, a sua volta rimasta impressa nella coltre piroclastica, ha reso necessario procedere con attività di microscavo e rimozione e ha offerto la possibilità di eseguire i calchi del mobilio, restituendoci l’immagine esatta della stanza al momento dell’eruzione. Analogamente il ritrovamento delle vittime – la prima, adagiata in prossimità del letto e dotata di un significativo corredo, la seconda intrappolata da un crollo, in un ambito estremamente angusto – ha reso necessario procedere ad un’accurata attività di micro-scavo e rimozione”.

Lo scavo dello scheletro del giovane nell’ambiente 33 dell’Insula 10 nelal Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
“La complessità e la ricchezza dei ritrovamenti – continuano Onesti e Zuchtriegel – è dunque tale da offrirci più ancora che un fermo-immagine, una vera e propria scena, intensa e drammatica, dell’istante della morte. Il corredo della prima vittima – pochi preziosi e una chiave, forse di pertinenza della serratura dalla cassapanca, presente nello stesso ambiente – suggerisce come possibile che ci sia stato un tentativo di fuga, preceduto dal recupero dei beni là conservati, mentre la posizione delle vittime – una adagiata sul letto, in posizione fetale, un’altra schiacciata a terra dal crollo di un muro, in prossimità di una possibile uscita – fa supporre che la morte non le abbia colte nello stesso istante e che, svanita ogni possibilità di fuggire, la prima vittima abbia vissuto un tempo, sia pure brevissimo, di attesa rassegnata. La sistemazione finale dello scavo dovrà dunque restituire ai futuri visitatori la complessità di informazioni emerse in fase di scavo; si prevede quindi di mantenere in situ i calchi del mobilio e, dopo le opportune attività di restauro, di riportarvi gli elementi di arredo”.

Lo scheletro della donna nell’ambiente 33 dell’Insula 10 nella Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Le vittime. “La presenza di pochi centimetri di cenere (4-5 cm) al di sotto dello scheletro del giovane”, spiegano Valeria Amoretti e Domenico Sparice, “suggerisce che la sua morte sia avvenuta a ridosso dell’arrivo della corrente piroclastica che, probabilmente, ha contribuito a causare il cedimento della parte alta della parete occidentale, i cui frammenti hanno travolto la vittima. La parte bassa della parete non ha subito danni probabilmente perché protetta dalle pomici sedimentate durante la prima fase dell’eruzione (fase Pliniana), prima dell’arrivo delle correnti piroclastiche, e che dovevano ingombrare il vicolo occidentale dell’insula. Lo scheletro della donna ritrovato nel settore nordoccidentale della stanza, in prossimità del letto, giaceva ad una quota leggermente maggiore rispetto al piano di calpestio. L’analisi della stratigrafia porta ad ipotizzare che la vittima abbia resistito più a lungo, anche perché scampata al crollo del muro occidentale, per poi accasciarsi e scivolare oltre il limite del letto durante l’agonia in un’atmosfera carica di cenere”.
Pompei. Nell’insula 10 della Regio IX scoperto un sacrarium, una piccola stanza con pareti blu impreziosite dalle figure delle quattro stagioni e dalle allegorie dell’agricoltura e della pastorizia. Il ministro Sangiuliano in visita ai nuovi cantieri di scavo

Regio IX, Insula 10: sacrarium (stanza celeste): allegoria dell’agricoltura (foto parco archeologico pompei)

Veduta d’insieme del sacrarium, la stanza con le pareti azzurre scoperta nell’insula 10 della Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Ci sono le Horae, le quattro stagioni, e poi ci sono le allegorie dell’agricoltura e della pastorizia, che si riconoscono dagli attributi dell’aratro e del pedum, un corto bastone usato da pastori e cacciatori. Sembrano camminare leggiadre, leggere, eteree, sul fondo azzurro delle pareti di una piccola stanza restituita dagli scavi in corso nell’Insula 10 della Regio IX a Pompei, interpretabile come un sacrarium, ovvero uno spazio dedicato ad attività rituali e alla conservazione di oggetti sacri. Il colore azzurro qui ritrovato era raramente testimoniato negli affreschi pompeiani e in genere era presente in ambienti di grande impegno decorativo. L’attività di scavo che sta interessando l’insula 10 della Regio IX – lo ricordiamo – è parte di un più ampio progetto di messa in sicurezza del fronte perimetrale tra l’area scavata e non, e di miglioramento dell’assetto idrogeologico, finalizzato a rendere la tutela del vasto patrimonio pompeiano (più di 13mila ambienti in 1070 unità abitative, oltre agli spazi pubblici e sacri) più efficace e sostenibile.

Dettaglio della decorazione superiore della nicchia centrale del sacrario scoperto nell’insula 10 della Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Sulla nuova scoperta del sacrarium, mostrato in anteprima nello Speciale Meraviglie della RAI del 27 maggio 2024, curato e condotto da Alberto Angela, è stato pubblicato un approfondimento sull’e-Journal degli Scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/.

Il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel, illustra al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, il sacrarium scoperto nell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
E oggi, lunedì 3 giugno 2024, il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, si è recato al parco archeologico di Pompei per una visita ai nuovi cantieri di scavo.
Accompagnato dal direttore Gabriel Zuchtriegel e dai funzionari del Parco, il ministro ha visitato l’insula dei Casti amanti, di recente aperta al pubblico, e la Regio IX da cui proviene l’ambiente scavato nell’area centrale della città antica, dipinto in blu e interpretabile come un sacrarium. “Pompei non smette di stupire”, ha dichiarato il ministro Sangiuliano. “È uno scrigno di tesori in parte ancora inesplorato. È per questo motivo che abbiamo finanziato i nuovi scavi e stiamo lavorando per mantenere elevata la qualità del parco archeologico”.

Il mucchio di gusci di ostriche rinvenuto sulla soglia del sacrarium, la stanza con le pareti azzurre scoperta nell’insula 10 della Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Già parzialmente esplorato in epoca borbonica, lo scavo ha restituito oggetti appartenenti all’arredo della casa, temporaneamente depositati in occasione dei lavori edilizi estesi a tutto il complesso. Nell’ambiente sono state ritrovate quindici anfore da trasporto e un corredo in bronzo composto da due brocche e due lucerne. Presenti anche accumuli di materiali edilizi, pronti per essere impiegati nelle ristrutturazioni. Sulla soglia d’ingresso è stato rinvenuto un mucchio di gusci di ostriche già consumate che, probabilmente, una volta tritati venivano aggiunti agli impasti per gli intonaci e le malte.

Insula 10, Regio IX: pianta di un dettaglio del quartiere con indcati il salone nero (in azzurro) e il sacrarium (in rosso), recentemente scoperti a Pompei (foto parco archeologico pompei)
La stanza, che misura circa 8 mq, è emersa tra le strutture poste nella porzione meridionale dell’isolato, pertinenti ad un quartiere secondario di una grande domus, che ha finora restituito un quartiere termale ancora in corso di scavo e un grande salone nero affrescato affacciato su un cortile, con scala di accesso al primo piano del complesso (vedi Pompei. Dai nuovi scavi nell’Insula 10 della Regio IX emerge un salone da banchetto dalle eleganti pareti nere decorato con soggetti ispirati alla guerra di Troia: Elena e Paride, e Apollo e Cassandra. Zuchtriegel: “Le coppie mitiche erano spunti per parlare del passato e della vita, dell’amore, ma anche del rapporto tra individuo e destino”. Sangiuliano: “Crediamo in Pompei, un unicum mondiale, e abbiamo finanziato nuovi scavi” | archeologiavocidalpassato).
Pompei. Nell’Insula dei Casti Amanti, aperta al pubblico per visite dall’alto su passerelle sopraelevate, scoperti disegni di gladiatori realizzati da bambini prima dell’eruzione del Vesuvio. Zuchtriegel: “Ciò ci fa riflettere sull’esposizione a forme estreme di violenza, anche di bambini piccoli”

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: Alberto Angela mostra i disegni a carboncino realizzatid a bambini (foto parco archeologico pompei)

L’insula dei Casti Amanti a Pompei con le passerelle per una veduta dall’alto (foto parco archeologico pompei)
Il segno a carboncino è semplice, la resa delle persone è semplice, stilizzata, infantile, opera certamente di bambini, ma è il soggetto che apre a riflessioni: quei disegni rappresentano gladiatori e cacciatori: dipinti da bambini piccoli con il carboncino sui muri di un cortile di servizio, nella Casa del Cenacolo colonnato su via dell’Abbondanza a Pompei. La scoperta, illustrata in anteprima nello Speciale “Meraviglie” di Alberto Angela andato in onda su Rai1 (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2024/05/25/pompei-su-rai-1-speciale-di-meraviglie-su-pompei-le-nuove-scoperte-alberto-angela-accompagna-i-telespettatori-alla-scoperta-degli-ultimi-affascinanti-ritrovament/), è avvenuta nell’insula dei Casti Amanti nell’ambito di un progetto di restauro, scavo e accessibilità e che da oggi, 28 maggio 2024 è visitabile “dall’alto” grazie a un sistema di passerelle sospese (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2024/05/27/pompei-apre-al-pubblico-linsula-dei-casti-amanti-dal-28-maggio-un-percorso-sopraelevato-consentira-una-visione-inedita-dallalto-delle-strutture-e-del-cantiere-di-scavo-e-restauro/): qui il parco archeologico di Pompei è impegnato in un progetto di ricerca interdisciplinare per valorizzare i tanti dati nuovi.

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: disegni a carboncino realizzatid a bambini. Si vede una mano e un gladiatore (foto parco archeologico pompei)
Questi disegni aiutano a capire meglio l’infanzia ai tempi degli antichi romani: l’esposizione a forme estreme di violenza, anche di bambini piccoli (si stima tra 5 e 7 anni), non sembra essere un problema solo dei giorni nostri, tra videogiochi e social media – con la differenza che nell’antichità il sangue sparso nell’arena era vero e che pochi ci vedevano un “problema”, con tutte le possibili ricadute sullo sviluppo psico-mentale dei bambini pompeiani.

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: disegni a carboncino realizzatid a bambini. Si vedono gladiatori, cinghiali e rapace (foto parco archeologico pompei)
Come scrivono gli autori di un testo pubblicato oggi sull’E-Journal degli Scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/, “Pompei ci offre la possibilità non solo di studiare le espressioni complesse di una civiltà antica, ma anche di entrare nei meccanismi di formazione e autoriproduzione che di generazione in generazione l’hanno tramandata e tramutata. È quasi come se potessimo gettare uno sguardo sull’inconscio dell’impero, sulla sua subcultura sommersa di cui parlano ancora le migliaia di graffiti e disegni a carboncino sui muri della città antica. A volte sono i più piccoli ad averci lasciato una traccia del loro percorso di formazione culturale e sentimentale. È questo il caso del cortile della Casa del Secondo Cenacolo Colonnato, dove nell’ambito di nuovi scavi finalizzati a una migliore fruizione e conservazione delle strutture emerse durante precedenti campagne di scavo (la facciata è stata scavata nel 1912, la parte retrostante tra il 1982 e il 2005), è stato possibile documentare una serie di disegni a carboncino sui muri di quello che doveva essere un cantiere in piena attività al momento dell’eruzione, con diversi ponteggi montati e pareti ancora da intonacare. Nonostante la sontuosa facciata dell’abitazione su Via dell’Abbondanza, il contesto sociale che si percepisce all’interno degli ambienti della casa è tutt’altro che agiato; anzi, si respira un’atmosfera di precarietà, in cui possiamo immaginare i bambini abbandonati a se stessi per intere giornate, mentre i genitori badavano ai loro affari. Non è certo il contesto in cui possiamo immaginare la presenza di schiavi pedagoghi o balie come nei palazzi dei ricchi, per esempio nell’antica domus di Giulio Polibio situata poco oltre”.
“Sembra lecito ipotizzare, sulla base della testimonianza letteraria”, scrive il direttore Gabriel Zuchtriegel, “che la presenza di bambini durante questi spettacoli fosse usuale. I disegni dalla Casa del Cenacolo Colonnato confermano questa ipotesi: quello che vediamo è una testimonianza diretta dell’incontro tra un’anima ancora infantile, molto ricettiva e piena di fantasia, e il crudele passatempo dell’epoca, che oltre a giochi gladiatori e cacce con gli animali, prevedeva anche la messa in scena di esecuzioni di criminali e schiavi, presumibilmente nell’intervallo (ludi meridiani) tra la venatio matutina e i ludi gladiatori del pomeriggio. Come accadeva ancora fino all’Ottocento anche in molti Paesi europei, a nessuno all’epoca sarebbe venuto in mente di impedire ai più piccoli l’accesso ai giochi e alle esecuzioni pubbliche, che dovevano servire anche da insegnamento di corretto comportamento sociale, in una società nella quale l’azione penale era cronicamente carente, a cominciare dalla mancanza di funzioni assimilabili a quelle del pubblico ministero e della polizia giudiziaria di oggi. L’impressione è, tuttavia, che in molti casi prevaleva il divertimento su ragionamenti di questo genere; tanto è vero che a partire dal II sec. d.C. pare che si sia sviluppato un vero e proprio ‘mercato’ di condannati a morte, i quali venivano comprati dai lanisti per essere inseriti negli spettacoli. Resta da chiedersi se, nel ricostruire la cultura classica nelle sue infinte sfaccettature, non bisognerebbe tenere maggiormente conto della precoce esposizione a forme estreme di violenza che emerge dal dossier archeologico, epigrafico e letterario. Diversi studi recenti hanno evidenziato un legame tra una precoce esposizione a immagini e film violenti e alti livelli di aggressività in età adolescenziale e adulta. Forse un giorno – conclude Zuchtriegel – saremo in grado di comprendere quanto questi fenomeni abbiano impattato sulla società romana di duemila anni fa. Anche per questo si auspica che il dialogo tra antichistica e psicologia riprenda con nuova linfa, sperando che il presente contributo possa essere un piccolo spunto di lavoro in tal senso”.

Casa dei Pittori al lavoro a Pompei: quadretto singolare con la rappresentazione di un piccolo bambino incappucciato e mantello di viaggiatore (foto parco archeologico pompei)
Oltre ai disegni dei bambini, per il cui studio il Parco ha avviato una collaborazione con il dipartimento di Neuropsichiatria infantile dell’università “Federico II” a Napoli, sono stati documentati i resti di due vittime, una donna e un uomo, morti nei lapilli del Vesuvio davanti al portone chiuso della Casa dei Pittori al lavoro (chiamata così in virtù del fatto che si stava ridipingendo al momento dell’eruzione); all’interno della casa, è venuto alla luce un piccolo cubicolo (“camera da letto”), allestito come studiolo in prossimità del tablinum (sala di ricevimento) della casa. Tra le scene mitologiche un quadretto singolare, senza confronti del repertorio vesuviano, con la rappresentazione di un piccolo bambino incappucciato, forse un figlio deceduto dei proprietari.
Da oggi 28 maggio 2024 – come si diceva – è possibile accedere al cantiere tutti i giorni dalle 10.30 alle 18, attraverso un percorso che, interamente “accessibile”, va ad implementare l’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti”, e include un elevatore per il raggiungimento delle passerelle sospese anche ai diversamente abili. Il percorso dall’alto consentirà una visione innovativa e globale dell’intera insula, nonché dell’architettura delle case romane con l’alternarsi di ambienti vari adibiti ad usi diversi, dal produttivo al commerciale all’abitativo, oltre che dell’attività di cantiere in atto, nell’ottica di una rinnovata e migliore fruizione al pubblico. L’ingresso, da via dell’Abbondanza, sarà contingentato allo scopo di garantire un’ottimale accessibilità e fruizione in sicurezza del percorso, anche in considerazione delle attività in essere al livello archeologico.
“Periodicamente e sempre di più, Pompei ci rivela nuove scoperte meravigliose e si conferma uno straordinario scrigno di tesori”, dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Ecco perché noi in legge di bilancio abbiamo espressamente rifinanziato gli scavi a Pompei, dove adesso sono attivi tantissimi cantieri, che giorno dopo giorno portano all’attenzione generale nuove meraviglie. Dopo la conclusione del Grande Progetto Pompei noi vogliamo dare un assetto organico, un assetto stabile a questo meraviglioso sito che ogni giorno fa registrare decine di migliaia di visitatori”.

Il percorso sopraelevato nell’Insula dei Casti Amanti a Pompei è inserita nell’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti” (foto parco archeologico pompei)
“Con l’itinerario di visita facilitato Pompei per tutti, avviato nel 2016 e da allora oggetto di progressive implementazioni e sviluppi, nonché con le nuove campagne di scavo che negli ultimi anni hanno regalato al mondo incredibili sorprese, è stato inaugurato un nuovo approccio, inclusivo e coinvolgente, alla valorizzazione del sito”, aggiunge il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna. “L’apertura di oggi, traguardo di un cantiere complesso e importante, avviato in seno al Grande Progetto Pompei, appare in questo senso assai significativa. Offre infatti il valore aggiunto dell’accessibilità e della piena inclusione di tutti i visitatori, anche rispetto a tutte quelle attività dietro le quinte, quali gli interventi di scavo e restauro propri di un cantiere, che sono rese visibili a tutti senza barriere”.
Pompei. Dai nuovi scavi nell’Insula 10 della Regio IX emerge un salone da banchetto dalle eleganti pareti nere decorato con soggetti ispirati alla guerra di Troia: Elena e Paride, e Apollo e Cassandra. Zuchtriegel: “Le coppie mitiche erano spunti per parlare del passato e della vita, dell’amore, ma anche del rapporto tra individuo e destino”. Sangiuliano: “Crediamo in Pompei, un unicum mondiale, e abbiamo finanziato nuovi scavi”

La scena con Elena e Paride al centro della parete nord del salone nero, da banchetto, scoperto nell’insula 10 della Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Un imponente salone da banchetto (oecus tricliniare), dalle eleganti pareti nere, decorate con soggetti mitologici ispirati alla guerra di Troia, è uno degli ambienti recentemente portati alla luce durante le attività di scavo in corso nell’insula 10 della Regio IX di Pompei e oggi completamente visibile in tutta la sua maestosità. Un ambiente raffinato nel quale intrattenersi in momenti conviviali, tra banchetti e conversazioni, in cui si respirava l’alto tenore di vita testimoniato dall’ampiezza dello spazio, dalla presenza di affreschi e mosaici databili al III stile, dalla qualità artistica delle pitture e dalla scelta dei soggetti. “Lo scavo archeologico avviato nel 2023 nell’insula 10 della Regio IX a Pompei, necessario per la sistemazione dei fronti e per il miglioramento dell’assetto idrogeologico del pianoro, ha finora restituito due abitazioni, collegate tra di loro, che si affacciavano su via di Nola, le cui facciate furono già portate alla luce alla fine del ‘800. Si cominciano ora a intravedere le strutture poste alle spalle delle due case, che sembrano essere il risultato di divisioni delle unità proprietarie originarie, come quella che si legge nel tablino della casa con il panificio di Aulo Rustio Vero (IX, 10, 1)”: comincia così Gabriel Zuchtriegel l’articolo scientifico “Quando la Guerra di Troia non era ancora decisa. Il salone nero con affreschi di III stile nella Regio IX, insula 10 di Pompei”, pubblicato sul numero 4 dell’E-Journal degli scavi di Pompei (dell’11 aprile 2024). Il tema dominante di questo “salone nero” sembra essere quello dell’eroismo, per le raffigurazioni di coppie di eroi e divinità della guerra di Troia, ma anche del fato e al tempo stesso della possibilità, sovente non afferrata, che l’uomo ha di poter cambiare il proprio destino.
“Pompei è davvero uno scrigno di tesori che non finisce mai di sorprenderci e di destare stupore”, commenta il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, “perché ogni volta che scaviamo troviamo qualcosa di bello e di significativo. Noi crediamo in questo unicum mondiale che rappresenta Pompei e per questo in legge di bilancio abbiamo finanziato nuovi scavi. Bisogna andare avanti nella tutela di questo importante sito ma anche nella sua valorizzazione”.

Il salone da banchetto (oecus tricliniare), dalle eleganti pareti nere, scoperto nell’insula 10 della Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
È il direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, a entrare nel merito della scoperta: “Le pareti erano nere per evitare che si vedesse il fumo delle lucerne sui muri. Qui ci si riuniva per banchettare dopo il tramonto, la luce tremolante delle lucerne faceva sì che le immagini sembrassero muoversi, specie dopo qualche bicchiere di buon vino campano. Le coppie mitiche erano spunti per parlare del passato e della vita, solo apparentemente di carattere meramente amoroso. In realtà, parlano del rapporto tra individuo e destino: Cassandra che può vedere il futuro ma nessuno le crede, Apollo che si schiera con i troiani contro gli invasori greci, ma pur essendo un Dio non riesce ad assicurare la vittoria, Elena e Paride che con il loro amore politicamente scorretto sono la causa della guerra, o forse solo un pretesto, chi sa. Oggi, Elena e Paride siamo tutti noi: ogni giorno possiamo scegliere se curarci solo della nostra vita intima o di indagare come questa nostra vita si intrecci con la grande storia, pensando per esempio, oltre a guerre e politica, all’ambiente, ma anche al clima umano che stiamo creando nella nostra società, comunicando con gli altri dal vivo e sui social”.

Regio IX, Insula 10, salone nero: due coppie di gladiatori disegnate a carboncino sull’intonaco grezzo delle arcate del grande scalone (foto parco archeologico pompei)

Planimetria dell’insula 10 della Regio IX con evidenziato l’ambiente 24, il salone da banchetto (salone nero) a T (foto parco archeologico pompei)
Il salone misura circa 15 metri di lunghezza per 6 di larghezza e si apre in un cortile che sembra essere un disimpegno di servizio, a cielo aperto, con una lunga scala che porta al primo piano, priva di decorazione. Sotto gli archi della scala è stato riscontrato un enorme cumulo di materiale di cantiere accantonato. Qualcuno aveva disegnato a carboncino sull’intonaco grezzo delle arcate del grande scalone, due coppie di gladiatori e quello che sembra un enorme fallo stilizzato. L’attività di scavo nell’insula 10 della Regio IX è parte di un più ampio progetto di messa in sicurezza del fronte perimetrale tra l’area scavata e non, di miglioramento dell’assetto idrogeologico, finalizzato a rendere la tutela del vasto patrimonio pompeiano (più di 13mila ambienti in 1070 unità abitative, oltre agli spazi pubblici e sacri) più efficace e sostenibile.

Regio IX, Insula 10, salone nero: organizzazione della decorazione pittorica (foto parco archeologico pompei)
“La decorazione pittorica del salone da banchetto può essere assegnata, nel suo insieme, al terzo stile maturo”, spiega Domenico Esposito. “La forma a T del salone ne ha condizionato anche l’applicazione del sistema decorativo, che rispetta comunque la suddivisione canonica in anticamera e sala. Su tutte le pareti lo schema prevede un alto plinto rosso, concluso superiormente da un listello bianco. Lo zoccolo, a fondo nero, come tutto il resto della parete, presenta una serie di figure di Satiri e Menadi con strumenti musicali, quali tamburelli, cembali e flauti di Pan. La fascia che separa lo zoccolo dalla zona mediana è molto ricca: su una fascia azzurra si imposta una cornice gialla, con le zone d’ombra delineate in marrone; su di essa corre un listello verde, reso con due diverse tonalità dello stesso colore; segue una modanatura campita in bianco crema, lilla e viola, sulla quale si imposta una seconda cornice bianca, con listello centrale verde chiaro. La zona mediana è immaginata come una parete chiusa, seminascosta da pilastri, che ne inquadrano il pannello centrale e candelabri metallici, che separano le coppie di pannelli laterali. I pannelli della zona mediana sono a fondo monocromo nero e sono racchiusi da doppi listelli, resi in bianco-rosso e azzurro-bianco. La decorazione del salone prevedeva, infine, un soffitto a cassettoni a fondo nero, con una serie di riquadri geometrici, racchiusi da listelli bianchi e gialli e decorati da motivi floreali stilizzati, o da vignette con animali”.

La scena con Elena e Paride al centro della parete nord del salone nero, da banchetto, scoperto nell’insula 10 della Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)

Pompei, Regio IX, Insula 10, salone nero: didascalia in greco vergata in bianco al centro della scena: ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ ΕΛΕΝΗ (foto parco archeologico pompei)
“Al centro di ciascuna parete – continua – è presente una scena figurata, concepita come una grande vignetta, piuttosto che come un vero e proprio quadro. Le vignette rappresentano delle coppie di figure del mito. Sulla parete nord è raffigurato l’incontro tra Elena e Paride, chiaramente indicati da una didascalia in greco vergata in bianco al centro della scena: ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ ΕΛΕΝΗ.

Pompei, Regio IX. Insula 10, salone nero: dettaglio della parete nord con Elena e l’ancella (foto parco archeologico pompei)
Elena incede da sinistra verso destra, la gamba sinistra puntata a terra, quella destra scartata indietro; il braccio destro abbassato e lievemente teso in avanti, quello sinistro piegato sotto il petto e sorretto dalla mano di un’ancella; il capo lievemente chinato in avanti, ma lo sguardo diretto a incrociare quello di Paride, che le sta di fronte. Veste un chitone celeste ornato da bottoni d’oro sul braccio destro. La trasparenza della stoffa, ne lascia intravvedere il candore della pelle e le forme delicate e sensuali. Il chitone è in parte coperto da un himation di colore grigio-verde, che avvolge i fianchi e le gambe e lascia scoperto il busto. Ai piedi dei calzati di colore rosso. Elena reca un anello all’anulare sinistro, un’armilla all’avambraccio destro, un elaborato collier al collo ed orecchini con pendenti; i capelli, di colore rosso, sono ornati da un copricapo, o da una retina azzurra. Elena è scortata da una giovane ancella, vista frontalmente, col capo lievemente rivolto verso sinistra ad osservare Elena. La fanciulla veste un chitone verde-azzurro, avvolto in un mantello di colore viola-marrone; ha i capelli fulvi e ricci, il collo ornato da una collana, nella sinistra regge un flabello.

Pompei, Regio IX. Insula 10, salone nero: dettaglio della parete nord con Paride (foto parco archeologico pompei)
Paride è rappresentato stante sulla gamba destra, la sinistra lievemente scartata al lato, il braccio destro proteso in avanti, come a prendere per mano la giovane Elena. Al gesto istintivo del giovane principe troiano fa riscontro il rossore del viso e lo sguardo intenso che ricambia quello di Elena. Il braccio sinistro di Paride regge un pedum, il bastone da pastore; accucciato a suoi piedi un grosso cane, probabilmente un molosso. Entrambi gli attributi ricordano l’infanzia di Paride, cresciuto come pastore; proprio come pastore egli avrebbe espresso il proprio giudizio sulla più bella tra le tre dee: Era, Atena ed Afrodite. Il giovane principe veste sontuosi abiti orientali; la tunica di colore azzurro con maniche lunghe a fasce gialle, fissata in vita da una cintura, è ornata da una fila di riquadri gialli e rossi su fondo bianco crema inquadrati da due sottili fasce rosse. I pantaloni anassaridi, dal tono verde-giallognolo, sono ornati da linee orizzontali rosse e azzurre. Un ampio mantello verde, poggiato sulla spalla sinistra, copre in parte le gambe. Il capo del giovane è coperto da un berretto frigio con bande laterali che ricadono sulle spalle. La scena dunque narra dell’incontro, fatale, tra il giovane Paride e la bella Elena, moglie del re di Sparta Menelao, che egli rapirà e porterà con sé a Troia, causando la famigerata ventennale guerra tra gli Achei e i Troiani”.

La scena con Apollo e Cassandra al centro della parete sud del salone nero, da banchetto, scoperto nell’insula 10 della Regio IX a Pompei (foto parco archeologico pompei)
“Al centro della parete sud – riprende la descrizione Domenico Esposito – è rappresentata una seconda coppia, priva di didascalia in greco, ma identificabile, con tutta probabilità, con Apollo e Cassandra.

Pompei, Regio IX. Insula 10, salone nero: dettaglio della parete sud con Apollo (foto parco archeologico pompei)
Il dio è rappresentato nudo, con un ampio mantello azzurro bordato d’oro poggiato sulla spalla sinistra e una cintura verde, che ricade dalla spalla destra sul torso. Il dio resta sulla gamba destra tesa, la sinistra incrociata davanti alla destra; il braccio e la mano destra sono portati dietro la schiena, la mano sinistra è poggiata su una cetra. Il capo, dai lunghi capelli, è cinto da un serto di alloro. Il dio guarda con intensità la giovane donna che gli siede di fronte su di un omphalos verde, racchiuso da una rete d’oro, poggiante su di un podio di due gradini.

Pompei, Regio IX. Insula 10, salone nero: dettaglio della parete sud con Cassandra (foto parco archeologico pompei)
La figura femminile indossa un chitone marrone, che ne lascia scoperta la spalla sinistra. Un ampio mantello beige, fissato dietro la schiena e, con prospettiva probabilmente errata, sotto il braccio destro, ricopre le gambe con morbide pieghe. La fanciulla poggia il piede destro su un sasso, quello sinistro direttamente a terra; reca delle armille ai polsi; il capo, dai lunghi capelli sciolti che ricadono sulle tempie, sul collo e sulle spalle, è ornato di alloro. Il braccio sinistro è poggiato sulla gamba sinistra, e regge con la mano un ramo di alloro. Il braccio destro sembrerebbe poggiato su un sostegno, non più visibile, mentre la mano è portata alla fronte, in un gesto che sembra esprimere una grande disperazione, sottolineata anche dallo sguardo triste e dalle labbra serrate. La posa, i gesti, l’espressione del viso della fanciulla, l’essere ella seduta su di un omphalos, simbolo dei vaticini apollinei, permettono di identificarla con Cassandra, la giovane figlia di Priamo, sventurata vate, condannata dal dio Apollo a non esser creduta per averne respinto l’amore. Le due vignette delle pareti lunghe del triclinio narrano dunque vicende amorose cariche di presagi nefasti, che hanno portato alla guerra e alla caduta di Troia”.
Pompei. Nuove scoperte dagli scavi della IX Regio: trovate iscrizioni elettorali all’interno di una casa che invitano a votare un tale Aulus Rustius Verus, candidato per la carica di edile: il “voto di scambio” si promuoveva anche durante le cene. Notizie “in diretta” con l’E-Journal degli Scavi di Pompei. Zuchtriegel: “Esempio di trasparenza scientifica: siamo convinti che in questo Pompei sarà un modello a livello internazionale”

Pompei: scavi Regio IX, insula 10, civico 1. L’iscrizione sulla parete ovest del larario: A.R.V. AED. / D.R.P. OVF (foto parco archeologico pompei)
A.R.V. AED. / D.R.P. OVF –– i.e. A(ulum) R(ustium) V(erum) aed(ilem), d(ignum) r(ei) p(ublicae), o(ro) v(os) f(aciatis): “Vi esorto vivamente a votare per Aulo Rustio Vero, candidato edile, uomo degno della carica dello Stato”. L’appello elettorale non lo si legge su una parete di un edificio che si affaccia su una delle strade più frequentate della Pompei romana, ma all’interno della domus in corso di scavo al numero 1 dell’insula 10 della Regio IX, dove si intravede un “voto di scambio” promosso durante le cene: è la nuova scoperta giunta dagli scavi nella Regio IX finalizzati a migliorare le condizioni di conservazione delle case e botteghe lungo via di Nola. A riportare la scoperta nell’area centrale di Pompei è l’E-Journal degli Scavi di Pompei (http://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/il-larario-della-casa-ix-10-1/ e http://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/passione-elettorale-nelle-mura-domestiche-un-larario-una-macina-un-candidato/). Le iscrizioni invitano a votare un tale Aulus Rustius Verus, candidato per la carica di edile, un personaggio dell’ultima fase di vita di Pompei conosciuto già grazie a altre iscrizioni e che, insieme a Giulio Polibio, proprietario di una splendida casa su via dell’Abbondanza, negli anni Settanta del I sec. d.C. raggiunse la carica più alta della città, quella di duumvir.

L’affresco con Natura morta, del tipo xenia (doni ospitali) scoperto in una domus dell’insula 10 della Regio IX di Pompei (foto parco archeologico pompei)
Dopo la scoperta di una natura morta con focaccia e calice di vino (vedi Pompei. Nella Regio IX scoperto un affresco con un vassoio di benvenuto, del tipo xenia (doni ospitali), tra cui una “pizza”, una focaccia lontano antenato del piatto napoletano per eccellenza. L’intervento del direttore Zuchtriegel | archeologiavocidalpassato), ora è una serie di iscrizioni elettorali, l’equivalente antico dei manifesti e post elettorali di oggi, scoperte nell’ambiente che ospitava il larario, l’altare domestico della casa, a destare stupore.

L’iscrizione elettorale di Helvium Sabinum ritrovata nella Regio V a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Normalmente, infatti, come ricorda Chaterine Chiavia, “i manifesti elettorali riempivano le mura delle abitazioni dei candidati e di influenti cittadini che decidevano di supportarli, ma anche le mura di taverne, botteghe, officine, circoli associativi, terme, teatri e locali di tutti, in piena sintonia con la dinamicità dei dintorni del Foro, delle piazzette, dei crocicchi e delle porte urbiche”. Ma c’era, però, “tutta una parte della campagna elettorale”, sottolineano Maria Chiara Scappaticcio e Gabriel Zuchtriegel nel saggio su E-Journal degli Scavi di Pompei, “che doveva articolarsi nelle mura domestiche, penetrandone le parti più intime. La presenza all’interno dell’abitazione potrebbe trovare una sua spiegazione nella prassi di organizzare, all’interno delle case dei candidati e dei loro amici, eventi e cene allo scopo di promuovere la campagna elettorale”.

Pompei: scavi Regio IX, insula 10, civico 1. L’iscrizione sulla parete sud del larario (foto parco archeologico pompei)

Pompei: Regio IX. insula 10, civico 1. Il larario: particolare del Genius patrisfamilias con cornucopia e patera che compie libagioni presso un altare circolare (foto parco archeologico pompei)
Messaggi elettorali si incontrano su tre delle pareti della stanza 12 della casa IX, 10, 1, in forma più o meno frammentaria. Insieme a messaggi giunti incompleti, la scrittura piuttosto rozza, decisamente meno calligrafica dei programmata (manifesti) elettorali che si incontrano lungo le strade di Pompei, potrebbe indurre a credere che sia propria di un’esercitazione (di uno scriptor?) e che ci si trovi, pertanto, davanti a prove di pennello di qualcuno che avrebbe dovuto, poi e altrove, dipingere questi messaggi; comparare il nostro caso con l’evidenza di quella che è stata reputata una sorta di officina scriptoria negli spazi di I, 7, 6 non può, però, guidare nella stessa prospettiva. L’ambiente è apparentemente tappezzato di propaganda elettorale ma l’elemento che ne caratterizza lo spazio funzionale è un larario particolarmente elaborato e ritrovato in ottimo stato di conservazione, con ancora i resti dell’ultima offerta deposti sul piano dell’altare in muratura.

Pompei: Regio IX, insula 10, civico 1. Il larario (foto parco archeologico pompei)

Pompei: Regio IX. insula 10, civico 1. Il deposito combusto sull’altare del larario (foto parco archeologico pompei)
Sull’altare in muratura del grande Larario (edicola sacra) dipinto, caratterizzato da due serpenti in stucco, noti in rarissimi confronti, sono stati, inoltre, rinvenuti resti di un’ultima offerta votiva, probabilmente avvenuta poco prima dell’eruzione. Le analisi archeobotaniche e archeozoologiche hanno permesso di identificare gli elementi che costituivano tale offerta e di riconoscere diverse azioni del rito effettuato. L’offerta era costituita principalmente da fichi e datteri che erano stati bruciati davanti all’altare. Il combustibile utilizzato è rappresentato dai numerosi resti frammentati di noccioli di oliva a cui era aggiunta la pigna con i pinoli, immancabile nei riti che caratterizzano soprattutto i larari. A chiusura del rito è stato posto un uovo intero direttamente sull’altare in muratura del larario. L’altare è stato poi coperto con una tegola. Sono state inoltre individuate le tracce di precedenti offerte che, oltre a quelle già identificate, includono i frutti della vite, pesce e carne di mammiferi.

Pompei: Regio IX. insula 10, civico 1. Il deposito combusto sull’altare del larario: frammenti di guscio d’uovo dal livello superficiale (A) e da quello più profondo (B) (foto parco archeologico pompei)

Pianta dell’insula 10 della Regio IX in corso di scavo (foto parco archeologico pompei)
“Lo studio di questo contesto molto interessante è un’operazione esemplare per due motivi”, dichiara il direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel: “uno, è stata una collaborazione interdisciplinare tra Parco e Università che ha visto coinvolti archeologi, archeo-botanici, archeo-zoologi, archeo-epigrafisti, restauratori e architetti. Due, grazie all’E-journal degli scavi di Pompei, oggi possiamo condividere le nuove scoperte già durante lo scavo, quasi in diretta, secondo format e standard scientifici. Per quanto mi risulta, siamo il primo sito archeologico al mondo che pratica questa forma di trasparenza scientifica: siamo convinti che in questo Pompei sarà un modello a livello internazionale per una nuova forma di accessibilità dei dati grazie alle opportunità che ci offrono le tecnologie digitali. Il futuro dell’archeologia è qui”.

Pompei: Regio IX, insula 10: prospettiva della casa al civico 1 dall’ingresso (foto parco archeologico pompei)

Pompei: Regio IX, insula 10, civico 1. Iscrizione su una macina (foto parco archeologico pompei)
La casa, attualmente oggetto di scavo, apparentemente a un sostenitore di Aulo Rustio, forse un suo liberto o un amico, ospita anche un panificio caratterizzato da un grande forno, nei pressi del quale, alcuni mesi fa, furono trovate tre vittime dell’eruzione, due donne e un bambino, morti a causa del crollo del solaio durante la prima fase eruttiva. (http://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/ri-scavare-pompeinuovi-dati-interdisciplinari-dagli-ambienti-indagati-a-fine-800-di-regio-ix-10-1-4/). La presenza del panificio è un fattore tutt’altro che secondario, anche nell’ottica della campagna elettorale nell’antica Pompei, dove quello che oggi si definisce “voto di scambio” era all’ordine del giorno, come spiega Maria Chiara Scappaticcio, professoressa di latino all’università Federico II a Napoli e co-autrice dello studio appena pubblicato: “Edili e fornai collaboravano ai limiti della legittimità e, plausibilmente come Giulio Polibio, Aulo Rustio Vero potrebbe aver capito fin da subito, quando ancora brigava per diventare edile e nel pieno della sua campagna elettorale, che (soprattutto) di pane vive l’elettore”. Ciò potrebbe spiegare anche perché le iniziali del candidato, A.R.V., appaiono su una macina di pietra vulcanica, appoggiata nell’atrio della casa, dove nel momento dell’eruzione si stavano facendo lavori di ristrutturazione. Aulo Rustio Vero verosimilmente finanziava, direttamente, l’attività del panificio con scopi sia economici che politici.








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