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Nella tomba di Tutankhamon con gli occhi di Carter: a Jesolo la mostra “Egitto. Dei, faraoni, uomini” fa rivivere al visitatore le emozioni della scoperta del tesoro del giovane faraone e di poter entrare nella camera sepolcrale ricostruita in scala 1:1

Howard Carter e Lord Carnarvon nella tomba di Tutankhamon scoperta nella Valle dei Re nel novembre 1922

Il logo della mostra “Egitto. Dei, faraoni, uomini” che Jesolo ospita dal 26 dicembre 2017 al 15 settembre 2018: prorogata al 30 settembre 2018

Novembre 1922: Howard Carter riporta sul suo diario il dialogo con Lord Carnarvon. “Era venuto il momento decisivo. Con mani tremanti praticammo una piccola apertura nell’angolo superiore sinistro…”. “Potete vedere qualche cosa?”, chiede Lord Carnarvon tradendo speranze e ansia. “Sì, cose meravigliose”, la risposta estasiata di Carter. Avevano appena scoperto la tomba inviolata del faraone Tutankhamon. Quell’emozione di intravedere, nel buio rotto dalla fiamma tremolante di una candela, i tesori ammassati nella tomba di Tut è stata ricreata nella sala 7 della mostra “Egitto. Dei, faraoni, uomini” aperta non più fino al 15 ma fino al 30 settembre 2018, nello Spazio Aquileia di Jesolo: un viaggio nello spazio e nel tempo che ti porta a tu per tu con la grande civiltà del Nilo. Con l’arrivo nella valle dei Re si chiude il nostro viaggio alla scoperta della terra dei faraoni attraverso le testimonianze esposte nella mostra jesolana. Abbiamo attraversato il Mediterraneo incrociando le navi di quei popoli che trafficavano con la terra dei faraoni. Abbiamo solcato il Nilo ammirando le grandi città che erano sorte lungo le sue sponde. Abbiamo fatto la conoscenza con i signori di queste terre, i faraoni, e con le divinità che sovrintendevano a questo mondo. Con gli imbalsamatori, ci siamo inoltrati nel mondo dell’aldilà, il regno di Osiride. Infine abbiamo scoperto Deir el-Medina, il villaggio degli artigiani, dove abitavano gli operai specializzati che hanno realizzato le tombe reali della Valle dei Re, e abbiamo conosciuto la tomba di uno di questi artigiani, Pashed.

Turisti nella valle dei Re a Tebe Ovest

La Valle dei Re sorge in una stretta gola che si insinua, con due diramazioni principali, nella catena montuosa che delimita, verso Ovest, la piana del Nilo, e contiene un centinaio di tombe a ipogeo scavate nella roccia dagli artigiani di Deir el-Medina. “I lavori di scavo di una tomba reale”, ricorda l’egittologa Sara Demichelis, “iniziavano subito dopo l’incoronazione del faraone, sotto la supervisione del visir e delle mappe conservavano la memoria dell’ubicazione delle tombe già esistenti: minuscoli frammenti di papiro, oggi conservati al museo Egizio di Torino, sono l’unica testimonianza giunta a noi dell’esistenza di questi documenti”.

In mostra a Jesolo si è ricreata la situazione della scoperta della tomba di Tut: un foro nel muro e la luce flebile di una candela che svela il tesoro del faraone (foto Graziano Tavan)

Tutankhamon al cospetto di Osiride: dettaglio delle pitture della stanza del sarcofago ricostruita nella mostra di Jesolo (foto Graziano Tavan)

I faraoni, nel corso della millenaria storia dell’Egitto, furono centinaia. “Di alcuni”, interviene Alessandro Roccati, co-curatore della mostra jesolana, “restano monumenti imponenti, ma di pochi si conservano elementi del corredo funebre, che li accompagnò nella tomba. Trovare una tomba intatta di un faraone pareva un’impresa disperata, fino al 1922, quando Howard Carter ebbe premiata la sua pertinacia con la straordinaria scoperta della tomba di Tut”. E continua: “Il regno di Tutankhamon cade in un periodo che fu associato all’esecrazione per una rivoluzione religiosa (e culturale) abortita. Tutti i personaggi di questo periodo storico, la cosiddetta età di Amarna, furono condannati all’oblio: i loro regni cancellati e attribuiti a un generale che riportò l’ordine nel Paese: Haremhab. Sopra il sepolcro di Tutankhamon, inoltre, meno di duecento anni dopo, non vi furono esitazioni a impiantare la grandiosa tomba di Ramses V che finì per coprire completamente con gli scarichi il sepolcro di cui forse si era anche persa la memoria”. Anche la tomba di Tutankhamon celava un segreto: “Non tutto il prezioso corredo era stato usato o confezionato per il giovane re. Alcuni degli oggetti più preziosi erano destinanti all’origine a una regina che meditava di diventare faraone, come aveva fatto Hatshepsut. Fallito il suo progetto, essa perse il diritto a una sepoltura da dio, quale era considerato il faraone. Così lo splendido corredo che essa si era preparato fu quindi riadattato per un vero faraone, quale fu il giovane Tutankhamon”.

La decorazione parietale della stanza del sarcofago della tomba di Tutankhamon ricostruita a Jesolo (foto Graziano Tavan)

La tomba KV62 fu costruita per un membro importante della casa reale, probabilmente durante la seconda metà della XVIII dinastia. Quando la sua destinazione d’uso fu cambiata per la sepoltura di Tutankhamon era ancora incompleta e la camera sepolcrale (e l’annesso laterale) fu scavata sul lato sinistro del primo ambiente. “La camera funeraria”, spiega Roccati, “è l’unica parte della tomba che riporta decorazioni parietali, presumibilmente eseguite in modo frettoloso per l’improvvisa morte del giovane re. Tale fretta si ripercuote anche a livello qualitativo sulle pitture, che appaiono sgraziate nelle proporzioni e piuttosto semplici nel programma decorativo. Ciononostante, i tratti distintivi dello stile amarniane sono facilmente riconoscibili in un programma pittorico che ricorda quello del successore di Tutankhamon, Eie. A livello formale risulta assolutamente amarniano il modo in cui sono rese le figure antropomorfe, così come tutta amarniana è anche la sostanza del programma decorativo che abbandona quell’idea di aldilà come prosecuzione ideale della vita terrena per lasciare posto a immagini più ieratiche ed eteree, disseminate di piccoli gesti di intimità”.

La ricostruzione della camera funeraria di Tutankhamon in scala 1:1 ricostruita a Jesolo

L’egittologa Donatella Avanzo all’interno della tomba di Tutankhamon ricostruita a Jesolo (foto Graziano Tavan)

A Jesolo il pubblico ha l’emozione di esplorare di persona la camera sepolcrale della leggendaria tomba di Tutankhamon, “il faraone fanciullo” dodicesimo re della XVIII dinastia egizia, perfettamente ricostruita in scala 1:1. La stanza del sarcofago di Tutankhamon è stata realizzata dall’artigiano e appassionato di egittologia Gianni Moro, dopo tre anni di studio e lavoro su un progetto scientifico delle università di Torino Padova e Venezia. “Entrando”, spiega l’ideatrice del progetto, l’egittologa Donatella Avanzo, tra i curatori della mostra di Jesolo, “si respira un fascino sospeso, come se fossimo accolti anche noi nell’aldilà del sovrano”.

(7 – fine; precedenti post 12 e 17 aprile, 23 maggio, 22 giugno, 5 luglio, 17 agosto 2018)

A Tourisma 2017 tutti in fila per un’esperienza unica: entrare nella camera funeraria di Tutankhamon, ricostruita in scala 1:1, e poi assaggiare lo shedeh, il vino che faceva resuscitare i morti, ricreato nel Trevigano sulla base dei ritrovamenti nella tomba del faraone fanciullo

Tutti in fila per entrare nella camera funeraria di Tutankhamon ricostruita a Tourisma 2017

Tutti in fila per entrare nella camera funeraria di Tutankhamon ricostruita a Tourisma 2017

La ricostruzione della camera funeraria di Tutankhamon in scala 1:1

La ricostruzione della camera funeraria di Tutankhamon in scala 1:1

“Scusi, dov’è la tomba di Tutankhamon? Il mio nipotino mi ha chiesto di accompagnarlo proprio per vederla…”. Chi ha frequentato il palazzo dei Congressi a Firenze per Tourisma 2017, il salone internazionale dell’archeologia, gli sarà capitato più di una volta di sentirsi rivolgere questa domanda da visitatori disorientati dalla complessa e ricca articolazione della kermesse diretta da Piero Pruneti. “Segua la fila…”. E sì, perché per tutti tre i giorni di Tourisma è stata una fila continua, ordinata, emozionata, desiderosa di provare un’esperienza unica: entrare nella tomba del faraone fanciullo, vera attrattiva del salone.  La camera funeraria è stata infatti ricostruita, come Howard Carter la scoprì nel 1922, in scala 1:1 dall’artigiano e appassionato di egittologia Gianni Moro, dopo tre anni di studio e lavoro su un progetto scientifico delle università di Torino Padova e Venezia. “Entrando”, spiega l’ideatrice del progetto, l’egittologa Donatella Avanzo, “si respira un fascino sospeso, come se fossimo accolti anche noi nell’aldilà del sovrano”. La copia esatta della camera funeraria ha riproposto gli affreschi, ma anche i gioielli, il trono, gli oggetti con cui il faraone fanciullo fu sepolto. Tra questi c’erano tre anfore con tre tipi di vino diversi. Quello chiamato Shedeh, che doveva aiutare a far rinascere il sovrano, è stato ricreato da un produttore trevigiano, utilizzando semi ritrovati nella tomba.

L'egittologa Donatella Avanzo illustra la camera funeraria di Tutankhamon ricostruita

L’egittologa Donatella Avanzo illustra la camera funeraria di Tutankhamon ricostruita

“Nella tomba di Tutankhamon”, ricorda Avanzo, “sono state ritrovate ventitré anfore vinarie. Tre, in particolare, erano state collocate rispettivamente a est, a ovest e a sud rispetto al sarcofago: la prima conteneva vino bianco, a bassa gradazione, a indicare il sole debole del mattino; la seconda vino rosso, più forte, come il sole caldo di metà giornata mentre la terza vino shedeh, più alcolico, dolce e gradevole, che si pensava potesse dare al defunto l’energia necessaria per rinascere al termine del suo viaggio notturno. Su questa anfora era riportata la scritta irep nefer nefer nefer, e cioè vino buono buono buono, una sorta di garanzia di qualità che ne indicava lo straordinario livello di pregio, oltre all’annata di produzione e al nome del capo cantina, segno di quanto fosse considerata importante in quella civiltà la cultura vitivinicola”. Shedeh: un vino dunque così buono da essere considerato capace di riportare in vita i morti. Ricreare quel vino, utilizzando le tecniche del tempo, è stata l’improbabile quanto affascinante sfida che hanno deciso di raccogliere Donatella Avanzo e Fabio Zago dell’azienda Antonio Rigoni di Chiarano (Treviso).

L'etichetta del vino Shedeh prodotto dall'azienda trevigiana "Antonio Rigoni"

L’etichetta del vino Shedeh prodotto dall’azienda trevigiana “Antonio Rigoni”

“Tutto è nato nel 2005”, racconta l’egittologa, “quando abbiamo presentato al salone del vino di Torino la ricostruzione di un torchio per la vinificazione utilizzato in epoca ramesside, sulla base di disegni ritrovati nelle tombe e delle ricerche di Patrick McGovern”. Il progetto successivo è stato la ricostruzione tridimensionale, in scala 1:1, della camera mortuaria del “faraone fanciullo” Tutankhamon, scomparso nel 1323 a.C. a 19 anni, e scoperta nel 1922 da Howard Carter. Proprio questa riproduzione, realizzata dall’artigiano Gianni Moro, è stata lo stimolo per spingersi poi oltre e provare a riprodurre quel nettare ritrovato in fondo a una delle anfore della tomba”. Lo shedeh presentato a Tourisma 2017 è stato realizzato con le uve più antiche del territorio trevigiano. “È un progetto”, sottolinea Zago, “che si presta bene all’invecchiamento in bottiglia, rivolto a una clientela medio-alta”. E per dare un tocco di classe, sull’etichetta è stata riportata una famosa dichiarazione d’amore contenuta nel famoso papiro, Harris 500, custodito al British Museum: “Ascoltare la tua voce è per me vino shedeh”.