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Napoli. Aperta nelle Sale degli Affreschi del museo Archeologico nazionale la mostra “L’altro MANN”, sessanta tesori dai depositi. E a settembre focus su ori, tessili e commestibili.  Il direttore Giulierini: “Un patrimonio straordinario da condividere”

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La locandina della mostra “L’altro Mann. Depositi in mostra” al museo Archeologico nazionale di Napoli

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Lo staff del Mann che ha promosso la mostra “L’altro Mann. Depositi in mostra” (foto valentina cosentino)

Dalle suppellettili delle città vesuviane alle armi dei gladiatori, dai tessili agli ori, con un focus sui commestibili: una sessantina di opere, simbolo di una progressiva restituzione del patrimonio museale alla città e ai turisti. È una mostra “in fieri” quella che si è aperta il 30 maggio 2022 nella sala degli Affreschi del museo Archeologico nazionale di Napoli e che, entro la fine di settembre 2022, si espanderà anche nel Plastico di Pompei. L’hanno chiamata “L’altro MANN. Depositi in mostra” ed è il frutto sull’incessante lavoro di “scavo” e studio negli immensi depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, prelude al raddoppio delle collezioni pompeiane presentate al pubblico. E c’è una curiosità: tanti tesori, oggi custoditi nei depositi, hanno rappresentato veri e propri cult per la letteratura scientifica sin dal momento della loro scoperta durante gli scavi nelle città vesuviane. Alla presentazione sono intervenuti Paolo Giulierini (direttore dell’Archeologico), Laura Forte e Marialucia Giacco (curatrici del percorso/ funzionarie archeologhe del Mann), Andrea Mandara (architetto che ha curato l’allestimento) e Stefano Consiglio (docente ateneo federiciano/delegato del sindaco Manfredi). Dall’indagine alla divulgazione: il 9 giugno e il 7 luglio 2022, in occasione delle aperture serali del giovedì, tour guidati alla mostra “L’altro MANN”.

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Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, alla mostra “L’altro Mann. Depositi in mostra” (foto valentina cosentino)

L’altro Mann non è solo una vetrina di meraviglie, in gran parte vesuviane, mai o poco viste, spesso in giro per il mondo, custodite negli ormai celebri depositi del museo Archeologico, dalle Cavaiole a Sing Sing”, commenta il direttore del Mann, Paolo Giulierini. L’Altro Mann è, infatti, anche una straordinaria campionatura della parte ‘rimanente’ del nostro patrimonio museale, che vogliamo sia sempre più valorizzata e condivisa non solo attraverso l’esposizione ma anche con la ricerca scientifica, l’apporto del digitale e, quindi, la creazione di grandi banche date open.  È differente da ciò che siamo abituati a trovare nel Museo: non una collezione, né una semplice mostra. È soprattutto un progetto da condividere con i nostri visitatori e tutta la collettività. Il lavoro sui depositi in questi anni è stato incessante e continua, a partire dal riordino e la messa in sicurezza anche in chiave antisismica. Il nostro obiettivo è una fruizione pubblica più larga possibile, con l’idea conclusiva di espandere gli stessi depositi in altri luoghi della città”.

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La grande pedana circolare all’ingresso della mostra “L’altro Mann” con un cratere a volute con corteo bacchico in marmo, una cassaforte in bronzo, ferro e legno con amorini e personaggi dionisiaci, un tavolo pieghevole con piccoli satiri, uno sgabello con maschere e motivi vegetali, un originalissimo scaldaliquidi a forma di cinta muraria, alcuni candelabri (foto valentina cosentino)

La mostra, curata dalle funzionarie archeologhe del museo Laura Forte e Marialucia Giacco, è introdotta da alcuni reperti, raramente esposti in passato e presentati oggi su una grande pedana circolare: un cratere a volute con corteo bacchico in marmo (da Villa San Marco a Stabiae, prima metà del I sec. d.C.), una cassaforte in bronzo, ferro e legno con amorini e personaggi dionisiaci (da Pompei, Casa di Gaio Vibio Italo, I sec. d.C.), un tavolo pieghevole con piccoli satiri (area vesuviana, I sec. d.C.), uno sgabello con maschere e motivi vegetali (da Pompei, casa di Romolo e Remo, I sec. d.C.), un originalissimo scaldaliquidi a forma di cinta muraria (da Pompei, I sec. d.C.), alcuni candelabri (da Ercolano e Pompei, I sec. d.C.). Nelle sale in cui si snoda questa prima parte dell’itinerario di visita, possibile ammirare altri tesori che raccontano la vita delle città vesuviane e la bellezza delle antiche domus. L’esposizione si sofferma sugli ambienti esterni delle case, mostrandone i ricchi apparati decorativi: da non perdere le bocche di fontana bronzee con pescatore e Amorino e oca (da Pompei, casa della Fontana Piccola, I sec. d.C.), con satiro che regge un otre (da Pompei, casa del centenario, I sec. d.C.) e con Amorino e delfino (da Pompei, I sec. d.C.); la decorazione marmorea di fontana con Ninfa (da Pompei, I sec. d.C.); gli oscilla in marmo (rilievi in sospensione, da Pompei, I sec. d.C.) con le raffigurazioni di una Menade danzante davanti a un altare, una Vittoria alata e Ercole con la cerva cerinite. Il verde lussureggiante delle case negli insediamenti alle falde del vulcano è testimoniato anche da tre splendidi affreschi con scene di giardino (da Ercolano e Pompei, inizio I sec. d.C.).

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Bronzi e sculture “inediti” nella mostra “L’altro Mann. Depositi in mostra” (foto valentina cosentino)

Il percorso “L’altro Mann” si radica sui progetti che, da anni, la direzione museale sta dedicando al patrimonio dei depositi: se il riordino di Sing Sing, che custodisce migliaia di manufatti nei sottotetti dell’Archeologico, è prodromico alla fruibilità (naturalmente contingentata e sorvegliata) da parte dei visitatori, si lavora anche sull’area delle Cavaiole, dove sono conservati i materiali lapidei. In collaborazione con la facoltà di architettura dell’università di Delft e con il ministero della Cultura olandese, è ai nastri di partenza il masterplan per pianificare la trasformazione di questo settore dei depositi in un’area visibile al pubblico. Ancora, in tema di prestigiose collaborazioni istituzionali, grazie a una convenzione stipulata con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, sono stati restaurati un “borsellino” e un nastro in filo d’oro, che saranno espositi in anteprima a settembre con l’ampliamento della mostra “L’altro Mann” nella sala del Plastico di Pompei.  A questa sperimentazione iniziale seguirà il restauro di un ulteriore gruppo di una ventina di reperti tessili, in filo d’oro e non. I depositi sono, certamente, luoghi di studio: in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Napoli, si sta sviluppando un filone di ricerca riservato a docenti, studenti e tirocinanti per scoprire e tutelare i tesori della collezione Spinelli del museo Archeologico nazionale di Napoli, collezione che raccoglie antichi manufatti della necropoli di Suessula, nel territorio di Acerra.

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Elmi dei gladiatori da Pompei nella mostra “L’altro Mann. Depositi in mostra” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto valentina cosentino)

Sono tante le curiosità che i visitatori rintracciano nell’allestimento, firmato dall’architetto Andrea Mandara con Claudia Pescatori e realizzato con la grafica di Francesca Pavese: ad esempio, chi non sapesse cosa è la pelvis (un bacino per le abluzioni), può apprendere che i cittadini dell’area vesuviana decoravano queste suppellettili, come dimostra un’applique bronzea con scena di toletta femminile. E, ancora, gli appassionati dell’iconografia dedicata alla dea della bellezza, non devono perdere, in mostra, la sensuale scultura marmorea della Venere Anadiomene, che esce dalle acque (da Pompei, Casa del Camillo, I sec. d.C.). Infine, un gradito ritorno: la mostra include una sezione dedicata al mondo dei Gladiatori; si procede, così, nel percorso di “musealizzazione” della collezione presentata al pubblico per la prima volta dopo decenni durante la grande esposizione in programma al Museo sino allo scorso aprile.  In esposizione non solo le armi che contraddistinguevano le diverse tipologie di gladiatori (i reperti sono venuti alla luce a Pompei dal 1766), ma anche altri documenti unici, conservati negli Archivi dell’Archeologico, come le tempere di Francesco Morelli.

Fine settimana al Mann: il museo, chiuso sabato e domenica, propone un viaggio virtuale alla scoperta della collezione Spinelli: 3000 reperti in metallo e 2300 vasi dalla necropoli dell’antica Suessula (Acerra) oggi in deposito (Sing Sing)

Un contenitore di reperti in metallo della collezione Spinelli nel deposito (Sing Sing) del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Fine settimana al museo Archeologico nazionale di Napoli alla scoperta (virtuale) della collezione Spinelli. Il sabato e la domenica sono i giorni di chiusura settimanale dei Musei nelle regioni gialle italiane, secondo le disposizioni governative per contrastare la diffusione del Coronavirus: sabato 23 e domenica 24 gennaio 2021, dopo la gioia della prima settimana di apertura, il Mann regala ai visitatori virtuali un viaggio emozionante alla scoperta di un particolare settore dei depositi del museo. Sulla pagina Facebook istituzionale ed, a seguire, sul canale Instagram, saranno postate alcune immagini dei reperti conservati nella Collezione Spinelli: gli scavi ottocenteschi di Marcello Spinelli permisero il recupero di oltre cinquemila opere (circa 3000 manufatti in metallo e 2300 vasi), provenienti da un numero imprecisato di corredi funerari, che sono stati rinvenuti nella necropoli dell’antica Suessula (Acerra). La collezione ebbe una fortuna altalenante: i reperti furono raccolti e organizzati su base tipologica nella Casina vanvitelliana di campagna del Marchese, trasformata in museo e da allora meta immancabile dei più noti studiosi dell’epoca.

La collezione Spinelli su l’Illustrazione Italiana del 1879 (foto mann)

Nel 1945, fu Amedeo Maiuri a scongiurare la dispersione di questo ricchissimo patrimonio, trasferendolo dalla residenza Spinelli, occupata da truppe militari prima tedesche e poi anglo-americane, al museo nazionale di Napoli: quattro anni dopo, l’erede Elena Spinelli donò la collezione al museo. Le celle che racchiudono i tesori posseduti da Spinelli si trovano nei sottotetti del Mann, nel segmento nuovo del deposito Sing-Sing, ribattezzato così per un parallelismo con il carcere americano di massima sicurezza: in ordinati spazi, dove si svolgono le pazienti attività di archeologi e restauratori che stanno catalogando e riordinando i manufatti non esposti nelle sale, è possibile incontrare tasselli imperdibili della cultura iconografica della Campania antica.

Un’idria della collezione Spinelli nel deposito del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Sui social, così, saranno condivise le immagini di suggestivi reperti: situle (vasi a secchio) di produzione campana (V sec. a. C.); oinochoai (brocche per il vino), sempre realizzate nel territorio regionale e di età classica-ellenistica; un’anfora attica a figure nere della seconda metà del VI sec. a. C. con scena di combattimento tra Eracle e il centauro Nesso; diversi esemplari di vasi (anfore, hydriai) di ceramica attica a figure nere; oggetti di ornamento in bronzo come armille (bracciali) e fermatrecce della prima età del ferro. Focus anche su alcuni scatti di repertorio con immagini storiche di allestimento dei reperti dall’antica Suessola.

Oinochoe della collezione Spinelli nel deposito del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Il percorso di approfondimento digitale dei tesori della collezione Spinelli si pone in sintonia con le principali linee guida delle iniziative museali: se, dal punto di vista simbolico, quando il Mann è chiuso è possibile entrare nei luoghi più “segreti” del museo grazie alle nuove tecnologie, d’altro canto si intensificano i progetti per rendere fruibili i depositi al pubblico. Dal virtuale al reale, per un itinerario di ricerca che avvicinerà il pubblico a vere e proprie meraviglie, spesso inedite.