Civita Castellana (Vt). Al museo Archeologico dell’Agro Falisco (Forte Sangallo) apre la mostra “La dea guerriera di Falerii. Il tempio di Celle dall’archivio al fumetto” che presenta per la prima volta al pubblico le intricate vicende relative alla scoperta e riscoperta dell’edificio templare nel corso di oltre un secolo
Risale alla fine dell’Ottocento la scoperta del tempio in località Celle a Civita Castellana, l’antica Falerii. All’epoca il clamore per il rinvenimento fu forte e il tempio venne subito messo in connessione con quello di Giunone Curite, di cui le fonti antiche, in particolare il poeta latino Ovidio, ci parla negli Amores. Il 26 maggio 2023, alle 17, al museo Archeologico dell’Agro Falisco (Forte Sangallo) a Civita Castellana verrà inaugurata la mostra “La dea guerriera di Falerii. Il tempio di Celle dall’archivio al fumetto”, frutto di un progetto di ricerca e valorizzazione condotto in collaborazione tra l’équipe del Progetto Falerii, attivo al dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza Università di Roma, la Direzione regionale Musei Lazio, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, il Comune di Civita Castellana e l’istituto di istruzione superiore “U. Midossi” di Civita Castellana (licei Linguistico, sede di Nepi, e Artistico, sede di Vignanello). La mostra, attraverso un percorso narrativo pluristratificato, presenterà per la prima volta al pubblico le intricate vicende relative alla scoperta e riscoperta dell’edificio templare nel corso di oltre un secolo: una lunga pagina di microstoria, a cavallo tra vicende locali e nazionali, in cui accanto a funzionari dello Stato impegnati nella tutela dei beni culturali compaiono imprenditori intenti nell’edificazione della linea ferroviaria Civita Castellana-Viterbo e personaggi di spicco della cultura dell’epoca, quali, ad esempio, Luciano De Feo, direttore dell’istituto internazionale per la Cinematografia educativa negli anni ’30 e che partecipò anche alla nascita del Festival Cinematografico di Venezia.
“Il sacro che scorre”: in mostra a Civita Castellana santuari e luoghi sacri dei Falisci collegati all’acqua
L’acqua che scorre e che purifica ha da sempre un forte legame con i più diversi aspetti del sacro: i Falisci, che abitavano nel Viterbese Civita Castellana e il territorio bagnato dal Tevere e dal suo affluente Treja, non si sono sottratti a questo richiamo: hanno spesso costruito importanti santuari sulle sponde dei fiumi, hanno lasciato singolari doni votivi sul greto dei fossi o addirittura realizzato strutture idriche legate a culti particolari dalla misteriosa natura. Non è un caso anche il santuario federale dei Falisci, sacro a Giunone Curite, frequentato ancora in età romana dal poeta Ovidio con la moglie e la suocera, lambisca quasi le acque del Rio Maggiore sotto Civita Castellana. “Il primo e il più antico impianto legato al culto religioso di Giunone Curite è quello di Celle”, spiegano gli esperti, “risalente alla prima metà del VI sec. a.C., al quale doveva essere collegato il santuario delle acque (Ninfeo Rosa) sul fosso dei Cappuccini. Più tardi intorno al V sec. a.C. si aggiunsero il santuario suburbano dedicato al culto di Mercurio nell’area dei Sassi Caduti, e quello nell’area dell’acropoli del Vignale. È nel IV sec. a.C. che Falerii raggiunge il massimo dello splendore, la città si arricchisce di un nuovo sviluppo architettonico e urbanistico, vengono edificati nuovi santuari che per la loro imponenza e monumentalità fanno concorrenza a quelli greci, come il tempio di Giunone Curite (edificato in relazione al primo impianto del VI sec. a.C.), e quello dello Scasato all’interno dell’area urbana”. Da queste considerazioni nasce la mostra “Il sacro che scorre. I riti dell’acqua”, aperta fino al 31 ottobre 2015 nel Forte Sangallo di Civita Castellana, al museo archeologico dell’Agro Falisco, allestimento che rientra nel Progetto Experience Etruria, curato dalla soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale. La mostra offre l’occasione per vedere nella sala dell’Accoglienza dello splendido Forte borgiano anche alcuni dei materiali di un deposito votivo del tutto particolare, venuto in luce sul Fosso Ritello a Corchiano e che rimanda ad una divinità, per il momento sconosciuta, protettrice della sfera sessuale. L’esposizione si affianca alla mostra “I tempi del rito”, nella Cappella dell’Appartamento Papale, anch’essa dedicata ad un importante santuario, quello di Monte Li Santi-Le Rote, sorto sulle rive del torrente Treja a Mazzano Romano, nel territorio dell’antico centro falisco di Narce.
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