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Roma. Al sito archeologico di Arco di Malborghetto la mostra “Malborghetto: memorie archeologiche di pellegrini e giubilei” che approfondisce il fenomeno del pellegrinaggio lungo la Via Flaminia dal IV al XVII secolo

Reperti in mostra in “Malborghetto: memorie archeologiche di pellegrini e giubilei” all’Arco di Malborghetto di Roma (foto ssabap-roma)

Da sabato 11 ottobre 2025 apre al pubblico la mostra “Malborghetto: memorie archeologiche di pellegrini e giubilei” nel sito archeologico di Arco di Malborghetto dove si potrà visitare fino al 1° marzo 2026. Attraverso i reperti esposti sarà possibile approfondire il fenomeno del pellegrinaggio lungo la Via Flaminia dal IV al XVII secolo, con particolare attenzione al ruolo spirituale dell’antico casale di Malborghetto, sorto intorno a un arco quadrifronte di epoca costantiniana. La mostra ad ingresso gratuito, secondo il calendario di aperture mensili del sito dell’Arco di Malborghetto, ricostruisce, attraverso materiali rari e mappe storiche, il passaggio di Malborghetto da arco commemorativo a stazione di posta, con il ruolo di hospitium, e della rete viaria durante i periodi giubilari. “La mostra rappresenta un’occasione preziosa per restituire centralità a un luogo che per secoli ha accolto viaggiatori, pellegrini e devoti”, dichiara Daniela Porro, soprintendente Speciale di Roma. “L’Arco di Malborghetto è una testimonianza unica di stratificazione storica e religiosa: attraverso i reperti e i documenti esposti, il pubblico potrà riscoprire non solo la storia dell’edificio, ma anche il senso profondo del cammino e dell’incontro”.

Il modellino dell’Arco quadrifronte inglobato nel Medioevo in una chiesa fortificata, esposto nell’Antiquarium dell’Arco di Malborghetto (foto ssabap-roma)

L’Arco di Malborghetto, eretto agli inizi del IV sec. d.C., e probabile luogo del celebre e discusso sogno (“in hoc signo vinces”) che annunciò a Costantino la vittoria nella Battaglia di Ponte Milvio, è uno dei più importanti nodi strategici e religiosi della Roma cristiana, punto di passaggio e sosta per i pellegrini che da Nord arrivavano lungo la Via Flaminia. Fu arco quadrifronte – come si diceva – , edificio sacro, fortilizio, casale, hospitium e rifugio; oggi, con le sue trasformazioni e i recenti ritrovamenti, riveste un ruolo fondamentale per comprendere un periodo storico ampio e di grande cambiamento, un libro a cielo aperto, dove ogni pietra e ogni oggetto rinvenuto è memoria. Dalla nascita del Cristianesimo fino alle prime testimonianze dei Giubilei dal Medioevo al XVIII secolo, la mostra narra il cammino che da ogni parte del mondo ancora oggi, dopo secoli, porta alla Città Eterna, attraverso testimoni silenziosi del passaggio della storia. E la storia è narrata attraverso le memorie archeologiche, oggetto che gli ultimi scavi hanno portato alla luce, testimonianze tangibili degli eventi. L’Arco continua ogni giorno a parlare e a mostrare, con le sue trasformazioni, il passaggio di persone e il susseguirsi degli eventi, racconta, come un libro aperto, il visibile e l’invisibile.

Reperti in mostra in “Malborghetto: memorie archeologiche di pellegrini e giubilei” all’Arco di Malborghetto di Roma (foto ssabap-roma)

Non solo una mostra dedicata al passato ma anche iniziative rivolte al futuro. Infatti, in contemporanea con l’apertura della mostra prende il via il progetto “Malborghetto: Storia, Trasformazione, Scoperta” nato dalla collaborazione con Explora, il museo di Roma dedicato ai bambini, con l’obiettivo di coinvolgere attivamente giovani visitatori e famiglie nella scoperta del sito. Il percorso – pensato all’insegna dell’inclusione, con pannelli in braille e video in LIS – unisce storia, gioco e tecnologia. “Avvicinare il pubblico più giovane al patrimonio storico e archeologico è una delle sfide più affascinanti e necessarie”, afferma Angelina De Laurenzi, direttrice dell’Arco di Malborghetto. “Il nuovo percorso esperienziale è pensato per stimolare curiosità e partecipazione, offrendo strumenti innovativi e accessibili per leggere il passato con occhi nuovi. Insieme alla mostra, che andrà avanti fino a marzo il progetto con Explora arricchisce il sito di Malborghetto con contenuti inediti e originali”.

Roma. Due appuntamenti al Drugstore Museum: presentazione del libro “Roma. Villa di Livia a Prima Porta. Dieci anni di indagini (2002-2012)” e visita di tre ipogei sepolcrali “privati”

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Ambienti della Necropoli Portuense al Drugstore Museum a Roma (foto ssabap-roma)

Il Drugstore Museum di via Portuense 317 sta per riaprire le porte con una nuova stagione di iniziative all’insegna della cultura e della condivisione. In cantiere una nuova grande mostra che prosegue il percorso inaugurato con l’arte contemporanea del Virus Group, con l’archeologia con Tre Storie dalla via Campana e che proseguirà in autunno con un progetto legato alla Poesia come Patrimonio immateriale. In attesa della riapertura ufficiale del Drugstore Museum, si terranno venerdì 15 e sabato 16 settembre 2023 due eventi da non perdere. Tutti gli appuntamenti sono come sempre gratuiti a ingresso libero fino ad esaurimento posti. Per contribuire alle attività del Circuito Necropoli Portuense – Drugstore Museum è possibile fare una donazione liberale tramite Art Bonus https://bit.ly/33Tac4N.

libro_roma-villa-di-livia-a-prima-porta_dieci-anni-di-indagini_copertina-locandinaVenerdì 15 settembre 2023, alle 17.30, appuntamento con la presentazione del volume di Matilde Carrara, “Roma. Villa di Livia a Prima Porta. Dieci anni di indagini (2002-2012)” che raccoglie i contributi di Alessandro Bozzetti, Allan Klynne, Ivan Di Stefano Manzella, Gemma Jansen, Hubertus Manderscheid, Alberto Mazzoleni, Cristiano Russo e con la prefazione di Adriano La Regina. Il volume affronta le ricerche archeologiche nella Villa di Livia a Prima Porta condotte dalla soprintendenza speciale di Roma tra il 2000 e il 2012 e ne parleranno insieme all’autrice Margherita Corrado e Angelina De Laurenzi.

roma_drugstore-museum_roma-sotterranea_ipogei-sepolcrali_locandinaSabato 16 settembre 2023, alle 11, tornano gli appuntamenti con Roma sotterranea a cura di Carlo Pavia che condurrà il pubblico alla scoperta degli ipogei sepolcrali. La Roma sotterranea è ricchissima di ambienti sepolcrali praticamente sconosciuti. Si tratta di perle artistiche rarissime ma il loro accesso può andare da un tombino su marciapiede a una botola su strada se non addirittura una porticina in cantina. Stavolta Carlo Pavia porterà alla scoperta di tre ipogei privati straordinari.

Roma. Aperture straordinarie della piramide di Caio Cestio con visite guidate per tre domeniche, tra febbraio e aprile. Ecco la storia di uno dei monumenti più fotografati della Città eterna  

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La piramide di Caio Cestio innalzata a Roma lungo la Via Ostiense, nel periodo tra il 18 e il 12 a.C. (foto ssabap-roma)

È tra i monumenti più fotografati della Città eterna e dopo il Colosseo è il più iconico. Una piramide a Roma desta stupore e meraviglia anche millenni dopo la sua costruzione. Eppure non era la sola, ma è l’unica superstite di una serie di costruzioni similari presente a Roma nel I sec. a.C., sulla scia della moda egizia che si diffuse dopo la conquista del paese dei Faraoni avvenuta nel 31 a.C. La soprintendenza speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, si impegna per la tutela e la conservazione dell’edificio e per offrire opportunità di visita rivolte ai cittadini. In quest’ottica, si inserisce il piano di aperture straordinarie, curato dalla responsabile dell’Ufficio Valorizzazione Angelina De Laurenzi e dal responsabile del sito, l’archeologo Renato Sebastiani, che si terranno da marzo ad aprile 2023. L’iniziativa è supportata da Anvideas e costituisce un esempio di dialogo positivo tra pubblico e privato. Tre domeniche, tre turni di visita (alle 9.30 – 10-30 – 11.30) per un massimo di venti partecipanti per gruppo, una guida pronta a rispondere a tutti i dubbi e le curiosità sulla Piramide. Le visite guidate gratuite si terranno nelle mattinate di domenica 19 febbraio, domenica 26 marzo e domenica 16 aprile. La prenotazione è obbligatoria compilando l’apposito modulo.

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La piramide di Caio Cestio fu inglobata nelle mura Aureliane realizzate tra il 272 e il 279 (foto ssabap-roma)

Tutto è straordinario nella storia del monumento che caratterizza il paesaggio urbano contemporaneo. Infatti, Caio Cestio, uomo politico romano, membro del collegio sacerdotale degli epuloni, dispose nel testamento che la costruzione del proprio sepolcro, in forma di piramide, avvenisse in 330 giorni. La tomba fu innalzata lungo la Via Ostiense, nel periodo tra il 18 e il 12 a.C., cioè tra l’anno di promulgazione della legge contro l’ostentazione del lusso che impedì di porre all’interno della cella alcuni pregiati arazzi, e quello della morte di Agrippa, genero di Augusto, menzionato tra i beneficiari del testamento. La piramide fu successivamente inglobata nella cinta muraria costruita tra il 272 e il 279 su iniziativa dell’imperatore Aureliano e, sfidando il tempo, è giunta intatta fino ai giorni nostri. In anni recenti, l’edificio è stato sottoposto a un importante restauro che ha fatto tornare a splendere il candido marmo. Il progetto è stato finanziato da un mecenate nipponico che ha chiesto e ottenuto che l’intervento fosse concluso entro 330 giorni richiamando la vicenda del testamento di Caio Cestio.

Roma. Apertura straordinaria dell’area archeologica di Grottarossa al VI miglio della via Flaminia che presenta una grande concentrazione di edifici funerari

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Area archeologica di Grottarossa sulla via Flaminia: un mausoleo “a torre” (I secolo a. C.-I secolo d. C.), trasformato in fortilizio a controllo del Tevere nel Medioevo (foto ssabap-roma)

Visite guidate e aperture straordinarie a settembre nei luoghi più affascinanti della via Flaminia. Con una vera novità per settembre 2022: l’apertura straordinaria dell’area archeologica di Grottarossa. La Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, ha infatti attivato un progetto di valorizzazione di alcuni dei siti meno conosciuti del XV Municipio curato dall’archeologo responsabile Roberto Narducci e dalla responsabile dell’ufficio valorizzazione Angelina De Laurenzi. Posta al VI miglio dell’antica via Flaminia, che riemerge in più punti tra gli edifici moderni, la piana di Grottarossa presenta una grande concentrazione di edifici funerari, alcuni dei quali di straordinaria monumentalità forse per la vicinanza con l’abitato di Rubrae e con grandiose ville residenziali situate sull’altopiano omonimo. Le indagini compiute dalla Soprintendenza tra il 1980 e il 1989 hanno individuato diversi edifici funerari, un grande complesso residenziale, un impianto tardo antico ed un lungo tratto della via consolare che corre tra i mausolei in parte ancora visibili. Questi sono del tipo “a torre” (I secolo a. C.-I secolo d. C.), trasformato in fortilizio a controllo del Tevere nel Medioevo, a tamburo cilindrico (seconda metà del I secolo a. C.) ed un sepolcro del tipo a “tempietto” (metà II secolo d. C.). Più a nord, sullo stesso lato della Flaminia, si succedono altri monumenti funerari, tra cui quello “a nicchie” per olle cinerarie delimitato da un recinto in laterizio (I secolo d. C.). L’angolo sinistro del frontone del sepolcro “a tempietto” in laterizi sagomati, coronato da una raffinata cornice marmorea, è stato recuperato e ricomposto nell’Antiquarium di Malborghetto che accoglie alcuni materiali testimonianza della ricchezza dell’area e della sua lunga frequentazione fino nel Medioevo, quando il sito divenne una cava per materiali da calcinare. Le visite si terranno sabato 17 settembre 2022 in tre turni: alle 10, alle 11.30 e alle 13 per un massimo di trenta partecipanti. Le visite sono gratuite con prenotazione obbligatoria compilando l’apposito modulo. Prenotazioni al link https://bit.ly/3QpXL6a.

Roma. Da gennaio, il terzo giovedì del mese la soprintendenza speciale apre al pubblico le tombe di Fadilla e dei Nasoni, due tesori dell’antica via Flaminia

L’interno della tomba dei Pisoni sull’antica via Flaminia a Roma (foto ssabap-roma)
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Mosaico della Tomba di Fadilla sull’antica via Flaminia (foto ssabap-roma)

Il 2022 inizia con una novità nell’offerta culturale proposta dalla Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, e ancora una volta l’attenzione si concentra sul patrimonio archeologico dislocato in aree periferiche. Dal 20 gennaio 2022, ogni terzo giovedì del mese, aprono al pubblico due tesori dell’antica via Flaminia: le tombe di Fadilla e dei Nasoni. Su iniziativa del funzionario responsabile Roberto Narducci e dell’archeologa Barbara Ciarrocchi i due siti, distanti circa 400 metri l’uno dall’altro, saranno aperti alle visite guidate con prenotazione obbligatoria ogni terzo giovedì del mese. Ecco tutti i dettagli per partecipare. Il calendario: il terzo giovedì del mese (a partire da giovedì 20 gennaio 2022). Il percorso di visita e gli orari: primo turno di visita alle 10.30 con inizio in via dei Casali Molinario davanti l’ingresso della Tomba di Fadilla e termine in via Flaminia 961 alla Tomba dei Nasoni; secondo turno di visita alle 12 con inizio in via Flaminia 961 davanti l’ingresso della Tomba dei Nasoni e conclusione in via dei Casali Molinario con visita alla Tomba di Fadilla. Modalità di accesso: è consentito l’accesso, nel rispetto delle normative sanitarie in vigore (Green Pass rafforzato e mascherina), a un massimo di 10 persone per turno di visita; l’ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti; prenotazione obbligatoria scrivendo a: ss-abap-rm.malborghetto@beniculturali.it nella email di prenotazione è necessario indicare: turno di visita selezionato, numero di partecipanti per ogni singola prenotazione, nome, cognome e un recapito email. Le prenotazioni verranno raccolte fino alle 12 del mercoledì precedente l’apertura. Per gruppi già organizzati superiori alle 10 unità si ricorda che è necessario rivolgersi preventivamente all’Ufficio Valorizzazione (responsabile Angelina De Laurenzi – contatti: ss-abap-rm.valorizzazione@beniculturali.it).

Dettaglio affresco della Tomba di Fadilla sull’antica via Flaminia (foto ssabap-roma)

La Tomba di Fadilla. Piccola e ben conservata è stata scoperta nel 1923 in via dei Casali Molinario. L’edificio deve il suo nome a una piccola lapide in marmo, inserita sulla parete destra, con una epigrafe funeraria dedicata dal marito alla moglie Fadilla, nome diffuso nella famiglia degli Antonini. Questo elemento, la tipologia della tomba e i bolli laterizi sui mattoni permettono di datare il monumento alla fine del II secolo d.C. Ben conservato è l’intero impianto decorativo, a partire dal pavimento a mosaico, in bianco e nero, con ottagoni collegati da piccoli quadrati a formare un ampio disegno geometrico. Su tre pareti, la quarta è occupata dalla porta di ingresso, si aprono altrettanti arcosoli. Le quattro pareti, la volta e gli arcosoli conservano una delicata decorazione pittorica caratterizzata da riquadri che racchiudono animali e figure umane. Grazie all’intervento di restauro sono state pulite le superfici pittoriche e del mosaico, con successivo consolidamento di quelle parti dove la adesione e la coesione del colore o dei tasselli musivi mostrava piccoli segni di cedimento. Infine, per permettere una lettura più armonica delle decorazioni delle volte è stato effettuato un ritocco pittorico reversibile su alcune lacune.

L’ingresso della Tomba dei Nasoni sull’antica via Flaminia (foto ssabap-roma)

La Tomba dei Nasoni. La tomba è stata scoperta nel 1674 al chilometro 8,300 della via Flaminia, da allora ha tuttavia attraversato varie vicissitudini, che ne hanno compromesso parzialmente la conservazione, ciò nonostante rappresenta un monumento di grande importanza. A rendere l’idea di come fosse l’edificio al momento della sua scoperta restano le 35 tavole realizzate dal pittore e incisore Pietro Santi Bartoli, pubblicate nel 1680 con il titolo Le pitture antiche del sepolcro dei Nasoni, nella via Flaminia. Grazie a queste immagini infatti si è a conoscenza dell’esistenza di una facciata in marmo a forma di tempietto, oggi scomparsa, dove si apriva una porta sormontata dalla tabula inscriptionis che ha permesso di attribuire il sepolcro a Quintus Nasonius Ambrosius e dunque alla famiglia dei Nasoni. Il sepolcro, del II secondo secolo d.C., è oggi costituito da un ambiente rettangolare con volta a botte, articolato in tre nicchie in ciascuno dei lati lunghi e una nella parete di fondo. La complessa decorazione, suddivisa da una cornice in due registri alterna riquadrature in stucco e pitture rappresentanti temi mitologici, dettagliatamente ricostruiti anche grazie alle riproduzioni di Bartoli, che hanno permesso la creazione di una serie di pannelli esplicativi. Le nicchie sono decorate da grandi scene simboleggianti la sopravvivenza dopo la morte e la speranza di un luogo di beatitudine. Il complesso funerario ha richiesto un complesso intervento, nel corso dei secoli infatti nell’area era presente una forte attività di cava e la tomba stessa ha subìto delle spoliazioni (al nipote di Papa Clemente X fu consentito di strappare tre frammenti di affreschi, che trovarono poi sistemazione nella sua villa all’Esquilino).