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Grandi riaperture al museo Archeologico nazionale di Napoli. Con la sezione Egiziana torna fruibile la sezione Epigrafica, collezione di iscrizioni greco-romane tra le più prestigiose al mondo: dalle Tavole di Eraclea alle Laminette orfiche di Thurii

Il nuovo allestimento della collezione Epigrafica del museo Archeologico nazionale di Napoli

Il nuovo allestimento della collezione Epigrafica del museo Archeologico nazionale di Napoli

napoli_mann_collezione-epigraficaNon solo faraoni. Al museo Archeologico nazionale di Napoli (Mann) è tempo di grandi ritorni. Sabato 8 ottobre 2016 non solo riapre la sezione Egiziana con un nuovo allestimento per la più antica collezione d’Europa sulla civiltà dei faraoni (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/10/02/i-faraoni-tornano-a-napoli-dopo-sei-anni-di-chiusura-riapre-la-sezione-egiziana-del-museo-archeologico-di-napoli-1200-reperti-la-piu-antica-collezione-egizia-deuropa-nata-nel-1821-come-rea/), ma viene restituita al pubblico anche la sezione Epigrafica, nel riordinamento curato dal dipartimento di Studi umanistici della Università Federico II di Napoli, con materiali unici al mondo per la storia della scrittura e le vicende dell’area napoletana. Si tratta di una delle raccolte di iscrizioni del mondo greco-romano tra le più prestigiose. Sono infatti alcune migliaia i materiali epigrafici di proprietà del Mann di Napoli: dal nucleo Farnese alle raccolte dei Borgia, dalla collezione dell’erudito campano Francesco Daniele e di monsignor Carlo Maria Rosini fino ai ritrovamenti effettuati in Campania e nel Mezzogiorno d’Italia dal Settecento ai giorni nostri. Un percorso ricco in cui il visitatore scopre duecento documenti – alcuni particolarmente rari – selezionati tra i più significativi presenti nel museo per la storia della scrittura e le vicende dei principali centri dell’area napoletana.

Una delle laminette orfiche n oro ritrovate a Thurii e conservate al Mann

Una delle laminette orfiche in oro ritrovate a Thurii e conservate al Mann

La novità di questo allestimento sono proprio le testimonianze di aspetti della vita pubblica e privata di norma difficilmente documentabili in centri diversi da quelli vesuviani, quali i manifesti elettorali, gli annunci di giochi di gladiatori, i graffiti su intonaco, a volte in versi a volte accompagnati da rozzi disegni. Dalla documentazione in lingua greca, con testi provenienti dalle colonie dell’Italia meridionale (le prime attestazioni di scrittura greca in Occidente, nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., sono state scoperte a Pithecusa/Ischia) si passa alle iscrizioni provenienti proprio da Neapolis, dove il greco rimane lingua ufficiale fino alla caduta dell’Impero romano. Eccezionale poi la raccolta di iscrizioni in lingue pre-romane dell’Italia centro-meridionale (in osco, vestino, volsco, sabellico), come l’iscrizione in lingua volsca da Velletri del IV secolo a.C. o quella sabellica da Bellante della metà del VI secolo a.C.
Tanti i materiali più significativi: le cosiddette Tavole di Eraclea, lastre bronzee incise su entrambe le facce, con testi in greco e latino di età differenti, rinvenute nel 1732 in Basilicata nel luogo di probabile riunione dell’assemblea federale della Lega italiota; in greco sono le Laminette orfiche di Thurii: sottili sfoglie d’oro provenienti da due sepolture del IV secolo a. C. appartenenti a una setta misterica di carattere popolare, non ignara dell’ortodossia orfico-pitagorica; in osco invece la Meridiana delle Terme Stabiane. Ma vanno anche ricordati i frammenti (8 dei 12 rinvenuti sono infatti conservati al Mann) della cosiddetta Tavola bembina – scoperta tra Quattro e Cinquecento e appartenuta prima ai duchi d’Urbino, poi all’umanista Pietro Bembo e quindi ai Farnese – con i testi della lex de repetundis e di una lex agraria relativa ad aree demaniali e – infine – le iscrizioni con i nomi di quanti vinsero i Sebastà in diverse edizioni, in gare atletiche, ippiche e artistiche, scoperte alla fine del XIX secolo durante i lavori del Risanamento in prossimità di piazza Nicola Amore a Napoli dove, nel 2003 durante i lavori per la linea 1 della metropolitana, sarebbero stati rimessi in luce il tempio per il culto di Augusto e il portico di uno dei ginnasi di Napoli con numerosi altri frammenti di analoghe monumentali iscrizioni.