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Il discusso Papiro di Artemidoro, la cui autenticità non è ancora certa, trova casa con uno speciale allestimento al museo Archeologico di Torino, nel nuovo Polo Reale

Il Papiro di Artemidoro nel nuovo allestimento al museo Archeologico di Torino

Il Papiro di Artemidoro nel nuovo allestimento al museo Archeologico di Torino

È il papiro più chiacchierato degli ultimi dieci anni in un’interminabile quanto aspra querelle tra i fautori della sua autenticità e quanti sostengono che si tratta di un clamoroso falso: parliamo del cosiddetto Papiro di Artemidoro che ora ha trovato casa. Il singolare e imponente reperto, lungo circa due metri e mezzo, ha un nuovo allestimento al Museo Archeologico di Torino, nel distretto museale del Polo Reale (che vedrà la sua completa realizzazione con l’apertura della Galleria Sabauda prevista per il 4 dicembre), polo che di recente è stato inserito tra i beni culturali di interesse nazionale.  La Compagnia di San Paolo ha acquistato il Papiro nel 2004 da un collezionista tedesco, su sollecitazione del ministero per i Beni e le Attività Culturali e nel 2006 lo ha presentato al pubblico per la prima volta, nella mostra “Le tre vite del Papiro di Artemidoro” a Palazzo Bricherasio. Lo ha poi concesso in comodato alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte. Da qualche giorno il Papiro di Artemidoro può essere dunque ammirato dal pubblico. “La Compagnia di San Paolo, proprietaria del Papiro”, ha ricordato il presidente Luca Remmert, “ha investito tra Polo Reale e Museo Egizio più di 50 milioni di euro”. Per il nuovo allestimento del Papiro la Fondazione ha stanziato 340mila euro a cui se ne aggiungono altri 50mila della soprintendenza dei Beni Archeologici. “Ancora una volta la sinergia tra pubblico e privato ha permesso di valorizzare il nostro patrimonio culturale”, ha sottolineato Mario Turetta, direttore regionale per i Beni Culturali del Piemonte.

Il Papiro è chiamato di Artemidoro perché il testo riprodurrebbe un'opera di Artemidoro di Efeso

Il Papiro è chiamato di Artemidoro perché il testo riprodurrebbe un’opera di Artemidoro di Efeso

Si tratta – come si diceva – di un’opera controversa, costituita da frammenti di varie dimensioni per una lunghezza di circa 2,5 metri. Il nome Artemidoro proviene dal testo riportato sul papiro che apparterrebbe al libro “Ta Geographoumena” del geografo Artemidoro di Efeso del II-I sec. a.C. Il Papiro infatti contiene un testo geografico: nelle prime due o tre colonne vi è un proemio nel quale la geografia viene messa in rapporto e a confronto con la filosofia; nelle colonne IV e V, invece, si trova un’informazione sulla divisione amministrativa della Spagna, ripartita nelle due province Tarraconese e Betica, poi un periplo della Spagna a partire dai Pirenei e dal promontorio di Afrodite Pirenaica fino al promontorio degli Artabri nell’Oceano Atlantico. Proprio la coincidenza (anche se non perfetta) del testo relativo alla divisione amministrativa della Spagna con un frammento del geografo Artemidoro di Efeso ha indotto gli studiosi Claudio Galllazzi e Bärbel Kramer a ritenere che il papiro conservasse parti del testo dei “Geographoumena” del geografo efesino. Sono presenti, inoltre, nel Papiro una carta geografica che, per vicinanza con il periplo della Spagna, si è ritenuto dovesse raffigurare appunto una regione della penisola iberica, la Betica secondo un’ipotesi; nonché numerosi disegni di parti anatomiche (verosimilmente copie di parti di statue) sul recto e animali, reali o fantastici, sul verso, accompagnati questi ultimi da didascalie. Secondo le analisi con il Carbonio 14, il supporto papiraceo risalirebbe a un periodo compreso tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., nell’Egitto greco-romano. Dubbi invece sono sorti sulla datazione dei contenuti del papiro. Il Papiro è stato così al centro di una querelle scientifica tra studiosi sulla sua autenticità, ma anche sull’origine, sul significato e sulla provenienza. Da un lato vi sono studiosi che sostengono la tesi di un papiro proveniente da Alessandria d’Egitto dalle “tre vite” che vanno dal I al XX secolo; dall’altro vi sono coloro che propendono per la tesi secondo cui l’autore del papiro sarebbe un temuto falsario del XIX secolo, Costantino Simonidis.

Sul recto del Papiro numerosi disegni di parti anatomiche (verosimilmente copie di parti di statue)

Sul recto del Papiro numerosi disegni di parti anatomiche (verosimilmente copie di parti di statue)

Il Papiro è stato datato al radiocarbonio al I sec. a.C. - I sec. d.C., ma non si può dire per i disegn

Il Papiro è stato datato al radiocarbonio al I sec. a.C. – I sec. d.C., ma non si può dire per i disegn

La teoria delle “tre vite”. Secondo il giudizio dei primi studiosi che l’hanno esaminato, Claudio Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis, i quali avrebbero datato il Papiro, su base paleografica, tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. grazie a un raffronto con un papiro di tarda età tolemaica, il cosiddetto Papiro di Cleopatra, la singolare e straordinaria compresenza di testo e disegni si spiegherebbe con una travagliata vicenda, nota appunto come teoria delle tre vite. Il papiro, destinato ad essere una copia di lusso dei “Geographoumena”, doveva contenere il testo dell’opera geografica intervallato da mappe (ma non abbiamo altri esempi del genere così antichi); un errore nella realizzazione della prima mappa, che avrebbe probabilmente dovuto essere una raffigurazione dell’intera Spagna, avrebbe causato l’interruzione della copiatura. Il papiro prodotto fino a quel momento, invece di essere distrutto, sarebbe stato riutilizzato come album per schizzi e bozzetti (cahier d’artiste) per pittori che intendessero mostrare anticipatamente ai propri committenti i motivi iconografici da realizzare: di qui le raffigurazioni di animali sul verso. Infine, esaurito lo spazio sul verso, il papiro fu ancora impiegato negli spazi rimasti liberi sul recto, per contenere le esercitazioni grafiche dei giovani apprendisti pittori di bottega. Dopo più di un secolo di reimpieghi, il papiro sarebbe divenuto carta da macero e utilizzato, insieme ad altri papiri documentario, per farne cartapesta ad uso funerario.

Il Papiro di Artemidoro, lungo 2,5 metri, esposto a Torino al Museo Archeologico

Il Papiro di Artemidoro, lungo 2,5 metri, esposto a Torino al Museo Archeologico

La teoria del falso e del falsario. A innescare la polemica è stato nel 2006 il filologo Luciano Canfora dell’università di Bari che ha dichiarato il Papiro di Artemidoro un falso per almeno due ragioni. La prima è che il papiro non può essere di Artemidoro, come ritengono Gallazzi e Kramer, poiché lo impediscono una lingua greca molto lontana dagli usi e dal lessico propri del II-I secolo a.C. e diverse contraddizioni fattuali che possono essere spiegate solo alla luce di evoluzioni posteriori delle conoscenze geografiche. La seconda questione è che la cronologia del testo, qual è ricavabile dalla lingua e dalle conoscenze del testo medesimo, è molto tarda ed è incompatibile con il fatto che quel testo si trovi su un rotolo di papiro, una forma di libro che fu presto soppiantata dal codice di pergamena. La ricerca di Canfora per individuare un possibile indiziato per il falso si è infine appuntata su Costantino Simonidis, un calligrafo greco della metà dell’Ottocento, celebre autore di molti falsi con cui tentò (a volte riuscendoci) di ingannare studiosi di tutta Europa.

Il Papiro di Artemidoro fu esposto la prima volta nel 2006 a Palazzo Bricherasio, in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino

Il Papiro di Artemidoro fu esposto la prima volta nel 2006 a Palazzo Bricherasio, in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino

Il Papiro di Artemidoro era stato esposto una sola volta nel 2006, in occasione dei Giochi Olimpici Invernali, a Palazzo Bricherasio. La nuova esposizione del Papiro di Artemidoro al Museo Archeologico di Torino è stata resa possibile dalla collaborazione fra la Compagnia di San Paolo, la direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Piemonte e la soprintendenza per i Beni archeologici del Piemonte. Il pubblico accede alla mostra attraverso uno scenografico tunnel, che permette di comprendere la storia del papiro attraverso video e supporti multimediali, fino alla sala che ospita il reperto, posto in una teca di vetro con una bassa, ma suggestiva, illuminazione dettata da motivi di conservazione.  “Il nostro museo”, spiega Egle Micheletto, soprintendente per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie, “accoglie il Papiro di Artemidoro, destinando al suo allestimento alcuni ambienti delle orangerie sabaude, a corollario della Sezione Collezioni inaugurata nel 1989, in un nuovo percorso di visita che potrà vedere esposti a breve altri materiali dell’Egitto greco-romano”.