Pompei. Alla Domus della Caccia Antica concluso il primo “cantiere pilota di monitoraggio e schedatura conservativa” con il supporto degli studenti dell’università di Torino. Zuchtriegel: “Cambierà la nostra visione di come si evolve il sito”

Studenti dell’università di Torino monitorano la Casa della Caccia Antica a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Pompei testa un nuovo sistema di monitoraggio del sito con il supporto degli studenti dell’università di Torino. In questi giorni si è infatti concluso il primo “cantiere pilota di monitoraggio e schedatura conservativa” presso la Domus della Caccia Antica, con gli studenti dell’università di Torino afferenti al Corso di laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni culturali, al Dottorato in Scienze archeologiche, storiche, storico artistiche e al Corso magistrale in Archeologia e Storia antica. Consolidare lo stato di conservazione del sito di Pompei, raggiunto con il Grande Progetto Pompei, è l’obiettivo del sistema di monitoraggio e manutenzione programmata che il Parco sta sviluppando e sperimentando in questi mesi. Ai fini della conservazione e di tutte quelle analisi propedeutiche al rilevamento dello stato delle strutture archeologiche e degli apparati decorativi, il Parco sta coinvolgendo sempre più le Università e gli studenti in progetti “di monitoraggio e schedatura”, con l’obiettivo di ricevere supporto per le numerose attività sul campo e al contempo favorire la formazione diretta dei giovani studenti.

Studenti dell’università di Torino monitorano la Casa della Caccia Antica a Pompei (foto parco archeologico pompei)
“Per tutelare il patrimonio bisogna fare manutenzione programmata, che a Pompei già si fa da quasi un decennio”, sottolinea il direttore generale Gabriel Zuchtriegel. “Ma per farlo in maniera sempre più efficace bisogna sapere dove intervenire in maniera preventiva. E per saperlo, in un sito con 45 ettari e più di 10mila ambienti, molti con affreschi e mosaici, non si può fare a meno di piattaforme e tecnologie digitali. Vogliamo dotare Pompei di un sistema di monitoraggio che sarà strettamente legato alle attività di manutenzione programmata e agli interventi quotidiani di cura del patrimonio. Per comprendere cosa significa, immaginate che invece di navigare lungo le coste conosciute, i marinai cominciano a orientarsi grazie alle stelle e a disegnare carte nautiche, accedendo così a un tipo di conoscenza che cambia la loro visione e permette loro di spingersi al di là del dato empirico, nel mare aperto”.

Studenti dell’università di Torino monitorano la Casa della Caccia Antica a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Gli strumenti e il sistema di acquisizione dei dati sono stati messi a punto dai funzionari del Parco e nell’ambito di un accordo attuativo finalizzato al monitoraggio del sito di Pompei, vengono testati dagli studenti grazie a un’attività di survey dello stato di conservazione e schedatura conservativa, in questo caso della Domus della Caccia Antica, l’importante complesso archeologico già oggetto di studio e parte dei progetti di ricerca sviluppati a Pompei dall’università di Torino e dal Centro Conservazione e Restauro (CCR) “La Venaria Reale”, a partire dal 2016. Gli studenti sono coordinati da Diego Elia (Dip. di Studi Storici, UniTO) e Daniele Castelli (Dip. di Scienze della Terra, UniTO), da Michela Cardinali (CCR-Laboratori di restauro e Scuola di Alta Formazione) e Arianna Scarcella (CCR-SAF), e sono coinvolti quotidianamente in momenti di confronto con i Funzionari del Parco Archeologico ed i diversi consulenti specialistici per l’analisi interdisciplinare dei manufatti e di condition reporting delle Domus. L’attività didattica ha ricevuto il sostegno dell’Associazione Amici della Reggia e del Centro di Restauro “La Venaria Reale”.

Il team con gli studenti dell’università di Torino che ha monitorato la Casa della Caccia Antica a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Il coordinamento dell’attività e del sistema di acquisizione dati, che prevede anche voli mensili di un drone che fotografa l’intero sito dall’alto, è a cura del Parco archeologico di Pompei: ing. Vincenzo Calvanese (responsabile Ufficio Tecnico), ing. Alessandra Zambrano, dott. Antonino Russo e arch. Raffaele Martinelli, mentre gli interventi di manutenzione sono coordinati dall’arch. Arianna Spinosa sulla base di una programmazione annuale che si prevede essere sempre più accurata grazie ai dati acquisiti. Il progetto si avvale inoltre della collaborazione di un gruppo del Dipartimento di Ingegneria civile dell’università di Salerno, coordinato dal prof. ing. Luigi Petti. “Oggi la qualità del dato non è più il problema”, conclude il direttore, “considerando che abbiamo delle possibilità mai avute nella storia dell’archeologia e del restauro, dai microsensori ai satelliti. La sfida sta nel selezionare i dati significativi e nell’integrarli in un processo operativo che passa dalla conoscenza direttamente all’intervento. Si tratta di una questione sistemica per cui siamo contenti di avere al nostro fianco le università che fanno ricerca in questo ambito, altamente dinamico e interdisciplinare per definizione”.
Castellammare (Na). Collina di Varano, partiti i lavori di consolidamento e restauro della Grotta di San Biagio, luogo di culto del V-VI secolo d.C., sotto Villa Arianna, per la sua apertura al pubblico. Zuchtriegel: il territorio di Stabia è un gigante culturale che va raccontato

La pianta della Grotta di San Biagio a Castellammare di Stabia (Na) con il posizionamento degli affreschi (foto parco archeologico pompei)
Partiti i lavori di consolidamento e restauro della Grotta di San Biagio, luogo di culto risalente al V-VI secolo d.C. situata ai piedi della collina di Varano, a Castellammare di Stabia, nell’area sottostante Villa Arianna. Gli interventi sono programmati dal parco archeologico di Pompei con la collaborazione del Centro Interdipartimentale dei Beni Culturali (CiBEC) dell’università di Napoli Federico II con un obiettivo ben preciso: giungere in futuro alla fruizione del monumento. L’accordo è stato stipulato nel dicembre 2022 tra il Parco e il CiBEC, con responsabili scientifici il prof. ing. Luciano Rosati per il CIBEC e gli ingegneri Vincenzo Calvanese e Alessandra Zambrano per il parco archeologico di Pompei: si tratta di una collaborazione scientifica per lo svolgimento di studi e ricerche, la definizione delle linee guida orientate al consolidamento e al restauro della Grotta San Biagio e del costone prospiciente.

I carotaggi nell’area di Villa Arianna a Castellammare di Stabia (foto parco archeologico pompei)

I carotaggi nell’area di Villa Arianna a Castellammare di Stabia (foto parco archeologico pompei)
Le indagini e le attività di monitoraggio in corso, previste nel piano delineato nel 2022 con il CiBEC, sono propedeutiche allo studio della stabilità del versante del costone della collina di Varano e della volta della Grotta San Biagio, al fine di rimuovere le strutture provvisionali attualmente presenti e permetterne la visita. Il CIBEC supporta, in questa prima fase delle attività, il parco archeologico di Pompei nella definizione del piano delle indagini sia di tipo geotecnico del costone che dei materiali strutturali della grotta. Grazie alla sinergia fra più istituzioni, le prove in corso sono eseguite a cura dell’Ente Autonomo Volturno (EAV), impegnato nella realizzazione del raddoppio della linea ferroviaria posta a valle del costone di Varano. Il monitoraggio prevede l’esecuzione di carotaggi fino ad una quota inferiore a quella d’imposta della grotta San Biagio, il posizionamento di inclinometri atti a misurare eventuali dissesti sul costone di Varano, rilievi topografici, e saggi stratigrafici preventivi. Le prove di laboratorio sui campioni estratti dai carotaggi saranno effettuate all’università Federico II di Napoli, e forniranno i dati necessari al prosieguo delle attività scientifiche.

Casa dei Vettii a Pompei: taglio del nastro con al centro il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, tra il direttore del parco archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel, e il direttore generale Musei Massimo Osanna (foto silvia vacca)
“Si tratta di un contesto unico da recuperare e valorizzare, che si aggiunge al quadro storico delle testimonianze archeologiche dell’area di Stabia”, dichiara il direttore Gabriel Zuchtriegel. “Tutto il territorio è oggetto di grande attenzione da parte del Parco archeologico che sta investendo in questi anni complessivamente circa 4 milioni di Euro a Castellammare di Stabia. Oltre alle indagini sulla grotta di San Biagio, abbiamo in campo una serie di progetti di ricerca, manutenzione, restauro e accessibilità delle ville antiche sul piano del Varano e un progetto di ampliamento del museo “Libero D’Orsi” nella Reggia di Quisisana. Visto l’unicità e la complessità del patrimonio presente sul territorio, possiamo definire Stabia un vero gigante culturale e come tale va raccontato. L’importanza dell’antica Stabia si comprende non ultimo dalla vicenda della straordinaria statua del Doriforo, trovata nel 1976 nel territorio stabiese e finita negli Stati uniti, che speriamo di riportare in Italia. Insieme al procuratore capo di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, abbiamo aggiornato il ministro Sangiuliano sulla vicenda in occasione della sua visita a Pompei poche settimane fa”.

San Michele arcangelo: affresco nella Grotta di San Biagio a Castellammare di Stabia (foto parco archeologico pompei)

I santi Benedetto e Renato: affresco nella Grotta di San Biagio a Castellammare di Stabia (foto parco archeologico pompei)
La Grotta San Biagio, forse originatasi in epoca romana per via delle attività di estrazione del tufo, intorno al V-VI secolo d.C. viene trasformata in un luogo di culto con la realizzazione di un primo ciclo di affreschi e, come spesso era usanza, anche di sepoltura dei defunti. Successivamente passò sotto il controllo dei Padri Benedettini e nel corso dei secoli sulle arcate poste lungo la navata principale furono raffigurati gli Arcangeli, tra cui San Michele e San Gabriele, oltre che altre splendide figure di Santi quali Santa Brigida e San Benedetto, San Pietro, San Giovanni Evangelista, San Renato. Prende il nome dal culto qui praticato dei Santi Mauro e Giasone, due fratelli romani martirizzati nei primi secoli del cristianesimo: il nome di quest’ultimo si trasformò nel corso dei secoli in Biagio. Nel 1695 l’allora vescovo Annibale di Pietropaolo decise di chiudere la grotta al culto, in quanto divenuta luogo malfamato e frequentato da malviventi, e trasferì il culto di San Biagio presso la Cattedrale.
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