Paestum (Sa). Dopo undici anni di chiusura al pubblico riapre il Santuario di Hera Argiva alla foce del Sele con il nuovo percorso “Il tempio al confine – Hera e il paesaggio del Sele”, visitabile nei week end, primo passo di un ampio progetto di valorizzazione: riallestimento del museo narrante di Hera Argiva e una campagna (Art Bonus) per salvare le tre nuove metope ritrovate. Parla il direttore Tiziana D’Angelo
Archeologia e natura insieme nel nuovo percorso che valorizza il sito del Santuario di Hera alla foce del Sele a Paestum (Sa). Dopo undici anni di chiusura al pubblico, uno dei luoghi più significativi dell’antica Poseidonia torna finalmente accessibile. Il Santuario di Hera Argiva sul fiume Sele, chiuso dal 2014 dopo una violenta esondazione del fiume, riapre grazie a un importante progetto di valorizzazione promosso dai parchi archeologici di Paestum e Velia, con il nuovo percorso “Il tempio al confine – Hera e il paesaggio del Sele” che viene inaugurato il 4 dicembre 2025 alle 10.30, al Santuario di Hera alla Foce del Sele, in via Barizzo Foce Sele, a Capaccio Paestum (Sa). Interverranno Tiziana D’Angelo, direttore dei parchi archeologici di Paestum e Velia; Antonella Manzo, funzionario architetto – parchi archeologici di Paestum e Velia; Ornella Silvetti, architetto ALES – parchi archeologici di Paestum e Velia; Maria Boffa, funzionario archeologo – parchi archeologici di Paestum e Velia; Bianca Ferrara, università di Napoli “Federico II”. La riapertura è il risultato di un intervento che ha integrato ricerca archeologica, progettazione paesaggistica e soluzioni avanzate per l’accessibilità, restituendo al santuario una lettura chiara e coerente delle sue componenti storiche e ambientali. I percorsi progettati adottano una progressione intenzionale: dalla maggiore strutturazione iniziale, con linee rette e il riutilizzo di tracciati preesistenti, si passa gradualmente a geometrie più leggere e flessibili mediante una passerella e l’impiego di battuti reversibili. L’andamento dei percorsi si orienta verso le strutture del Santuario, offrendo al visitatore una prospettiva che rispecchia le principali fasi evolutive dell’impianto, fino a seguire la sinuosità dell’ansa del Sele attraverso sentieri guidati da paletti in legno e cordame. Il percorso si sviluppa all’interno di un’area di oltre 41.000 metri quadrati, in cui sono stati realizzati: indagini geofisiche e archeologiche funzionali alla ricostruzione storica del sito; un percorso facilitato in terra stabilizzata, pensato per garantire un’esperienza di visita inclusiva; una passerella espositiva in materiali reversibili; pannelli informativi, mappe tattili, nuove aree di sosta e un sistema di recinzione in pali di castagno che restituisce ordine e tutela all’area sacra.
Ad annunciare l’importante intervento e a invitare gli appassionati a visitarlo è la stessa direttrice dei parchi archeologici di Paestum e Velia, Tiziana D’Angelo: “Qui, sulle sponde del fiume Sele, dove il mito vuole che l’eroe Giasone sia giunto a capo della spedizione degli Argonauti, e dove nel VI sec. a.C. fu eretto un monumentale tempio in onore della dea Hera, il tempo sembrava essersi fermato. Oggi, dopo anni, questo luogo riapre finalmente al pubblico e torna a raccontare le sue storie. Un giardino dotato di percorsi accessibili, ricrea l’antico paesaggio del santuario, collegando l’area archeologica al museo. A breve potrete riscoprire questo straordinario sito grazie a visite guidate a cura dei nostri volontari del servizio civile”. La riapertura del santuario e il nuovo percorso rappresentano solo il primo passo di una più ampia strategia di valorizzazione. Il 2026 segnerà infatti l’avvio del riallestimento del Museo narrante di Hera Argiva, destinato a completare un progetto che unisce ricerca, tutela e divulgazione in un’unica visione culturale.
Un luogo fondativo tra mito, paesaggio e frontiera. Alla foce del Sele mito e storia si sovrappongono da oltre 2600 anni. Qui, secondo la tradizione, Giasone avrebbe dedicato alla dea di Argo un santuario durante il viaggio di ritorno dalla conquista del vello d’oro con gli Argonauti. Ed è qui che nel VI sec. a.C. i coloni greci edificarono un santuario sul limite settentrionale del territorio da essi controllato: un confine naturale che separava la chora di Poseidonia dalle terre etrusche. Il complesso rappresentò per secoli un punto di riferimento religioso e culturale. Oggi, dopo un decennio di inaccessibilità, il Santuario torna a essere leggibile nella sua relazione originaria con il paesaggio costiero.

Veduta da drone dell’area archeologica del Santuario di Hera Argiva alla foce del Sele (foto pa-paeve)
Elemento centrale del progetto è il Giardino di Hera, uno spazio vegetale costruito sulla base delle essenze documentate nel santuario antico. La selezione delle specie – melograni, querce, mirto, lavanda, rosmarino e altre piante mediterranee – non propone una ricostruzione scientifica, ma un evocativo richiamo alle atmosfere storiche che caratterizzavano il complesso. La pannellistica, leggera e pienamente coerente con la natura del sito, è stata progettata per essere accessibile e tattile, accompagnando la visita in continuità con gli standard comunicativi dei Parchi archeologici di Paestum e Velia. Le aree di sosta, progressivamente ombreggiate dalla vegetazione, favoriscono una fruizione più lenta e meditata, in linea con la filosofia del Museo Narrante di Hera Argiva. “Con questo intervento minimo, semplice ma efficace, abbiamo inteso dare un primo grado di accessibilità alle strutture ancora visibili sul terreno e permettere una lettura contemporanea del sito nelle sue stratificazioni, connettendo la storia del santuario dedicato ad Hera e del suo giardino, storicamente attestato, con la configurazione territoriale successiva, rappresentata dalla masseria e dalle attività colturali, oltre che dallo spiccato valore naturalistico della foce del Sele”, afferma Antonella Manzo, architetto dei Parchi archeologici di Paestum e Velia. “Questa prima fase rappresenta per noi l’avvio di un processo di miglioramento dell’accessibilità e dell’esperienza di visita: in futuro prevediamo ulteriori interventi integrati per garantire un accesso sicuro anche alle persone con necessità fisiche e cognitive specifiche, affinché possano fruire pienamente di un sito archeologico complesso costituito dall’area e dal museo narrante”. “L’attuazione del progetto è avvenuta con un’attenzione particolare alla sostenibilità ambientale intesa come rispetto della connotazione naturalistica del luogo. Gli interventi eseguiti sono a basso impatto, infatti le strutture realizzate sono a ridotta vulnerabilità e rispettose della qualità e dell’integrità degli ecosistemi e della biodiversità presenti nel sito”, sottolinea Ornella Silvetti, architetto ALES in servizio presso i parchi archeologici di Paestum e Velia.
Visite e fruizione. A partire da dicembre 2025, l’area archeologica e “il Giardino di Hera” saranno visitabili ogni sabato alle 11 e domenica alle 15, accompagnati dalle visite guidate a cura dei volontari del Servizio Civile formati dai Parchi. L’ingresso, su prenotazione, è incluso nel biglietto dei Parchi archeologici di Paestum e Velia e nell’abbonamento Paestum&Velia.
Tre nuove metope riemerse dal santuario: un ritrovamento eccezionale e una campagna per salvarle. Il progetto di valorizzazione si inserisce in un momento decisivo per le ricerche sul santuario. Nel 2023, durante le attività archeologiche condotte dall’Università degli Studi di Napoli Federico II, sotto la direzione della Prof. Bianca Ferrara, sono riemerse, nell’area tra il tempio tardo-arcaico e la stoà meridionale, tre metope in arenaria, due delle quali segnalate già dall’archeologa Paola Zancani Montuori. Le lastre, fortemente frammentate e in avanzato stato di degrado, appartengono ai cicli metopali che tra VI e V secolo a.C. decoravano gli edifici sacri del santuario. Due metope sembrano riferibili al celebre ciclo delle “danzatrici”, mentre la terza, ancora solo parzialmente studiata, potrebbe appartenere a un fregio finora non attestato. Il recupero di questi elementi architettonici è un’occasione scientifica unica per progredire con la ricerca storica al Sele e fare luce su una delle testimonianze più importanti dell’archeologia pestana. Si avrà l’occasione di intervenire per la prima volta su materiali che provengono direttamente dallo scavo archeologico, ideali per analisi multispettrali, mineralogiche e iconografiche ad alta precisione che daranno risposte a vari quesiti, tra cui le tecniche costruttive e di decorazione. Per garantirne la conservazione e la futura esposizione, i Parchi lanciano una campagna di raccolta fondi aperta alla comunità e a tutti coloro che desiderano contribuire alla tutela di un patrimonio irripetibile, mediante la piattaforma ArtBonus che garantirà ai mecenati sgravi fiscali fino al 65% (maggiori informazioni https://parchipaestumvelia.cultura.gov.it/dona-ora/artbonus/)
Pakistan. A Saidu Sharif (Swat) celebrato il 70mo della MAI in Pakistan oggi co-gestita da ISMEO e l’università Ca’ Foscari Venezia e lanciato il nuovo progetto “Khyber PATH” di Ca’ Foscari per proteggere i siti archeologici, migliorane la leggibilità, e rafforzare la filiera turistica

Veduta aerea del tempio buddista scoperto a Barikot, nello Swat, dalla missione archeologica italiana dell’Ismeo e dell’università Ca’ Foscari di Venezia (foto ismeo/unive)
Il 25 ottobre 2025 a Saidu Sharif (Swat, Pakistan) si è celebrato il settantesimo anniversario della Missione Archeologica Italiana in Pakistan oggi co-gestita da ISMEO (Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente) e l’università Ca’ Foscari Venezia. Ne dà notizia il numero di cafoscariNEWS del 29 ottobre 2025. Le attività archeologiche italiane in Swat, provincia del Khyber-Pakhtunkhwa (KP), hanno inizio nel 1955, quando Giuseppe Tucci, famoso tibetologo e orientalista, visitò per la prima volta la regione. Così ebbe inizio un’attività ininterrotta per 70 anni, che ha visto la missione archeologica italiana dell’allora IsMEO, l’istituto presieduto da Tucci (oggi ISMEO) assumere un ruolo di primo piano nell’archeologia dell’Asia meridionale. La celebrazione è stata aperta da un messaggio dell’Ambasciatrice d’Italia in Pakistan, Marilina Armellin, che ha sottolineato il ruolo della Missione nel promuovere la visibilità su scala globale del patrimonio culturale del Pakistan e nel rafforzare la storica collaborazione tra i due Paesi. Sono seguiti una serie di interventi da parte delle istituzioni pakistane e italiane che da anni sostengono il lavoro della Missione. È stato trasmesso anche un messaggio della rettrice dell’università Ca’ Foscari, Tiziana Lippiello, che ha affermato: “La Missione Archeologica Italiana in Pakistan celebra oggi il suo 70° anniversario – 70 anni di esplorazione del ricco patrimonio del Pakistan e di costruzione di ponti culturali e di una profonda e duratura amicizia tra i nostri due paesi. L’università Ca’ Foscari Venezia è orgogliosa della sua vocazione internazionale e della sua volontà di imparare dal mondo, specialmente dall’Asia, rendendo le sue conoscenze disponibili alla nostra comunità studentesca e approfondendo la comprensione del suo passato e del suo presente attraverso la ricerca collaborativa”.

Podio del tempio di Zalamkot scoperto nello Swat dalla Missione archeologica italiana in Pakistan di Ismeo e università Ca’ Foscari di Venezia (foto unive)
Nella seconda parte dell’evento sono intervenuti i rappresentanti di diverse università pakistane che collaborano attivamente con la Missione, che hanno evidenziato l’impegno della stessa nella formazione di giovani archeologi pakistani, attraverso seminari e attività sul campo, nonché il suo ruolo nella promozione dell’eco-turismo in Pakistan grazie al progetto ACT (Archaeology Community Tourism) – Field School Project (2011–2017). L’evento si è concluso con il lancio del nuovo progetto triennale progetto “Khyber PATH (Professions for Climate Adaptation ecoTourism and Heritage)”, gestito da Ca’ Foscari in partenariato con il DGOAM del KP e implementato localmente da ISCOS INGO, finanziato dal ministero degli Affari esteri tramite l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo con 3 milioni di euro. Il progetto è volto a proteggere i siti archeologici del Pakistan settentrionale e a migliorarne l’accessibilità e la leggibilità, nonché a rafforzare la filiera turistica sostenibile e responsabile lungo un percorso integrato (circa 125 km) che collega otto siti archeologici che si estendono da Taxila a Barikot. Durante la presentazione, il prof. Luca Maria Olivieri, direttore della Missione e del Progetto, ha annunciato “durante lo scavo in corso a Zalamkot è stata riportata alla luce una nuova grande città dell’antica civiltà del Gandhara posizionata lungo l’antica strada nota come Hati-lar. Secondo una nostra recente rilettura di una iscrizione bilingue, sanscrito-persiana, si tratterebbe della città di Jayapālanagara che porta il nome dell’ultimo sovrano Hindu Shahi. Gli scavi sono potuti iniziare, nonostante le difficoltà logistiche, grazie alla collaborazione con la comunità locale guidata dal poeta, scrittore e archeologo Abdul Nasir di Alladan-dheri”. Questo nuovo progetto testimonia la continuità dell’impegno della Missione Archeologica Italiana in Pakistan, che da settant’anni rappresenta un punto di riferimento non solo per la ricerca scientifica — con oltre 1000 pubblicazioni — ma anche per la cooperazione culturale e lo sviluppo sostenibile della regione e nella formazione di professionisti locali nel campo dell’archeologia, nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e nella promozione della consapevolezza della sua centralità sociale ed economica. Tale rilevanza è stata confermata dalla varietà del pubblico presente alla celebrazione: non solo docenti universitari e rappresentanti delle autorità pakistane provinciali e federali, ma anche studentesse e studenti di college e università, associazioni culturali, la casa editrice Sang-e-Meel, architetti impegnati in progetti di Heritage, giornalisti e membri delle comunità locali dei siti archeologici in cui la Missione opera.
Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia la conferenza “Morire bambini. Testimonianze dall’Agro Falisco” di Manuela Bonadies, ottavo appuntamento del ciclo “Chi (Ri)cerca Trova. I professionisti si raccontano al Museo”
“Morire bambini. Testimonianze dall’Agro Falisco””: ottavo appuntamento del 2025 con il ciclo “Chi (RI)cerca trova. I professionisti si raccontano al Museo”, in cui si presentano la ricerca scientifica e i progetti di studio che coinvolgono il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. Venerdì 17 ottobre 2025, alle 16, Manuela Bonadies porta i partecipanti a scoprire le sepolture infantili nel contesto dell’Agro Falisco, territorio nella provincia di Viterbo, a sud della Tuscia e al confine dell’Etruria Meridionale. Ingresso gratuito in Sala Fortuna fino ad esaurimento posti. Prenotazioni all’indirizzo mn-etru.didattica@cultura.gov.it. Nel cuore dell’agro falisco, le campagne di scavo condotte tra Otto e Novecento per la redazione della Carta Archeologica d’Italia hanno restituito un patrimonio informativo di grande valore, ma segnato da profonde lacune dovute a saccheggi e a metodologie d’indagine oggi superate. In questo contesto complesso, lo studio delle sepolture infantili rappresenta una sfida particolarmente delicata: la scarsità dei resti osteologici, la dispersione dei corredi e i contesti frequentemente alterati rendono difficile ricostruire con precisione le pratiche rituali riservate ai più piccoli. L’intervento propone una lettura d’insieme delle testimonianze legate alle pratiche funerarie infantili nell’agro falisco. Il quadro interpretativo delineato per l’agro falisco, e in particolare per Falerii, è oggetto di continui aggiornamenti grazie alle ricerche dell’équipe della Sapienza diretta da M. Cristina Biella, attualmente impegnata sul campo. Le più recenti acquisizioni — in fase di studio e prossima pubblicazione — promettono di arricchire ulteriormente la comprensione della realtà funeraria infantile del territorio.
Manuela Bonadies dal 2024 è ricercatrice alla cattedra di Etruscologia e Antichità italiche del dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza Università di Roma. Ha completato la scuola di specializzazione in Beni archeologici e il dottorato di ricerca in Archeologia, con una tesi dedicata all’analisi delle testimonianze funerarie di Falerii Veteres tra il VI e il III secolo a.C. Si è occupata dell’analisi delle rotte commerciali del Mediterraneo antico in epoca etrusca con particolare riferimento al sito di Pyrgi. Fa parte dell’equipe di scavo della cattedra di Etruscologia della Sapienza impegnata in progetti di ricerca in diversi siti dell’Etruria Meridionale, tra cui Veio, Vulci e Pyrgi.
Roma. A Palazzo Massimo per la rassegna “Al centro di Roma” la conferenza “La parola della tela. Ovidio e il successo di Aracne” di Gianpiero Rosati, professore emerito dell’università di Pisa
La gara di tessitura tra Aracne, abilissima tessitrice, e la dea Minerva, che di quella e delle altre arti femminili è la divinità tutelare, e alla quale la mortale Aracne non vuole riconoscersi inferiore, è un episodio cruciale delle Metamorfosi di Ovidio. Ne parla Gianpiero Rosati nella conferenza “La parola della tela. Ovidio e il successo di Aracne” per il ciclo di incontri “Al centro di Roma”, la rassegna del museo nazionale Romano, organizzata in collaborazione con il VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia, che accende il dibattito culturale con incontri aperti a tutti nello splendido Palazzo Altemps. Appuntamento martedì 7 ottobre 2025, alle 18, a Palazzo Massimo. Introducono Edith Gabrielli e Alessandro Schiesaro. Ingresso gratuito fino a esaurimento posti. Prenotazione al link https://www.eventbrite.it/…/biglietti-la-parola-della…. I due arazzi che Minerva e Aracne realizzano sono ispirati da opposti principî estetici e opposte ideologie; e anche lo stile del narratore Ovidio, che non prende apertamente posizione sul primato dell’una o dell’altra, riflette le rispettive scelte formali. La gara si conclude senza un verdetto chiaro, ma il testo fa capire che Aracne non esce certo sconfitta. La mancata vittoria è un’umiliazione per Minerva, che in preda all’ira punisce la rivale con un’azione di forza, quella che le deriva unicamente dal suo status divino, trasformandola in ragno. L’episodio, che godrà di larga fortuna nella storia dell’arte europea, mette in scena l’eterno conflitto (da cui Ovidio stesso rimarrà schiacciato) tra potere e autonomia dell’artista, e illustra la potenza comunicativa dell’immagine che sostituisce ed esalta la parola.
Gianpiero Rosati ha insegnato Letteratura latina nelle università di Firenze, Pavia, Udine e alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ora è professore emerito. Ha scritto sulla poesia augustea (in particolare su Ovidio), sulla prosa narrativa latina e sulla letteratura della prima età imperiale. È socio della Accademia Nazionale dei Lincei e della Academia Europaea.
Rovereto (Tn). Seconda giornata della 36ma edizione del RAM film festival: 11 film in programma (con prime internazionali, europee ed assolute) e l’Aperitivo al Giardino con Fabio Pagano “La memoria liquida del Parco sommerso di Baia”. Al via il programma Fulldome al Planetario. Ecco il programma
Giovedì 25 settembre 2025, la seconda giornata della 36ma edizione del RAM film festival Rovereto Archeologia Memorie, “Sguardi sull’acqua”, organizzato dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto, accompagna il pubblico in un viaggio tra riti ancestrali, archeologia e memorie dimenticate con 8 film (una prima europea, tre prime assolute e una prima italiana) al teatro Rosmini di Rovereto nella sezione pomeridiana, dalle 15 alle 19.30, e altri tre (con una prima internazionale e una prima italiana) nella sezione serale dalle 20.30 alle 23.
Ma la seconda giornata del RAM film festival segna anche l’inizio del programma Fulldome e lo spazio OFF speciale cinema e sperimentale al museo di Scienze e Archeologia di Rovereto (Tn). Dal passato al futuro della realtà virtuale. Il RAM film festival apre le porte ai nuovi linguaggi del cinema. Per la prima volta in Italia, un festival presenta un programma Fulldome, affiancando alle proiezioni tradizionali, installazioni di realtà virtuale, sperimentazioni artistiche e nuove forme cinema immersivo. Per quattro giorni, dal 25 al 28 settembre 2025, il Planetario del museo di Scienze e Archeologia di Rovereto non mostra più stelle e pianeti ma diventa uno spazio di cinema totale in cui le immagini e i suoni avvolgono lo spettatore a 360 gradi.
Aperitivo in giardino. Il secondo incontro del RAM film festival è in programma alle 18, al museo di Scienze e Archeologia, in borgo S. Caterina, 41: “La memoria liquida del Parco sommerso di Baia” con FABIO PAGANO, archeologo e direttore del parco archeologico dei Campi Flegrei. Modera Andreas Steiner, direttore rivista Archeo. Evento tradotto nella Lingua dei Segni Italiana, in collaborazione con AbilNova. Nel tratto di mare tra Pozzuoli e Baia, dove il bradisismo flegreo sfuma i confini tra terra e acqua, si trova un prezioso sito archeologico sommerso. Dal 2002 è inserito in un’ampia area marina protetta e, dal 2023, riconosciuto dall’UNESCO come buona pratica mondiale. Qui, il mare custodisce le storie dell’antico Portus Iulius e della mondanità dell’antica Baia, tra terme e ville. Lungo queste coste è nata l’archeologia subacquea in Italia e si è sperimentato in forme pionieristiche il restauro sott’acqua. Partecipazione gratuita su prenotazione dal sito www.ramfilmfestival.it. In caso di maltempo presso la Sala Zeni del Museo. Aperitivo con Orto San Marco Sétap – Mangio Trentino e Cantina Vivallis.
Fabio Pagano, è archeologo, PhD, Direttore del Parco archeologico dei Campi Flegrei. Lavora presso il ministero della Cultura dal 2012, maturando esperienze in diversi contesti tra i quali la direzione del museo Archeologico nazionale di Cividale del Friuli, del museo Archeologico Nazionale e Teatro Romano di Spoleto e dell’area archeologica di Carsulae. Docente a contratto presso corsi di laurea e master in diverse università italiane.
Film del pomeriggio. Apre il film “Continuations/Hiwadabuki (Cypress bark roofing) – Continuità. Tetto in corteccia di cipresso” di Satoru Okabe (Giappone 2024, 17’); quindi il film “O lugar antes de mim, Megafauna – Megafauna, il luogo prima di me” di Karla Nascimento (Brasile 2024, 52’); il film “Il toro e la Madonna” di Claudio Sagliocco e Gianni Nunno (Italia 2025, 30’); il film “Tracce, ricostruire la nostra preistoria” di Davide Dalpiaz e Fabio Pupin (Italia 2025, 16’); il film “Thorin le dernier Néandertalien – Thorin, l’ultimo Neanderthal” di Pascal Cuissot (Francia 2024, 53’); il film “Campo della Fiera e il pozzo del tempo” di Massimo D’Alessandro (Italia 2024, 50’); il film “Doppio Chicco” di Francesco Mennella (Italia 2024, 15’); il film “Küttepuude hankimine – Legna da ardere” di Liivo Niglas (Estonia 2024, 30’); chiude la sezione il film “The Family Portrait – Ritratto di famiglia” di Lea Vidakovic (Croazia/Francia/Serbia 2023, 15’).

Frame del film “Secret Sardinia, mysteries of the Nuraghi – Sardegna segreta, i misteri dei Nuraghi” di Thomas Marlier
Film della sera. Si comincia con il film “La civilisation perdue d’Amazonie – La civiltà perduta dell’Amazzonia” di Franck Cuveillier, Éric Ellena (Francia/Cile 2024, 53’); quindi il film “Enemy Number Three – Nemico numero tre” di Vladimir Sumashedov (Russia 2024, 31’); chiude il film “Secret Sardinia, mysteries of the Nuraghi – Sardegna segreta, i misteri dei Nuraghi” di Thomas Marlier (Francia 2024, 53’).
Ischia (Na). Al martedì al museo Archeologico di Pithecusae – Villa Arbusto di Lacco Ameno “Una Notte al Museo” con focus sul vino nel mondo antico
Viaggio speciale nella storia del vino: ogni martedì al museo Archeologico di Pithecusae – Villa Arbusto, a Lacco Ameno sull’isola d’Ischia (Na), “Una Notte al Museo”, alle 21, visita serale con approfondimento scientifico dedicato alla produzione e commercializzazione del vino nel mondo antico e al suo uso rituale nelle cerimonie -a cura di Mariangela Catuogno. Un’occasione unica per scoprire come questa bevanda abbia accompagnato la vita, i riti e la cultura delle civiltà del passato. Ingresso incluso nel biglietto del museo.
Un libro al giorno. “Viaggio archeologico nell’antica Etruria. Wilhelm Dorow” a cura di Giulio Paolucci: istantanea dell’Etruria del XIX secolo grazie Wilhelm Dorow, diplomatico alla corte di Federico Guglielmo III di Prussia, storico, letterato, orientalista ma soprattutto archeologo e collezionista di antichità

Copertina del libro “Viaggio archeologico nell’antica Etruria. Wilhelm Dorow” a cura di Giulio Paolucci
È uscito per i tipi di Johan & Levi Editore con la collaborazione della Fondazione Luigi Rovati il libro “Viaggio archeologico nell’antica Etruria. Wilhelm Dorow” a cura di Giulio Paolucci. La civiltà etrusca e i luoghi che ne furono la culla sono tutt’oggi studiati anche grazie ai diari di viaggio del Grand Tour, intrapreso da eminenti personaggi come l’esploratore ed etruscologo George Dennis, l’acquarellista Samuel James Ainsley o Elizabeth Hamilton Gray, figura pionieristica dell’etruscologia ottocentesca al femminile. Precursore di questi nomi illustri è Wilhelm Dorow, diplomatico alla corte di Federico Guglielmo III di Prussia, storico, letterato, orientalista ma soprattutto archeologo e collezionista di antichità, tra i primi a viaggiare tra le città dell’antica Etruria con l’attenzione dello studioso, documentando le ricchezze artistiche e archeologiche dell’entroterra senese e aretino con Cortona, Chiusi e Arezzo. Pubblicato quasi vent’anni prima del celebre The Cities and Cemeteries of Etruria di George Dennis, il taccuino di Dorow rappresenta un tassello cruciale per la storia dell’etruscologia e del collezionismo antiquario ed è qui tradotto dall’edizione francese del 1829 e completo delle sedici tavole originali. Dedicato a Bertel Thorvaldsen, con cui Dorow intrattenne negli anni scambi epistolari e dal quale ricevette parole di apprezzamento per la propria collezione, documenta il viaggio intrapreso da Firenze nell’estate del 1827. Accompagnato dal cavaliere Francesco Inghirami, autore – tra le altre – della poderosa opera illustrata Monumenti Etruschi, e dall’artista Giuseppe Lucherini, che aveva l’incarico di riprodurre gli antichi reperti, Dorow si distingue in modo netto dai colleghi inglesi: con una profonda conoscenza del contesto italiano, a lui si devono annotazioni di un’arguzia e precisione indiscusse e per questo ancora di estrema utilità per lo studio archeologico contemporaneo. Il resoconto delle sue visite ai luoghi che conservano i più importanti lasciti etruschi e alle principali collezioni private di antichità etrusche si accompagna a una descrizione dettagliata dei reperti, resa possibile anche grazie ai disegni minuziosi di Lucherini. Emerge da queste pagine una sorta di istantanea dell’Etruria del XIX secolo, che fa risaltare il fondamentale contributo di Dorow nella ricostruzione storica delle collezioni e delle loro sorti, nonché nel decisivo passaggio da un puro interesse antiquario allo studio scientifico del mondo etrusco.
Ercolano (Na). Ferragosto tra storia e meraviglia al parco archeologico di Ercolano e dal 26 agosto nuove aperture serali con “Una notte al Museo”
Anche quest’anno il parco archeologico di Ercolano sarà regolarmente aperto il giorno di Ferragosto, offrendo a visitatori e appassionati di storia l’opportunità di trascorrere una giornata immersi nel fascino di un’antica città romana perfettamente conservata. Il Parco sarà visitabile per tutto il mese di agosto con orario estivo, dalle 8.30 alle 19.30 (ultimo ingresso alle 18). “Il Ferragosto al Parco è un’occasione preziosa per vivere la cultura all’aria aperta”, dichiara il funzionario delegato alla direzione del Parco, Francesco Sirano, “un invito a esplorare con calma i luoghi, le storie e i reperti che raccontano una delle più affascinanti città romane sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. In un periodo in cui la domanda culturale si rinnova e cresce, vogliamo offrire un’esperienza di visita confortevole e suggestiva”.
Dopo il successo dei percorsi notturni de “I Venerdì di Ercolano”, ora “Una notte al Museo”, iniziative in programma per ulteriori aperture serali del mese di agosto. Il Parco rilancia infatti con una nuova proposta serale: a partire dal 26 agosto 2025 il martedì e giovedì sera, saranno accessibili il Padiglione della Barca e l’Antiquarium, offrendo un’opportunità straordinaria di ammirare in una luce diversa due degli spazi più evocativi dell’intero sito, negli orari serali di tali aperture l’area archeologica non sarà visitabile. Dal 26 agosto 2025 e per tutto il mese di settembre, il Padiglione della Barca e l’Antiquarium saranno aperti anche in orario serale, ogni martedì e giovedì dalle 20.30 alle 23-30 (ultimo ingresso alle 22.30). Il sito archeologico, invece, sarà visitabile tutti i giorni esclusivamente durante i consueti orari di apertura diurna. “Con Una notte al Museo vogliamo valorizzare due spazi di altissimo valore identitario per il nostro Parco”, continua Sirano. “Il legno, miracolosamente preservato, è una delle peculiarità che rendono Ercolano un unicum nel panorama archeologico mondiale. Le visite in orario serale offrono un’atmosfera più intima e confortevole, adatta a tutti, anche alle famiglie”. Il costo del biglietto per le aperture serali (Padiglione della barca e Antiquarium) è di 5 euro. Per procurarsi i biglietti per le aree museali consultare le pagine social del Parco, il sito web https://ercolano.cultura.gov.it e https://www.coopculture.it dove a breve saranno disponibili i biglietti per l’acquisto con tutte le indicazioni. Per l’occasione saranno disponibili gratuitamente i parcheggi: scuola Rodinò (via IV Novembre), scuola Iovino Scotellaro (traversa via IV Novembre), Villa Favorita (corso Resina). Si ricorda che sono attivi abbonamenti e formule di visita agevolate, pensate per le famiglie, i giovani e gli over 65, che permettono di vivere il Parco tutto l’anno con grande flessibilità. Ai visitatori di agosto, il Parco raccomanda di evitare le ore più calde, idratare frequentemente e pianificare la visita scegliendo gli orari più adatti alle proprie esigenze.
Il Padiglione della Barca consente un tuffo nell’universo marinaresco dell’antica Ercolano, attraverso reperti eccezionali come argani, remi, corde, pesi e ami da pesca, testimoni del forte legame della città con il mare. Fiore all’occhiello del Padiglione è la lancia militare, ritrovata sull’antica spiaggia: un manufatto unico, probabilmente parte della flotta inviata da Plinio il Vecchio in soccorso della popolazione durante la catastrofica eruzione.

“Il legno che non bruciò”: allestimento della mostra permanente all’antiquarium di Ercolano (foto paerco)
Accanto, l’Antiquarium si presenta come uno scrigno della vita quotidiana romana, con un focus unico al mondo: la collezione di legni antichi, tra cui mobili, utensili e strumenti, carbonizzati ma perfettamente conservati grazie all’assenza di ossigeno nel flusso piroclastico che sommerse la città. Un patrimonio eccezionale, arricchito dai preziosi ori di Ercolano, simbolo del gusto e del lusso degli antichi abitanti.
























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