Parma. All’auditorium dei Voltoni del Complesso monumentale della Pilotta ciclo di conferenze “Pigorini Cent’anni dopo 1925 – 2025”. Apre Maria Bernabò Brea. Ecco il programma

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Nel 2025 ricorre il centenario della morte di Luigi Pigorini, il più noto tra i tre padri fondatori (oltre a lui, Pellegrino Strobel, docente di Scienze naturali all’università di Parma e don Gaetano Chierici, insegnante e archeologo reggiano) dell’archeologia preistorica italiana. Il complesso monumentale della Pilotta di Parma, il museo delle Civiltà di Roma (comprendente il museo Preistorico che oggi porta il suo nome e il museo Etnografico sempre da lui fondato), l’università di Padova, l’università La Sapienza di Roma, l’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria e i comuni di Fontanellato (luogo di nascita) e di Padova (luogo in cui si sé spento ed è sepolto) hanno congiuntamente stabilito di organizzare, nelle diverse sedi, una variegata serie di eventi commemorativi. Il complesso monumentale della Pilotta, con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria e in collaborazione con Arkheoparma e l’associazione Amici della Pilotta, con l’intento di coinvolgere tutta la cittadinanza interessata o, ancor meglio, suscitare l’interesse di chi ancora non conoscesse questo straordinario archeologo, propone un ciclo di conferenze “Pigorini Cent’anni dopo 1925 – 2025”, tra la primavera e l’autunno del 2025; relatori sono studiosi di diversa specializzazione ma da sempre abituati anche alla comunicazione di carattere divulgativo. Luigi Pigorini non è espressamente argomento delle conferenze ma il fil rouge che le collega. Seppure “principe de’ paletnologi” come venne definito nel 1908 in occasione di una grande celebrazione a lui dedicata a Parma, nella sua carriera ha toccato molteplici argomenti, dalla numismatica ai siti dell’età del Bronzo, a quelli altomedievali. Partendo di volta in volta da uno di questi argomenti, le diverse conferenze ci presenteranno dunque lo stato delle conoscenze attuali, eventualmente sottolineando, e ci sarà da stupirsi, la genialità delle intuizioni e delle ricostruzioni del grande archeologo. Tutte le conferenze si svolgeranno all’Auditorium dei Voltoni – Complesso monumentale della Pilotta.

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Maria Bernabò Brea (foto bmta)

Si inizia giovedì 6 marzo 2025, alle 17, con Maria Bernabò Brea su “Una nuova scienza palpitante di attualità. La nascita dell’archeologia preistorica”. Nel corso dell’Ottocento, a Nord delle Alpi, l’attenzione per reperti antichi solitamente trascurati, il progredire delle scienze naturali e della geologia, l’aumentato interesse per l’etnologia, le occasionali scoperte di antiche strutture in legno portano alla nascita dell’archeologia preistorica. L’eco di queste nuove ricerche giunge presto tra i naturalisti del Nord Italia: tra questi, Pellegrino Strobel avvia insieme a Pigorini le prime ricerche su siti della pianura emiliana da decenni sfruttati a fini agricoli: sono le cosiddette “mariere”, che i due studiosi riconoscono essere resti di villaggi preistorici, dell’età del Bronzo, e per cui adotteranno il termine, tuttora in uso, di terramare. Ai due studiosi parmensi si affianca ben presto anche il reggiano don Gaetano Chierici e con i loro studi ha inizio in Italia l’archeologia preistorica.

Maria Bernabò Brea, dal 1980 al 2016 funzionario archeologo della soprintendenza per i Beni archeologici dell’Emilia Romagna, direttrice del museo Archeologico di Parma dal 1991 fino al 31 dicembre 2016. Presidente dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria dal 2012 al 2017. Oggi direttrice della Rivista di Scienze Preistoriche.

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Georgia Cantoni (foto X)

Giovedì 27 marzo 2025, alle 17, Georgia Cantoni su “Ospitare mondi. Le collezioni etnografiche dei Musei Civici di Reggio Emilia”. L’etnologia svolge un ruolo importante per la formazione dell’archeologia preistorica (poi denominata appunto “paletnologia”); le popolazioni viventi a diversi stadi di sviluppo sono considerati dalla nascente disciplina archeologica uno strumento fondamentale per ricostruire la storia fisica, tecnologica e culturale delle popolazioni vissute in epoche remote. Raccolte etnografiche di privati e i reperti che L. Pigorini direttore del Museo preistorico etnografico di Roma offriva a G. Mariotti, direttore del Museo di Parma, in cambio di reperti delle terramare hanno costituito fino agli anni Sessanta la collezione etnografica del Museo di Parma. Dopo il suo riallestimento, questi beni hanno rischiato la dispersione, ma l’intera collezione è stata, fortunatamente, acquisita dai Civici Musei di Reggio Emilia dove è tuttora esposta.

Georgia Cantoni, conservatrice delle collezioni etnografiche dei Musei Civici di Reggio Emilia, Ispettore onorario per la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città Metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara.

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Marco Baioni (foto FB)

Giovedì 10 aprile 2025, alle 17, Marco Baioni su “Vivere sull’acqua. Le palafitte dell’arco alpino tra ricerca e valorizzazione”. Oltre un centinaio di siti palafitticoli distribuiti tra Francia, Svizzera, Germania e Italia hanno fornito una straordinaria e dettagliata panoramica sugli insediamenti, sulle strutture abitative, sull’economia delle comunità preistoriche dedite ad agricoltura e allevamento e stanziate sulle rive dei laghi alpini e subalpini per un arco di tempo compreso tra il 5000 e il 500 a.C. Le testimonianze archeologiche consentono una comprensione unica del modo in cui queste società interagivano con il loro ambiente, anche in relazione ai cambiamenti climatici e all’avvento di nuove tecnologie. Per le particolari condizioni di umidità si sono qui conservate strutture e manufatti lignei, nonché i tessuti più antichi d’Europa. Dal 2011 le palafitte dell’arco alpino sono patrimonio Unesco: dei 111 siti accreditati, 19 si trovano in Italia settentrionale.

Marco Baioni, direttore del museo Archeologico della Valle Sabbia di Gavardo (Bs), direttore dello scavo nella palafitta di Lucone di Polpenazze (Bs), compresa tra le palafitte inserite nel patrimonio UNESCO.

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Claudio Cavazzuti (foto unibo)

Giovedì 8 maggio 2025, alle 17, Claudio Cavazzuti su “Cremazioni e campi d’urne dell’età del Bronzo a Parma, in Emilia e in Europa. Cosa sappiamo oggi rispetto a Pigorini?”. Nella seconda metà del II millennio a.C., si diffonde in tutta Europa l’uso della cremazione. A differenza di quello che si potrebbe pensare, i resti dei cremati di epoca preistorica (non paragonabili alle ceneri della pratica attuale) consentono, se accuratamente trattati, il recupero di numerose informazioni di carattere antropologico e culturale. All’interno dei cinerari, il microscavo viene solitamente eseguito in laboratorio, con le stesse procedure usate negli scavi archeologici: grazie all’esame dei resti umani, delle loro posizioni entro l’urna, con lo studio degli (eventuali) oggetti di corredo è possibile stabilire la temperatura raggiunta dal rogo funebre, le procedure dell’ossilegio (raccolta e inserimento nel cinerario dei resti), l’età e il sesso dei defunti e, nel caso di gruppi di sepolture sufficientemente numerosi, delineare un quadro della società dell’età del Bronzo cui tali sepolture appartenevano.

Claudio Cavazzuti, ricercatore in Preistoria e Protostoria, Alma Mater Studiorum – università di Bologna, titolare dell’insegnamento di “Networks and mobility in Archaeology”; curatore del progetto Marie Skłodowska-Curie “Ex-SPACE”, mirato alla ricostruzione della mobilità nell’età del Bronzo tramite un approccio integrato fra bio-archeologia e analisi isotopiche.

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Michele Cupitò (foto graziano tavan)

Giovedì 29 maggio 2025, alle 17, Michele Cupitò su “Pigorini e la struttura delle terramare. Che cosa regge e che cosa no centocinquant’anni dopo?”. Il principale argomento degli studi condotti da Pigorini nel corso della sua lunga carriera sono senza dubbio le terramare; già nel 1882, pubblica autonomamente i risultati dello scavo condotto a Castione Marchesi nel 1877 dando interpretazioni non più in linea con il modello proposto da G. Chierici. Verso la fine del secolo, dopo la scomparsa dello stesso i Chierici e di P. Strobel, Pigorini dirige una serie di campagne di scavo nella terramara del Castellazzo di Fontanellato, da cui progressivamente trarrà una ricostruzione dell’impianto/strutture del villaggio così articolate e complesse da far lungamente dubitare, dopo la morte di Pigorini, della loro attendibilità. Solo in anni recenti, a partire dal 1990 circa una nuova intensa stagione di studi dedicata ai siti dell’età della piena età del Bronzo a sud e nord del Po ha dimostrato e continua a svelare la validità del “modello” pigoriniano e la genialità del suo autore.

Michele Cupitò, professore associato dipartimento dei Beni culturali – università di Padova, titolare degli insegnamenti di “Protostoria europea e mediterranea” e “Protostoria dell’urbanizzazione in Italia settentrionale”; responsabile Didattica e Ricerca, Laboratori di Archeologia – università di Padova; direttore scientifico degli scavi nei siti dell’età del Bronzo di Fondo Paviani (Vr) e di Villamarzana (Ro).

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Nato a Fontanellato nel 1842, Luigi Pigorini entra nel 1858, appena sedicenne, come “alunno” al Museo di Antichità di Parma, con il compito di aiutare il direttore, Michele Lopez, nella sistemazione delle monete. Alla fine del 1860, però, la visita al Museo di due naturalisti, Bartolomeo Gastaldi torinese e Pellegrino Strobel, docente di Scienze all’Università di Parma, interessati agli oggetti recuperati nelle “mariere”, determina la grande svolta della sua vita. Nel 1861 è invitato da Strobel a collaborare nello studio di questi siti sparsi nelle campagne emiliane e già dopo i primi sopralluoghi vi riconoscono i resti di villaggi preistorici a cui attribuiscono il nome di “terramare”; grazie a loro, e al reggiano don Gaetano Chierici che li affianca l’anno successivo, nasce l’archeologia preistorica italiana. Pigorini abbandona così le antichità classiche per dedicarsi all’archeologia preistorica o “paletnologia”. Nel 1865, è il primo a parlare a Roma, all’Istituto di Corrispondenza Archeologica e di fronte a prelati e cardinali, dell’“Alta Antichità”, suscitando inizialmente sdegno, ma poi un attento e duraturo interesse. Nel 1867 è nominato direttore del museo di Antichità di Parma; negli anni della sua direzione, le collezioni di reperti preistorici crescono notevolmente, ma nel 1875 è chiamato a Roma per realizzare un museo Preistorico nazionale che metta la nuova capitale al pari di quelle europee. Già direttore del Museo, inaugurato nel 1876, nel 1877 gli viene affidata la prima cattedra “Paletnologia”, istituita grazie alle sue insistenze e unica in Europa fino agli inizi del Novecento. Membro di un numero infinito di accademie e istituzioni culturali, funzionario ministeriale di ineccepibile correttezza, nel cinquantenario del suo ingresso nel mondo archeologico, la città di Parma gli tributa, nel 1908, grandi onori e il dono di una medaglia in cui viene definito “principe de’ paletnologi”. Nel 1912, in virtù dei suoi meriti scientifico-culturali, è nominato Senatore del Regno e per qualche tempo rivestirà anche la carica di vice-presidente del Senato. Ritiratosi dalla direzione del Museo e dall’insegnamento universitario, le sue finanze non gli consentono di vivere a Roma per cui nel 1923 si trasferisce con la moglie a Padova, dove muore nel 1925 e dove viene sepolto con funerali di Stato.

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