Montebelluna (Tv). Aperta al museo di Storia naturale e Archeologia la mostra “Fabulae. Le situle raccontano i Veneti antichi”, con protagoniste le due situle figurate scoperte a Posmon che tornano a casa. Gli interventi ufficiali all’inaugurazione

Mostra “Fabulae” al museo di Storia naturale e Archeologia di Montebelluna (Tv): la sala delle situle (foto graziano tavan)
Le due situle di Posmon sono tornate a casa. A Montebelluna. Definitivamente. Questi “secchi” di lusso, realizzati in bronzo 2500 anni fa, sono stati realizzati dai Veneti antichi per contenere bevande alcoliche durante i banchetti, poi impiegati alla fine del loro ciclo vitale come vasi-ossuario nelle sepolture di personaggi importanti. Da sabato 16 novembre 2024 (e fino al 31 agosto 2025) le due situle figurate, scoperte una nel 2002 e l’altra nel 2012 nella necropoli preromana di via Cima Mandria di Posmon di Montebelluna (Tv), dopo un lungo e impegnativo restauro, sono le protagoniste della mostra “Fabulae. Le situle raccontano i Veneti antichi”, frutto della sinergia interistituzionale tra Comune di Montebelluna, con il suo museo civico, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno Padova e Treviso, e direzione regionale Musei nazionali Veneto a cui fa capo il museo nazionale Atestino. A realizzarla non un curatore ma un intero comitato scientifico interdisciplinare dove ognuno degli esperti ha portato le proprie competenze.

Comitato scientifico e autorità all’inaugurazione della mostra “Fabilae” al museo di Storia naturale e di Archeologia di Montebelluna (foto graziano tavan)
E sabato 16 novembre 2024, all’inaugurazione alla presenza del sindaco di Montebelluna Adalberto Bordin, c’era tutto al completo: Stefano Buson, già funzionario restauratore al museo nazionale Atestino; Monica Celi, direttrice del museo di Storia naturale e Archeologia di Montebelluna; Emanuela Gilli, conservatrice archeologa del museo di Storia naturale e Archeologia di Montebelluna; Giovanna Gambacurta, professore associato di Etruscologia ed Antichità italiche all’università Ca’ Foscari di Venezia; Nicoletta Onisto, esperta in resti cremati, docente incaricato all’università di Ferrara; Carla Pirazzini, funzionario archeologo responsabile delle zone di Este e di Montebelluna per la soprintendenza ABAP VE-MET; Benedetta Prosdocimi, direttrice del museo nazionale Atestino; Angela Ruta, già direttrice del museo nazionale Atestino; Luca Zaghetto, archeologo, autore di studi sistematici sui sistemi iconografici dell’arte delle situle. Ecco i passi salienti degli interventi delle autorità all’inaugurazione.
“È una mostra progettata in maniera logica, facile e intuitiva, ma non per questo gli oggetti esposti non sono assolutamente unici”, esordisce il sindaco Adalberto Bordin. “Per la prima volta vengono riunite le due situle più importanti del territorio montebellunese: una venuta alla luce nel 2002 e l’altra nel 2012. Queste situle raccontano la storia di noi veneti come popolo come eredi di Antenore, eroe troiano che nelle sue peregrinazioni, un po’ come tutti gli eroi sia greci sia troiani, arrivò e si insediò secondo la leggenda qui nell’Adriatico, nel nord dell’Italia, e si dice fondò addirittura Padova. Allora quello che emerge sono già le peculiarità del nostro popolo. Intanto le situle erano utilizzate per il vino, cosa che mi sembra in questa terra non manchi, e quindi a migliaia di anni di distanza questa tradizione continua a essere presente. Ma poi anche la capacità di innovare. Queste situle che prima erano utilizzate come contenitori, poi tolto il manico sono servite come urna funeraria. Quindi la capacità di innovare e di progredire. Credo che questa sia veramente una mostra straordinaria e unica. Concludo ringraziando veramente tutti. Perché per portare una mostra così unica nel nostro territorio è necessaria la collaborazione e la responsabilità di tutti”.
“Porto i saluti da parte del soprintendente Vincenzo Tinè che come me è entusiasta di questa mostra e di tutte le attività che vengono svolte a Montebelluna”, interviene Carla Pirazzini, funzionario archeologo responsabile delle zone di Este e di Montebelluna per la soprintendenza ABAP VE-MET. “Questo evento è la conclusione di un lavoro che parte da lontano. Si sa che la soprintendenza dà un po’ fastidio perché con le azioni di tutela impone certe volte le proprie condizioni alla realizzazione di edifici pubblici e privati – ai privati dà particolarmente fastidio – però poi dobbiamo pensare che tutto viene esposto: a Montebelluna, un caso virtuoso, vengono esposti oggetti scavati e che hanno subito un lungo processo di attività che coinvolgono tante persone, dagli archeologi che scavano ai restauratori, da noi funzionari che ci occupiamo più della parte burocratica ai disegnatori che disegnano i pezzi, al Comune e al museo che poi si occupano di tutta la sequenza delle attività. E quindi è un team di persone appassionate del proprio lavoro che lavora per restituire – in questo caso felicemente – alla collettività quello che viene ritrovato dagli scavi, dalle azioni di tutela che tante volte vengono vissute un po’ con fastidio ma come possiamo vedere in questa mostra poi alla fine danno delle grandi soddisfazioni perché siamo riusciti a portare in mostra dei reperti eccezionali. Quindi – conclude – voglio ringraziare tutti, e ringraziare il comitato scientifico che veramente ha fatto un lavoro fantastico perché si sono impegnati tutti dall’inizio alla fine nella realizzazione di questa mostra. E un ringraziamento particolare all’amministrazione di Montebelluna, alla direttrice Monica Celi e alla conservatrice Emanuela Gili che sono veramente delle persone instancabili”.
“Anch’io porto i saluti del dirigente Daniele Ferrara”, spiega Benedetta Prosdocimi, direttrice del museo nazionale Atestino. “E devo dire che entrambi siamo stati molto contenti di questo invito alla collaborazione che ci è arrivato dal museo di Montebelluna e dalla soprintendenza. Per noi è stata veramente un’opportunità per mettere in pratica un’idea di sistema nazionale dei musei che il ministero, attraverso la direzione generale Musei, sta cercando di mettere in piedi, cioè una sorta di rete di tutti i musei italiani indipendentemente dal loro status giuridico ma basandosi invece su dei criteri di qualità. E in questo senso penso che il museo di Montebelluna sia veramente un esempio luminoso e raro di alto livello scientifico e anche di impegno a contatto con la cittadinanza. E credo che il numero di persone oggi presenti ne sia una testimonianza per la diffusione del patrimonio naturalistico ma anche archeologico, che è quello che personalmente conosco meglio. In questa occasione specifica – continua -, tra l’altro, la collaborazione del museo nazionale Atestino in realtà nasce da lontano, da prima ancora che questo facesse parte della direzione regionale Musei nazionali del Veneto, perché nel 2012, quando la situla figurata, che avrete modo di vedere per la prima volta a Montebelluna proprio in questa mostra, venne ritrovata nel corso degli scavi per decisione di Anna Maria Larese, che era allora il funzionario di soprintendenza ma che è stata poi una collega della direzione regionale dei Musei, decise di portare il reperto a este dove esisteva, ed esiste ancora per nostra fortuna, un laboratorio specialistico attrezzato in cui Stefano Buson, che oggi è parte del nostro comitato scientifico, ha effettuato la difficilissima operazione di restauro e dove quindi si è anche cominciato a poter studiare questo reperto, grazie soprattutto all’opera di Giovanna Gambacurta. E quindi è una collaborazione che è in qualche modo connaturata alla storia di questo eccezionale reperto che oggi torna alla comunità di Montebelluna. È stata un’operazione esemplare dal punto di vista della collaborazione istituzionale tra tutte le parti in causa e questo penso sia un valore aggiunto. In particolare anche perché c’è stata una collaborazione dal punto di vista scientifico con l’istituto nazionale di studi etruschi e italici – sezione dell’Etruria padana e dell’Italia settentrionale, e con il dipartimento di Studi umanistici dell’università di Ca’ Foscari, oltre ad altre collaborazioni organizzate più direttamente dal museo di Montebelluna per gli aspetti di comunicazione. Per cui – conclude – veramente un’operazione corale che spero avrete modo di apprezzare, e che rende necessario il ringraziamento al museo di Montebelluna ma anche a tutti gli altri partecipanti e alla comunità”.
“Io non parlo senza il mio comitato scientifico, cioè il comitato scientifico della mostra, a cui dobbiamo tutto quello che vedete”, esordisce Emanuela Gilli, conservatrice archeologa del museo di Storia naturale e Archeologia di Montebelluna. “E nel colophon non troverete un curatore della mostra perché questa è veramente un’opera collettiva, risultato di riunioni, incontri, condivisioni, con un’apertura, una disponibilità incredibili, che mai mi era capitato di trovare in tutti gli anni di lavoro. Il motivo è molto semplice. Ci siamo trovati a lavorare su un patrimonio culturale straordinario, le due situle figurate di Montebelluna, ben due che è una cosa eccezionale nel panorama culturale-archeologico dell’area di diffusione dei Veneti antichi in cui Montebelluna rientra. E questo patrimonio straordinario ha mosso energie di tutti i tipi, sia a livello degli studiosi, insomma di chi ha avuto veramente l’onore di lavorarci su per comunicarlo a tutti, ma anche proprio a livello di comunità. E quindi è con grande piacere che vi invito a vedere la mostra leggendo anche tra le righe tutti i significati che si incrociano in questa mostra. Non è solo il patrimonio che viene raccontato – spiega -, ma è un patrimonio che muove tante riflessioni, molte anche collegate al presente, all’attualità. Noi non parliamo solo delle situle, ma parliamo molto di Posmon, del sito di Montebelluna da cui esse provengono. C’è anche una riflessione sull’uso del territorio, il consumo del suolo. Lo sforzo grande era non presentare questi oggetti meravigliosi in una vetrina e basta, ma farli diventare uno spunto di riflessione su il potere dell’archeologia di farci capire tante cose del passato e affrontare meglio il presente con più consapevolezza. Quindi vedrete tanti filoni tematici che si intersecano. E ci sono due poli: le Fabulae, è il titolo, che devo proprio al comitato, a Mariangela Ruta e a Giovanna Gambacurta, tra i curatori, poi abbiamo Benedetta Prosdocimi, Carla Pirazzini, Nicoletta Onisto, Luca Zaghetto, Stefano Buson, e Monica Celi. Un comitato interdisciplinare, e anche inter-istituzionale, e anche questo è bello, una sinergia tra istituzioni proprio dovuta a questo patrimonio. E quindi – conclude – i due poli sono le Fabulae, cioè le narrazioni raccontate dalle situle figurate con queste storie meravigliose. L’altro polo sono le “tracce” che l’archeologia ci lascia, che il passato lascia sul terreno e che sono gli archeologi, con il loro metodo minuzioso, a tirare fuori e a permettere anche tutto questo lavoro di cui stiamo parlando”.
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