Milano. Al via l’VIII edizione delle Giornate di Archeologia Arte e Storia del Vicino e Medio Oriente promosse da Fondazione Terra Santa e Commissariato di Terra Santa del Nord Italia. Tre giorni di lavori in presenza e on line
Dal 20 al 22 ottobre 2022, a Milano, all’auditorium del museo dei Cappuccini in via Antonio Kramer 5 e in streaming, appuntamento con le Giornate di Archeologia Arte e Storia del Vicino e Medio Oriente, giunte all’VIII edizione, promosse da Fondazione Terra Santa e Commissariato di Terra Santa del Nord Italia. L’iscrizione per la partecipazione in presenza è gratuita previa iscrizione che dovrà essere effettuata registrandosi sulla piattaforma Eventbrite o via email all’indirizzo iscrizioni@fondazioneterrasanta.it indicando il proprio nominativo, quello di eventuali accompagnatori e le sessioni alle quali si desidera partecipare. Iscrizioni diretta streaming: l’iscrizione per la partecipazione alla diretta streaming prevede un piccolo contributo che andrà a sostenere i costi del servizio, da devolvere esclusivamente tramite carta di credito all’atto della registrazione su piattaforma Eventbrite. Offerta consigliata per singola sessione: 5 euro. Offerta consigliata per la partecipazione a tutte le sessioni: 15 euro. Per iscriversi a tutte le sessioni streaming del programma cliccare qui.
Giovedì 20 ottobre 2022, dalle 15 alle 17.30: “Cinema. Sguardi di Celluloide sulla Terra Santa”. Relazione introduttiva di Elena Mosconi, professoressa di Storia del Cinema all’università di Pavia. Selezione di filmati tratti da una quarantina di documentari storici realizzati tra gli anni Quaranta e Ottanta dalla Custodia di Terra Santa, restaurati e digitalizzati a cura del museo del Cinema di Milano. Iscriviti qui
Venerdì 21 ottobre 2022, dalle 9 alle 13: “Crisi ambientali e guerre dell’acqua in Medio Oriente”. Intervengono: Cristina Cattaneo, responsabile di ricerca sulle migrazioni all’European Institute on Economics and the Environment (Eiee), su “Cambiamenti climatici e migrazioni nel Mediterraneo, un quadro”; Mauro Primavera, ricercatore dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano / Fondazione Oasis, su “La dimensione ambientale della guerra in Siria”; Anna Pozzi, giornalista e scrittrice, Fondazione Pime, su “Crisi climatica, conflitti e migrazioni nel Sahel”; Manuela Borraccino, giornalista, esperta di Medio Oriente, su “Prospettive di genere sul contrasto alla crisi climatica in Medio Oriente”; Giuseppe Caffulli, giornalista, direttore della rivista Terrasanta, su “Il caso Mar Morto”. Sessione accreditata per la formazione permanente dell’Ordine dei Giornalisti. Per chi svolge la professione iscriversi dal portale formazionegiornalisti.it. Iscriviti qui.
Venerdì 21 ottobre 2022, dalle 14.30 alle 17: “Anniversari 2023-2025 – Verso gli 800 anni di Francesco d’Assisi”. Intervengono: fra Giuseppe Buffon, professore di Storia della Chiesa alla Pontificia Università Antonianum di Roma, su “1223-2023 | Carisma e Istituzione, otto secoli della Regola bollata”; Antonio Musarra, professore di Storia Medievale alla Sapienza Università di Roma, su “1223-2023 l Presepe di Greccio: una translatio francescana dei Luoghi Santi?”; Rosa Giorgi, storica dell’arte, direttrice del museo dei Cappuccini di Milano, su “1224-2024 | Le Stimmate di Francesco, un percorso iconografico”; fra Stefano Luca, professore di Islamistica allo Studio Teologico Laurentianum di Venezia, esperto del dialogo cattolico-islamico, su “1225-2025 | l Cantico delle creature, una lettura missiologica”. Iscriviti qui.
Sabato 22 ottobre 2022, dalle 10 alle 13: “Archeologia: dal Nilo alla Via della Seta”. Intervengono: Alberto Elli, orientalista, docente di Lingue dell’Antico Egitto, su “I geroglifici, Champollion e la Stele di Rosetta a 200 anni dalla decifrazione”; Maria Giovanna Biga, già docente di Storia del Vicino Oriente antico alla Sapienza Università di Roma, su “Il velo nelle religioni e culture dell’antico Medio Oriente”; Massimo Vidale, archeologo, dipartimento dei Beni culturali, università di Padova, su “Hatra, rinascita di una città in Iraq”; Sergio Ferdinandi, vice-presidente ISMEO – Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente di Roma, su “Armenia medievale: sistemi di difesa e di incastellamento della Via della Seta”; fra Amedeo Ricco, archeologo, Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, su “I resti architettonici della Rotonda del Santo Sepolcro a Gerusalemme: riscoperta e valorizzazione”. Iscriviti qui.
Udine. Webinar “Archeomafie e dintorni – mappe e organizzazioni del traffico illecito di materiali archeologici” organizzato dall’associazione A.C.CulturArti nell’ambito del 3° Festival dell’Archeologia Pubblica “senzaConfini”. Tra i relatori: Lucio Milano, Massimo Vidale, F. Mario Fales

La sottrazione di opere d’arte e reperti archeologici non solo procura un danno patrimoniale allo Stato di inestimabile valore, ma depaupera anche ogni singolo cittadino. Questa forma di arricchimento illecito molto spesso è gestita da organizzazioni malavitose. Se ne parla lunedì 20 dicembre 2021, dalle 15.30 alle 18, nel webinar “Archeomafie e dintorni – mappe e organizzazioni del traffico illecito di materiali archeologici” organizzato dall’associazione A.C.CulturArti di Udine in collaborazione con il museo Archeologico nazionale di Aquileia ed è inserito nel programma del 3° Festival dell’Archeologia Pubblica “senzaConfini”, finanziato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. L’evento si tiene in diretta sulla piattaforma Zoom (iscrizione gratuita https://us02web.zoom.us/webinar/register/WN__f16BRo3QGyc67yw7AJ8bw) e sulla pagina Facebook di A.C.CulturArti (www.facebook.com/A.C.CulturArti/videos), in differita sul canale YouTube di A.C.CulturArti (https://www.youtube.com/channel/UCBErWhQdXqcP8w6UvCJvyew). Sono definite “archeomafie” le organizzazioni che operano nel campo degli scavi clandestini, del furto e del traffico illecito internazionale di reperti archeologici. Di questi argomenti di riconosciuto interesse, si occuperà il convegno “Archeomafie e dintorni”. L’evento, attraverso relazioni tenute da studiosi di fama internazionale, sarà in grado di concorrere all’aggiornamento degli operatori del settore, arricchendo le loro competenze e contribuendo a illustrare gli strumenti e metodi tuttora in atto per monitorare e contrastare la vasta gamma di atti e traffici criminosi connessi.

PROGRAMMA. Alle 15.30, saluti e presentazioni d’apertura: Marta Novello, direttrice del museo Archeologico nazionale di Aquileia; Roswitha Del Fabbro, presidente di A.C.CulturArti; F. Mario Fales, direttore scientifico di A.C.CulturArti. Parte prima: Perché “Archeomafie e dintorni” nell’archeologia pubblica: punti di vista. Interventi: Lucio Milano, università Ca’ Foscari di Venezia: “Lo scenario italiano: incontri recenti e implicazioni future”; Carlo Pavolini, università della Tuscia: “Riorganizzazione del Ministero e tutela del territorio – visuali a confronto”. Parte seconda: scorci d’Oriente. Interventi: Stefano Campana, università di Siena: “Alcune considerazioni sui primi risultati delle valutazioni dei danni provocati dall’ISIS al patrimonio archeologico iracheno: Hatra”. Massimo Vidale, università di Padova: “Alcune considerazioni sui primi risultati delle valutazioni dei danni provocati dall’ISIS al patrimonio archeologico iracheno: Ninive”. Parte terza: “Archeomafie e dintorni”. Interventi: Tsao Cevoli, direttore rivista “Archeomafie”: “I risultati e l’impatto delle indagini pluriennali della rivista”; Lidia Vignola, direttore Osservatorio Internazionale “Archeomafie”: “Il database e i risultati accessibili presso l’Osservatorio”. F. Mario Fales: “Saxa nondum loquuntur? Conclusioni parziali e provvisorie”.
Tourisma 2016. Al salone internazionale dell’archeologia di Firenze migliaia di presenze. Matthiae, Morandi Bonacossi e Peyronel su archeologia e ricerca italiana all’estero nei periodi di crisi e di guerra. Il Vicino Oriente in fiamme
Una marea di appassionati e addetti ai lavori, di curiosi e aficionados: ecco Tourisma 2016, il salone internazionale dell’archeologia che ha animato il Palazzo dei Congressi di Firenze dal 19 al 21 febbraio 2016. Tra 10 e 12mila le persone che, si calcola, hanno partecipato alla kermesse promossa dalla rivista Archeologia Viva diretta da Piero Pruneti. E il colpo d’occhio dell’auditorium del centro congressi straboccante nella foto di Valerio Ricciardi ben rende l’atmosfera di calda partecipazione. Partecipazione vissuta comunque non solo in auditorium, sede privilegiata della kermesse, ma anche nelle altre sale messe a disposizione da Firenze Fiere per workshop, presentazioni, assemblee, incontri, come pure negli spazi comuni riservati agli stand espositivi e ai laboratori. Molti i temi toccati, ma uno in particolare ha percorso trasversalmente le tre giornate di lavori: il rapporto dell’archeologia e della ricerca italiana all’estero con le crisi internazionali e la guerra, insieme a un ricordo-omaggio a Khaled al-Asaad, l’archeologo siriano custode per anni del sito Unesco di Palmira decapitato nell’agosto 2015 dall’Isis, affidato a Paolo Matthiae, il decano degli archeologi italiani in Siria, e all’instant movie del regista veneziano Alberto Castellani “Khaled al-Asaad: quel giorno a Palmira”. Toccanti le parole dello scopritore di Ebla: “Khaled Asaad era un uomo giusto, onesto, liberale, ospitale, simpatico. Era un figlio di quella regione, un efficace ambasciatore dei tesori del suo Paese. Lui è stato giustiziato dall’Isis per tre motivi: perché non ha rivelato dove aveva nascosto i tesori portati in salvo da Palmira; perché era ritenuto un servo del regime di Assad; perché era custode di un luogo pagano. In realtà Khaled fu un eccellente servitore del suo Paese”.

La distruzione del tempio di Baal Shimin a Palmira, patrimonio dell’Unesco, da parte dei miliziani dell’Isis
Proprio a Matthiae, professore emerito di Archeologia e storia del Vicino Oriente antico alla Sapienza di Roma, è stato affidato il compito di fare il punto sulla situazione della Mesopotamia in fiamme. “Stiamo assistendo a un inaudito disastro del patrimonio culturale dell’Iraq e della Siria”, spiega, attraverso anche una cinica guerra di comunicazione parallelamente alla guerra vera e propria. “Si parla – è vero – di propaganda dell’Isis. Ma in questo contesto si dicono anche tante stupidaggini. Una delle più ricorrenti è quella che sostiene che l’Isis si finanzia attraverso la vendita delle antichità. Niente di più assurdo. Ci vorrebbero almeno 200 opere originali di Leonardo Da Vinci per finanziare le spese che sostiene l’Isis. E lo si può capire facilmente che le antichità non possono essere remunerative. Basta controllare le quotazioni del mercato antiquario alle aste e si vede che le valutazioni dei reperti archeologici non superano alcune migliaia di euro”. E aggiunge polemico: “Allora viene il sospetto che quando soprattutto negli Usa si fanno queste affermazioni è solo per non dire o non affrontare il vero problema: chi finanzia, chi c’è dietro l’Isis? Se noi lo svelassimo, la guerra sarebbe presto finita. In questo contesto Palmira è un esempio calzante che spiega la non volontà di intervento. Palmira – lo sappiamo – è un’oasi nel deserto, senza consistenti nuclei abitati nelle vicinanze. Quindi, considerando la potenzialità delle forze alleate in campo, difendere e salvaguardare Palmira sarebbe stato un gioco da ragazzi. Invece Palmira è stata lasciata sola, permettendo che poche centinaia di miliziani jiahdisti, si parla di 800, la occupassero facilmente. Con le conseguenze che poi conosciamo tutti. È ridicolo. Perché non si è fatto niente?”.
In Siria è dal 2010 che sono state interrotte le missioni archeologiche. Oggi le attività di ricerca archeologica sono possibili e continuano in quei territori che sono ancora sotto il controllo dello Stato siriano. Ovviamente lavorano solo gli archeologi siriani perché le missioni straniere sono bloccate. “A Ebla, ad esempio, nel 2010 si stava predisponendo – col pieno appoggio delle autorità governative – il piano per la realizzazione del Parco archeologico di Ebla, che prevedeva il coinvolgimento di cinque villaggi vicini per l’appoggio logistico e di servizio al previsto e auspicato flusso turistico. E a Idlib, la città capoluogo, era già stata realizzata la Casa della Cultura, che doveva fungere da centro logistico e informativo per i turisti, con annesso il rinnovato Museo archeologico di Idlib, che nelle intenzioni doveva diventare il museo di Ebla con reperti e ricostruzioni della grande città del III millennio a.C. La Casa della Cultura”, ricorda amaro Matthiae, “è stata distrutta dall’Isis, mentre il sito di Ebla abbandonato al degrado si sta distruggendo per mancanza di manutenzione. Infatti, senza la necessaria cura (noi la facevamo due volte l’anno) si è praticamente sfaldata. E non potrebbe essere altrimenti trattandosi di strutture in mattoni crudi”.

La storia cancellata con l’esplosivo: così è stata distrutta dall’Is la città assira di Nimrud in Iraq
Purtroppo non c’è solo Ebla: l’archeologia oggi è ferita in Iraq e Siria, come ricorda Daniele Morandi Bonacossi, docente di Archeologia e Vicino Oriente antico all’università di Udine e direttore del Progetto Archeologico Regionale Terra di Ninive, nel Kurdistan iracheno, ampia ricerca interdisciplinare condotta nell’ambito della Missione Archeologica Italiana in Assiria (MAIA). “L’Isis mostra di voler distruggere quanto offende la presenza del monoteismo coranico di matrice salafita e wahabita, perché l’Isis si richiama all’Islam delle origini. Di qui la distruzione di quanto non rientra in questi canoni: moschee, mausolei, chiese, statue antiche, siti archeologici. Di qui le distruzioni del museo di Mosul, dei siti di Nimrud e Hatra, fino a Palmira e alla decapitazione di Khaled Asaad”.
Morandi Bonacossi mette in guardia da facili conclusioni. “La furia iconoclasta non è una prerogativa dell’Isis, e soprattutto non ha nulla a che fare con l’Islam”, assicura. “L’iconoclastia è uno strumento politico di potere di cui l’uomo si è sempre servito fin dalle origini, in ogni cultura e in ogni latitudine. Oggi in Isis c’è la volontà di distruggere quegli Stati creati a tavolino dagli inglesi alla caduta dell’impero ottomano. Ma il saccheggio dei siti archeologici in Iraq e Siria non è legato solo all’Isis. Se infatti il saccheggio promosso dagli uomini del Califfo hanno praticamente distrutto il sito della città carovaniera seleucide di Dura Europos e quello della città sumera di Mari, diversa è la responsabilità per la città greco-romana di Apamea che, pur essendo sotto il controllo delle forze governative, ha avuto la stessa tragica sorte”. Un saccheggio annunciato, purtroppo. “Noi archeologi orientalisti”, continua, “avevamo già previsto come sarebbe andata a finire: un grande saccheggio. Lo sapevamo perché lo avevamo visto in Iraq all’indomani della caduta di Saddam Hussein quando, essendo venuto meno il controllo del territorio da parte dell’autorità centrale, le aree archeologiche furono violentate e distrutte da un saccheggio sistematico. E nei saccheggi si porta via di tutto: dalle ceramiche alle sculture, dai rilievi alle monete. E questi “tombaroli” forti dell’esperienza maturata in Iraq, oggi sono assoldati dall’Isis per depredare il nord della Mesopotamia, e per tale “servizio” lo Stato Islamico ha previsto anche una tassa, il khums (il quinto), vale a dire che il 20% dei proventi deve essere versato all’Isis. Le antichità depredate finiscono per la maggior parte nei mercati antiquari degli Usa e dell’Europa. Proprio la quantità di oggetti che raggiungono il mercato antiquario occidentale sono una cartina di tornasole dell’entità del saccheggio in atto. E le cifre sono drammatiche: secondo l’Unesco, il traffico di materiale archeologico da scavi illegali o clandestini produrrebbe un volume di affari di 7 miliardi di euro”.
Che fare, allora, di fronte all’Isis? Lo indica Luca Peyronel, professore di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente antico alla Iulm di Milano, e direttore della missione archeologica italiana nella piana di Erbil in Kurdistan iracheno: “Bisogna continuare a fare ricerca, ovviamente in una situazione di relativa sicurezza, perché la nostra presenza ha un valore etico. E ciò vale anche per la Siria dove, se non è possibile andare fisicamente in missione, almeno si può continuare a studiare e a pubblicare quanto già scavato. E anche la recente creazione dei Caschi blu della Cultura (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/02/19/istituiti-i-caschi-blu-della-cultura-sotto-legida-dellunesco-la-prima-task-force-united4heritage-e-italiana-con-tecnici-specializzati-e-carabini/) va letto positivamente a livello internazionale, perché è una importante risposta politica al fondamentalismo”.
Iraq. A un mese dallo sfregio arriva il video degli jihadisti dell’Is. Con kalashnikov e picconi contro Hatra, la città seleucide e partica patrimonio dell’Unesco. L’archeologo Morandi Bonacossi: una pugnalata al cuore

I miliziani dello Stato islamico infieriscono sulle sculture della città ellenistico-partica di Hatra, patrimonio dell’Unesco
Era il 7 marzo quando i miliziani dello Stato islamico avevano annunciato la distruzione della città ellenistico-partica di Hatra, a sud di Mosul, nell’Iraq settentrionale, patrimonio dell’Unesco (vedi il post di archeologiavocidalpassato https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/?s=hatra). Ma l’Is, diversamente dallo sfregio del museo archeologico di Mosul e del sito assiro di Nimrud, non aveva fornito una documentazione video. E quindi, a cominciare dagli archeologici che meglio conoscono la Mesopotamia, si era sperato che fosse solo propaganda, per sfruttare l’onda emotivo sollevata nei giorni precedenti. Purtroppo non era solo propaganda. L’Occidente si è dovuto ricredere davanti al video diffuso sui siti jihadisti dall’Is per documentare la distruzione del sito archeologico di Hatra: miliziani che colpiscono statue con picconi, altri che sparano con kalashnikov contro manufatti del II-III secolo a.C.
Hatra, che si trova a 110 chilometri a sud ovest di Mosul, è stata fondata dalla dinastia seleucide che fiorì nel II-III secolo a.C. come centro culturale ed economico dell’impero partico. Successivamente, grazie alle alte mura rinforzate da ben 160 torri, resistette a numerose invasioni tra le quali quelle romane nel 116 e nel 198 d.C. Tra i resti della città che sono sopravvissuti fino all’avvento dello Stato Islamico c’erano templi costruiti con tecnica romana che ne attestavano la grandezza della civiltà. Ce ne erano anche altri con schema architettonico di tradizione mesopotamica, babilonese e assira.

A colpi di piccone e kalashnikov contro i rilievi di Hatra, che fiorì tra il III e il II secolo a.C.
“Questo video è una nuova pugnalata al cuore”, confessa Daniele Morandi Bonacossi, docente di Archeologia del Vicino Oriente antico all’Università di Udine e capo della missione italiana impegnata nello scavo Terra di Ninive in Mesopotamia. “Anche perché, dopo le notizie della distruzione dell’inizio di marzo, erano circolate notizia attendibili su immagini satellitari che documentavano una distruzione non massiccia almeno dei templi. Così ci eravamo un po’ illusi. Evidentemente non hanno abbattuto i templi ma hanno distrutto largamente quello che c’era dentro, comprese delle statue incorporate nell’architettura. Purtroppo il doppio e ipocrita binario adottato da questa forma di fondamentalismo islamico prevede da un lato la distruzione degli edifici considerati luoghi di culto che onorano divinità diverse da Allah o semplicemente risalenti a epoche pre-islamiche e dall’altro il saccheggio e poi il commercio, finalizzato all’autofinanziamento, di tutto ciò che è più commerciabile, più trasportabile e meno facilmente identificabile come pezzo unico. D’altronde è largamente documentata un attività di saccheggio sistematica, soprattutto in Siria, per trafugare pezzi che poi, attraverso la Turchia e il Libano arrivano in Occidente nelle case dei collezionisti o nei caveau delle banche attraverso compiacenti antiquari che li dotano di documentazioni false, accreditandone per esempio l’appartenenza da anni a collezioni private”. La conclusione è amara: “Per chi come noi spende una vita a cercare di tutelare e divulgare la bellezza e l’importanza di questo patrimonio vedere devastare certe meraviglie in questo modo è davvero drammatico. Pensavamo di avere già visto il peggio dopo la distruzione nel 2001 dei Buddha di Bamiyan in Afghanistan da parte dei Talebani. E invece no. Ci aspettava anche questo. Speriamo che questo follia finisca presto e che molto sia recuperabile”.
Iraq. L’impegno del governo all’Onu: “Obiettivo, recuperare 2700 reperti rubati dai jihadisti dai siti archeologici”
Le immagini dello sfregio, della distruzione, della cancellazione da parte dei miliziani dello Stato islamico di millenni di storia e di arte mesopotamica, da Mosul a Nimrud, da Khorsabad ad Hatra, fanno ancora male. Ma qualcosa si muove. Con un obiettivo ben preciso: recuperare i 2700 reperti artistici e archeologici rubati dai jihadisti dell’Is in Iraq. Lo ha annunciato l’ambasciatore iracheno presso le Nazioni Unite, Mohammed Alhakim, a commento della riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza dell’Onu, cui hanno partecipato il segretario generale dell’Interpol Jurgen Stock e il numero uno dell’Unesco Irina Bokova per discutere della lotta al contrabbando d’arte da parte dell’Is. “È la prima volta che si tiene un incontro a questo livello sulla cultura e il patrimonio. Siamo andati oltre le questioni tecniche e abbiamo discusso di come la distruzione del patrimonio sia un crimine di guerra e di come il Consiglio di sicurezza Onu possa affrontare la questione”, ha detto Alhakim. I miliziani dello Stato Islamico (Is) hanno saccheggiato le zone archeologiche e museali di Nimrud, Khorsabad, Hatra, Mosul e altri siti vicino ai campi di battaglia che hanno visto confrontarsi i jihadisti con i peshmerga curdi. Le autorità irachene stanno lavorando con l’Onu e con l’Interpol per inserire in un database i manufatti rubati dall’Is in modo che possano essere individuati alla dogana e possa essere fermata la loro vendita sul mercato nero, ha spiegato il diplomatico iracheno. “Abbiamo fatto un inventario di 2700 pezzi che sono stati catalogati e messi nel database dell’Interpol dall’Iraq – ha spiegato – Abbiamo catalogato tutti i pezzi piccoli che possono essere contrabbandati in tasche o borse e anche quelli più grandi che possono essere spediti”.
La furia dell’Is sulle antiche città dell’Iraq: dopo Mosul (Ninive) e Nimrud, bulldozer sulla persiana Hatra e l’assira Khorsabad: la denuncia non confermata da immagini

Secondo la tv curda i jihadisti avrebbero fatto scempio della città di Hatra, fondata dai Seleucidi nel III sec. a.C. e poi parte dell’impero dei Parti
Lo aveva detto, lo aveva soprattutto temuto: “Hatra sarà sicuramente la prossima”. Abdulamir Hamdani, archeologo iracheno dalla Stony Brook University, purtroppo aveva visto giusto. La distruzione dei tesori archeologici dell’Iraq continua. Dopo Nimrud e Mosul (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/?s=nimrud), i bulldozer dell’Isis si sono impietosamente abbattuti sul suggestivo sito archeologico di Hatra (antica città a 100 chilometri a Sud di Mosul), importante centro culturale ed economico dell’impero persiano. E fonti curde denunciano anche la distruzione dell’altra capitale assira, Khorsabad. Tra i resti della città di Hatra sopravvissuti fino all’avvento di questo barbaro e crudele califfato, maestosi templi costruiti con tecnica romana e altri con schema architettonico di tradizione mesopotamica, babilonese e assira. A differenza della distruzione delle statue del museo di Mosul, al momento non sono giunte immagini di questo ennesimo scempio del passato ma, da fonti certe, pare che gli jihadisti, prima di cominciare a picconare i resti di Hatra, abbiano asportato le monete d’oro e d’argento custodite nel museo locale. Lo ha denunciato la tv curda Rudaw, citando un portavoce del Partito democratico curdo, Saeed Mumuzini. “Gli jihadisti hanno rubato le monete d’oro e d’argento usate dai re assiri che erano custodite nella città”, ha riferito Mamuzini. I miliziani avrebbero usato le ruspe per abbattere le vestigia dell’antica città – sorta oltre 2mila anni fa – che fu anche un importante baluardo dei Parti, il popolo nomade di origine persiana che combatté contro i romani. La notizia è stata confermata dal ministro del turismo.
Hatra venne fondata dalla dinastia dei Seleucidi nel III sec. a.C. Fiorì durante il I e II secolo a.C. come centro commerciale e religioso dell’impero dei Parti. In seguito la città divenne capitale del primo regno arabo nella catena di città che andavano da Hatra, a nord-est, attraverso Palmira, Baalbeck e Petra, a sud-ovest. La regione controllata da Hatra fu il regno di Araba, un regno semi-autonomo ai confini occidentali dell’impero partico, governato da principi arabi. Hatra guadagnò fama per la sua fusione di pantheon greci, sumeri, assiri, siriani ed arabi, noti in aramaico come Beiṯ Ĕlāhā (“Casa di Dio”). La città conserva (o conservava?) templi dedicati a Nergal (mitologia sumera e accadica), Ermes (mitologia greca), Atargatis (siro-arameo), Allat e Shamiyyah (arabo) e Samas (il dio sole sumero). Il fascino e il buono stato di conservazione della città antica di Hatra fu scelta nel 1973 come location per le prime scene del film “L’esorcista” che, nella sceneggiatura, prevedeva l’ambientazione a Ninive.
Ma lo scempio non conosce sosta. Non si sono ancora spenti gli echi dello sdegno internazionale, che già la lista degli sfregi dell’Isis deve essere già aggiornato. “Dopo Nimrud e Hatra, gli uomini dell’Isis hanno distrutto e saccheggiato l’antica città assira di Dur Sarrukin, l’odierna Khorsabad, fondata nel 717 a.C.”. A lanciare l’allarme è stato il ministro delle Antichità e del Turismo iracheno Adel Shirshab precisando che le autorità stanno verificando le notizie che provengono dal nord del Paese, in base alle quali i miliziani avrebbero già distrutto diverse statue e danneggiato seriamente la città che fu fondata dal re Sargon II. “Il mondo deve fermare le atrocità che i miliziani stanno compiendo altrimenti i gruppi terroristi andranno avanti”, ha allertato Shirshab. Si tratterebbe del terzo sito archeologico distrutto. Ban Ki-moon, il segretario generale dell’Onu, è indignato per la distruzione del patrimonio culturale e fa un appello alla comunità per agire immediatamente e fermare gli atti vandalici dei terroristi islamici.
Khorsabad (il cui nome significa “Fortezza di Sargon”) fu edificata in sette anni, ma mai completata. Dopo la morte del suo ideatore, nel 705, ad appena un anno di distanza dall’inaugurazione, la città venne abbandonata dal suo successore Sennacherib, che portò la capitale di nuovo a Ninive. Tuttavia nella sua incompletezza Khorsabad mostra chiaramente le concezioni urbanistiche dei suoi costruttori: regolarità, simmetria e viabilità. La città presenta infatti una pianta quadrata. Tre delle sette porte dello spesso muro di cinta, presentano una decorazione monumentale, mentre le altre sono più semplici. L’edificio più prestigioso era il palazzo del re Sargon II, di più di 200 stanze ordinate intorno a numerose corti interne. Al suo interno si accedeva per una monumentale porta ai cui stipiti erano scolpiti due giganteschi lamassu, mostri alati in forma di toro con testa umana, cioè androcefali. Il palazzo era suddiviso in tre zone principali: l’area templare, il quartiere amministrativo e di immagazzinamento e l’area palatina. Al suo interno erano presenti numerose sculture e rilievi che correvano lungo le pareti.
Iraq. La città assira di Nimrud distrutta con bulldozer ed esplosivo. Un video dimostra lo sfregio dei miliziani dell’Is annunciato in marzo: cancellati 3mila anni di storia

La storia cancellata con l’esplosivo: così è stata distrutta dall’Is la città assira di Nimrud in Iraq
Le picconate non sono state sufficienti. E allora hanno dato sfogo alla loro furia iconoclasta con bulldozer ed esplosivi. Così i miliziani dello Stato Islamico hanno distrutto il sito archeologico della città assira di Nimrud, nel nord dell’Iraq: fondata fondata nel XIII secolo AC, Nimrud era nella lista dei candidati a diventare patrimonio dell’Umanità Unesco. Si trova a circa 30 km a sud-est di Mosul e dallo scorso giugno tutta la zona è sotto il controllo degli islamisti che considerano la distruzione degli antichi siti, una guerra contro i “falsi idoli”. La prova della distruzione di Nimrud viene da un video pubblicato online dall’Is. La notizia dello scempio era stata data a marzo dal ministero iracheno del turismo (vedi post di archeologiavocidalpassato https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/?s=nimrud) e definita dall’Unesco come “un crimine di guerra”. Ma finora le immagini satellitari non avevano mostrato la reale entità dei danni riportati . Nel filmato si vedono i militanti che con picconi e frese distruggono statue, bassorilievi e altri manufatti in pietra. Quindi un’esplosione e un bulldozer sbriciolano quello che rimane del sito, considerato uno dei massimi gioielli dell’età assira. Molti tesori di Nimrud sono in musei stranieri, ma un certo numero di statue giganti raffiguranti animali alati con teste umane (i Lamassu), erano ancora nel sito archeologico.
“Grazie a Dio, abbiamo distrutto tutto quello che è stato adorato senza Allah”, recita un miliziano all’inizio del filmato, di oltre sette minuti. Chi ha condannato le altre distruzioni, quelle nel museo di Mosul e nella cittadina di Hatra è “una canaglia” e i musulmani che hanno criticato lo Stato islamico «non hanno Allah nel cuore». Poi segue la distruzione: un jihadista fa a pezzi un bassorilievo con una fresa circolare. Un altro prende a mazzate una statua. E ancora, picconate alle mura degli edifici, martelli pneumatici per frantumare i reperti. Infine i bulldozer, che entrano in campo per radere letteralmente al suolo il sito, che risale a oltre 3mila anni fa. Quindi l’esplosivo, chili e chili che vengono fatti detonare accanto a ciascun obiettivo.
L’Unesco ha bollato la distruzione come “un crimine di guerra”. Nimrud, la biblica Calah, fu fondata dal re Salmanassar I (1274-1245 a.C.) e divenne capitale dell’impero assiro sotto Assurbanipal II (883-859 a.C.) arrivando a contare 100.000 abitanti. “Abbatteremo le croci e demoliremo la Casa nera in America”, tuona un altro miliziano, riferendosi alla cristianità e a Washington. L’ennesima minaccia contro gli Usa e i “crociati” rinverdita negli ultimi giorni da una vera a propria campagna mediatica sui social network e il video “Bruceremo l’America”, che è in realtà un compendio degli orrori Isis da agosto a oggi, dalle decapitazioni degli ostaggi occidentali fino a quelle dei copti egiziani su una spiaggia libica.
Baghdad riapre il museo archeologico mentre a Mosul si contano i danni: condanna unanime dello sfregio dell’Isis ai reperti partici da Hatra e assiri da Ninive. Molte erano copie
Baghdad rivive mentre Mosul muore. Le autorità irachene hanno ufficialmente riaperto al 1° marzo il museo nazionale di Baghdad, in Iraq. Era chiuso da dodici anni e il suo patrimonio era stato danneggiato dai saccheggi causati dalla guerra del 2003. Si stima che solo un terzo dei circa quindicimila reperti trafugati siano stati recuperati negli anni successivi. Una buona notizia certamente, una risposta chiara e decisa delle autorità irachene a quanto successo a Mosul, con la distruzione da parte dell’Isis delle testimonianze delle civiltà preislamiche, dall’assira alla partica. “Quell’evento – sottolineano – ha ricordato brutalmente alla comunità internazionale i rischi del patrimonio artistico nelle zone mediorientali ancora devastate dalla guerra”. E il presidente del Parlamento iracheno, Salim al Jubury: “Queste forze delle tenebre provano ad essere nemici del presente, del futuro e del passato dell’Iraq”. Mentre il vice presidente della Repubblica, Osama al Nujaify, non ha dubbi: “Ora il popolo attende il segnale per liberare Mosul dagli invasori che l’hanno inquinata. Quanto avvenuto a Mosul va oltre la capacità di descrivere la barbarie e l’orrore”.

I proclami degli jihadisti a giustificazione dello scempio fatto a Mosul hanno fatto il giro del mondo
Orrore e sgomento. Sono immagini di una violenza insensata e scioccante, quelle che hanno fatto il giro del mondo. Cinque minuti di video diffusi dall’Isis in cui miliziani jihadisti, uomini barbuti e donne in chador nero, si sono accaniti contro “i simboli pagani, idoli venerati invece di Allah da gente che viveva nei secoli passati”, abbattendo e dandosi metodicamente alla distruzione di statue e bassorilievi conservati nel museo di Mosul, dove sono custoditi i reperti di Ninive, l’antica capitale dell’impero assiro. E questo è solo l’ultimo episodio – ma forse il più grave – di una campagna contro le vestigia del passato in nome di una presunta purezza islamica portata avanti dai miliziani del Califfato su imitazione dei Taleban che nel 2001 fecero saltare in aria le gigantesche statue del Buddha a Bamiyan, in Afghanistan, tra lo sconcerto della comunità internazionale. Dopo avere conquistato Mosul e la circostante piana di Ninive con una fulminea offensiva nel giugno dello scorso anno, l’Isis ha bruciato migliaia di libri sottratti alle biblioteche, improvvisando roghi nelle piazze, ha danneggiato una parte della cinta muraria di Ninive, ha distrutto con l’esplosivo moschee e chiese meta di pellegrinaggi considerati eretici. Le statue vengono abbattute con rabbia dai loro piedistalli, per essere poi decapitate e distrutte a colpi di mazza o con l’uso di martelli pneumatici.
Immediata e generale l’indignazione della comunità internazionale, non solo del mondo accademico. L’Unesco ha condannato con forza la distruzione a picconate di statue e altri manufatti del museo di Mosul da parte dell’Isis e chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza (Cds) per la protezione delle tradizioni culturali dell’Iraq come «elemento essenziale» per la sicurezza del Paese. «È stato un deliberato attacco alla storia e alla cultura millenaria dell’Iraq», ha detto la direttrice dell’agenzia Onu Irina Bokova secondo cui questo ultimo atto di vandalismo «è molto più di una tragedia per la cultura, è un problema di sicurezza dal momento che alimenta violenza settaria, estremismo e conflitti». La Bokova ha detto di aver investito il Consiglio di Sicurezza invocando la risoluzione 2199 sui finanziamenti illeciti all’Isis approvata di recente dai Quindici. Sono infatti numerose le denunce secondo le quali i jihadisti si sono impadroniti di antichi reperti o hanno addirittura effettuato scavi clandestini per rivendere sul mercato nero tutto ciò che trovavano come una delle principali fonti di finanziamento per la ‘guerra santa’, accanto al petrolio. “Occorre una ‘Coalizione di Civiltà’ contro l’ISIS, che unisca, con l’Occidente e i Paesi emergenti, le nazioni arabe ed islamiche”, interviene Francesco Rutelli, che da quasi due anni sta promuovendo una Campagna Internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale a rischio. “Stiamo denunciando un aspetto cruciale della deriva islamista-fondamentalista: la deliberata distruzione del Patrimonio Culturale come strumento di potere politico-ideologico-religioso-terroristico. Questa nostra azione è stata dapprima ignorata – a partire dall’Unione Europea, dove la signora Ashton non ha voluto fare assolutamente nulla – in ragione di una malintesa contrapposizione al dittatore siriano Assad. Un immobilismo demenziale, incapace di cogliere la gravità della minaccia e delle distruzioni in Siria, quindi tragicamente dilagate in Iraq. Con la nostra Campagna per la Salvezza del Patrimonio minacciato – grazie all’impegno di prestigiosi studiosi guidati da Paolo Matthiae (che recentemente ha rilanciato l’appello da Tourisma, il salone internazionale dell’archeologia. Vedi: https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/02/21/paolo-matthiae-lo-scopritore-di-ebla-premiato-a-tourisma-da-dove-lancia-un-grido-di-dolore-per-la-siria-e-poi-ammonisce-larcheologia-del-vicino-oriente-e-finita-in-futuro-non-sa/) – abbiamo denunciato tre crisi gravissime: la distruzione del Patrimonio dell’umanità in teatri di battaglia, gli scavi illegali e traffico illecito di Patrimonio archeologico, sia per finanziare la sussistenza, sia l’armamento dei gruppi islamisti e, infine, il ritorno dell’iconoclastia, ovvero la distruzione deliberata da parte dell’ISIS delle tracce delle culture additate come diverse, o perverse (riesumando il modello nazista hitleriano)”. E conclude amaro: “Chi uccide la Memoria unica ed irripetibile dell’Umanità, non compie opera meno grave dell’uccisione, dello stupro, del rapimento, della conduzione in schiavitù degli esseri umani. Forse, la diffusione deliberata di queste immagini di Mosul da parte dell’ISIS, con la sua sprezzante immonda arroganza, farà risvegliare qualche anima bella che negli ultimi anni ha preferito far finta di non sapere e non vedere, per non dover agire”.
Condanna unanime. Se il presidente francese, Francois Hollande, a margine della sua visita nelle Filippine, definisce lo sfregio al museo di Mosul “un atto di barbarie”, il ministro delle antichità della Repubblica d’Egitto, Mamdouh El Damati, a Rovereto per la firma di una convenzione con il Museo civico della città trentina sulla catalogazione fotografica dei siti del Medio Egitto, “atti intollerabili di vandalismo”. Investito dall’Unesco che ne ha chiesto una riunione urgente, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato “con forza” i “barbarici atti di terrorismo” attribuiti all’Isis che includono rapimenti, uccisioni e la “deliberata distruzione di insostituibili manufatti religiosi e culturali del Museo di Mosul” e il rogo di migliaia di libri e manoscritti rari dalla biblioteca di quella città. Thomas Campbell, il direttore del Metropolitan Museum che nelle sue raccolte ospita una importante collezione di arte mesopotamica: “A nome del Metropolitan, un museo che nelle sue raccolte protegge e mostra con orgoglio opere d’arte della Mesopotamia antica e islamica, condanniamo con forza questo atto di catastrofica distruzione inferta a uno dei più importanti musei del mondo, l’attacco insensato non colpisce tragicamente solo Mosul ma il nostro impegno universale a usare l’arte per unire i popoli e promuovere la comprensione umana”. E il ministro italiano ai Beni culturali, Dario Franceschini: “Dopo la violenza atroce sulle persone, ora la follia cieca e distruttrice dell’Isis sulle statue assire a Mosul, patrimonio di tutta l’umanità”.

Secondo gli esperti molte delle opere distrutte a Mosul erano copie: gli originali sarebbero a Baghdad
Ma cosa è andato veramente distrutto a Mosul? Il museo di Mosul è/era uno dei principali del paese, dopo quello di Baghdad, e uno dei più importanti del Medio Oriente. Era articolato in quattro sezioni, dedicate all’arte islamica, preistorica, assira e partica. Nel 2003, nelle prime fasi della guerra in Iraq, molti reperti vennero rubati o danneggiati. Quello stesso anno il personale del museo trasportò 1500 reperti al museo di Baghdad. Ci sono poche informazioni su che cosa sia stato del museo tra il 2009 e oggi, dice l’Arca, associazione con attività in Italia e negli Stati Uniti che si occupa della tutela del patrimonio artistico. Proprio da Baghdad, fonti della commissione nazionale per il patrimonio culturale hanno detto che parte dei reperti del museo di Mosul distrutti nel video diffuso dall’Isis erano copie e che gli originali sono custoditi al Museo iracheno della capitale o all’estero. Altri pezzi erano invece originali, ma le autorità non precisano la loro quantità. Il filmato, diffuso dall’Isis, è “devastante” secondo Daniele Morandi Bonacossi, docente di archeologia all’università di Udine e direttore della missione archeologica “Terra di Ninive” nel nord Iraq. “I nostri riferimenti a Mosul sono stati costretti ad andare via. I loro dipartimenti sono stati chiusi. Senza lavoro e sotto minaccia sono ora lontani dalla città”, afferma Morandi Bonacossi con una lunga esperienza di scavi e ricerche in Siria e Iraq. “Ero a Dohuk (in Kurdistan iracheno) quando due settimane fa abbiamo appreso la notizia della distruzione di un tratto delle mura di Ninive. Ma nessuno può confermare questo fatto”.
Sui danni inflitti dall’Isis al museo di Mosul e al sito di Ninive, il docente dell’ateneo friulano afferma che alcune delle statue distrutte sono copie in gesso di statue di epoca partica (secondo secolo a.C. – primo secolo d.C.), provenienti dal sito di Hatra, a circa 100 km a sud ovest di Mosul e scavato in passato da una missione dell’università di Torino. Altri pezzi erano invece originali, come conferma Morandi Bonacossi. “Ci sono molte statue originali di calcare, che rappresentano divinità e sovrani”. Sul sito di Ninive, i jihadisti hanno distrutto con diabolica metodicità delle statue colossali che rappresentano tori androcefali di epoca assira. Nel filmato dell’Isis si vede in particolare la distruzione di due «lamassu» (così venivano chiamati in assiro) posti accanto a una delle 15 porte di Ninive, quella dedicata al dio Nergal. Sul valore commerciale di queste statue il docente italiano non può esprimersi: “Il loro valore è incalcolabile. Ma non sarebbe possibile per i jihadisti metterle sul mercato. Sono statue che pesano centinaia di tonnellate e c’è bisogno di uno sforzo logistico enorme per poterle rimuovere da dove si trovano. È più probabile – conclude Morandi Bonacossi – che l’Isis abbia venduto gli oggetti più piccoli e abbia invece distrutto le statue che non avrebbe potuto piazzare nel mercato nero”.
Nelle prime ricostruzioni giornalistiche si è parlato soprattutto dei reperti artistici che risalgono al periodo assiro-babilonese, ma nel video la maggioranza delle opere distrutte sembra provenire dal sito archeologico di Hatra, città-stato alleata dell’impero partico, e risalgono per lo più al II-III secolo dopo Cristo. L’impero dei Parti si sviluppò tra il III secolo avanti Cristo e il III secolo d.C. e si estendeva, al momento della sua massima espansione, nei territori degli odierni Iran, Iraq e sulle coste orientali della penisola arabica.
Iraq. Un altro scempio contro il patrimonio dell’umanità: “Is ha raso al suolo Nimrud, la grandiosa capitale di Assurbanipal”. È allarme nella comunità internazionale. A rischio millenni di storia

Foto ricordo dal palazzo reale di Assurbanipal a Nimrud, nel nord dell’Iraq: se la distruzione sarà confermata, questa oggi potrebbe essere un documento d’archivio
Il re Salmanassar I (1274-1245 a.C.) la fondò 32 secoli fa a sud di Ninive lungo le sponde del fiume Tigri facendo di Nimrud una delle città più belle e potenti dell’impero assiro di cui fu capitale con Assurbanipal II: gli scavi archeologici avevano riportato alla luce resti del palazzo reale, basamenti, sculture e statue, insieme a ori, gioielli e avori preziosi. Nimrud resistette agli assalti dei nemici e del tempo, è capitolata sotto i colpi dei bulldozer dei miliziani dell’Is. È stato un attacco proprio all’antica città assira di Nimrud, in Iraq, l’ultimo assalto sferrato dallo Stato Islamico (Is) contro l’eredità storica del Paese. Lo ha denunciato il ministero del Turismo e delle Antichità iracheno sulla sua pagina ufficiale di Facebook, dove scrive che i jihadisti hanno “assaltato la città storica di Nimrud e l’hanno rasa al suolo con mezzi pesanti”. L’opera di distruzione con i bulldozer è iniziata nei giorni scorsi, dopo la preghiera di mezzogiorno, con l’uso di alcuni camion a bordo dei quali sono anche stati prelevati antichi manufatti. “Al momento non sappiamo quanto estesa sia la distruzione”, ha detto un funzionario del ministero a condizione di anonimato. Nimrud, considerata uno dei gioielli dell’epoca assira, è stata fondata nel tredicesimo secolo prima di Cristo e si estende lungo il fiume Tigri per circa trenta chilometri a sud di Mosul, roccaforte dell’Is in Iraq. “Il loro piano è quello di distruggere il patrimonio iracheno, un sito alla volta”, ha detto l’archeologo Abdulamir Hamdani della Stony Brook University di New York. “Hatra sarà certamente la prossima”, ha sostenuto riferendosi a una meravigliosa città di duemila anni fa nella provincia di Nineveh, patrimonio storico dell’Unesco.

Il direttore del Pergamonmuseum di Berlino, Markus Hilgert, davanti alla Porta di Ishtar di Babilonia
“Quello che stanno compiendo i jihadisti dell’Is nel nord dell’Iraq è un vero e proprio genocidio culturale”, dichiara lo scrittore iracheno Riad Abdul Karim. “Hanno distrutto le persone e ora stanno distruggendo il patrimonio umano e la storia”. E il direttore del Pergamonmuseum di Berlino, Markus Hilgert: “La distruzione è una catastrofe per il patrimonio culturale. È la sirena d’allarme per la comunità internazionale che qualcosa va fatto, altrimenti questo grande e unico patrimonio scomparirà nel giro di 10-15 anni”. Una “deliberata distruzione del patrimonio culturale costituisce un crimine di guerra”, stigmatizza il direttore generale dell’Unesco Irina Bokova. “Un attentato all’umanità intera”, rincara il ministro dei beni culturali Dario Franceschini. Da parte sua, il Grande Ayatollah Ali Sistani, principale autorità sciita irachena e del Medio Oriente arabo, sostiene che l’atto dell’Isis contro Nimrud “dimostra barbarie e l’ostilità (dei jihadisti) contro il popolo iracheno, per il presente e per la sua storia”.

Agatha Christie nel 1931 in Iraq tra due famosi archeologi: a sinistra il marito Max Mallowan e a destra Leonard Wooley
Fu il marito di Agatha Christie, la famosissima scrittrice britannica, a condurre la prima approfondita campagna di scavo sull’antico sito di Nimrud, nel nord dell’Iraq. La città venne scoperta nel 1820 dall’inglese Claudio James Rich, Austen Henry Layard iniziò gli scavi archeologici dal 1845 al 1847 e dal 1849 fino al 1851. Fra i suoi ritrovamenti l’obelisco nero, ora al British Museum, di notevole importanza per l’archeologia biblica. I lavori quindi si interruppero, fino al 1949, quando un team inglese guidato da Max Mallowan riprese i lavori. Nimrud, 30 chilometri a sud-est di Mosul, è il nome arabo per Kahlu, una delle più importanti capitali assire. La città, che arrivò a contare oltre centomila abitanti, nel IX secolo a.C. ospitò la residenza di Assurbanipal II, l’indiscusso sovrano dell’impero neo assiro, che si estendeva dall’attuale Egitto fino al Golfo persico. Parte delle antiche vestigia della città furono scoperte tra il 1949 e il 1963 dagli scavi condotti da archeologi britannici, il primo dei quali fu sir Max Mallowan, marito di Agatha Christie. Con l’indipendenza formale dell’Iraq, la responsabilità di condurre le indagini è passata alla soprintendenza di Baghdad, e alla fine degli anni ’80 hanno scavato a Nimrud archeologi italiani dell’Università di Torino. Secondo le iscrizioni rinvenute e altre fonti documentarie, nella città c’erano giardini zoologici e botanici oltre a numerosi templi, tra cui una colossale Ziggurat, una struttura a forma di piramide tronca diffusa in Mesopotamia e nell’altipiano iranico. Oltre a numerosi bassorilievi, manufatti d’avorio, sculture e oltre 600 gioielli d’oro e pietre preziose, a Nimrud sono state ritrovate alcuni enormi statue di lamassu, i leoni androcefali posti ai lati degli ingressi dei palazzi reali e delle porte delle mura cittadine.

Una città affascinante: così doveva apparire agli assiri tremila anni fa la loro capitale Nimrud, sulle rive del fiume Tigri
“Sono scempi tragici, quelli perpetrati dalle milizie dello Stato islamico, perché fanno parte di un’operazione di pulizia etnica nel nord dell’Iraq. Questi forsennati si accaniscono contro comunità non islamiche, come la caldea, la cristiana e la yazida, ma anche contro comunità islamiche come la turcomanna, per costringerle alla fuga prima di operare un sistematico annientamento della loro storia e della loro cultura”, denuncia Daniele Morandi Bonacossi, professore di Archeologia e soprintendente degli scavi di Ninive, commentando le distruzioni da parte dell’Isis. Al museo di Mosul “alcune statue distrutte erano copie di gesso. Ma molte altre erano purtroppo statue originali”, spiega. Sono stati devastati siti che hanno fatto la storia dell’archeologia della Mesopotamia: “Le notizie sulle distruzioni operate con le ruspe a Nimrud sono scioccanti, ma finché gli islamisti non pubblicheranno un video non avremo riscontri precisi sull’entità dei danni. Non sono edifici in pietra quelli di cui stiamo parlando, ma in mattoni crudi e se schiacciati, ne resta solo polvere: è come se un’orda di barbari avesse raso al suolo tutto il Foro romano”.

I lamassu (tori androcefali alati) sulla porta del palazzo di Nimrud: potrebbero essere già stati distrutti dai Jidaisti
L’interpretazione estremista del Corano che segue l’Is spinge i jihadisti a considerare inammissibili edifici risalenti all’epoca pre-islamica, ma anche quelli riconducibili ad altre fedi o ad altre sette dell’Islam o quelli in cui si onorano leader religiosi defunti. Il sito archeologico di Nimrud, raso al suolo da una colonna di bulldozer, è solo l’ultimo monumento iracheno a scomparire per sempre, sotto la furia cieca dei jihadisti. Poco prima, lo stesso sedicente califfato si vantava di aver distrutto decine di moschee e santuari nella provincia di Ninive, dove si trova Mosul. Sui social media, pubblicava un bilancio di almeno quattro santuari sunniti o statue sufi demolite, oltre a sei moschee sciite. Bulldozer ed esplosivo dei jihadisti non hanno risparmiato, ovviamente, i luoghi di culto cristiani. Sono decine i siti archeologici ‘blasfemi’ distrutti o danneggiati: cerchiamo di fare un bilancio sommario di questi mesi.
SITO ARCHEOLOGICO DI NIMRUD: la città nei pressi di Mosul fu fondata dal re Shalmaneser (1274-1245 a.C.) e fu capitale dell’impero assiro. Nelle scorse ore il ministero delle Antichità ha annunciato la sua distruzione da parte di una colonna di bulldozer dell’Is. I danni non sono per ora calcolabili, ma secondo il ministero sono ingenti.
MUSEO DI MOSUL: è uno dei più importanti del Medio Oriente. Un video diffuso il 26 febbraio mostra jihadisti con mazze e martelli pneumatici che distruggono statue e altri reperti. La maggioranza delle opere distrutte sembra provenire dal sito archeologico di Hatra. In alcuni casi sembra trattarsi di calchi in gesso, ma l’entità reale dei danni per ora non è verificabile.
BIBLIOTECHE DI MOSUL: all’inizio di febbraio l’Unesco ha lanciato un altro allarme: l’Is sta facendo falò di libri,con un’operazione sistematica che porta alla progressiva distruzione di tutte le biblioteche pubbliche e private della città e delle raccolte di libri rari nei musei, oltre allo svuotamento delle librerie.
MURA ASSIRE DI MOSUL: il 29 gennaio sono state diffuse immagini che mostrano la distruzione delle antiche mura, il sito storico più importante della regione di Ninive, risalenti all’ottavo secolo avanti Cristo. L’Is ha minato con grossi quantitativi di esplosivo le mura che sorgevano nel quartiere Tahrir, distruggendole quasi completamente. Le mura erano state fatte costruire dai re assiri nell’ottavo secolo a.C.
CITTADELLA DI TAL AFAR: a dicembre 2014 militanti dell’Is hanno danneggiato l’antica cittadella, che sorge 70 chilometri a ovest di Mosul ed è di epoca assira. Gli estremisti hanno fatto esplodere alcune bombe nelle zone nord e ovest della cittadella, distruggendo una parte delle mura antiche della fortezza. I militanti hanno poi effettuato scavi, in cerca di oggetti antichi da rivendere.
SANTUARI DELL’IMAM MUHSIN E DEL SULTANO WAIYS: situati nella città di Mosul, a gennaio l’Is ha mostrato le immagini della loro distruzione, tramite esplosione.
MOSCHEA DI GIONA A MOSUL: considerata uno dei più importanti monumenti storici e religiosi dell’Iraq e luogo di pellegrinaggio di musulmani sia sunniti sia sciiti, a luglio 2014 è stata minata e fatta esplodere dall’Is. Per dare maggiore enfasi al loro gesto, i jihadisti hanno costretto la popolazione locale ad assistere alla distruzione della moschea, completata con bulldozer e picconi.
SANTUARI SUNNITI E SUFI, MOSCHEE SCIITE: sempre a luglio 2014, il sedicente califfato annunciava di aver distrutto decine di moschee e santuari nella provincia di Ninive. Sui social media, pubblicava un bilancio di almeno quattro santuari sunniti o statue sufi demolite, oltre a sei moschee sciite.
EDIFICI CRISTIANI: nel corso dei mesi, croci e altri simboli del cristianesimo sono stati asportati da chiese e monasteri. In alcuni casi, come in quello di un’antica statua della Madonna a Mosul, si è trattato di interventi distruttivi.
Commenti recenti