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Altino. Terza puntata della rubrica #archeoaltino: focus sulla scoperta del santuario del dio Altino sotto il giardino del museo e i reperti ritrovati

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Il giardino del museo Archeologico nazionale di Altino: è l’rea dove è stato scoperto il santuario del dio Altino (foto drm-veneto)

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Statuetta di devoto offerente in bronzo (IV – III sec. a.C.) dal santuario di Altino, conservato nel museo Archeologico (foto drm-veneto)

Terza puntata della rubrica #archeoaltino che, ogni martedì, fa scoprire da dove provengono i reperti visibili al museo Archeologico nazionale di Altino e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante. Oggi focus sui legami tra l’area archeologica scoperta sotto il giardino del museo e i reperti esposti al Museo, provenienti da quest’area. Infatti proprio dove ora si estende il giardino dell’Archeologico durante gli scavi effettuati per la costruzione delle strutture del nuovo Museo, emersero importanti ritrovamenti su di un sito fondamentale: il santuario del dio Altino.

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Bronzetti votivi di guerrieri in riposo (tipo “Lagole di Calalzo”), cavalieri e offerenti dal santuario di Altino (V – III sec. a.C.) conservati al museo Archeologico di Altino (foto drm-veneto)

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Iscrizione su parete esterna di dolio in cui compare il nome del dio Altino, V-IV sec. a.C. (foto drm-veneto)

“Alla fine degli anni ‘90, in località Fornace (questo il nome del luogo che oggi ospita il Museo e i suoi nuovi edifici)”, raccontano all’Archeologico altinate, “furono ritrovati i resti dell’antico santuario emporico, delle sue strutture e di molti oggetti votivi, che puoi osservare oggi al Museo: ad esempio, la statuetta votiva di offerente al dio Altino, che raffigura un personaggio che tiene una ciotola in mano, mentre compie una libagione al dio; oppure il frammento di ceramica in cui compare l’iscrizione con il nome del dio Altno; e, infine, i bellissimi bronzetti votivi raffiguranti cavalieri e guerrieri: tutti oggetti che testimoniano la lunga frequentazione del santuario dedicato al dio Altino e la provenienza eterogenea dei devoti”.

Altino. Seconda puntata della rubrica #archeoaltino: focus sui legami tra l’area archeologica della Porta-Approdo e i reperti esposti al museo Archeologico nazionale di Altino, provenienti da quest’area

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Plastico ricostruttivo della Porta-Approdo di Igor Silic conservato al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

Seconda puntata della rubrica #archeoaltino che, ogni martedì, fa scoprire da dove provengono i reperti visibili al museo Archeologico nazionale di Altino e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante. Oggi focus sui legami tra l’area archeologica della Porta-Approdo e i reperti esposti al Museo, provenienti da quest’area.

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Resti della Porta -Approdo nell’area archeologica di Altino (foto drm-veneto)

La Porta-Approdo era una porta monumentale con funzione di accesso diretto dal canale, situata al limite urbano settentrionale; attraverso i suoi due accessi, chi proveniva via acqua poteva entrare direttamente sul cardo, una delle vie principali di Altinum. Si può osservare ciò che resta di quest’imponente struttura nell’area archeologica, dove sono visibili le fondazioni, poggiate su un’imponente palizzata in tronchi di rovere: è molto evidente la base di una delle due torri ottagonali che, nell’antichità, si trovavano ai lati dell’ingresso.

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Museo Archeologico nazionale di Altino: ricostruzione della possibile disposizione degli elementi decorativi della Porta-Approdo di Altino (foto drm-veneto)

Al museo Archeologico nazionale di Altino si possono ammirare alcune delle decorazioni architettoniche che abbellivano il monumento, accogliendo gli antichi viandanti: antefisse a maschera tragica femminile, gocciolatoi a forma di testa di leone e un bellissimo telamone in terracotta. Tutti questi elementi sono stati disposti in modo da riprodurre parte della struttura e dare al visitatore un’idea di come potevano apparire le decorazioni nel loro insieme; inoltre, è visibile anche un plastico in scala ridotta che riproduce il possibile aspetto in antico della Porta-Approdo, realizzato da Igor Silic.

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Museo Archeologico nazionale di Altino: frammenti di coppe decorate a rilievo in ceramica fine usate durante le libagioni in cerimonie sacre (foto drm-veneto)

Infine, potrai osservare anche gli oggetti legati al rito di fondazione della Porta-Approdo: un solenne sacrificio votivo (suovetaurilia) di cinque buoi, quattro maiali, un ovicaprino e un cane, seguito da un banchetto e da una libagione. Durante il rito, avvenuto nella prima metà del I sec. a.C., furono dedicati alcuni frammenti di ceramica, sui quali furono incise parole in lingua venetica, greca e latina, a testimonianza dell’importanza dell’antico centro di Altinum, crocevia di popoli e luogo di scambio commerciale.

Altino. Per il ciclo “ConversazioniAltinati@1600” videoconferenza on line di Marianna Bressan, direttrice del museo nazionale e dell’area archeologica di Altino, su “Il futuro di Altino”: cosa succederà con l’istituzione del parco archeologico, il primo in Veneto

Suggestiva immagine del museo Archeologico nazionale di Altino ai margini della laguna di Venezia (foto drm-veneto)

Come cambierà il volto del museo nazionale e area archeologica di Altino con l’istituzione del parco archeologico di Altino, il primo in Veneto? Come saranno ri-organizzati gli spazi all’aperto e la sede dell’ex museo archeologico? Quale sarà il rapporto con il territorio (inteso come comunità ed enti pubblici e privati) e con l’ambiente (inteso come paesaggio tra laguna, fiume e campagna)? Quali saranno le ricadute economiche e quelle scientifiche? A queste e ad altre domande e curiosità mercoledì 9 febbraio 2022, alle 21, risponderà la stessa direttrice Marianna Bressan nella conferenza on line “Il futuro di Altino”, nell’ambito del ciclo “Altino e la sua laguna agli albori del cristianesimo – ConversazioniAltinati@1600”. La videoconferenza si svolgerà su piattaforma Zoom. Link di partecipazione: https://unipd.zoom.us/j/89013420046.

La planimetria delle area archeologiche di Altino sui due lati della strada provinciale nel progetto del parco archeologico di Altino (studio di architettura ddba)

Di certo un’idea del “futuro di Altino” ce la siamo fatta, il 1° febbraio 2022, alla presentazione del progetto del parco archeologico di Altino (vedi Parco archeologico di Altino: presentato il progetto finanziato dal Mic che fonde museo e area archeologica in un unico percorso più fruibile al pubblico per raccontare la storia di un luogo e del suo paesaggio speciale. Due anni per realizzarlo | archeologiavocidalpassato). Due anni per realizzare il progetto: il termine ultimo è giugno 2024. Si camminerà tra i resti della città sepolta, scoprendone i reperti, ma anche le antiche costruzioni. Ci saranno i mosaici conservati, ma anche la casa in cui probabilmente erano collocati. E mentre si passeggerà accanto al basolato della strada originaria si scopriranno i dintorni, ricostruiti con pannelli iconografici e immagini. Sarà un museo all’aperto, che unirà dunque la parte attualmente contenuta nel museo Archeologico con quella degli scavi, in un unico percorso più fruibile al pubblico che racconterà la storia di un luogo e del suo paesaggio in tutti i suoi aspetti. “Il progetto mira a far comprendere ai visitatori che le aree museali e quelle archeologiche si trovano proprio qui per la presenza di un’antica città sepolta, seppur non visibile”, interviene Marianna Bressan: “racconteremo un “unico mondo” che conterrà storia, arte, paesaggio e territorio e che sarà dunque in grado di mostrare a 360 gradi la storia di questi luoghi. Nel progetto inoltre verrà studiato anche il miglioramento dell’accessibilità per tutti”.

Al via le “Conversazioni Altinati” proposte on line da La carta di Altino dedicate alle “Storie delle terre e delle acque di Altino”. Aprono Paolo Mozzi e Sandra Primon su “La geomorfologia della laguna di Venezia in età antica”

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Il territorio di Altino in un’antica mappa (foto La Carta di Altino)

Ripartono le Conversazioni Altinati, appuntamenti on line proposti dall’associazione Le Carte di Altino: la nuova rassegna è dedicata a “Storie delle Terre e delle Acque di Altino”. Scrivono gli organizzatori: “Jacopo Filiasi testimonia che ancora nel ‘700 nel territorio della gronda lagunare erano presenti i lupi e l’antico poeta Marziale, quando descrive le ville di Altino, le colloca in prossimità della mitica foresta sulla quale cadde il carro di Fetonte. Com’era l’antico paesaggio altinate? Certamente sospeso fra terra e acqua. E noi vogliamo raccontarvene le storie”.

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Studio geofisico del territorio di Altino con le nuove tecnologie (foto La Carta di Altino)

Nella prima videoconferenza di questo ciclo dedicato alle “Storie delle terre e delle acque di Altino”, si conosceranno i risultati delle ricerche più recenti di Paolo Mozzi e Sandra Primon. L’appuntamento on line è per giovedì 20 ottobre 2022. alle 21, con Paolo Mozzi e Sandra Primon su “La geomorfologia della laguna di Venezia in età antica”. Per seguire l’incontro basta collegarsi a questo link: https://unipd.zoom.us/j/82668330311…. Le fonti antiche ci dicono che gli altinati hanno reso vivibile e salubre un ambiente di palude. Oggi le geoscienze e le tecnologie avanzate ci aiutano a comprendere la formazione e le trasformazioni dello spazio lagunare e fanno luce sull’interazione fra le forze della natura e l’attività umana nella costruzione del paesaggio.

Altino. Quinta puntata della rubrica #archeoaltino: focus sull’eccezionale ritrovamento a Le Brustolade della sepoltura rituale di ben 30 cavalli

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La campagna altinate in località Le Brustolade sono state scoperte 30 sepolture rituali di cavalli (foto drm-veneto)

Quinta puntata della rubrica #archeoaltino che, il martedì, fa scoprire da dove provengono i reperti visibili al museo Archeologico nazionale di Altino e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante. Oggi focus su un ritrovamento eccezionale avvenuto in località Le Brustolade: la sepoltura rituale di ben trenta cavalli, avvenuta nell’arco di circa due secoli, tra il V e il II sec. a.C.

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Scheletri di cavallo da Le Brustolade (sepoltura singola e in pariglia, V – III sec. a.C.) esposti al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

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Morso di cavallo da località Le Brustolade esposto al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

“Sono tutti destrieri maschi, adulti oppure anziani, sepolti in deposizioni singole, in pariglia oppure in gruppi da tre: forse un riferimento alle bighe o trighe da corsa?”, si chiedono gli archeologi del museo Archeologico nazionale di Altino. “Nel Veneto antico, infatti, l’allevamento dei cavalli aveva grande importanza economica, sociale e rituale: sappiamo che i cavalli veneti erano velocissimi e uno di loro vinse le Olimpiadi in Grecia; fonti antiche come Strabone attestano anche l’uso, presso gli antichi Veneti, di effettuare il sacrificio rituale di un cavallo bianco a Diomede, presso le foci del Timavo”.

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Parte della bardatura di un antico cavallo dalla Tomba 2 di Le Brustolade (III – II sec. a.C.) esposta nel museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

“Qualcosa di simile – concludono – potrebbe essere avvenuto anche ad Altino: anche se non sono stati trovati segni di uccisione rituale, il gran numero di cavalli sepolti con tutti gli onori fa pensare a dei sacrifici connessi a un culto solare e allo status regale o eroico”.

Altino. Quarta puntata della rubrica #archeoaltino: focus su una importante villa romana: la “Villa sull’Acqua”, attiva tra la fine del I sec. a.C. e il II sec. d.C., che si trovava nei pressi del canale Sioncello ad Altinum

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L’antico punto di approdo al Sioncello dall’area archeologica del Quartiere residenziale augusteo di Altino (foto drm-veneto)

Quarta puntata della rubrica #archeoaltino che, ogni martedì, fa scoprire da dove provengono i reperti visibili al museo Archeologico nazionale di Altino e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante. Oggi focus su una importante villa romana: la “Villa sull’Acqua”, attiva tra la fine del I sec. a.C. e il II sec. d.C., che si trovava nei pressi del canale Sioncello ad Altinum, canale che era collegato anche a strade urbane e vie di terra. Come tutte le strutture di questo tipo, oltre ad essere un grande e comodo edificio residenziale per la famiglia del proprietario, era anche una struttura produttiva, dove lavoravano molte persone, per lo più schiavi.

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Frammenti di intonaco dipinto dalla Villa sull’Acqua nei pressi dell’approdo al Sioncello, conservati nel museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

Le sue strutture, ora, non sono visibili, ma al museo di Altino sono conservati i principali reperti archeologici che provengono da quest’area, alcuni dei quali di una straordinaria importanza: in una vetrina si possono osservare alcuni frammenti di intonaco dipinto, proveniente dalle stanze interne della parte residenziale, insieme alle lucerne e al vasellame, sia da mensa che da cucina.

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Scarti di produzione dalla fornace annessa alla Villa dell’Acqua ad Altino, conservati nel museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

Nella vetrina accanto, invece, si possono vedere alcuni resti di produzione dell’antica fornace, dove si cuoceva la ceramica: brocche, anfore, ciotole e anche vasi piuttosto particolari dall’imboccatura quadrangolare, di cui non conosciamo bene l’uso. Tra le curiosità, puoi osservare anche gli scarti di produzione, con le ceramiche deformate o malcotte.

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Dettaglio della ricostruzione della fornace di cottura delle ceramiche annessa alla Villa dell’Acqua di Altino, realizzata nel museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

Infine, verso il centro della sala, si può ammirare la fornace per la cottura della ceramica che proviene dal centro produttivo della Villa sul Sioncello: è stata ricostruita all’interno del Museo di Altino ed è a pianta quadrata, con pareti in argilla; i vasi in terracotta con fondo forato, congiunti tra loro, probabilmente costituivano la volta della fornace.

Altino. Quarta puntata della rubrica #archeoaltino: focus sugli Antenati Altinati: ritratti, epigrafi e monumenti funerari restituiti dalle campagne altinati con le bonifiche

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Veduta delle campagne altinati verso l’idrovora dalla torre di osservazione del museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

Quarta puntata della rubrica #archeoaltino che, ogni martedì, fa scoprire da dove provengono i reperti visibili al museo Archeologico nazionale di Altino e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante. Oggi focus sugli Antenati Altinati: i rilievi – ritratti, epigrafi e monumenti funerari – restituiti dalle campagne altinati e oggi esposti nel museo Archeologico nazionale.

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Il rilievo degli sposi conservato al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

“Durante i lavori di bonifica eseguiti nell’Ottocento da Giuseppe Maria Reali”, ricordano all’Archeologico di Altino, “le campagne altinati hanno restituito importantissimi reperti: tra questi, spiccano per bellezza e interesse storico-archeologico i ritratti, epigrafi e monumenti funerari, già parte della collezione di una degli eredi dei Reali, Guarientina Guarienti, divenuta di proprietà pubblica nel 2018”.

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La mostra esperienziale permanente “Antenati Altinati” al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

“Oggi la collezione è esposta al Museo di Altino sotto forma di mostra esperienziale permanente: percorrendo una via ideale, puoi osservare i monumenti che vi si affacciano e scoprire le storie dei loro personaggi, come se ti parlassero direttamente, grazie a “Stratigrafie Sonore”, installazione visiva e sonora realizzata dall’Accademia di Belle Arti di Venezia nell’ambito del progetto Historic”.

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Rilievo con i quattro fratelli Clemens, Clarus, Prisca e Fuscus conservato al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

“Sono gli Antenati Altinati: sposi ritratti nel gesto di scambiarsi l’anello, liberti che, dopo una vita da schiavi, avevano conquistato la libertà e fatto fortuna; esponenti di famiglie facoltose… personaggi che hanno fatto la storia di Altino e popolato l’antica città romana”.

Altino. Quinta puntata della rubrica #archeoaltino: in questo focus si esce dalle aree archeologiche propriamente dette per esplorare il territorio altinate e scoprire i collegamenti con i reperti esposti al Museo

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La laguna era un elemento vitale per Altino (foto drm-veneto)

Quinta puntata della rubrica #archeoaltino che, ogni martedì, fa scoprire da dove provengono i reperti visibili al museo Archeologico nazionale di Altino e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante. Per il focus di oggi si esce dalle aree archeologiche propriamente dette per esplorare il territorio altinate e scoprire i collegamenti con i reperti esposti al Museo. La particolarità della posizione di Altino ha fatto sì che, nei secoli, fosse un luogo privilegiato di incontri e commerci, particolarmente grazie alle vie d’acqua, come i canali navigabili e la presenza della laguna.

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Archetto di bilancia “poliglotta” conservato al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

“Numerosi reperti esposti al museo Archeologico nazionale di Altino”, spiegano alla direzione, “attestano l’importanza del mare e delle acque navigabili da un punto di vista economico, commerciale e culturale: come l’archetto di bilancia poliglotta, parte di una rarissima bilancia del tipo stadera danese proveniente da Altino ma di probabile origine egiziana, che riporta, su entrambi i lati, iscrizioni in caratteri e lingua greci, accompagnati dai corrispondenti valori delle pesate, espressi in dracme per gli standard attico (greco) e tolemaico (egiziano) e in once e libbre per lo standard romano. Era una bilancia di precisione che funzionava anche come un vero e proprio convertitore “internazionale” di pesi e misure, fondamentale in un grande porto emporico come quello di Altino. L’archetto di bilancia in bronzo si data al I-II sec. d.C.”.

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Pesi da pesca in terracotta conservati al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

Interessanti anche i pesi da pesca in terracotta, usati sia per le reti da pesca che come scandaglio per misurare la profondità delle acque (I-III sec. d.C.).

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Conchiglie di molluschi ritrovate in contesti di scavo , e conservate al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

E la varietà di conchiglie di molluschi ritrovate in contesti di scavo: cappesante, canestrelli, cozze, murici, ostriche, vongole. La pesca era una parte importantissima dell’economia dell’antica Altino e molti autori classici ne parlano: Plinio il Vecchio cita i pregiati pectines nigerrimi (cozze) di Altino, mentre Plinio, Marziale e Columella ricordano la grande varietà di pesci delle coste venete.

Altino. Al via la nuova rubrica #archeoaltino: ogni martedì farà scoprire da dove provengono i reperti visibili al Museo e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante: si inizia col Quartiere residenziale augusteo e la Domus della Pantera

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Marianna Bressan, direttrice del museo nazionale e area archeologica di Altino (foto graziano tavan)

Qual è il filo rosso che lega il museo Archeologico nazionale di Altino e i suoi reperti con le aree archeologiche? La risposta dalla nuova rubrica #archeoaltino che dal 10 gennaio 2023, ogni martedì, farà scoprire da dove provengono i reperti visibili al Museo e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante.

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La strada romana basolata (che rea l’antico decumano) introduce oggi all’area archeologica del quartiere augusteo (foto drm-veneto)

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Mosaico della Domus della Pantera ad Altino (foto drm-veneto)

La prima puntata parte da una delle aree archeologiche più amate di Altino: il Quartiere residenziale augusteo e la Domus della Pantera, i cui splendidi mosaici sono oggi visibili vicino ai basoli del decumano. Da questa zona dell’antica Altinum provengono numerosi esempi di come erano arredate le domus del quartiere, che offrono testimonianze dirette della vita quotidiana, del lusso e della bellezza che caratterizzavano queste abitazioni. Visitando l’area archeologica del Quartiere residenziale augusteo, si possono ammirare molti dei mosaici che decoravano la Domus della Pantera, chiamata così dal bellissimo mosaico in tessere bianche e nere (con qualche traccia di colore), raffiguranti una pantera che si abbevera da una coppa: sullo sfondo, un tralcio di edera. Tutti questi elementi, oltre a svolgere una funzione decorativa, annunciavano a chi entrava nella domus l’appartenenza del proprietario ai culti dionisiaci.

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Base di tavolino da giardino in marmo a testa di leone al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

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Statuette di Lare: Abbondanza e Mercurio in bronzo da larario domestico al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

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Frammenti di intonaci dipinti da (I- II sec. d.C.) al museo di Altino (foto drm-veneto)

Quali reperti provenienti da quest’area archeologica si possono ammirare al museo Archeologico nazionale di Altino? Innanzitutto, gli arredi da giardino in marmo e calcare: fontanelle, statue, oscilla (lastrine in marmo decorate a bassorilievo e appese), basi di tavolini decorati a testa di leone, erme e l’immancabile meridiana, l’orologio solare in uso in età romana. Poi, alcune tracce di intonaco dipinto provenienti dagli ambienti interni delle domus, ancora vividi nei loro caratteristici colori (giallo senape, nero, verde, rosso pompeiano) e decorati a fasce, cornici o schizzi di colore. Infine, le statuette del Lari, numi tutelari della casa, e delle divinità alle quali il pater familias dedicava i culti familiari, fondamentali per assicurarsi la protezione dalla malasorte e attirare la fortuna.

Scoperte ad Altino. Dagli scavi dell’area residenziale emerge un’imponente cloaca, parte di un sistema fognario pubblico. E, sul fondo, lucerne vasellame oggetti per la cura del corpo. Questi ritrovamenti saranno svelati in anteprima nell’iniziativa “Scavi aperti”

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L’imponente cloaca scoperta nel quartiere residenziale dell’area archeologica di Altino (Ve) (foto drm-veneto)

Una cloaca. Imponente. Ad Altino. All’inizio non ha sorpreso più di tanto, nonostante l’imponenza, perché qualcosa del genere era già emerso diversi decenni fa, nella zona a nord oltre l’anfiteatro, e probabilmente parte dello stesso sistema fognario. Ma gli scavi, iniziati a marzo 2022 nel quartiere augusteo dell’area archeologica di Altino (Ve), hanno svelato un “tesoro” che i fortunati partecipanti all’iniziativa “Scavi aperti” di mercoledì 20 luglio 2022, potranno vedere in anteprima. Dal “nuovo” lotto di scavi ad Altino iniziati in marzo, condotti sul campo dalla società cooperativa Petra di Padova e diretti dal Museo in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, sono emerse delle scoperte inaspettate: in particolare le basi molto ben conservate di una struttura imponente, una cloaca, probabilmente costruita nello stesso periodo in cui la città si ampliò, interrando il canale con l’accesso acqueo. Un’infrastruttura a volta (di cui sono rimaste alcuni mattoni d’attacco) con spallette, anche quelle in mattoni alte un metro e mezzo ben visibili e una pavimentazione di lastroni di trachite. Sul fondo oggetti di uso quotidiano, pettini, oggetti in osso per la cura del corpo, vasellame da mensa e piccole lucerne decorate. La struttura si trova 3 metri sotto terra rispetto al piano campagna (il livello del terreno in cui si cammina oggi).

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Marianna Bressan, direttrice del museo nazionale e area archeologica di Altino (foto graziano tavan)

“Il manufatto”, spiega Marianna Bressan, direttrice del museo nazionale e area archeologica di Altino (Direzione regionale Musei Veneto), “ha una dimensione imponente quindi si tratta sicuramente di un sistema fognario pubblico predisposto secondo un preciso disegno urbanistico, non di  un piccolo fognolo di scarico dalle abitazioni private. Il livello di conservazione è molto buono e ci dice molto della pianificazione urbanistica dell’epoca”.

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Una delle lucerne ritrovate con altro vasellame sul fondo della grande cloaca scoperta nel quartiere residenziale di Altino (foto drm-veneto)

Oltre alla struttura ha un valore importante anche ciò che in essa è contenuto: vasellame da mensa, fine o grezzo, vasellame da cucina, lucerne, oggetti in osso per la cura del corpo, frammenti in vetro, piccoli strumenti in bronzo, pezzi di attrezzi da artigiani (come ad esempio un manico di mannaia) finiti nella fognatura attraverso gli ampi tombini dell’epoca. “Gli scavi di Altino riservano sorprese, scientificamente e qualche volta anche dal punto di vista dei monumenti e dei reperti che restituiscono”, interviene Bressan. “Per il futuro quindi ci auguriamo di continuare a scavare, qui, nelle altre aree demaniali, e non soltanto perché Altino è ancora tutta da scoprire e perché la ricerca, che in archeologia significa soprattutto scavo, è il fondamento e la base per la valorizzazione del patrimonio archeologico”.

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Visite guidate nel cantiere aperto dell’area residenziale di Altino con l’iniziativa “Scavi Aperti” (foto drm-veneto)

Tutte queste scoperte, che in futuro non rimarranno a vista, saranno osservabili in un’occasione speciale: l’incontro di “Scavi Aperti”, l’iniziativa di archeologia pubblica promossa dal Museo di Altino che a luglio raddoppia: appuntamento mercoledì 20 luglio 2022, alle 16, su prenotazione (0422 789443). Nel pomeriggio, durante l’incontro con il pubblico, oltre alla visita della ditta Petra, società cooperativa di Padova delle indagini archeologiche nell’area residenziale augustea, verrà infatti proposta anche una visita agli scavi di Campo Rialto dell’università Ca’ Foscari di Venezia, progetto “Alla ricerca di Altinum”. Sono raccomandati abbigliamento e scarpe comode, una bottiglietta d’acqua e antizanzare.